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Riassumendo
Nei primi giorni di vita ciascun impulso da origine a un oggetto specifico in relazione alle sensazioni corporee dell'impulso. L'oggetto con cui il soggetto si confronta è totalmente buono o totalmente cattivo. L'individuo sperimenta oggetti che avverte come posti all'interno dell'Io. Gli oggetti di cui si fa esperienza attraverso la pelle sono percepiti come esterni. Esiste un'analogia tra forme e funzioni di oggetti esterni ed interni, si ha così un'equazione simbolica che abolisce ogni distinzione tra fantasia e realtà.
LE POSIZIONI
Klein utilizza il termine posizione per il suo modello evolutivo intendendo una costellazione di una posizione all'altra che durano per tutta la vita. Angosce, difese, impulsi e oscillazioni.
SCHIZOPARANOIDE
Il bambino nei primi 3 mesi di vita oscilla tra tendenze alla frammentazione e all'integrazione. L'io del bambino, debole e non integrato, sotto la pressione
dell'angosci tende alladisgregazione secondo l'operare della pulsione di morte. Per proteggersi l'Io scinde pulsioni di vita e di morti scindendo poi anche gli oggetti interni ed esterni su cui le pulsioni sono investite; il seno viene scisso in seno buono e seno cattivo se in realtà il seno è unico. L'Io si scinde in una parte lipidica e una distruttiva e si mette anche in relazione con un oggetto scisso.
IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA: Il bambino prova invidia per il seno materno ritenendo che bisogno e vuole distruggerlo x accaparrarseli. Dall'altra parte esso contenga i tesori di cui lui ha vuole espellere le sostanze pericolose del suo corpo e di collocarle nel corpo della madre insieme alle parti scisse del suo Io per aggredire l'oggetto esterno ma anche x controllarlo. Si identifica con l'oggetto in cui ha proiettato le parti del suo Sé e lo controlla. Di conseguenza però l'Io si sente svuotato, sia delle
parte cattive che di quelle buone e questoproduce depersonalizzazione riscontrabile specialmente nei disturbi psicotici e borderline.
POSIZIONE DEPRESSIVA
Tra i 4 e i 6 mesi il bambino inzia a vivere la compresenza di aspetti buoni e cattivi nello stessooggetto e ad accettarne l'ambivalenza, tentando di rendere prevalenti gli aspetti buonisviluppando il timore di poterlo danneggiare.
Il timore x l'oggetto buono esterno corrisponde al timore x l'oggetto buono interiorizzato chepuò essere danneggiato o perso nel momento in cui lo è quello esterno, dando al bambino lasensazione che qualcosa sia morto dentro di lui e questo produce in bambini e adulti laDEPRESSIONE. La paura che l'oggetto amato e interiorizzato possa scomparire o esseredanneggiato è l'ANGOSCIA DEPRESSIVA, collegata al senso di colpa x i sentimenti negativiprovati x l'oggetto che potrebbero danneggiarlo che porta a preoccupazione e a generosità.
I sistemi x
sfuggire all'angoscia depressiva:
Difesa paranoie: ritirata difensiva verso la posizione depressiva x tornare a scindere gli oggetti in buoni e cattivi.
Difese maniacali: l'idea che le relazioni oggettuali non abbiano importanza e vengono messe in atto difese come diniego, svalutazione dell'oggetto x negare la dipendenza da esso, il controllo onnipotente dell'oggetto, l'idealizzazione.
NOTE DI CHIARIMENTO SULL'IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA
Un paziente inizia una seduta di psicoterapia ammettendo di non aver niente da dire come la volta precedente con vergogna e tristezza, di sentirsi inetto e incapace di cambiare la propria vita, pensando di essere giudicato male dal terapeuta il quale è deluso da lui. Ritiene inoltre che l'analisi non gli sia servita e che sia inutile continuare a spendere soldi senza avere risultati. Il terapeuta quando esce si sentirà incapace e depresso, mentre il paziente apparirà sollevato. L'interazione
si è svolta in modo tale che il sentimento negativo provato inizialmente dal paziente si trasferisca nel terapeuta che alla fine prova esattamente lo stesso sentimento. Possiamo ipotizzare un meccanismo di scissione degli aspetti negativi che il paziente tenta inconsciamente di non affrontare, separandoli da sé. Gli impulsi negativi vengono scissi, espulsi e collocati inconsciamente in un'altra persona che poi li proverà al posto del soggetto senza capire perché. Avendo travasato i suoi sentimenti negativi nell'altro, adesso il soggetto sente di averne il controllo, dando senso di onnipotenza. Passaggi del meccanismo di identificazione proiettiva: - Il paziente disconosce e scinde da Sé il proprio oggetto interno cattivo e li proietta nel terapeuta. - Il terapeuta si identifica inconsciamente con quanto è stato proiettato in lui e si comporta in conformità di quell'affetto (controidentificazione proiettiva). - Se il terapeuta siaccorge delle emozione che sono state trasferite in lui, può contenerle, tentare di modificarle, restituirle MODIFICATE al paziente. L'identificazione proiettiva conseguente a una scissione è un meccanismo di difesa tipico dei disturbi gravi, psicosi e disturbi di personalità. Nel disturbo paranoide e di personalità è esemplare il meccanismo di rovesciamento dei ruoli funzionale al controllo onnipotente che il paziente cerca di realizzare sull'altro. Se il paziente si sente vittima degli altri e del terapeuta può mettere lui nel ruolo della vittima e assumere quello di persecutore. Questa sequenza spesso si verifica come riproduzione di interazioni infantili in cui il soggetto è stato vittima di un genitore ostile. ASPETTI POSITIVI DELL'IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA L'identificazione proiettiva è un mezzo di comunicazione con cui il paziente costringe il terapeuta a vivere una serie di sentimenti in modo simile aipropri. Può riguardare anche sentimenti positivi e gli oggetti buoni proiettati all'esterno poiché convinti di essere cattivi o si sentono colpevoli delle proprie qualità. Proiettando i loro oggetti positivi nel terapeuta si aspettano da lui un riconoscimento e cercano di preservare le qualità dai propri dubbi.
IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA DEI GENITORI SUI FIGLI
Accade che i genitori proiettino nei loro figli i propri oggetti interni negativi o positivi. Una madre vorace incontinente e preoccupata può trasferire nel figlio la prosapia esigenza di autocontrollo che essa non esercita ma che fa esercitare sul figlio. Una madre può indurre il figlio ad esercitare un ruolo nella ripetizione di dinamiche interpersonali che hanno caratterizzato le relazioni infantili della madre stessa con i suoi genitori.
OSSERVAZIONI SUL CONTROTRANSFERT
In ambito freudiano il controtransfert è considerato come l'inserimento improprio di elementi nevrotici.
dell'analista nella relazione analitica e che aspetti irrisolti e sconosciuti della psiche del terapeuta vengano proiettati inconsapevolmente nel paziente o che comunque influenzino la relazione terapeutica. Heimann sostiene che l'analista può trarre utili indicazioni sulla sua comprensione del paziente mettendo a confronto i sentimenti che il paziente suscita in lui in un dato momento. Quindi il controtransfert è un utile strumento per comprendere ciò che accade al paziente e l'intenzione di capire crea predisposizione a identificarsi e comprendere. Raker fa coincidere le identificazioni concordanti con l'empatia del terapeuta nei confronti del paziente. Le identificazioni complementari si producono in seguito al fatto che il paziente tratta l'analista come oggetto interno e infatti l'analista si sente trattato come tale. Se l'analista non riesce a realizzare le identificazioni concordanti e le rifiuta, alcune identificazioni complementari.Si intensificano e che quindi possa ad esempio rifiutare l'aggressività del paziente. La percezione delle reazioni controtransferiali sono quindi importanti per diventare cosciente del continuo transfert del paziente e per saperlo interpretare.
OSSERVAZIONI SUI MECCANISMI DI DIFESA
I principali meccanismi di difesa primitivi sono diniego, scissione, identificazione proiettiva, ecc; quelle più evolute rimozione, regressione, trasformazione nel contrario ecc.
Il terapeuta deve tenere presente che le difese si sono strutturate come tentativo di sopravvivere nell'infanzia a relazioni difficili e sono risultati di conflitti interni al soggetto. Le difese nell'infanzia hanno ruolo adattivo per diventare disadattive nell'età adulta perché si applicano a contesti e situazioni nuove rispetto a quelle che le hanno prodotte.
I meccanismi di difesa sono i fattori principali che determinano i sintomi del paziente e i suoi problemi di adattamento alla realtà e alle relazioni.
con gli altri. Essendo in un certo senso strategie autoterapeutiche, le difese non possono essere attaccate frontalmente dal terapeuta in quanto produrrebbe un rifiuto da parte del paziente. Le azioni del terapeuta devono modificare progressivamente i pattern di difese disadattive del paziente. Deve riconoscere il momento in cui il paziente ha risposte automatiche e prive di riflessione, stimolare la funzione autoriflessiva, proporre risposte sensate e volontarie al posto di quelle automatiche, proporre forme di difesa più mature, chiarire al paziente il significato di quello che fa, riformulare un pensiero più aderente alla sostanza dei suoi problemi, mettere a confronto il paziente con le incongruenze dei suoi racconti e comportamenti. DONALD WOODS WINNICOTT Appartenente al gruppo degli indipendenti lavorò come pediatra e psichiatra infantile. Pur riprendendo la nozione di oggetto della Klein, le criticò il fatto di non aver dato il giusto valore alle caratteristiche degli oggetti.Esterni che sono all'origine della creazione di quelli interni, cioè alle caratteristiche dei genitori, alle capacità di accudire il figlio e agli effetti di queste caratteristiche. Winnicott costruì un modello di sviluppo centrato sull'idea che il bambino fosse fin dai primi giorni di vita, sensibile alle cure che riceve o non riceve e dalle quali dipende la costruzione del suo io e tra la madre e il bambino è dunque l'oggetto del suo mondo interno. Lo studio delle relazioni è la principale della riflessione teorica di Winnicott. Vi è infatti analogia tra le azioni corrette del caregiver che favoriscono lo sviluppo psicologico del bambino e quelle del terapeuta che aiuta senza interferire, lo sviluppo psicologico del soggetto in analisi.
Lo sviluppo del bambino si distingue in:
- Dipendenza assoluta
- Dipendenza relativa
Verso l'indipendenza - Le caratteristiche dell'evoluzione interna e soggettiva di ogni fase sono trattate insieme.
struttura ben definita e prevede diverse fasi: 1. Valutazione: il caregiver raccoglie informazioni sul paziente, la sua situazione e le sue esigenze. Questa fase è fondamentale per comprendere al meglio la situazione e pianificare le azioni future. 2. Pianificazione: in base alla valutazione, il caregiver stabilisce gli obiettivi da raggiungere e pianifica le azioni da intraprendere per raggiungerli. Questo può includere la pianificazione delle attività quotidiane, la gestione dei farmaci, la programmazione degli appuntamenti medici, ecc. 3. Implementazione: il caregiver mette in atto le azioni pianificate, fornendo assistenza e supporto al paziente. Questo può includere la somministrazione dei farmaci, l'aiuto nelle attività quotidiane come il vestirsi e il mangiare, l'accompagnamento alle visite mediche, ecc. 4. Monitoraggio: il caregiver monitora costantemente il paziente per valutare l'efficacia delle azioni intraprese e apportare eventuali modifiche o aggiustamenti. Questo può includere la misurazione dei parametri vitali, l'osservazione dei sintomi, la valutazione del benessere generale del paziente, ecc. 5. Valutazione: periodicamente, il caregiver valuta l'efficacia complessiva del processo di cura e apporta eventuali modifiche o miglioramenti. Questo può includere la revisione degli obiettivi, l'aggiornamento del piano di cura, la consultazione con altri professionisti sanitari, ecc. È importante sottolineare che il processo di cura può variare a seconda delle esigenze specifiche del paziente e delle risorse disponibili. Inoltre, il caregiver deve sempre tenere conto delle preferenze e dei desideri del paziente, cercando di garantire il massimo comfort e benessere possibile.