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CAPITOLO 18. “LA PULSIONE DI MORTE”,
La svolta che nel 1920, porterà al concetto di pulsione di morte sarà principalmente dovuta
ai gravi eventi luttuosi che accompagnarono quel periodo di vita di Freud (la morte di
Anton von Freund, mecenate della psicoanalisi; della figlia Sophie; di Ernst e Heinz).
Il narcisismo di cui abbiamo parlato fin ora è il cosiddetto “narcisismo di vita”, fatto
rientrare da Freud nel concetto di Eros. Quando però Freud descrive il narcisismo
secondario, parlerà anche di un “narcisismo negativo”, una variante negativa del
narcisismo sostenuta da gravi e privative carenze nella relazione primaria, descritta
da Freud con la metafora del mito Androgino essere sia maschio che femmina, la cui
perfezione lo portò a minacciare gli dei: Zeus allora per punirli li divise a metà e da quel
giorno cercarono la metà mancante e quando la ritrovarono si riabbracciano e non si
preoccupano più né di mangiare né di bere, e così muoiono di inedia.
In questo mito vi è la rappresentazione di aspetti narcisistici negativi sia espansivi (la
tolleranza) che difensivi (ricerca della metà mancante); ed anche in termini relazionali
rappresenta bene una relazione narcisistica negativi, ripiegata su sé stessa, che fugge il
mondo oggettuale e che è destinata alla morte.
Questo morire di inedia, ripropone con forza a Freud l’antica idea di una tendenza
fondamentale ed originaria in ogni essere vivente a ritornare allo stato inorganico, che una
volta individuata la variante negativa del narcisismo, chiamerà pulsione di morte, la quale
richiama il pensiero di Schopenhauer e di Empedocle, secondo il quale due sono i principi
che governano ciò che accade nella vita, l’amore e l’odio.
È in “Al di là del principio di piacere” Freud opera la contrapposizione tra pulsioni di vita
“Eros” e pulsioni di morte “Thanatos”. In questo modo viene ribadita l’opposizione
fondamentale in un primo tempo fatta tra fame e amore, che ora diventa opposizione tra
amore e odio.
• Eros: è la più appariscente e la più facile da individuare; essa comprende non
soltanto la pulsione sessuale, ma anche la pulsione di autoconservazione (attribuita
all’Io); a detta di Freud esso complicherebbe la vita allo scopo naturalmente di
conservarla. Esso stabilisce unità sempre più vaste di particelle disperse
nella sostanza vivente: tende dunque ad unire.
• Thanatos: il suo rappresentante principale è il sadismo e completa il compito di
ricondurre il vivente organico nello stato privo di vita; esso al contrario di Eros,
tende all’aggressività distruttiva/odio, anziché unire, divide, distrugge.
Vi è l’impressione che le pulsioni di morte siano per natura “mute” (rimane muta
finché agisce all’interno come pulsione di morte; la si avverte soltanto
quando agisce all’esterno come pulsione distruttiva), e che il frastuono della
vita provenga dall’Eros.
Il concetto di pulsione di morte viene anche pensato a partire dall’osservazione
clinica, dato che Freud le riconosceva in manifestazioni auto ed etero-distruttive
quali la melanconia, il suicidio e la nevrosi ossessiva.
Con l’istruzione del Super-io importi considerevoli della pulsione aggressiva
vengono fissati all’interno dell’Io, ove operano in senso autodistruttivo (“si può
dunque supporre che l’individuo muoia per i suoi conflitti interni”).
Ad ognuna di queste due pulsioni corrisponderebbe uno specifico processo fisiologico
(costruttivo/distruttivo – anabolico/catabolico) e entrambe sarebbero attive: le
manifestazioni umane di odio e amore dipendono dal grado di “fusione” e “defusione” di
queste due componenti tenendo conto che le manifestazioni più patologiche sono legate a
uno stato di “defusione” pulsionale.
Oltre a considerare lo stato di fusione o di defusione pulsionale, c’è da aggiungere che
queste forze pulsionali sono in qualche modo regolate e modulate da entità regolatrici
interiorizzate, quali il Super-io, e dalla situazione relazionale do ogni soggetto con l’altro e
con l’ambiente.
Dal principio di piacere alla coazione a ripetere.
In “Al di là del principio di piacere” Freud si trova a fronteggiare alcuni problemi che
sembrano mettere in discussione l’intera costruzione del funzionamento mentale basato
sul principio di piacere, esposto nel Progetto, [in base al quale il flusso degli eventi
psichici, sempre stimolato da una tensione spiacevole, prende una direzione tale
che provochi un abbassamento di questa tensione, evitando il dispiacere e
producendo piacere].
Ciò che va contro tale principio è la COAZIONE A RIPETERE, una particolare tendenza
dell’individuo, a ripetere piuttosto che a rifuggire da situazioni anche altamente
spiacevoli.
Riferita alla pulsione di morte la coazione a ripetere trae la sua potenza dalla tendenza
irreprimibile a ritornare a uno stato precedente di cose, dunque è determinata dal
principio di inerzia (ridurre a zero l’energia del sistema).
Così Freud ammette l’esistenza di esperienze che contraddicono il principio di piacere,
come le situazioni traumatiche, e in particolare i sogni delle nevrosi traumatiche, che
riportano costantemente il malato nella situazione del suo incidente, malato fissato sul suo
trauma.
Il trauma infatti mette da parte il principio di piacere, in quanto sorge il problema di legare
le masse di stimoli in modo poi da potersene sbarazzare; i sogni allo stesso tempo,
non assolvono certo alla loro funzione assegnatagli con il principio di piacere, cioè quella
di appagare i desideri, ma aiutano a padroneggiare gli stimoli sviluppando un’angoscia
difesa, la cui mancanza era la causa della nevrosi-traumatica.
Questo meccanismo è quello della coazione a ripetere (più primitiva rispetto al
principio di piacere), che serve, come abbiamo visto, a sacrificare e eventualmente
padroneggiare l’eccesso di stimolazione. Essa è fondamentale, in quanto la situazione
contraria, cioè quella di “non pensiero” del trauma, impedisce all’angoscia di proteggere
l’Io, visto che esso dà vita all’angoscia primaria, che scalza le difese piuttosto che favorirle,
a differenze dell’angoscia di difesa.
Ecco dunque, che vi è una nuova rivisitazione del trauma, dei quali Freud adesso
distinguerà di due effetti diversi:
• Positivi: riguarda lo sviluppo della coazione a ripetere;
• Negativi: sono invece le reazioni di difesa quali elusioni, inibizioni e fobie.
e chiamerà “eventi traumatici” quegli eccitamenti che provengono dall’esterno e che
sono abbastanza forti da spezzare lo scudo protettivo. Ecco che si fa di nuovo avanti l’idea
del Progetto sull’esistenza di “schemi protettivi” che Freud collegava alla tendenza
originaria del sistema neuronico, rappresentata dal principio di inerzia a ridurre a zero
l’energia del sistema. Ora questa idea si precisa nel concetto di “schermo antistimolo”,
utilizzato da Freud per disegnare una funzione di protezione contro stimoli provenienti dal
mondo esterno. Si tratta di un apparato concepito come uno strato superficiale che
avvolge l’organismo e filtra passivamente le eccitazioni e sotto questo rivestimento si trova
lo strato recettivo, cioè il sistema percezione coscienza, connesso sia con gli stimoli interni
che con quelli esterni. Viene quindi ribadita l’ipotesi che il trauma sia da intendersi come
lacerazione di questo strato protettivo e viene dunque ribadita la natura economica del
trauma, che non è altro che un eccitamento eccessivo della vita psichica che non si riesce
a liquidare o elaborare e che dunque implica il concetto di impensabilità; ecco dunque che
si stabiliscono due tempi del trauma:
• Il primo tempo impensabile, e quindi impossibilitato ad entrare nella psiche (più
che rimosso sarebbe più corretto dire respinto, in quanto non pensabile, non
rappresentabile);
• Il secondo tempo della coazione a ripetere, che apparentemente funziona come
un ritorno del rimosso, un riproporre la scena traumatica, che diventa così, almeno
potenzialmente pensabile ed elaborabile.
Il gioco infantile.
L’osservazione parte dal nipote Ernst, che quando era lasciato solo, soleva ripetere un
gioco nel quale lanciava un rocchetto oltre il letto, facendolo sparire e pronunciando
contemporaneamente “via”; poi tirava nuovamente fuori il rocchetto e salutava la sua
ricomparsa con un allegro “da” (qui).
Questo gioco, secondo Freud, aveva la funzione di addomesticare l’esperienza
traumatica dell’abbandono, dove la posizione del soggetto diventa attiva, riuscendo ad
attuare un controllo dell’esperienza traumatica. Successivamente notò anche, che
quando la mamma scomparve definitivamente (quando il bambino aveva 5 anni), il
bambino non mostrò alcun segno di afflizione, a dimostrazione del fatto di come il gioco
fosse uno strumento di controllo ed elaborazione del trauma.
La coazione a ripetere nel transfert.
Nel capitolo sul transfert, Freud non smette di sottolineare come il malato è piuttosto
indotto a ripetere il contenuto rimosso nella forma di un’esperienza attuale, anziché a
ricordarlo: questa è la nevrosi di transfert
L’aggressività.
In un primo tempo Freud intendeva l’aggressività come una componente delle pulsioni
libidiche ed era una prerogativa maschile, avente lo scopo di conquistare, vincere le
resistenze e sottomettere l’oggetto d’amore.
Successivamente con Pulsioni e loro destini, l’odio è definito più antico dell’amore e
l’aggressività è pensata come facente parte della pulsioni dell’Io, intesa come una
pulsione diretta al controllo del mondo esterno. Quindi mentre l’amore è in relazione con il
piacere, l’odio e l’aggressività hanno a che fare con l’autoconservazione.
Però, la melanconia non permetteva di considerare l’aggressività come qualcosa che
poteva essere diretta solo verso il mondo esterno e quando nascerà il nuovo dualismo di
pulsioni di vita e pulsioni di morte, l’aggressività sarà collegata con le pulsioni di morte, e
intesa come manifestazione di essa quando è rivolta all’esterno (si parla di pulsione di
distruzione/sadismo).
È allora importante prendere in considerazione le nozioni di impasto, ovvero
manifestazioni aggressive sane (segno di impasto pulsionale tra Eros e Thanatos) e
disimpasto, al contrario manifestazio