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VIRGINIA OLDINI, CONTESSA DI CASTIGLIONE (1837-1899)
Offre la perfetta anticipazione delle performance body artistiche. Nasce a Firenze nel 1837 da una
famiglia nobile. Giada ragazzina dotata di grande fascino e carattere decisamente testardo. A soli
17 anni sceglie come suo sposo il conte di Castiglione.
La sua vita Cambia quando il cugino Camillo Benso conte di Cavour le rivolge la richiesta di una
missione in terra francese: entrare nelle grazie dell'imperatore Napoleone III in modo da
caldeggiare in lui l'appoggio alla causa antiaustriaca.
Arriva a Parigi nel Natale del 1856, entra in contatto con l'ambiente di corte e con Napoleone
stesso, Virginia e poi dette inizio il suo mito e a una delle esperienze fotografiche più gustose di
tutto l'ottocento.
Le biografie datano al luglio del 1856 la prima visita che Virginia fece al nostro studio di ritrattistica
dei fotografi i parigini Hèribert Mayer & Louis Pierson.
Nel frattempo è immersa in un mondo di feste, balli, cerimonie e incontri. La contessa diede il
meglio di sé in termini di superbia, esibizionismo e autocelebrazione : "Le eguaglio per nascita, le
super in bellezza, le giudico con il mio spirito". Il mezzo migliore che aveva trovato era quello di
scatenare al massimo le malelingue. Come quando durante i più celebri balli mondani indossata
mise alla moda ma soprattutto il più curiose originali mascheramenti. Famoso il suo travestimento
da regina di cuori (vestito di organza semitrasparente con cuori attaccati nei punti equivoci). Si
vestì anche da: personificazione dell'Italia, eremita carmelitana, semplicemente ricoperta da
piume, regina di Etruria... Ogni volta è uno scandalo e ogni volta le sue apparizioni erano materia
di chiacchiere. Se essere contro le regole e contro i codici del comportamento femminile può
essere considerato femminista, lei nel suo originalissimo modo lo è stata; anche se era un
femminismo d'alto borgo.
Nel 1857 l'imperatore subisce un attentato proprio mentre ero a casa dei Castiglione. Lui non vede
scusami nelle ore per liberarsi di un eccentrica contessa probabilmente già in caduta libera tra le
sue preferenze. Non usata di aver tramato insieme a dei cospiratori e venne bandita dalla corte. Il
marito inoltre stanco della scostumatezza e delle spese folli della moglie, decide di separarsi da lei,
sfinito da litigi e tradimenti. Vicino a lei rimase il figlio Giorgio, nato nel 1855 e morto nel 1879. Un
rapporto di grande delusioni, nel 1873 lui l'abbandonò furtivamente cercando di rivendicare
l'eredità del padre morto nel 1873, lei d'altra parte, troppo impegnata con le sue relazioni
autocompiacenti, non fu una buona madre.
Gli anni passavano va la sua casa era divenuta ormai Parigi. Anche se lei passava di amore in
amore, le distruzioni e il furore della Comune di Parigi avevano segnato e ferito la città. Le sue
finanze erano sull'orlo del baratro, le maldicenze la teneva la distanza dagli eventi più rinomati.
Viene invitato a qualche festa a cui si presenta ancora in costumi stravaganti, ma le occasioni
erano sempre più rade. Per una donna considerata la più bella del suo tempo la vecchiaia non
poteva che portarle periodi di depressione. Chiusa in casa e visitata solo dal suo medico di fiducia,
aveva più intenzione di offrire al mondo un ultimo colpo di teatro: allestire una mostra che
ricostruisse celebrasse il mito della "donna più bella del secolo". Ma la morte arriva nel 1899 e
l'idea fu abbandonata. Le sue spoglie furono rifiutate dalla patria e le sue ultime volontà stravolte.
Ampie e approfondite mostre sono poi state fatte ad esempio nel 2000 a New York e a Torino.
Non è stata mai chiamata fotografa e pure artista allora certamente, al modo degli artisti di pieno
900, liberati dall'ossessione dell'esibizione tecnica e dell'originalità artigianale. Si può davvero dire
che lei ha fatto di tutta la sua vita un'opera d'arte, una continua performance, un esteso esercizio
comportamentale, in questo esercizio è la fotografia lo strumento di esibizione e di solidificazione
di immaginari. Il suo narcisismo estremo la torta usare la fotografia in modo quasi patologico. Tutto
deve rimanere, diventa il fedele registratore dell'eccezionalità della sua esistenza e della
perfezione della sua bellezza. Userà sempre e solo a se stessa come prima donna e attrice
protagonista.
Era lei non il fotografo a proporre le scenografie, le storie da interpretare, i ruoli da recitare.
Le foto avvenivano dopo che aveva partecipato travestita ai balli e agli eventi mondani.
Lo scatto assicurava l'eternità a quella personalità tanto complessa e poliforme. "Grande
travestita" da definita così Lietta Tornabuoni. Non scattava lei le foto ma erano idee sue, era
dunque sulla paternità concettuale delle immagini che ora ci è concesso guardare.
Basta accettare il fatto che era una body artista prima del tempo, consapevole che non produce lei
fisicamente l'opera ma ne è l'unica vera motrice. Una volta che erano sviluppate era con lei a
lavorarci sopra: dava indicazioni su come dovevano essere tagliate, evidenziate, colorate. La
giunta pittorica non era per lei una semplice concessionari gusto decorativo visivo, era non sia un
modo per intensificare ulteriormente la finzione (come faceva Luigi Ontani).
Tutto era studiato e calcolato, come lo erano le sue apparizioni sfolgoranti ai balli, per le quali
niente era lasciata al caso.
Si può anche considerare il primo autentico caso di fotografia di moda, tanto nella sua cura
dell'immagine di sé e nella campionatura ricchissima di abiti accessori dell'epoca, quanto
nell'unione di arte e vita fuori dalle righe, sembra che abbiao un mito moderno: quello delle top
model.
Quantitativamente si parla di 500 fotografie scattate tra il 1859 e il 1899, divisibili in tre periodi: dal
1856 al 1858, dal 1861 al 1867, dal 1893 al 1895.
Una buona parte delle immagini si trova in un album conservato al Metropolitan Museum di New
York. Ed è anche però la soddisfazione di vedere da viva le sue fattezze celebrate all'esposizione
universale di Parigi del 1867.
Solo eccezionalmente usa le immagini a scopo commerciale, tutte le performance nacquero per
essere spedite ad amici e amanti. Il valore che istintivamente attribuiva alle immagini fotografiche
era quello di poter prolungare ed estendere temporalmente i suoi incontri oltreché e intensificare
questi con eccitazione e voyeurismo. La fotografia è per lei un sostituto di sé, del corpo e della
fisica presenza. Neanche una produzione di immagini di ambiguo il cliente tra artisticità e
pornografia, immagini dove è ritratta abbandonata sul letto e divani o con la gonna volutamente
sollevata. Ma per lei non contavano le problematiche moralistiche, per lei si trattava solo di una
delle tante parti che poteva recitare. Soggetto e oggetto consapevole conduce di attività
voyeuristicamente molto attive e partecipate.
Con cinismo e freddezza tornerà poi a fotografare i suoi piedi ingrossati, resi sgradevoli dell'età, in
una delle ultime sedute di posa del 1894. È consapevole del fatto che questo strumento possa
immortalare il corpo umano e le sue trasformazioni. È consapevole anche del potere intrigante che
fa apparentare le fotografie alle reliquie e a tutti i segni che portano con sé il ricordo fisico.
Il fascino poi della parte anatomica era spesso sfruttato, allo stesso modo lei realizzava calchi in
gesso del suo seno, delle sue mani, dei suoi piedi, virtuale testimonianze della propria bellezza.
Aveva c'era coscienza che essi rappresentassero la presenza in assenza. Per chi non l'avesse più
meritati era pronta richiede all'indietro: non era materiale da sottovalutare, contribuivano alla
creazione del suo mito e non poteva restare indifferente al loro destino.
Le pause negli studi fotografici risalgono a dettare i periodi psichici e concettuali: inizialmente
furono quando era al culmine della bellezza, in seguito, quando capisce che la situazione sfugge di
mano, frequenta lo studio fotografico per il bisogno di provare ad essere grande e superba (40
sedute di posa dal 61 al 67). La fotografia segno per lei la corsa contro il tempo che può arrestare
inesorabile declino a cui è sottoposta la sua immagine. Ogni attimo fotografico e resterà
cristallizzato in eterno, traccia di una giovinezza che sfugge ma cui lei inevitabilmente non può che
sottrarre pochi istanti. Non potendo più contare su una bellezza integra, la fotografia serve a
ricostruire per lei quel mondo e quelle fantasie che non esistono più. Continua quel sogno
fotografico con la complicità del fotografo, che non può fare a meno di realizzare una stridente
caricatura di ciò che è stato e non è più.
Sulle pareti di casa sua stanno i numeri e quindi ritratti, fotografie, bassorilievi nei suoi momenti di
suo massimo trionfo fisico, si dice che fossero ricordi la sua vera malattia.
Lo stesso eccezionalità della filosofia della fotografia a culla Castiglione faceva riferimento si può
trovare solamente nelle Carte-de-visite: la gente con la sensazione di trovarsi in presenza di un
meccanismo automatico, freddo e impersonale, scatenava la propria fantasia e il proprio desiderio
di fuga, come se la regia di Disderi non contasse più; potevano cambiare identità e uscire
dall'abitudinario. Se la contessa fosse stata meno attento al lusso sarebbe stata benissimo sua
cliente. Ma lei comunque usava Pierson allo stesso modo.
Il paragone migliore, l'esperienza artistica più vicina a quella della Castiglione, è quella dell'italiano
Luigi ontani: vero interprete al maschile della fuga fantastica, l'arte come la vita sono un esteso
palcoscenico in cui l'artista mostra il suo genio.
Alla contessa non manco la premonizione che la fotografia le avrebbe regalato l'immortalità.
ANNE BRIGMAN (1869-1950)
Nata nel 1869 nell'isola di Oahu, trascorre la sua adolescenza in California e in Louisiana, anche
se la natura presente nel suo luogo di origine l'accompagnerà in futuro.
si sposa nel 1894 e scelgono di vivere in California. Suo marito era spesso via per lavoro e questa
condizione di autonomia le consentiva di trascorrere lunghi periodi in compagnia di amici artisti e
poeti.
Nel 1901 scatta le sue prime fotografie, due anni più tardi inizia l'amicizia e la collaborazione più
importante influenza della sua vita, quella con Alfred Stieglitz. In quel periodo impegnato con la
storica impresa newyorkese della galleria 291 e della rivista camera work. Entusiasta di quella non
richiede di diventare membro della Photo-Secession. Comincia a lavorare da lontano per questo
gruppo pubblicando le sue immagine nell