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PRODOTTI FINITI

Le aziende cercano di avere una struttura di prodotto a clessidra o a X. Partiamo da tante materie prime, le lavoriamo, arriviamo a pochi subassemblati che possono però essere mixati tra loro in modo da dar vita a numerosi prodotti finiti. La varietà finale esplode. Componente standard = componente che può essere montato su diverse configurazioni di prodotto finito (es. gamba del tavolo). Per fare questo servono delle interfacce disaccoppiate e chiamiamo questi prodotti modulari perché vengono divisi in moduli. In questo caso se cambio lo spessore del tavolo non devo cambiare la gamba. Se invece abbiamo n in e faccia accoppiata chiamiamo questi prodotti integrali perché se cambio un componente devo cambiare anche il componente accoppiato. L'obiettivo è quindi di poter assemblare moduli e, intersecandoli tra loro, creare molti prodotti finiti. Se ad esempio ho i seguenti moduli: 10 ante, 5 piani, 2 forni e 10 frigo ho una varietà.

esterna pari al numero di prodotti finiti che posso vendere (1000 PF). A stock tengo 27 moduli, pari alla varietà interna. I moduli vengono prodotti in alti volumi.

06.10.2017

2) STANDARDIZZAZIONE DI PROCESSO è uno degli interventi possibili per passare a celle. Si basa sulla identificazione delle somiglianze nei cicli di produzione dei vari codici (da cui il termine Group Technology): raggruppo codici/prodotti sulla base di cicli produttivi simili. Si segna per ogni prodotto il ciclo produttivo che subisce e si cerca di identificare gruppi di prodotti con ciclo produttivo simile perché subiscono le stesse fasi.

Mi interessa fare questo perché così posso gestire ogni gruppo di codice con un sistema produttivo dedicato (spesso celle).

Le celle

Sono sistemi produttivi con prestazioni intermedie tra job shop e linee preposto alla lavorazione di famiglie di codici, una famiglia di codici raggruppa codici simili tra loro.

Celle in parallelo: stazioni di lavoro disposte ad U,

In una cella in parallelo entra materia prima, subisce varie operazioni e può uscire come prodotto finito. Ci sono flessibilità all'ingresso e all'uscita della cella, così come all'interno di ogni azione. I prodotti sono simili, con meno flessibilità rispetto al job shop, quindi il numero delle macchine è più elevato e i lotti sono più piccoli. L'operatore è polivalente (job rotation) e può spostarsi da una posizione all'altra. Il sistema produttivo è molto compatto: all'ingresso della cella i lotti si accumulano.

Celle in serie: ogni cella fa un gruppo di operazioni e il prodotto passa da una posizione all'altra. Il prodotto deve passare dalla fase 1 alla fase 2.

Celle o approccio cellular manufacturing:

  • Sottofabbriche focalizzate
  • Job rotation (formazione in azienda, da flessibilità)
  • Sistemi flessibili di produzione (Flexible Manufacturing Systems): macchine che possono lavorare mixampi (tanti prodotti diversi anche se sono simili) con tempi di set up brevissimi e in modalità mascherata (set up che avviene a macchina ancora in movimento)

La differenza del job shop, non hosprechi).Q e e macchine hanno pa ame i che po o p og amma e p ima ( , , ) e l ope a o e i p epa a gi pe illotto successivo (utensili e componenti). Devo portare il set up da esterno ad interno.

I pezzi si muovono attraverso la cella/e a seconda del ciclo da svolgere (i lotti sono piccoli, poconumerosi quindi riesco a seguire il mercato)

Le celle sono intermedie tra job shop e linee dedicate: range di codici ed è più efficiente di un job shop. Hostandardizzazionemeno wip (scorte) che continuano a girare: meno costi. Per fare questo è necessaria la :all in e no delle ope a ioni poi ci a diffe en ia ione, ciclo p od i o imile.

Lotti più piccoli significa seguire meglio la domanda a valle. Se il set up è basso i lotti sono piccoli e il leadtime di attraversamento è minore. In una azienda che produce a celle vediamo una cella da cui esce unafamiglia di codici simili e ogni cella è simile ad una fabbrica

1) FAMIGLIA DI PRODOTTI

La produzione è focalizzata a fare una certa famiglia.

2) LINEE FLESSIBILI

La linea dedicata produce sempre lo stesso prodotto, possiamo avere tre tipi di linee flessibili:

- Linee multiprodotto a produzioni successive: posso lavorare ad ondate, consentono un piccolo setup. Per un certo tempo produco sempre A, poi fermo la linea e la riattrezzo per produrre B per un certo tempo e così via. Le linee sono meno flessibili di una cella (3/4 prodotti diversi ma simili tra loro).

- Linee multiprodotto mixate (mix model): sono in grado di fare codici diversi senza mai interrompersi in una certa sequenza con un certo tack time. Se poi si vuole cambiare sequenza è necessario un set up. Queste linee sono in grado di fare il setup mascherato. Non solo macchinari flessibili con set up mascherato e brevissimo, ma anche transfer flessibili (con bypass possibile).

- Linee mixate ad heijunka (livellamento): Le linee mixate implicano un certo livellamento della produzione (heijunka). Il mio piano di assemblaggio ad ondate

successive prevede una capacità massima di produzione. Dal punto di vista delle scorte, se ipotizziamo che il consumo di A sia distribuito giornalmente (140 pz/g: domanda costante). Il giovedì non ho abbastanza prodotto, lo consegno il giorno dopo. Questa azienda alterna momenti in cui ci sono scorte abbondanti e momenti in cui vado in stock out. In linea teorica vorrei produrre 140 A ogni giorno in modo da non avere stock e non andare in stock out: livellamento della domanda (profilo ideale delle scorte). Ancora meglio sarebbe consegnare due volte al giorno, aumento il livello del servizio. Questo non è facile per il set up. Ridurre il set up: certe attività che potrebbero essere fatte a macchina in movimento vengono fatte a macchina ferma quindi filmaci quello che accade (perdono il senso del tempo sprecato). Le celle sono meno flessibili del job shop. Cellular manufacturing: produzione a celle vs. approccio just in time (per passare da linea dedicata ad una

linea più flessibile). Oggi non c'è di informazione. World class manufacturing lean production. L'app occio JIT nasce in Giappone negli anni '50 e viene diffuso negli USA e Europa (viene dalla Toyota). Nel tempo i due approcci si sono sovrapposti (World Class Manufacturing). La terminologia si è evoluta nel tempo (lean production o lean manufacturing o gestione snella).

Cenni storici: la produzione fordista. Alla Ford nascono le linee dedicate: abbiamo le varie stazioni di lavoro, tack time rigido, no scorte, tempi di attraversamento velocissimi. Ford inventore del concetto delle PARTI INTERCAMBIABILI: uno stesso cilindro deve andare su tutte le macchine (tolleranza) con il metodo dei calibri passa non passa.

Il limite del sistema Ford non erano gli sprechi ma la rigidità (no varietà). Fino alla sua uscita dalla produzione nel 1926 la Ford Modello-T non prevedeva alcuna possibilità di scelta per il cliente (oq ello che non mon i non i ompe ono componenti necessari).

(ie).Il processo produttivo non aveva alcun cambio utensili. Tutto funzionò bene finché il mercato non iniziò achiedere più varietà: il cliente iniziò a chiedere flessibilità.

Crisi e risposta dei produttori USAVarie rispose a questa crisi: nascono i sistemi produttivi intermittenti (batch & queue). Reparti e macchinarigrandi e sempre più veloci (centri di lavoro con grossi macchinari, tempi di set up elevati, scorte). La rispostatestimonia che i produttori USA hanno preferito un cambiamento non radicale (playing an incomplete game).

Si sviluppa anche il modello toyota production system (TPS). Inventori Kiichiro Toyoda e Taiichi Ohno neglianni 30 e dopo la II G e a Mondiale. Sakichi e Toyoda vivevano nelle vicinanze di un centro tessile checontinuava a funzionare anche se un filo si rompeva. Sakichi inventa un nuovo telaio a motore e brevetta untelaio che si ferma quando si rompe un filo. Nasce un concetto: Jidoka

(autonomazione) ossia una automazione intelligente, riesce ad aumentare la produttività, la qualità e riduce gli sprechi. Dopo la Seconda guerra mondiale in Giappone nasce il concetto di MUDA (spreco, attività che non crea valore), inaccettabile per i giapponesi. Kiichiro e Ohno non credono che i sistemi produttivi intermittenti siano la soluzione al problema. Fondamentale: necessità di pianificare e gestire. Introducono alcune semplici innovazioni per rendere più continuo il flusso (più simile alle linee) in situazioni di maggiore varietà. Disposizione delle macchine in linea nella sequenza richiesta dal processo. Non grandi macchinari specializzati, ma piccoli macchinari multi-purpose (permettono set up mascherato o minimo, meno pezzi prodotti al minuto ma più flessibilità). Riduzione del tempo di set-up (Shingo inventa: Single Minute Exchange of Dies SMED): tecnica che ha come obiettivo la riduzione dei tempi di set up ad una cifra.(qualche minuto) attraverso il passaggio da set up interno ad esterno, telecamere. Implica un cambiamento culturale, devono essere gli stessi operatori a farle. Tecniche che funzionano con cicli di miglioramento fatti in continuazione. JIT (just in time, metodo a supermercato) inventato da Kiichiro. Nei supermercati periodicamente gli operai fanno l'apposizione dello scaffale (poco a poco il cliente prende il prodotto): non possono consumare un pezzo. JIT/lean e sistemi produttivi Logica pull (posso prendere il magazzino) logica push (il cliente spinge la produzione) Produzione a flusso (One piece flow): faccio un pezzo e lo sposto, fluisce un pezzo alla volta e non un lotto. Da leggere: La macchina che ha cambiato il mondo, Lean thinking IL CASO BAXI One piece flow Linea di produzione delle caldaie. Lungo la linea ci sono dei posti di lavoro, scaffali con i vari pezzi necessari allacostruzione della caldaia. Quando arriva l'ordine del cliente si preleva il pezzo finale e si stacca il kanban (cartellino) cheviene portato a monte nella rastrelliera. Il MITZUMASHI o WATER SPIDER o ASSERVITORE DELLA LINEA ogni 30a alla a ellie a, p ende il kanban, e lo i cia pe gene a e ladistinta dei pezzi necessari. Con il carrello va al supermarket e prelevail kit dei codici specifici per quella caldaia e i codici comuni a tutte lecaldaie.A questo punto posa il carrello con il kit con il relativo kanban a iniziotesta linea. L ope a o e ini ia a p od e e il carrello e il kanbanseguono la caldaia e fluiscono FIFO (first in first out). Alla fine, riattaccoil cartellino e rimetto la caldaia al suo posto. Un cliente ha acquistatouna caldaia e questo ha messo in moto il processo produttivo perprodurre a caldaia che è stata comprata.

Peacemaker: punto in corrispondenza del quale a monte si gestiscetutto a kanban e a valle FIFO. In questo caso il peacemaker è a iniziolinea. 10.02.2017

S pponiamo di a e e d e cen i di la o o, no a mon e e no a alle. A alle c no
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Publisher
A.A. 2019-2020
79 pagine
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SSD Ingegneria industriale e dell'informazione ING-IND/16 Tecnologie e sistemi di lavorazione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher enry.rizza2 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Organizzazione e tecnologia dei sistemi produttivi e logistici 1 e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Danese Pamela.