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L'articolo 13 contiene invece le sanzioni previste per le violazioni del
• codice, ossia: l'avvertimento, la censura dell'articolo, la sospensione
dall'ordine (fino a un anno) e la radiazione (ossia l'esclusione dalla
professione giornalistica, che si estingue dopo 5 anni previa valutazione
dell'ordine). Esse si applicano agli iscritti all'Ordine dei giornalisti, che
distingue
i professionisti che svolgono in via esclusiva il lavoro giornalistico dopo
a) aver superato l'esame,
dai pubblicisti, che non svolgono l'attività a tempo pieno ma hanno
b) collaborato per almeno 2 anni con delle testate,
e i praticanti, che diventano professionisti dopo 18 di praticantato.
c)
Esistono varie carte deontologiche specifiche:
il codice deontologico del 1998 fu scritto in funzione della legge sulla privacy
– del 96 per sintetizzare tutti gli elementi fondamentali degli altri codici.
La Carta di Perugia del 1995 tutela la salute intesa come benessere
– psicofisico e sociale attraverso 13 articoli. Nel processo di informazione
sanitaria, 3 sono gli attori in gioco: il giornalista, il medico e (?).
L'informazione sulla salute (riguardante, ad esempio, le terapie), va distinta
da quella sulla salute dei pazienti. Infatti, l'art. 2 precisa appunto che le
informazioni sulle scoperte scientifiche non devono creare false aspettative o
fare pubblicità, ma citare sempre la fonte.
La Carta di Roma del 2006, infine, regola l'informazione in caso di fatti di
– cronaca in cui sono coinvolti gli immigrati. In questi casi è fondamentale l'uso
appropriato dei termini per prevenire allarmi e atteggiamenti razzisti.
Occorre quindi distinguere:
extracomunitari (fuori dalla Comunità Europea),
• migranti (che lasciano regolarmente il loro paese per cercare condizioni di
• vita migliori),
clandestini, o migranti irregolari, (cioè persone che entrano eludendo i
• controlli alle frontiere o rimangono pur avendo col permesso di soggiorno
scaduto),
richiedenti asilo, o rifugiati (che scappano dalle persecuzioni presentando
• regolarmente domanda),
beneficiari di protezione umanitaria (che fuggono da un Paese in cui
• vengono violati i diritti umani),
e vittime della tratta (che non lasciano il loro Paese volontariamente, ma
• in quanto oggetto di sfruttamento).
La Carta di Milano del 2013, infine, chiarisce il comportamento
– dell'informazione nei confronti dei detenuti, “senza discriminazione di razza,
religione o sesso”. Esiste un principio di recupero per chi sta in carcere:
pertanto è necessario usare termini appropriati sullo stato di detenzione,
evitare di coinvolgere le persone vicine al detenuto e dare all'eventuale
assoluzione lo stesso risalto dato all'accusa.
La crisi è un evento o un'emergenza che infrange gli equilibri sia interni (si pensi
alla perdita economica) sia con l'esterno (con conseguenze come la perdita di
immagine).
Per un'organizzazione, la crisi è un evento fuori dallo schema ordinario, del
quale non si ha controllo. Esso pone in pericolo valori e risorse e richiede
pertanto una reazione immediata per contenere la ricaduta locale e
internazionale. Essa desta l'interesse di stampa e opinione pubblica; pertanto, la
tutela degli interessi è proporzionale al successo del tempestivo
fronteggiamento da parte di chi si occupa di comunicare la crisi. È quindi
necessaria una figura altamente specializzata, con un piano di lavoro efficace
per rassicurare i clienti con un linguaggio non tecnico.
Le crisi aziendali possono essere:
gestionali (quando le aziende non hanno più soldi e quindi riducono le spese
• seguendo un processo di risanamento)
o traumatiche, dovute a un evento catastrofico.
•
Tutte le aziende tendono a negare la crisi. È tuttavia necessario rendersi
reperibili e disponibili anche a comunicare ciò che si sta facendo per farvi fronte.
Fondamentale è la comprensione del tipo di azienda e dei relativi possibili rischi
e soluzioni.
I sentimenti in gioco nella crisi sono di sfiducia e frustrazione, con conseguenti
reazioni di violenza, rivendicazioni e condivisioni che portano ad alleanze
emotive. Dallo shock e dalla rabbia si passa al rifiuto dell'emergenza, seguito
dalla colpevolezza (la ricerca del responsabile), alla paralisi (immobilismo,
contrapposto all'attacco dei giornalisti), poi alla consapevolezza (il punto più
basso). Si passa quindi a sperimentazione, consenso (dell'opinione pubblica)
successo e infine fiducia e soddisfazione.
Nella risposta è fondamentale:
la tempestività dell'avvio del programma di comunicazione della risposta;
• la completezza delle informazioni, che coprono tutti gli aspetti a cui è
• interessata l'opinione pubblica, per evitare che essa cerchi altre fonti;
la multifunzionalità, comprendendo i principali stakeholder, ossia tutti i
• soggetti (alleati o nemici) che possono intervenire nella questione, avendo
degli interessi da difendere (sindacati, governi, rete, banche, concorrenti,
mercato, giornalisti, opinione pubblica, istituzioni, ecc.);
e l'incisività, ricostruendo gli eventi in modo reciso per orientare i destinatari
• sulla portata del problema e descrivendo in modo convincente le
contromisure adottate.
Applicando gli assiomi della comunicazione, bisogna considerare che:
è impossibile non comunicare, ossia evitare che l'azienda finisca sui giornali;
• dato che comunicazione è contemporaneamente di contenuto e di relazione,
• bisogna offrire informazione partendo da una solida relazione col giornalista;
la punteggiatura delle sequenze equivale ad avere ben chiaro cosa si viole
• comunicare e farlo per blocchi ordinati.
Nei momenti di crisi, il caos riguarda l'organizzazione quanto il media.
• Esistono rumori che ostacolano la comunicazione, come: le interferenze
ambientali, la saturazione (il non rispetto dei turni di parola per impedire
all'altro di comunicare), la scarsa qualità della presentazione (che
compromette la credibilità), le distrazioni (es.: telefonate, ecc.), la
demotivazione, le interferenze emotive e pregiudizi/stereotipi.
Occorre cominciare a comunicare subito. Il tempo necessario a comunicare
dipende dalle caratteristiche dell'evento è dall'impatto della crisi sull'opinione
pubblica e sui media. Anziché optare per una comunicazione "on demand"
(casuale), occorre stabilire un programma di comunicazione aperta per rendersi
reperibili attraverso call center, sportelli, web, ecc..
Nel 2008, lo scandalo Galbani sui cibi scaduti rimessi in commercio venne
gestito male, con sito aggiornato al 2005 e un numero verde attivo per poche
ore non comode al consumatore. Nello stesso anno, Leclerc (azienda francese)
reagì tempestivamente all'emergenza dei batteri negli hamburger con locandine,
comunicati stampa, ecc..
Il team di comunicazione deve:
considerare la sicurezza dei soggetti coinvolti,
• conoscere rapidamente i fatti accaduti,
• avere contatti costanti con le autorità locali con cui scambiare informazioni
• tempestivamente,
informarsi su ciò che non si conosce,
• e facilitare le inchieste per sviluppare un discorso con cui rispondere alle
• prevedibili domande (cosa ha causato l’incidente, le procedure con cui esso
può essere gestito, l’eventualità dell’avvio di inchieste, i provvedimenti
adottati per minimizzare i rischi, eventuali precedenti episodi analoghi).
Verso l'esterno, le regole da seguire sono:
non mentire, ma assumersi le proprie responsabilità e scusarsi,
• rispondere in maniera rapida ma accurata ai media, con annunci tempestivi in
• circostanze particolari,
non entrare in conflitto coi giornalisti, ma mantenere il controllo di flussi
• informativi (accentrandoli da e verso i portavoce) per anticipare i rumors e
correggere le inesattezze,
comunicare direttamente con l'audience, quando possibile.
•
È possibile inoltre utilizzare un "dark Web site" nascosto e parallelo, da attivare
in situazioni estreme e in cui aggiungere le informazioni sulla crisi.
Fondamentale è anche il rispetto delle 3 c anglosassoni:
candor (inteso come sincerità e obiettività),
• concern (interesse e partecipazione),
• e courage (non nascondere i problemi).
•
Nello sviluppo dei propri messaggi, è importante, inoltre:
chiarire i propri obiettivi (nonché cosa comunicare e cosa no),
• ordinare i fatti dando priorità ai problemi più forti e focalizzandosi su 2 o 3
• messaggi chiave, usando aneddoti, esempi e illustrazioni,
ascoltare, oltre che parlare in modo chiaro.
•
Dopo la crisi si effettua un debriefing con tutti i soggetti coinvolti per osservare
punti deboli e forti dell’azione intrapresa, conservando la documentazione per
eventuali futuri sviluppi.
In situazioni di crisi si verifica un conflitto tra tempestività e correttezza delle
notizie, che rende fondamentale il ruolo delle fonti. Proverbio diffuso in ambito
giornalistico è infatti: "Non rovinare una bella notizia con la verità", ossia non
innamorarsi di tesi troppo facili e accattivanti, ma ricercare le cause e i
responsabili. L'azienda deve quindi trovare un referente che possa rapportarsi
con il mondo dell'informazione e consultare più fonti diverse (in modo da evitare
influenze).
In situazioni particolarmente gravi ci si trova davanti a un muro di silenzio. In
molti casi esso viene forzato, presentandosi ad esempio con ruoli diversi da
quello di giornalista. Al contrario, anche fuori onda e intercettazioni che non
hanno interessi generali e pubblici devono rimanere privati.
Occorre inoltre rispettare i tempi tecnici necessari ("Meglio una notizia in ritardo
che una notizia falsa").
La Legge 150 del 2000 prevede la distinzione tra comunicazione:
indiretta, che si realizza attraverso i media (tramite ufficio stampa),
• diretta ai cittadini (tramite l'URL, Ufficio relazioni pubbliche, o il sito
• internet)
e un canale di comunicazione interno per i dipendenti.
•
Occorre inoltre distinguere strutture pubbliche e private:
in aziende o enti, l'ufficio stampa deve essere gestito da un giornalista, che
• assicuri trasparenza degli atti e la democraticità nel rendere conto ai cittadini,
senza l'influenza di interessi di parte (la comunicazione non deve cioè fare
propaganda).
Un ufficio stampa privato difende invece gli interessi dell'azienda, ma
• possiamo comunque pretendere che le informazioni non siano false. Il
portav