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VI. IL DUECENTO
In Italia la più antica produzione letteraria in lingua volgare, fu poetica: la prima scuola di cui si hanno
notizie certe è quella siciliana, XIII secolo, nell’ambiente raffinato della corte di Federico II di Svevia.
Altre due letterature romanze si erano già affermate con successo: quella in lingua d’oil e d’oc. I poeti
siciliani imitarono la poesia provenzale (d’oc) sostituendo la lingua con il volgare. Scelta del siciliano
forma raffinata, la poesia nacque già matura e con l’acquisizione di termini provenzali. I copisti toscani
intervennero sulla forma linguistica della poesia siciliana con una vera e propria traduzione, eliminando i
tratti puramente locali che stridevano alle loro orecchie e la forma toscana fu presa come quella originale
(anche Dante ne fu convinto). Si possono trovare tracce di sostituzione dei tratti siciliani con quelli toscani,
osservando le rime imperfette.
Con la morte di Federico II, venne meno la poesia siciliana, a raccoglierne l’eredità furono la Toscana e
Bologna, con i cosiddetti poeti siculo - toscani e gli stilnovisti.
Poesia religiosa: Il Cantico di frate sole, noto anche con il titolo di Laudes creaturarum, di san Francesco,
datato 1223/1224, è scritto in volgare con accenni umbri. La tradizione delle laudi ebbe gran successo nel
200, 300 e 400, utilizzate come preghiere cantate dalle confraternite. Origine centrale, con prevalenza
umbra, si diffuse nell’area settentrionale fino a esercitare una funzione linguistica importante canale di
diffusione di moduli centrali. La maggior parte delle laudi erano anonime e di modesta qualità letteraria,
ma si diffondevano grazie al passaggio fra le comunità.
La poesia siculo - toscana, si sviluppò a Pisa, Lucca (Bonagiunta) e Arezzo (Guittone). A Firenze si affermò
solo durante la fine del 200. Il suo stile riflette quello della poesia siciliana e la forma metrica del sonetto fu
utilizzata largamente. In tutti i poeti si ritrovano gallicismi e sicilianismi, ad esempio le finali in –i invece che
in –e in sostantivi singolari (calori, valori, siri). Alcuni passarono anche agli stilnovisti, Dante e Petrarca. La
lingua letteraria grazie al riferimento alla tradizione precedente si sviluppò già matura.
Dante attribuì a Guinizelli la svolta stilistica che avrebbe portato alla nuova poesia d’amore, ma in realtà
esiste una continuità con la tradizione poetica anteriore, permangono gallicismi, sicilianismi e
provenzalismi. Tuttavia il lessico della poesia segna una crescita quantitativa e una struttura della frase più
varia.
Dante fu il primo teorico del volgare Convivio e De vulgari eloquentia. Nel Convivio il volgare = “sole
nuovo”, destinato a splendere al posto del latino per un pubblico vasto. Il De vulgari eloquentia è composto
in latino, durante l’esilio, primo trattato sulla lingua e poesia volgare, viene però interrotto al Libro II.
Rimase sconosciuto fino al Cinquecento, quando fu riscoperto e pubblicato in traduzione italiana e le sue
tesi furono utilizzate in chiave polemica nelle dispute sulla “questione della lingua” fino a divenire uno dei
testi fondamentali nel dibattito rinascimentale.
Dante dichiara che l’essere umano sia l’unico essere dotato di linguaggio e l’origine delle lingue è ripercorsa
attraverso il racconto biblico, il cui nodo centrale è l’episodio della Torre di Babele. La grammatica delle
lingue letterarie è una creazione artificiale ed anche il volgare per farsi letterario deve acquistare stabilità
distinguendosi dal parlato popolare. Si concentra sull’Europa e la distingue per aree in cui “sì” si dice “io”, e
aree in cui si dice “sì”. Passa a esaminare le parlate locali italiane alla ricerca del volgare migliore, che
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definisce illustre (aulico, cardinale e curiale), non ne trova una degna. Tra le più severe condanne troviamo il
toscano e il fiorentino, migliori risultano il siciliano e il bolognese ma a livello formale alto (poeti di
Federico II e Guinizelli). La nobilitazione del volgare = letteratura, non apprezza la lingua letteraria toscana
(Guittone.) uso rozzo e plebeo, ben lontano dallo stile siciliano e degli stilnovisti.
La prosa del 200 arriva in ritardo Novellino, semplicità sintattica, in fiorentino. In questi secoli il latino
detiene ancora la prosa. Il volgare e il latino si influenzano a vicenda volgarizzamenti (traduzioni o
imitazioni di testi, soprattutto classici) con alto valore sperimentale, spesso risentono degli originali latini o
francesi. La prosa italiana nasce nutrita dello stesso latino da cui cerca di liberarsi.
VIII. IL TRECENTO
L’eccezionalità della Commedia la deve isolare da tutte le altre opere, è scritta in una lingua diversa da
quella teorizzata nel De vulgari eloquentia, lo stile attinge a risorse vastissime, queste caratteristiche
favoriscono la promozione del volgare dimostrando nei fatti la potenzialità illimitata della nuova lingua.
Il successo della Commedia fu decisivo per il toscano, iniziò così la sua espansione. Nello stesso secolo
altre due opere aiutarono questo processo di espansione del fiorentino: il Canzoniere di Petrarca e il
Decameron di Boccaccio.
Migliorini Dante come il padre del nostro idioma nazionale, nella sua Storia della lingua italiana. Dante
incrementò il patrimonio linguistico dell’italiano, restituendo ai suoi lettori la sensazione di una lingua
matura e completa, ricca di forme. Grande uso di latinismi nella Commedia, con varia provenienza (classici,
Sacre Scritture, filosofia tomistica, scienza medievale), soprattutto nel Paradiso. Presenza anche di
plurilinguismo la Commedia accoglie elementi di provenienza disparata termini forestieri e plebei.
Tuttavia il poema si presenta, nel suo complesso, come l’opera più notevolmente fiorentina scritta da
Dante, ma mai come un appiattimento a rigide forme locali o provinciali. Dante, si sente, infatti, libero di
evitare tratti morfologici del fiorentino del suo tempo, quando non sono di suo gusto.
Si può ammettere la polimorfia della lingua di Dante nella Commedia: alternanza di forme dittongate e non
(core/cuore; foco/fuoco ecc.), posizione di a in protonia (danari, giovanetto sono presenti quanto denari e
giovinetto), le forme dei verbi al condizionale (siciliano –ia e toscano –ei: vorria, vorrei compaiono entrambi
una volta); questo polimorfismo produsse a sua volta una tendenza alla polimorfia nella lingua italiana.
Nessun manoscritto originale o firmato della Commedia, quindi la vera patina linguistica si può ricostruire
solamente per ipotesi edizioni critiche scelte linguistiche degli editori. Il lessico invece ci offre maggiori
garanzie sulla libertà di Dante neologismi: es. verbi e prefissi in –in.
Linguaggio poetico di Petrarca = selettività, esclude molte parole usate da Dante perché inadatte al genere
lirico. Le opere in volgare molto ridotte, anche il Canzoniere inizialmente avrebbe dovuto avere un titolo
latino: Rerum vulgarium fragmenta. Il volgare in quest’opera è la lingua di un raffinato gioco poetico,
omaggio a una tradizione iniziata da Siciliani, lingua naturale dei colti che impiega in maniera spontanea.
Petrarca punta al monolinguismo della lirica + un vasto uso di figure retoriche.
La prosa trecentesca non era ancora stabilizzata in una tradizione salda, il salto di qualità = Decameron.
Boccaccio ricerca realismo compaiono voci che introducono elementi diversi dal fiorentino: il veneziano, il
senese, il toscano rustico. Le novelle concedono spazio al dialogo, tuttavia lo stile boccacciano è
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caratterizzato dall’ipotassi (= accumulo di subordinate), inversioni latineggianti e posposizione di verbi.
Stile che fu enormemente copiato in seguito = prosa fiorentina di livello medio - alto.
Autore di uno fra i più antichi testi in volgare napoletano Epistola napoletana. Uno scritto in tono
scherzoso, una sorta di divertimento occasionale ma importante dal punto di vista linguistico per l’uso
volontario di un volgare diverso.
I volgarizzamenti nel 300 Si avvicinano a rifacimenti del testo originale.
X. IL QUATTROCENTO (focus migliore: Tavoni “Il Quattrocento) ”
La svolta umanistica ebbe inizio con Petrarca = crisi del volgare, lo screditò agli occhi dei dotti, ma nell’uso
pratico continuò a espandersi.
Ci volle molto tempo per affermare la parità di potenziale fra lingue antiche e moderne, e avvenne nella
seconda metà del secolo Firenze, alla corte di Lorenzo. L’atteggiamento comune = disprezzo del volgare
(Giorgio Valla definiva canzoncine per indotti le opere in italiano di Dante e Petrarca). Il latino era preferito =
lingua più nobile.
Appassionati delle vicende del mondo classico, gli umanisti, si interrogarono sulle cause che avevano
portato al crollo della splendida civiltà della Roma antica, toccando anche l’origine del volgare.
Biondo Flavio + Leonardo Bruni = lezione
La scena mutò con la fiducia nel volgare di Leon Battista Alberti = lezione.
Nella Firenze di Lorenzo il Magnifico si ebbe forte promozione del toscano, i cui protagonisti furono egli
stesso, Landino e Poliziano. Lo sviluppo della lingua = concezione patriottica, patrimonio e potenzialità
dello Stato mediceo, tanto quanto l’arte o altre risorse. Landino nega la naturale inferiorità del volgare
rispetto al latino + invita i concittadini ad adoperarsi perché la città ottenesse il principato della lingua.
Commento a Dante e traduzione in volgare della Naturalis historia di Plinio la lingua toscana era ormai
matura per trattare ogni argomento.
Lorenzo, nel 1447 inviò a Federico (erede al trono di Napoli), una raccolta di poesie della tradizione
letteraria volgare, dallo Stilnovo allo stesso Lorenzo Raccolta aragonese + Epistola, attribuita al Poliziano,
contenente l’elogio della lingua e letteratura toscana. Per la prima volta la promozione del volgare e delle
sue possibilità si colloca in un intervento culturale legato a un disegno politico. Alla corte di Lorenzo il
volgare diviene oggetto di esercizio letterario colto autori che sanno apprezzare la classicità + modi e
forme della lingua popolare (= Nencia da Barberino). Morgante di Pulci = prima trasposizione colta di un
genere popolare, il cantare cavalleresco. Stanze per la giostra, poemetto incompiuto in ottave del Poliziano.
koinè quattrocentesca = lezione
La letteratura religiosa contribuì alla circolazione di modelli linguistici toscani o centrali attraverso l’Italia. Le
laudi, le sacre rappresentazioni e la predicazione si rivolgevano al popolo = dovevano essere in volgare
spesso si avvicinava al dialetto locale illustre. Alcuni predicatori si espressero in un linguaggio nel q