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ATTO SECONDO
Alceste rivolgendosi a Célimène le dice di non esser soddisfatto della sua condotta, per questo sarebbe
opportuno chiudere la relazione perché prima o dopo si sarebbero lasciati, anche se vorrebbe che fosse il
contrario. Il suo cuore lascia a chiunque un varco socchiuso, vi sono troppi pretendenti e di questo Alceste
non è felice. Célimène gli chiede se abbia deciso di accompagnarla a casa per farle la predica e se sia lei ad
esser colpevole di avere tanti corteggiatori che vogliono vederla e che lei non può cacciare con un bastone.
Alceste sostiene che non dovrebbe agire con un bastone ma con un cuore meno docile, chi viene attratto
dalla sua bellezza trova una buona accoglienza con lei, concede speranze che rendono più tenaci i
pretendenti; se lei non agisse con tanta compiacenza, se non fosse così generosa, avrebbe meno
spasimanti.
Alceste le chiede dunque per quale motivo abbia una così grande stima nei confronti di Clitandro, se sia
perché ha un’unghia lunga del mignolo; se si è arresa al mondo per i suoi capelli biondi; se lo ama per le
maniche a sbuffo; se i nastri a cascata l’hanno affascinata; se siano stati i calzoni ad incantarla o se sia stata
la risata, la parlata.
Célimène risponde che è gentile nei suoi confonti poiché nel suo processo ha modo di far intromettere
molti dei suoi amici. Alceste le consiglia di perdere il processo, di non cedere. La fanciulla ha ormai
compreso la gelosia di Alceste nei confronti di tutti, quest’ultimo spiega di esserlo poiché lei accoglie tutti.
Célimène spiega dunque di dover essere ammirata per la compiacenza che divide tra tutti, poiché ci si
dovrebbe offendere se la riservasse a una persona sola. Alceste non crede opportuno esser considerato
troppo geloso, vuol solo sapere cosa lo distingue dagli altri; la fanciulla risponde di essere amato da lei.
L’uomo non sa se credere alle sue parole, non sa se lei dice la stessa cosa a tutti i pretendenti. Célimène
crede che il loro ardore non abbia confronti. Alceste comprende che l’amore nei suoi confronti non è
giusto, che se potesse controllare i propri sentimenti non amerebbe lei, ma che non ci sia nulla che possa
trattenerlo; nessuno ha mai amato come ama lui. Célimène commenta dicendo che effettivamente il suo è
un amore nuovo: amare una donna per poterla insultare, un amore che brontola così tanto.
Célimène si trova in compagnia di Acaste e Alceste commenta il fatto che non sia mai possibile parlarle da
solo, che riceva sempre gente. La fanciulla non ha intenzione di creare liti con Acaste, se mai gli dicesse che
non avrebbe voluto vederlo, non la perdonerebbe. Sono persone che hanno ottenuto un importante
favore, hanno la possibilità di esprimere a Corte le proprie ragioni, quindi possono dare sostegno. Alceste è
contrario a questa sua decisione di accogliere continuamente tutti coloro che si presentano alla sua porta,
considerando quanto detto dalla fanciulla, una scusante per sopportare tutti e ricevere apprezzamenti.
Giunge Clitandro e Alceste fa per andarsene nonostante l’insistenza del primo nel restare; dunque egli
resta.
Giunge anche Eliante insieme a due marchesi, Alceste vuole che Célimène si dichiari poiché non ha più
pazienza.
Alceste, Acaste, Célimène, Eliante e Clitandro iniziano a parlare di persone stravaganti, di donne che
abbiano interesso per alcuni uomini, commenti su altre donne, uomini che hanno un orgoglio eccessivo e
gente che ha ottenuto prestigio nel corso del tempo fino ad esser frequentato dalle migliori persone, grazie
al proprio cuoco. Alceste ironizza sulla situazione incitandoli a tirar fuori altri nomi di persone per attaccarli
e giudicargli, per poi tendergli la mano dando false promesse; egli accusa Clitandro di tirar fuori queste
maldicenze dalla sua Signora.
Célimène spiega che Alceste è un uomo che si oppone all’opinione degli altri, se fosse d’accordo con
qualccuno si sentirebbe un uomo comune; gli piace contraddire al punto di polemizzare spesso anche con
se stesso, opponendosi anche ai propri sentimenti se dovessero essere affermati da qualcun altro.
Alceste risponde non curandosi della satira che di lui sta facendo la Signora, rimproverando coloro che in lei
alimentano i difetti che poi criticano. Clitando ammette di non aver mai creduto che Célimène avesse
difetti, anche Acaste nota in lei solo doti. Alceste invece li nota e spiega che più si ama qualcuno, meno la si
lusinga, l’amore vero non perdona nulla. Eliante interviene sostenendo che l’amore non abbia queste leggi,
gli amanti vantano le scelte fatte, la passione non è criticare, i difetti diventano perfezioni, se lo spasimante
è innamorato ama anche i difetti della persona amata.
Giunge una Guardia rappresentante i Marescialli, che chiede a Alceste di recarsi da loro al più presto per la
ridicola contesa di Oronte poiché si azzuffato con Alceste per alcuni dei versi che lui non approvava. Alceste
trova la cosa un’assurdità, non vede come possa cambiare la cosa se non obbligandolo ad approvare quei
versi, da lui ritenuti orrendi, tanto da accusare l’uomo che li ha fatti alla forca.
ATTO TERZO
Acaste si mostra felice, pensa di non aver motivo di non esserlo: è giovane, ricco e proviene da una casa che
si può definire patrizia; grazie al rango dovuto alla sua stirpe ci sono pochi impieghi che non gli si addicano.
Nella società ha condotto una contestazione in modo vigoroso, è intelligente e di buon gusto. Saprebbe
fare sulla scena di teatro la figura dell’uomo colto, giudicare da maestro; sa destreggiarsi, ha un
bell’aspetto, dei bei denti, un corpo snello. Ha un buon modo di vestire, è amato dalle donne e ha la grazia
del Sovrano. Lamenta solo di non riuscire a sopportare il gelo di una donna, è normale amare con costanza
le bellezze, languire ai loro piedi, cercare rifugio tra sospiri e lamenti. Per quanto eccezionale sia il pregio di
una donna, anche lui ha un prezzo: il suo cuore porta vanto a chi lo possiede, è giusto che siano entrambi
ad avere delle spese.
Célimène non gli ha mai confidato delle segrete inclinazioni, lo maltratta, lo rifiuta. Clitandro vuol dunque
giungere a un patto: quando si avrà prova certa di avere il privilegio del cuore di Célimène, l’altro cederà il
posto a colui che l’ha conquistato, liberandosi del rivale.
Giunge anche Arsinoé presso la dimora di Célimène. Acaste spiega che la donna ha fama in tutto il mondo
di essere molto pia, Célimène la considera solo una mondana che fa di tutto per ottenere un uomo, è
invidiosa dei pretendenti che può avere un’altra donna; tenda di riscoprire la solitudine che in lei risiede,
agisce da bigotta ma un uomo le piacerebbe molto. Célimène crede che lei abbia un debole per Alceste, per
questo si sente oltraggiata dato che egli da attenzioni solo a lei.
All’entrata di Arsinoé, Célimène si comporta con generosità e attenzioni nei confronti della donna. Arsioné
spiega di essere giunta presso la sua dimora per amicizia, è venuta a conoscenza di alcune confidenze
contro l’onore di Célimène: uomini virtuosi parlano e giudicano la sua condotta, i suoi intrighi sono
aspramente criticati; Arsioné ha cercato di prendere le sue difese, garanteno lei stessa per la sua anima
anche se non può negare che il clima in cui vive Célimène fa una brutta impressione agli occhi della gente,
non crede che siano vere le storie incresciose che si narrano, ma è facile dar corpo all’ombra di un peccato.
Célimène la ringrazia e decide di ricambiare dicendole le voci che girano sul suo conto invece: la sua
pudicizia non fu citata come modello, la vostra serietà esteriore, i discorsi sull’onore e sulla saggezza, la
faccia scura, le critiche all’indecenza, la sua attitudine con cui guarda tutti, i sermoni e le censure vengono
visti solo come un’apparenza: è una facciata che viene smentita dal resto. Sembra contro gli eccessi quando
prega, ma una la violenza contro i servi e non li paga. Nei luoghi sacri dimostra fervore, ma si trucca il viso
per sembrare bella. Ricopre con un velo le nudità dei quadri, ma le piace guardare quando si tratta di corpi
veri. Célimène l’ha difesa, garantendo che si trattasse di diffamazione, ma tutti erano contro la sua
opinione. Dunque si è concluso che sarebbe opportuno non preoccuparsi delle azioni degli altri, ma più
delle proprie; bisogna prima osservare sé stessi per poi poter criticare gli altri.
Arsinoé comprende che quanto detto da Célimène è dovuto alla critica iniziale da lei posta che,
evidentemente, l’ha ferita nel cuore. Célimène ribatte contrastando l’idea di Arsinoé, crede solo sia
opportuno riferirsi quanto su di loro venga detto in modo reciproco, ma che al momento, dati i suoi
vent’anni, non può agire moralmente ma che magari un giorno anche lei diventerà bigotta.
Arsinoé nota il sottolineare dell’età da parte della fanciulla, spiegando che non è l’età a far di una persona
ciò che è. Célimène le chiede per quale motivo ogni qualvolta lei abbia degli affanni, lei attacchi Célimène
che non ha colpe se nessuno rivolge nei suoi confronti più uno sguardo, non è colpa sua se ha tanti
pretendenti pronti a corteggiarla, così come non le impedisce di affascinar qualcuno.
Arsinoé non lamenta i numerosi amanti, ma non crede che siano dovuti solo al suo merito, che brucino solo
di amore onesto, che tutti la corteggino per la sua virtù; ci sono persone che ispirano teneri sentimenti
senza chiudere in casa nessun ammiratore. Non si conquista un cuore senza modi invitanti, nessuno si
innamora per i nostri begli occhi, e le cure galanti dobbiamo comprarle. Gli consiglia di non gonfiarsi di
eccessiva gloria dovuta a un piccolo successo, se i suoi occhi invidiassero le sue conquiste, le farebbe
vedere che si hanno gli amanti quando si vuole averli.
Célimène cerca dunque di sfidarla, ma deve attender la carrozza. Célimène cerca di intrattenerla,
chiedendole di intrattenersi con Alceste.
Arsinoé accetta e trova la cosa molto gradevole, condivide con lui ogni suo interesse, vorrebbe che la corte
rendesse giustizia a un uomo di così tanto valore, dovrebbe lamentarsi con la Corte per come viene
trascurato. Alceste non comprende quale merito abbia per potersi lagnare dell’esser trascurato. Arsinoé
spiega che è per il suo merito; Alceste è contrario, crede che sarebbe un gran da fare se la Corte dovesse
scoprire i meriti di tutti