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PAESAGGIO CULTURALE
è l'area geografica nel suo significato finale. Le sue
forme sono la traduzione materiale del lavoro degli
uomini.
Il paesaggio culturale è modellato a partire da un
paesaggio naturale per opera di un gruppo culturale: la
cultura è l'agente, l'area naturale il medium, il paesaggio
culturale il risultato.
Sotto l'influenza di una data cultura il paesaggio cambia
nel corso del tempo.
Per morfologia del paesaggio si potrebbe dunque parlare di paradigma, cioè di un modello di declinazione e di
coniugazione del pensiero. Questo paradigma è finalizzato all'esclusiva descrizione del paesaggio, inteso come
associazione geografica di fatti che registra l'attività dell'uomo. Oppure uno stile geografico per comprendere
la cultura.
Il sistema sociale attraverso cui si esprime l'attività dell'uomo, definito il primo e più importante agente di
cambiamento morfologico, rimane di fatto escluso. Sauer definisce la cultura come la capacità di alterare
l'ambiente naturale, producendo effetti che si accumulano storicamente.
Nella Morfologia esiste un implicito pregiudizio morale che sancisce che l'azione dell'uomo nei confronti della
natura sia riconducibile a un generale e sistematico sfruttamento distruttivo.
Questo pregiudizio cade inavvertitamente nella dimensione della geologia e delle scienze della terra, e la
storia, o le scienze umane, rimangono escluse dalla conoscenza delle forme del paesaggio.
Sauer rifiuta per scelta e per caso di occuparsi delle aree travolte dalla velocissima trasformazione imposta dal
capitale e dai moderni metodi di produzione, preferendo le zone arretrate.
La storia culturale diventa storia naturale mentre il paesaggio si dà come la somma delle sue forme.
~Le origini culturali e politiche
Le linee militanti di Jackson, Duncan e Cosgrove sono di chiara derivazione culturale. Ogni forma di conoscenza
teorica è una forma di pratica politica, non è mai di per sé neutra e obiettiva.
Secondo alcuni studiosi del CCCS (Centre of Contemporary Cultural Studies), le culture sono mappe che consentono di
comprendere il mondo; inoltre si occupano di qualcosa che è molto geografico, cioè la posizione del soggetto dentro lo
spazio. La dimensione geografica sembra essere duplice: da un lato si considera la natura e la posizione del soggetto,
dall'altro si ricorre alla metafora della carta per tentare di comprendere il significato della spazializzazione dei fenomeni
culturali.
Per i Cultural Studies si tratta della registrazione dell'instaurazione e degli effetti di pratiche discorsive e di alleanze nel
contesto di uno specifico spazio o mileu. La ricognizione dell'insieme dei “dove” obbliga a rilevare la cartografia di un
territorio culturale in continua evoluzione.
Con questi strumenti la nuova geografia culturale può facilmente criticare la geografia della Berkley School e attaccare
l'idea della morfologia del paesaggio e della geografia culturale in generale.
I studi culturali sono l'esito dell'entrata dell'Europa nella cosiddetta posthistoire.
Questa nuova storia moralizzata diviene possibile nel momento in cui si conclude la conquista e il saccheggio del
mondo da parte dell'Europa, quando si consegnano le carte geografiche alla tradizione.
I. Raymond Williams, Richard Hoggart, Edward Palmer Thomson: fermate dell'autobus, origini
proletarie e posto di lavoro a rischio.
Tra i due termini (quello del secondo conflitto mondiale e quello dei Cultural Studies) si colloca la riforma del
sistema educativo che consente a numerosi membri della working class l'accesso a un livello superiore di
istruzione. Nel periodo post-bellico, il governo laburista mette mano a una serie di riforme necessarie: dalla
nazionalizzazione delle industrie di base e dei servizi, alla parziale democratizzazione del sistema
educativo.
Questo periodo coincide anche con la dissoluzione dell'impero britannico e dell'arrivo di immigrati nelle città
dell'Impero.
In questo clima di cambiamenti si pongono altre due questioni:
- la prima comporta il riconoscimento della natura eterogenea e multiculturale dell'Impero, e perciò
obbliga tutti i cittadini a chiedersi cosa significhi Englishness;
-la seconda ha a che fare con l'inevitabile fine della coscienza morale inglese, fondata sul rigido sistema di
classi e riprodotta mediante un elitarismo culturale spietatamente gerarchico.
Raymond Williams Richard Hoggart Edward Palmer Thomson
Inizia ad interrogarsi sui presupposti Condivide con Williams l'origine Il borghese marxista Thompson si
che legittimano gli English Studies, sociale. interessa a tutto ciò che occupa i
come sapere deputato alla La scala sociale diventa scala spaziale. margini e i vicoli ciechi dello spazio
trasmissione dei valori indispensabili Ciò che è importante sottolineare è la sociale, le forme culturali sottomesse
alla definizione del suddito britannico natura evidentemente politica della o represse, le storie di continua
e dell'idea di nazione. Valori ancora pratica teorica di Hoggart, il quale opposizione e resistenza.
reazionari dell'epoca vittoriana e non sottopone a canone e a valutazione la → problema tra cultura popolare e
rappresentano affatto la cosiddetta produzione culturale di una classe cultura di massa: la prima ha lavorato
massa. sociale fin qui esclusa dalla attivamente in senso antiegemonico,
La “cultura è ordinaria” afferma nel definizione dell'identità nazionale. la seconda (di provenienza americana)
1958 e da ciò si deve partire. Hoggart è consapevole di come la ha determinato la sistematica
La cultura viene intesa come un modo politica sia imprescindibile dalla eliminazione delle molteplici forme
di vivere che si esprime attraverso le cultura, e che sono le politiche culturali di resistenza e di autonomia,
istituzioni e i comportamenti culturali a determinare lo stile di vita proprie della working class britannica.
individuali nella vita quotidiana. Fin degli anni successivi alla seconda La cultura, l'esperienza soggettiva, le
qui la cultura è la dimensione nella guerra mondiale. Questo vuol dire che tattiche di resistenza sono ciò che
quale la politica, economia e società si le politiche culturali sono sempre forma la coscienza di classe dei
incontrano e si scontrano. addentro a quelle di classe. lavoratori, e la cultura è la dimensione
Quello che dev'essere analizzato è la In virtù di tale posizione, Richard dello scontro tra differenti stili di vita.
formula della cultura, e non l'oggetto. Hoggart fonda il CCCS nel 1964. Anche se a ben considerare il conflitto
→ Williams rompe con la tradizione avviene quasi sempre tra la cultura
letteraria. (insieme dei valori) dominante e
Da qui nascono espressioni come quella popolare.
“struttura di sentimenti” = l'insieme
delle esperienze, dei valori di un
gruppo, di una classe sociale o di una
società.
Ai geografi Williams interessa anche
per il suo modo di considerare il
paesaggio.
I suoi paesaggi sono dinamici ed
eterogenei, implicano la storia e il
conflitto, la dimensione materiale e la
struttura sentimenti, evocano con
forza il legame concreto tra le forme
culturali e potere, ideologia,
immaginazione.
Le riflessioni dei tre fondatori degli studi culturali britannici hanno in comune la posizione sociale dell'origine,
che stabilisce il tratto politico e culturale delle loro analisi.
Verso il 1970, sopraggiunge alla direzione del Centro Stuart Hall; e così l'orientamento dei Cultural Studies
cambia rispetto al cosiddetto marxismo umanistico di Williams e di Thomson, e lascia alle spalle la tradizione
ereditata da Leavis. Ma rimane intatta la portata della tensione tra teoria e pratica, e immutata la sostanziale
visione del lavoro intellettuale come presupposto per l'azione politica.
II. Stuart Hall: la lotta con gli angeli e il tavolo sporco
nato nel 1932 in Giamaica, si trasferisce con sua madre a Bristol; frequenta Oxford e nel 1964 inizia a
collaborare con la CCCS, la quale negli anni successivi (dal 1970 al 1981) diviene il luogo in cui si pensano
temi e teorie che orientano e definiscono non soltanto il dibattito culturale britannico, ma anche quello
internazionale.
Si inizia a riflettere sulla cultura popolare britannica: le mode giovanili, il consumo...si legittima un ambito
della cultura fino ad ora estromessa, attivando una teoria critica intesa a comprendere la complessità dei
fenomeni dentro i quali viviamo le nostre vite. Per questa ragione è impossibile compilare un'agenda esaustiva
dei Cultural Studies.
I Cultural Studies vengono intesi come la linea teorica che accompagna il disegno politico di sinistra: meglio
che i Cultural Studies siano semplice pratica di critica marxista.
Strutturalismo e post-strutturalismo obbligano a ripensare questioni come il soggetto, il funzionamento
dell'ideologia …; apprendere e ritenere la teoria secondo la quale ogni teoria è politica. E il Cento si
internazionalizza.
Apprendiamo che ci sono state almeno due rotture essenziali negli studi culturali:
- la prima → il femminismo. Hall spiega più volte come il CCCS avesse cercato di attirare serie e riconosciute
studiose femministe con un atteggiamento di benevolo paternalismo. Ma quando il femminismo irrompe rende
manifesta l'implicita gerarchia maschilista che governa l'ordine dei discorsi tra gli studiosi del Centro e
l'insospettata resistenza ai loro discorsi. Il punto di vista femminista sottolinea e amplifica la natura politica di
ogni dimensione ritenuta personale, dimostrando come la politica culturale sia irriducibile alla sola sfera
pubblica.
- la seconda → la questione della razza. La riflessione critica e teorica sulle politiche culturali razziste, dalla
resistenza al razzismo alla costruzione e all'utilizzo del concetto stesso di razza, entra nell'agenda degli studi
culturali.
Il senso dei discorsi e della pratica teorica dei Cultural Studies dipende da tale forma minimalista, e al
contempo si nasconde, nell'eterogeneo caleidoscopio di manifestazioni e rappresentazioni sociali e culturali.
Qui entra la questione chiave per Hall, cioè la mondanità (che con parole di Edward Sail: sono nel mondo e di
conseguenza sono mondano).
Un;immagine parziale della realtà si universalizza in maniera tale da offuscare gli interessi che tale immagine
rappresenta. Diventa essenziale comprendere l'ideologia che orienta i differenti punti di vista, così da rendere
chiaro in che modo si compenetrano, si contestano o si negoziano.
Hall ricorda che se gli studi culturali non sono un'area disciplinare sorvegliata, si può tuttavia stabilire un
limite. La differenza disciplinare non dipende affatto dagli oggetti o dai temi trattati, ma dalla rivendicazione di
una precisa posizione politica e teorica che si intende ostinatamente mantenere. I testi