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VILLAGGIO:
Definizione del dizionario → gruppo di case più piccolo di una città e più grande di un casale.
Definizione in India → terreno delimitato da confini, non necessariamente dotato di abitazioni, ma dotato sempre di un
nome che segnala i diritti di usufrutto e proprietà del terreno.
In epoca moderna, tuttavia, il villaggio è passato dall'essere coltivo ad abitativo; questo passaggio lo spiega Clausewitz:
le forme di terreno influiscono sul combattimento in triplice maniera:
– come ostacolo alla vita;
– come ostacolo alla percorribilità;
– come mezzo di copertura contro gli effetti del fuoco.
È stato sulla base di questi che tra l''800 e il '900 si è proceduto in Europa alla costruzioni di carte topografiche,
selezionando con il criterio della valenza tattica tutti i tratti della Terra. Così gli alberi, per esempio, vengono preferiti
alle coltivazioni erbacee.
Per questo il villaggio si tramuta prima sulla carta e poi nella nostra testa come un semplice insieme di case.
~Tra mito e archetipo: che cos'è una città?~
città = agglomerato di edifici più esteso di un villaggio
“Una città è una città” (Lopez) → esprime la rinuncia al tentativo di una risposta onnicomprensiva alla questione
perché il concetto di città è mutevole. Il confronto tra sviluppo e funzione di organismi cittadini tra loro differenti si
rivelerebbe molto più produttivo della ricerca di una formulazione univoca e perciò extrastorica del fatto urbano.
L’approccio comparativo ha però poi privilegiato il carattere di istituzione politica. I geografi si dibattono ancora oggi
nella contraddizione tra considerazione formale (topografica) e funzionale della città: se si bada all’ingombro fisico
oggi la città appare crescere ed estendersi, ma se invece si bada alle funzioni tipiche della città (coordinare, dirigere,
controllare) allora essa si va rarefacendo e sparendo. Oggi più di metà dell’umanità vive in città. Quel che da paese a
paese varia è la quantità di abitanti minima necessaria perché una sede sia classificata come urbana, non varia invece la
natura quantitativa del criterio che i censimenti adottano.
~La mano invisibile e quella nascosta~
Archetipo cui ci si riferisce è secondo il quale l’emergere della civiltà è il risultato di una sequenza che inizia con le
attività di raccolta dei frutti spontanei e con la caccia, prosegue con l’agricoltura e culmina con la formazione urbana e
statale (versione stadiale della storia dell’umanità) → messa in discussione a partire dal 1950.
La reazione più vivace contro tale archetipo è stata quella della Jacobs, che ritiene che esso derivi da Adam Smith e
quindi dall’evoluzione storica e dall’economia politica. A Smith stava a cuore la divisione tecnica del lavoro, che a sua
volta dipende dal mercato, e è la causa dell'aumento della produttività, dunque di tutte le conquiste compiute
dall'umanità. Quindi Smith considera villaggi, città, grandi città anzitutto come mercati isolati, la cui estensione è
misurata dalla massa degli acquirenti o dal possibile smercio. Il passaggio dal villaggio alla città vale per Smith solo in
termini di aumento del numero degli abitanti e delle attività specializzate. Per Smith lo stadio finale della società è
regolato dalla “mano invisibile” che governa l’economia: è alla sua involontaria azione che si deve la conciliazione tra
libertà, desiderio di miglioramento dell’individuo e ordine della società, tramite la competizione. Ma perché una mano
invisibile esista, dice Hofstadter, bisogna che il mondo sia ridotto ad un disegno che comprenda anche la mano
dell’autore, e che perciò cancelli la concreta esistenza di quest’ultima.
~Mani che disegnano~
La litografia di Escher è un'illustrazione della ricorsività: una mano disegna un'altra mano che a sua volta disegna la
prima, in circolo.
Ciò avviene, spiega Hofstadter, perché in tal modo l'immagine cela la realtà, nasconde la mano dell'autore che ha
disegnato l'immagine. La mano nascosta è così quella invisibile e quella visibile (disegnata) è falsa.
È il disegno stesso ad essere portatore di un'intenzione che è indipendente dalle intenzioni o dalla volontà (dalla mano)
di qualsiasi disegnatore.
Per questo la “mano invisibile” di Smith procede involontariamente: segue un'intenzione che è già inscritta in
un'immagine.
500 → Botero – trattatello urbano
Smith → la grandezza di una città è data dalla moltitudine degli abitanti e la loro possanza.
'700 → la città diventa un insieme di più case disposte lungo le strade e circondate da un elemento comune che di
norma sono mura e fossati.
Tra Botero e l’illuminismo allora qualcosa di decisivo è avvenuto: la costruzione della prima carta topografica, la Carta
di Francia basata sul mediano di Parigi.
~Vie, strade e cammini~
La Carta di Francia modifica non solo l’idea di città e la forma delle strade, ma anche la forma delle città e l’idea di
strada, a segno dell’impossibilità della distinzione, sulla mappa, tra forma e idea. Ancora alla metà del ‘700 cammino
(chemin), via (voie) e strada (route) erano sinonimi. Si stabilì pertanto che:
- via – indica il modo in cui si procede, e può essere di terra e di mare
- strada – comprende l’insieme dei luoghi che bisogna attraversare nel viaggio
- cammino – si riferisce alla lista di terra sulla quale si procede lungo la propria strada
Per stabilire con precisione la Carta generale di Francia (quelle precedenti contenevano numerosi errori), Cassini di
Thury propose la generalizzazione dello stesso metodo impiegato per la “descrizione” del meridiano di Parigi: formare
per tutta l’ampiezza del regno dei triangoli, l’un l’altro collegati per mezzo di oggetti rilevati in seguito, l’uno partendo
dall’altro. La distinzione dell’Encyclopédie deriva direttamente dal progetto del Cassini: la strada, intesa dal Cassini
come procedimento, diviene un’ipotetica successione di località; il cammino corrisponde solo a ciò che si calpesta.
Senza la rappresentazione cartografica perciò confonderemmo i significati delle parole → l’ordine del linguaggio
dipende dalla logica cartografica.
~Taxi!~
(Botero probabilmente si è rifatto a Tasso) Torquato Tasso distingue tra:
– villa → una “radunanza d’uomini e abitazioni con le cose necessarie alla vita”
– città → con “le cose necessarie al ben vivere”.
È indubbio comunque il ruolo quasi ossessivo che la città ed il suo ritratto cartografico rivestono per Tasso.
Il suo vanto consiste infatti nella rivendicazione di essere stato il primo a fare della città il centro di un poema
(“Gerusalemme liberata”) e di averla descritta con una precisione topografica. La città che Tasso prende a modello è
Ferrara. Sia Tasso che il Rossetti (primo urbanista moderno europeo, architetto per volere di Ercole I d'Este di Ferrara),
risolvono allo stesso modo il problema della centralità: Rossetti con la collocazione asimmetrica della piazza (che si
apre sul 13esimo segmento dei venti presenti sul tragitto occidente-oriente), Tasso con la composizione asimmetrica del
racconto, il cui centro non corrisponde a quello vero, alla metà.
Ferrara è la prima città moderna d’Europa perché in essa per la prima volta fa la sua prepotente e dirompente comparsa
la sintassi ortogonale e rettilinea delle strade, l’unica in grado di ridurre la città ad estensione spaziale.
~Terranuova~
Ferrara includeva al proprio interno una fascia libera di edifici per facilitare il passaggio dei soldati e una pianta
ortogonale composta da angoli retti e linee dritte. Sull’origine dell’ortogonalità dello schema delle terrenuove si
scontrano due ipotesi:
1) discendenza, attraverso la mediazione medievale, del sapere degli agrimensori romani;
2) insiste sulla pratica medievale della trigonometria e della geometria dei seni, che però fa il suo ingresso ufficiale
nella letteratura architettonica nel 1545.
La struttura delle terrenuove non è ancora compiutamente spaziale, anche se è comunque molto più regolare delle altre
città medievali, è ciò non solo per l’approssimazione delle misure, ma proprio in virtù del loro carattere proporzionale.
Da tale ricostruzione si ricavano un paio di osservazioni:
1) la ragnatela di linee radiali valgono come suggestione visiva e non tecnica;
2) riguarda il problema della nascita moderna dello spazio e conferma la sua totale inesistenza nel Medioevo.
Infatti una proporzione non è affatto uno standard, implica solo la corrispondenza di più elementi in rapporto reciproco.
Ma ad Arianuova (=Ferrara) tutto ciò non vale, perché tra essa e le terrenuove c’è di mezzo la prospettiva.
~Arianuova~
Ferrara → lo sviluppo cittadino coincide con quello edilizio. Tridimensionalità (strade + edifici);
Arianuova → vale solo il piano della bidimensionalità del progetto. Sono i volumi edilizi a doversi allineare sulla
regolarità e la rettilinearità delle arterie per rallentarne la fuga prospettica, secondo un dosaggio di pieni e di vuoti.
Le terrenuove hanno una ragione metrica che è interna e coincide con un elemento o un rapporto della pianta.
Arianuova ha una ragione metrica che non coincide con nessun elemento o rapporto della pianta, ma con la ragione
della pianta stessa. Ferrara è misura di se stessa, e per questo è la prima, perché lo spazio urbano moderno vi fa la sua
prima prova, e proprio per via delle cesure edili lungo le strade. In tal modo la concezione della città può scomporsi in
distinte fasi e operazioni, di cui la prima consiste nell’affermazione dell’autonomia del tracciato viario rispetto al resto.
È una scissione del nesso organico tra arteria stradale ed edilizia. Mentre Firenze scopre nel ‘400 di essere stata da
sempre inconsapevolmente una città prospettica (per Bellosi le leggi prospettiche furono un evento eminentemente
fiorentino, cittadinesco), Arianuova si costruisce dal nulla consapevolmente come tale, e si configura in maniera molto
più modernamente prospettica della stessa Firenze.
~Elogio alla follia~
All'inizio del '800, Tasso diviene la figura della malinconia per aver osato amare una donna di rango troppo