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CULTURA

Il termine cultura è centrale nella riflezzione geografica. R.Williams fa risalire il significato del

termine al latino "colere", ovvero coltivare, ma è anche contrapposizione perchè cultura è tutto ciò

che non è natura. È una parola che diviene via via più complessa, cui significato cambia a seconda

dei modelli sociali. Ogni messa a punto di significati esprime una relazione di potere.

Una teoria culturale è un mezzo per svelare i rapporti mefiati in una società che portano a forme di

diseguaglianza culturale.

I gepgrafia della NCG decostruiscono il termine cultura partendo dalle origini per capire l'origine

della subordinazione di una cultura a un'altra.

Nel XV secolo in Francia e in Inghilterra la cultura era intesa come coltivazione e nel tempo passa

per estensione agli individui, così viene intesa come ciò che serve per coltivare la mente.

Emergono così due significati: un uomo colto è un uomo la cui mente è stata coltivata, ed è

moralmente superiore, mentre un uomo non colto ha una mente priva di governo e regole e quindi

è subordinato. Queste pratiche discorsive, che giustificano che il colto predomin sul non-colto

hanno ispirato la pratica materiale della colonizzazione.

Nel XIX secolo la cultura viene intesa come civilizzazione, però il filosofo Herder critica questa

visione affermando che si deve parlare di cultura al plurale, non solo di culture nazionali ma anche

di diverse culture all'interno di una stessa nazione, da qui l'idea che più culture possono vivere nel

medesimo spazio. La concezione di Herder viene ripresa poi dai romantici. Esistono, quinidi, due

sfere per la definizione di cultura: materiale (civilizzazione) e simbolica (cultura).

Nella geografia culturale di Sauer e dei suoi seguaci c'era molto della geografia ottocentesca, però

non è la natura che determina il comporamento dell'uomo ma la cultura. Il determinismo

ambientale di Ratzel si evolve in un determinismo culturale. Sauer parte dall'idea di Lamarck

secondo la quale si possono trasmettere caratteristiche acquisite alla progenie attraverso

l'abitudine, la volontà e l'ambiente.

Il determinismo ambientale diviene la spiegazione di ogni forma culturale. Carl Sauer si distacca

però dalla forma più esasperata di questo determinismo, (importato poi negli USA da Ellen

Churchill Semple), e mette a punto la teoria del SUPEROGANICISMO, secondo la quale l'aerea

culturale è la manifestazione della connessione tra cultura e natura,

Il punto debole della teoria saueriana sta nel concetto di cultura non sottoposto ad alcuna critica, è

un concetto reificato, cioè talmento oggettivo da non poter essere messo in discussione, è una

cultura superorganica, che vive di vita propria.

Mitchell, invece, afferma che la cultura si fa non si possiede. Dal passaggio dalla teoria alla prassi

ne discende il "fare geografia culturale", si passa dalla rappresentazione alla prassi, basandosi

sulla "nonrepresentational theory" cioè l'importanza del contesto e delle relazioni economiche,

politiche e sociali che hanno dato vita a testi , mappe ecc. e gli esiti concreti della produzione

culturale.

La geografia si unisce ad altri saperi, le svolte culturali (cultural turns) hanno permesso il

geographical turn.

La NCG ha però dei limiti: scarsa attenzione al di fuori della produzione anglosassone.

PUNTI DI VISTA

Crisi della rappresentazione cartografica: è una crisi del discorso del mondo che fino ad allora era

veicolato dalle carte geografiche del passato. La NCG critica la geografia pretesa come scienza

oggettiva,invece la topografia e la cartografia sono al servizio delle classi dominanti e quindi sono

indirizzate a legittimare una forma di potere sul territorio, in genere sono l'espressione della

posizione dominante del soggetto bianco, maschio ed europeo.

La geografia culturale di Sauer aveva la pretesa di avere un punto di vista delocalizzato, invece la

NCG afferma che ogni punto di vista è localizzato, cioè la rappresentazione del mondo fatta da un

geografo/cartografo parte da certe condizioni politico-sociali, non c'è un'unica rappresentazione del

mondo ma ne esistono molte, infinite.

Nella geografia umana anglosassone del XX secolo si possono distinguere 4 modalità di

rappresentazione. La prima vige fino ale 1950 e consiste in quella del particolarismo che predilige

il lavoro sul campo e l'ossevazione diretta. La seconda, dopo il 1959, si basa sul positivismo

scientifico e sulla new economic geography (quindi passaggio dal metodo induttivo a quello

deduttivo). Vi è poi la svolta culturale e spaziale (spazio come prodotto sociale: nessuno spazio è

oggettivo) che negli anni '80 porta alla critica di tutta la vecchia geografia, emerge il filone

postmoderno secondo il quale bisogna decostruire le teorie precedenti e i linguaggio, quindi la

rappresentazione, che non è oggettiva o neutrale, è il frutto delle relazioni di potere che si

istaurano tra classi dominanti e subalterne. La quarta si basa sull'ermetica, che nasce dalla

consapevolezza che ogni studioso appartiene a un contesto (culturale, politico, ecc) diverso e

quindi ogni conoscenza è un'interpretazuone che dipende dal rapporto tra la posizione di chi

rappresenta e quella dell'oggetto rappresentato.

L'autobiografia, inoltre, è fondamentale nei lavori dei nuovi geografi, perchè, se ogni punto di vista

è localizzato, bisogna manifestare il proprio punto di vista, per fare ciò ci si riallaccai alle riflessioni

degli antropologi. Viene ripreso in praticolare l'antropologo poststruttaralista Geertz, il quale cerca

di svelare il ruolo del potere nelle differenze culturali.

Riconoscimento della natura eurocentrica della prassi geografica che aveva prodotto culturalmente

e politicamente questa differenza tra Europa e "l'altro".

Capitolo 2

I primi 3 teorici della NCG sono: Peter Jackson, James Duncan e Denis Cosgrove.

Sono teorici militanti, cioè militano in una visione amrxista e radicale del mondo, criticando il potere

e schierandosi per i subalterni.

I cambiamenti radicali degli anni '60 e '70 fanno sentire a Jackson la necessità di una rifondazione

teorica e filosofica della geografia culturale anglosassone, che dai primi anni del'900 si basava

ancora sui temi e metodi saueriani.

Tutto inizia nel 1980 con un breve articolo nel quale Jackson critica l'arbitraria divisione tra

geografia e antropologia in Gran Bretagna, mentre negli USA la geografia culturale e l'altropologia

avevano condiviso interessi e metodi, anche se ciò aveva portato ad una definizione di cultura non

esatta (particolarismo culturale di derivazione antropologica).

Jackson fa una critica alla geografia culturale di Sauer nella quale il lavoro del geografo consisteva

nello studiare la distribuzione della cultura e degli elementi culturali nel tempo e nello spazio. Egli

propone il contatto con l'antropologia sociale, non culturale come Sauer. In questo modo ci si

avvicina anche alla geografia sociale.

In realtà Jackson non criticava principalmente Sauer ma i suoi seguagi della Berkeley School, i

quali avevano portato all'estremo il pensiero del maestro. J. li definisce "i guardiani delle definizioni

disciplinari". Il suo, invece, p un ragionamento etico e militante.

James Duncan, rispetto Jackson, è più specifico, egli critica in particolare un elemento della

Cultural Geography di Sauer, ovvero la cultura ritenuta intoccabile in quanto si fonda sul

superorganicismo. Duncan è contrario alla reificazione dell'idea di cultura.

Duncan più che studiare Sauer va a studiare gli antropologi dai quali Sauer aveva tratto la teoria

del superorganicismo. cioè Kraber e Lowie. La scorretta ibridazione della geografia saueriana e

l'antropologia hanno portato al determinismo culturale.

In realtà Sauer, nei suoi studi, fa una ricostruzione storica, stabilisce le aree culturali e la diffusione

della cultura, però Duncan lamentava il fatto che quell'idea sbagliata di cultura non solo aveva

portato all'isolamento teorico della disciplina geografica ma anche l'isolamento con il mondo

contemporaneo.

La prima cosa che fa Ducan è trattare argomenti moderni, egli dà una crescente importanza alla

dimensione etica e delle responsabilità e al ruolo delle relazioni sociali e politiche.

Duncan ricorre al lavoro dell'antropologo Zelinsky per dimostrare che non esiste un'antropologia

che non è influenzata da pregiudizi. Zelinsky nell'opera "Cultural Geography of the USA", del 1973,

riduce a 4 le caratteristiche degli abitanti degli Stati Uniti, ovvero: individualismo, propensione alla

mobilità, visione meccanicistica del mondo e perfezionismo. Questi tipi ideali erano costruiti o calati

nella realtà fino a definire un intero popolo. La cultura, in questo caso, è presentata come un

comportamento abituale appreso. Duncan, però, decostruisce questa pretesa di oggetività e

omogenità, propone l'abbandono della cultura intesa come superorganica, deve invece essere

intesa come medium, attraverso il quale si traducono le relazioni sociali ed economiche degli

individui, quindi anche nella cultura sono dominanti i rapporti di potere.

Duncan riprende l'antropologo Geertz, il quale intende la cultura come un insieme di tradizioni e

credenze che possono guidare l'azione dell'individuo, ma non è detto che lo guidino in modo

omogeneo e uniforme. Questa definizione va letta dal basso, Geertz si riferisce alle tradizioni e

credenze delle classi medio-basse.

Denis Cosgrove si unisce a Jackson e Duncan, in un articolo del 1893 incoraggia la geografia

culturale radicale. Egli studia principalmente il paesaggio e pensa che tutto si risolva nel rapporto

tra marxismo e geografia culturale, inoltre riprende R.Williams per il suo ruolo nella New Left e nei

CS, in particolare riprende alcuni elementi come la cultura dal basso e vista come produzione

attraverso cui l'uomo si appropria del mondo. Essa genera stili di vita e paesaggi materiali

differenti.

C studia ciò che era successo in occidente quando la borghesia era riuscita a trasformare il proprio

stile di vita in concetto ideologico utilizzato per giustificare e legittimare lo status quo.

Il punto in comune ra marxismo e geografia culturale è la storicità del rapporto uomo-natura, che

secondo Cosgrove già esisteva nella geografia culturale tradizionale ma che era stata persa dalla

Berkley School, spesso per guadagnare posizioni accademiche, cioè per fare carriera, C. denuncia

questa gegrafia dei geografi accademici che non aveva mai messo in discussione lo status quo

dell'élite.

I lavori di Jackso

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
15 pagine
22 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-GGR/01 Geografia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher aletunz di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Geografia sociale e culturale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi L'Orientale di Napoli o del prof D'Alessandro Libera.