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LETTURA DEL GIOCO CHE NE ESPLICITANO IL VALORE EDUCATIVO E FORMATIVO.
Capitolo 5 Il gioco fra reale e virtuale
Il labirinto.
Il labirinto è il mondo artificiale che si sostituisce al mondo naturale; è luogo di ostacoli, di
smarrimenti ma nella metafora di Borges, è prima di tutto una condizione mentale.
Reale e virtuale
L’anamorfosi è una delle anticipazioni più esplicite della “realtà virtuale” contemporanea. È
qualcosa di più di una “rappresentazione” perché richiede l’impegno del corpo e delle sue
facoltà percettive. L’anamorfosi è una tecnica interattiva che invita l’osservatore a farsi attore!
Nel senso comune il “reale” è associato a ciò che è tangibile, che è dotato di materialità, il
“virtuale” appare in una luce illusoria, come qualcosa di immateriale.
Il virtuale nasce dall’artificiale ma non è in contrasto con il reale. Piuttosto è uno stato
diverso in cui si presenta il reale.
Agli inizi del XVIII sec il termine “virtuale” era utilizzato nell’ottica per descrivere l’immagine
riflessa di un oggetto: il virtuale non è un’illusione, è già in essere grazie alle sue potenzialità!
Non ha un luogo fisico di esistenza, eppure contiene il dinamismo che gli permetterà di esistere
quando se ne presenterà il bisogno. Il virtuale non è sinonimo di falso, è una categoria
dell’esistente che produce sia la verità che la menzogna.
Gioco e ambienti virtuali.
Artificio e convenzione sono alla base delle attività ludiche. Attraverso il gioco si esplora, si
ricombina e si ristruttura ciò che la nostra cultura definisce come realtà.
Il gioco è un insieme di forme, tecniche che permettono di raccontare una storia: ogni storia è
l’attualizzazione di un mondo possibile.
I mondi possibili sono artefatti costruiti dall’uomo attraverso il linguaggio e traggono origine
alcuni
da pulsioni affettive di questi mondi sono il prodotto delle nostre relazioni
interpersonali, di attività cognitive e di credenze ma ci sono anche quelli che sono il prodotto di
attività estetiche come la poesia, la musica, il cinema..
Dov’è il gioco in tutto ciò??
I mondi possibili della fiction sono il prodotto dell’immaginazione. La finzione letteraria si
colloca nel dominio di “rappresentazione” degli eventi; ma il gioco pretende qualcosa in più
non si limita a una rappresentazione del mondo possibile, a mostrare com’è ciò che non è,
bensì invoca una simulazione del mondo possibile, cioè ci chiede di agire all’interno di esso con i
nostri sensi al fine di riprodurre com’è ciò che non è. La simulazione è appunto l’atto del
riprodurre, ciò che permette al virtuale di diventare attuale.
Il gioco è al centro di questo rapporto dinamico tra esistere e possibilità di esistere.
I mondi possibili del gioco sono:
--Labirinti agonistici, in cui il giocatore entra accettandone la sfida, per vincere con le sue abilità.
--Labirinti aleatori, dove c’è l’eroe vincente che impone la propria condizione sul mondo non
grazie alle sue capacità.
--Labirinti della vertigine.
--Labirinti della mimesi.
Il gioco di ruolo come fantasia socialmente condivisa.
Gennaio 1974: nasce il role playing game, ovvero il gioco di ruolo.
I suoi fondamenti erano ormai gettati: un narratore in grado di controllare l’ambiente, regolare
gli obiettivi e applicare le regole; un gruppo di giocatori in cui ciascuno interpreta un singolo
personaggio; una sequenza di partite in cui i personaggi possono essere utilizzati più volte fino
a costruire delle vere e proprie storie personali e collettive.
Ciò che caratterizza il gioco di ruolo non è tanto l’interattività, quanto la costruzione di un
immaginario condiviso sotto la guida di un narratore, che, prima di iniziare la sessione di gioco,
prepara una traccia della storia da sviluppare e ciò che accadrà durante la narrazione è in gran
così
parte il risultato di un’improvvisazione i giocatori compiono delle scelte e determinano
l’attualizzazione della narrazione.
Le regole possono essere più o meno complesse, secondo il grado di simulazione che gli autori
del gioco hanno inteso proporre.
Il narratore è il punto di mediazione tra l’ambiente e i personaggi quindi tra l’immaginazione
dei giocatori e la concreta attualizzazione del racconto. Così il narratore, con la sua presenza
nel processo di interazione, diventa il “luogo sociale” in cui la fantasia di ciascuno si confronta e
si incontra con quella degli altri per diventare condivisa. La sua presenza regolatrice non limita
la libertà espressiva dei giocatori, ma aiuta i giocatori a vivere la “loro” storia nei ruoli di
personaggi protagonisti.
Così i giocatori, attraverso la parola del narratore, sanno sempre dove si trovano i loro
personaggi, quali mezzi hanno a disposizione per superare gli ostacoli e per conseguire
l’obiettivo che si sono posti.
NON VI E’ MAI UNA RICOSTRUZIONE DEL MONDO A OPERA DEI LETTORI, MA UN
“PROCESSO DI COSTRUZIONE” DEL MONDO A OPERA DEL GRUPPO DI GIOCO.
La fiction interattiva
Negli stessi anni in cui il gioco di ruolo muove i suoi primi passi, i personal computer appaiono
sul mercato e nascono le reti informatiche.
In Italia la fiction interattiva è stata introdotta di Enrico Colombini e Chiara Tovena e alla metà
degli anni ’80 la fiction interattiva raggiunse il massimo sviluppo; poi con l’avvento dei
computer più sofisticati le case produttrici puntarono soprattutto sulla grafica, sulla
ricostruzione tridimensionale degli ambienti e sul suono.
Gli ambienti sociali digitali.
Nessuno di questi programmi di fiction interattiva permetteva ai giocatori di interagire l’un
l’altro nello stesso ambiente e di comunicare tra di loro.
La navigazione dello spazio virtuale condiviso è caratteristica del MUD, un programma che crea
un ambiente virtuale, basato su messaggi di testo , reso accessibile in Internet tramite un
collegamento Telnet.
Il computer che ospita il MUD è in grado di gestire un numero limitato di utenti collegati nello
stesso momento. Il MUD è una chat che permette di muoversi tra i canali collegati tra loro da
“porte”. il
La metafora “della stanza” diventa la metafora tridimensionale della casa, del castello.
complesso delle stanze costituisce un universo chiuso nel quale l’utente può immaginare di
“camminare”, soffermandosi a chiaccherare con gli altri utenti che incontra nelle “locazioni”
attraversate.
Il primo MUD è stato creato nel 1979 e la prima cosa che viene richiesta a un utente che intende
entrare in un MUD come giocatore è di creare il proprio personaggio, esattamente come in un
gioco di ruolo.
Il MUD con tutte le sue varianti si è ampliato moltissimo dalla sua prima realizzazione; sono
stati soprattutto gli studenti di informatica europei a sviluppare il concetto di MUD; alla fine
degli anni ’90 i MUD attivi avevano raggiunto la cifra di circa 3000.
Gli utenti apparivano sullo schermo tramite piccole figure animate, dette “avatar”: è qui che
fa la sua comparsa per la prima volta questo termine, per designare l’incarnazione digitale dei
cyberutenti. Gli avatar potevano muoversi sullo schermo, potevano afferrare e manipolare
oggetti, vivere delle avventure, risolvere enigmi e baciarsi con altri personaggi-utenti.
I MOORPG tendono a diventare dei giochi hack and slash in cui l’attività prevalente è quella di
uccidere mostri e scovare tesori per accumulare punti-esperienza e diventare personaggi
sempre più potenti. Le attività sociali, per quanto presenti, sono spesso strumentali alla
competizione.
Il sistema di gioco PvP (Player vs Player) in cui i personaggi dei giocatori possono sfidarsi tra
loro, tende a generare aggressività e non incoraggia la cooperazione tra i giocatori.
Per questo motivo in alcuni MMORPG gli sviluppatori hanno previsto esclusivamente il sistema
PvM (Players vs Monsters).
3 PER UNA DIDATTICA DEL GIOCO
Cap 1 Infanzia e gioco
Il tempo del gioco.
Il gioco compare nell’esperienza umana fin dai suoi albori.
L’infanzia, nell’opinione comune, è il tempo della vita in cui si è consentito giocare, almeno
finchè non arrivano gli impegni scolastici.
Tuttavia il tempo di gioco per i bambini non è così scontato né si può dire che rappresenti una
dimensione dell’esperienza estesa: al contrario, il tempo del gioco viene ritagliato qua e là, tra
le pieghe di altre occupazioni, va conquistato e difeso.
I bambini sono abili nel liberare tempo per il gioco!
Il giocare dei bambini appare spesso agli occhi degli adulti come una perdita di tempo; quando
poi si arriva nelle istituzioni educative, il gioco entra in complicate contabilità.
I bambini di Loczy, conosciuti in Italia, dalla fine degli anni ’70, non vengono mai rincorsi dagli
adulti, contrariamente ai nostri bambini, che già nel primo anno di vita vengono “iperstimolati”.
La regola principale era ed è quella di non anticipare mai lo sviluppo, forzando il bambino ad
assumere posizioni non autonomamente raggiunte: le educatrici osservano i bambini a
distanza, al contrario invece dell’esperienza che abitualmente facciamo, dove i bambini sono
rincorsi dagli adulti per superare in fretta le tappe.
I tempi per giocare si ritagliano negli interstizi tra un’attività e l’altra.
Una posizione equilibrata è sostenuta dalla Goldschiemied, una dei più grandi esperti delle cure
per la prima infanzia, che mette in guardia da un eccesso di idealizzazione delle funzioni
educative del gioco, nel senso che non è stato provato in modo conclusivo che il gioco
intensifichi lo sviluppo del linguaggio, l’apprendimento o il saper fare sociale ma non è stato
neanche dimostrato il contrario: forse si tratta allora di dare maggior valore ad alcuni giochi
piuttosto che ad altri, di creare situazioni nelle quali i bambini possano scegliersi e concentrarsi
su un’attività piuttosto che passare da una cosa all’altra.
Si tratta di garantire loro un tempo per giocare, senza interferenze, preoccupandosi
ugualmente di assicurare spazi e tempi per altre esperienze.
Nella ricerca psicologica in molti si sono dedicati allo studio dei giochi infantili e numerosi autori
hanno indagato il ruolo del gioco nello sviluppo, proponendo teorie di grande su