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La formazione è invece un processo di personalizzazione della cultura che sviluppa l’io e gli dà
una
“forma” personale (una identità, struttura, orientamento), che lo accompagna per tutta la vita e
che si
sviluppa attraverso soprattutto la “cura di sé”. Il tema è già proprio di Socrate, ripreso in Grecia
con il
modello di Paideia (formazione dell’uomo in quanto uomo); a Roma con la nozione di
Humanitas,
ripresa poi nel Rinascimento. Nella Germania del Settecento verrà chiamata Bildung e da lì avrà
una
diffusione in Europa su su fino ad oggi. La formazione è un processo inquieto e continuo
caratterizzato
dal rapporto personale con la cultura che si compie in molti modi: con la lettura, con la
meditazione,
con la scrittura di sé, etc. tenendo vivo lo sviluppo spirituale dell’io. È la formazione di un io
come sé
(identità personale). Tale processo di cura di sé è stato rilanciato da Michel Foucault con il suo
testo del
1984. E da allora si è sviluppato come un paradigma pedagogico attualissimo. Oggi però la
Bildung,
risulta criticata dai tecnologi e dai sociologi sistemici tipo Niklas Luhmann che sostituiscono ad
essa
come principio educativo l’“apprendere ad apprendere”, dichiarando essere questo il modello
formativo
più attuale. Altri, soprattutto filosofi, come Habermas si oppongono radicalmente a questa critica
della
Bildung e la valorizzano anche per il presente come principio educativo: per una società più
autenticamente democratica e per la formazione di soggetti più autenticamente umani.
3. La nuova professionalità docente.
È stato attraverso la richiesta di riforma della scuola (attuata attraverso i Programmi Scolastici e
gli
interventi legislativi dal 1962 al 2012, in particolare è stato la svolta dell’autonomia che in Italia
dal
1997 e 2000; 2007 e 2012), che tale professionalità nuova è stata delineata in documenti
ufficiali. Con
decisione. Indicandola come la chiave-di-volta della nuova scuola da realizzare. Una
professionalità più
fine e più responsabile, più autonoma anche), attraverso la presa di coscienza del proprio ruolo
da parte
dei docenti, attraverso le loro associazioni sia sindacali che culturali, attraverso la diffusione di
una
cultura pedagogica rinnovata (si pensi all’attivismo per le scuole elementari, alle
dispositivo-ricerca e
sperimentazione per la secondaria, al tema della interdisciplinarità, della metacognizione, della
complessità, etc.) che si è venuta a delineare dagli anni ‘60 ad oggi, una nuova identità
professionale
dei docenti assai diversa da quella più burocratica e più trasmissiva di saperi organicamente
definiti, di
ripetitore di lezioni sempre uniformi, di figura autoritaria, distaccata e giudicatrice tipica del
passato.
Figura sentita ormai oggi, come lontana ed estranea, perchè contrassegnata da un identità più
complessa definibile in termini di competenze che devono essere fatte proprie e rese fra loro
interattive,
secondo equilibrio e armonia e da risolvere sempre in situazione.
Le competenze:
-Competenza disciplinare ( di un sapere organico e rigoroso e aggiornato, sempre).
-Competenza curricolare (programmazione e organizzazione del sapere secondo uno sviluppo
organico
e verticale)
-Competenza didattica (di saper insegnare con chiarezza ed efficacia, utilizzando varie soluzioni
didattiche: dalla scoperta al lavoro di gruppo, al costruttivismo, etc.)
-Competenza Relazionale/comunicativa (di cura, di incoraggiamento, di aiuto, di corretta
comunicazione)
-Competenza Organizzativa: dal lavoro di classe con altri docenti (collegialità) alla
Organizzazione del POF al curriculo d’Istituto e sua realizzazione). Per quanto riguarda il POF,
si tratta
di organizzare percorsi formativi extracurricolari che integrano il programma curricolare e che
rispondono a interessi e vocazioni personali degli allievi, da sviluppare in forme laboratoriali.
-Competenza Valutativa (tra incoraggiamento e prove oggettive posseduta con precisione e
spirito).
4. La relazione educativa e la cura
Al centro della famiglia e della scuola sta la relazione educativa: Genitori-figli, Maestro-scolaro.
Una
relazione ben illuminata già da Socrate. Fissata oggi per la famiglia da Bettelheim nel suo Un
genitore
quasi perfetto. Relazione di sostegno e di cura. Tale era già in Socrate. Oggi, alla luce delle
scienze
dell'educazione, tale relazione è stata sempre più analizzata in modo fine e coerente e
organico.
Oggi la biologia ci ha sottolineato la debolezza di ogni soggetto umano alla nascita e il suo
bisogno di
cura. La psicologia ci ha imposto di declinarla per fasi: rispettando l'evoluzione della mente e
della
personalità infantile (si pensi a Piaget ma anche a Freud: l'uno teorico delle "fasi" della mente , il
secondo delle emozioni). Ci ha indicato l'empatia come fattore chiave della relazione
adulto-bambino e
ci ha illuminato sulle dinamiche emozionali del soggetto (nel gruppo, con tensioni verso la
leadership o
la dimensione di outsider, ma anche rispetto all'aggressività e al bullismo, ai comportamenti
borderline). Ci ha fatto capire i processi di apprendimento tramite motivazione, organizzazione e
sviluppo in ambiti diversi (estetico, scientifico, storico). Tutti aspetti di una psicologia della cura-
educativa. Così ha fatto la sociologia (ad esempio della famiglia e della scuola, delegittimando
ogni
principio autoritario della relazione educativa e ponendo al centro la collaborazione).
Così ha fatto la psicanalisi che ha scandito la crescita sessuale del soggetto ma anche le
possibili
deviazioni o blocchi che a loro volta agiscono su tutta la personalità; che ha valorizzato il gioco
come
attività specificatamente umana, sempre da tenere ferma nelle relazioni scolastiche e familiari e
sociali
in genere.
Da tutte queste discipline (più l'antropologia culturale, le teorie della comunicazione)sono
emerse
alcune certezze sulla cura educativa (diversa da quella medica e da quella spirituale-religiosa).
Una cura come sostegno (essere vicini, fare sponda, senza intrusione e dipendenza; ascoltare
attivamente; dialogare in modo aperto e tenere vivo il dialogo sempre) come comunicazione
positiva
(rispettosa dell'altro e aperta al comprendere), come superamento di ruoli rigidi (insegnante
come
controllore-giudice, da valorizzare invece come interlocutore, come guida, come consigliere),
come
"amore pensoso" (diceva Pestalozzi, per noi oggi comunicazione empatica reciprocamente
attiva come
stigma di un rapporto).
Cura che tecnicamente a scuola si declina come incoraggiamento, come coltivazione (o cura di
sé)
attraverso lo stimolo e l'esempio dell'insegnante.
Incoraggiamento: è un arte fine dell'educare, che sottolinea il positivo, si dispone al
comprendere, crea
responsabilità, a valorizzare attitudini, interessi, etc., ad osservare e discutere anche la stessa
relazione
in classe. Come? Con incontri di classe, affrontando i conflitti, creando vicinanza sempre tra
allievi e
tra docenti e allievi. Stimolando l'autovalutazione degli allievi. Fissando prassi di
comportamento.
Come ci ricorda Franta in L’arte dell’incoraggiamento.
Tale aver cura della cura non solo tende a creare "uno star bene a scuola" ma stimolare una
comunità
educativa che deve guardare anche oltre: all'obiettivo della cura di sé da parte di ogni alunno,
come
obiettivo da raggiungere attraverso soprattutto una pratica-di-pratiche culturali che ogni
soggetto
sceglie e coltiva (dallo sport all'arte, etc.). La cura educativa deve avere a proprio traguardo la
cura di
sé da sollecitare in ogni soggetto, oltre che a coltivare la relazione di cura in ogni attività
scolastica, da
fissare nell'arte dell'incoraggiamento e nella relazione empatica e nella comunicazione aperta.
5. La scuola. Identità, funzione e cenni storici
La scuola si costituisce come tale (come spazio ad hoc di formazione delle giovani generazioni
al
possesso di saperi, tecniche, regole, con al centro la scrittura e il calcolo e i principi della
tradizione
contenuti in opere letterarie, storiche, religiose etc.) già nelle Grandi Società Idrauliche. Sarà
centrale in
Egitto, ad esempio. E lì forma alla scrittura e ai valori religiosi ma anche alle tecniche (mediche,
ad esempio). Ma è tra la Grecia e Roma che acquista il suo volto più organico, seguendo anche
la
divisione sociale del lavoro tra manuale e intellettuale. E lì si darà una tradizione organizzativa e
culturale: la classe come ambiente di studio e la retorica come materia centrale. Le classi non
sono
omogenee per età ma lo sono per apprendimento. Al centro sta il maestro che gestisce la
classe stessa
con autorità. La scuola si organizza come elementare (a 7 anni) e secondaria (dai 12 anni), poi
superiore. La retorica (arte del ben dire e scrivere) sarà l’insegnamento chiave. Tali caratteri
saranno
tipici dell’Ellenismo (dal IV a.C. al IV d.C.), poi nel Medioevo (gestiti dalla Chiesa, con accenti
religiosi) e anche tra Umanesimo e Rinascimento (XV e XVI secolo). Sarà solo nel Settecento
che
nascerà il vero e proprio sistema scolastico organico che si sviluppa dalle scuole elementari
all’università (nata dopo il Mille), gestito dallo stato e articolato sul territorio nazionale, regolato
secondo norme comuni. Tale sistema verrà realizzato al meglio in Austria sotto Maria Teresa
d’Asburgo, nel secondo Settecento. Tale modello verrà poi attivato anche in altri stati con
significativi
caratteri comuni. Nasce così la scuola contemporanea, erede dell’Illuminismo ma anche delle
tradizioni
precedenti: i collegi dei Gesuiti (dal XVI secolo), le Università medievali, la cultura
retorico-letteraria
del Mondo Classico. Lì poi verranno realizzate le classi omogenee per età e verrà confermato il
ruolo
guida del docente.
Ma qual è il ruolo della scuola negli stati moderni? 1) Disciplinare i soggetti, partendo dai corpi e
passando alle menti, attraverso l’organizzazione degli spazi scolastici sottoposti a controllo e
delle
pratiche scolastiche, scandite dal maestro e con al centro l’esame. 2) Trasmettere i saperi di cui
la
società ha bisogno per tutelare la propria continuità. 3) Far assimilare una visione del mondo,
con i suoi
principi, valori,