vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Morin individua sette temi che devono diventare fondamentali negli insegnamenti per attivare una
conoscenza atta a raccogliere le sfide della nostra vita individuale, culturale e sociale. Oggi, in
questo scorcio di avvio di un nuovo Millennio, si tratta di fissare i compiti più urgenti di
realizzazione di quel Nuovo Mondo a cui teniamo fisso lo sguardo. Tra i compiti più urgenti ci
sono:
1. costruire la democrazia, che significa fissarne i principi, elaborarne il modello attuale,
dichiararne l’imprescindibilità per abitare il presente a livello planetario e interiorizzarla nelle
comunità e nei soggetti. La formazione alla democrazia ha bisogno di un nesso costante e
attivo tra politica e pedagogia, in vista di una politica che sia anche pedagogia e di una
pedagogia che guardi alla politica;
2. diffondere la laicità, intesa come spirito di tolleranza e come legittimazione del pluralismo, per
stare in quel mondo plurale che è in atto e che sarà il modello planetario del futuro;
3. elaborare comprensione attraverso e nell’intercultura. Il dialogo gioca un ruolo fondamentale
perché non deve offuscare le tensioni ma costruire da quelle e su quelle. Il dialogo deve uscire
dall’autoreferenza, spiazzare ogni etnocentrismo ed elaborare uno spazio comune; 5
4. fissare i diritti umani, che devono emergere al di là delle culture e delle tradizioni, come
orizzonte nuovo della convivenza planetaria e come regola per tale convivenza e vanno fissati,
interiorizzati, diffusi e condivisi.
La scuola è l’istituzione che può farsi carico di questi compiti e svolgere un’opera di
trasformazione individuale e sociale rispetto a questi principi/valori. Oggi nessuna società può
fare a meno della scuola perché fornisce una formazione capace di dare cittadinanza a un uomo
planetario che è già in cammino. Solo che va pensata e riorganizzata secondo un modello meno
ottocentesco, più libero, più alto e più flessibile. La scuola può operare in molti modi e su molti
fronti. Se la scuola è un’agenzia di socializzazione e un luogo di trasmissione dei saperi, è proprio
su questi ambiti che dovrà riprogettare la propria identità. Quanto alla socializzazione, si tratta di
mettere al centro il vivere-la-democrazia e di trascrivere i principi della democrazia in pratiche
vissute. I saperi devono poi aprirsi a logiche più sofisticate e a contenuti più al passo con la
cultura del nostro tempo. Il percorso verso un’educazione del genere umano è in salta per:
1. la difficoltà ad essere individuato, pensato, espresso e voluto con decisione;
2. la resistenza di un’educazione come amministrazione;
3. le debolezze, gli sbandamenti e le ritrosie della pedagogia;
4. la complessità del disegno che tale pedagogia deve produrre perché è un disegno che si
allontana dal passato e dalle sue certezze per inoltrarsi in un futuro che spiazza, inquieta e
allarma, ma anche stimola e intriga;
5. il salto verso il Globale/Planetario che risulta in buona parte ignoto, lontano e ancora poco
interiorizzato.
Questo Grande Modello Educativo è tuttavia in marcia e sta compiendo una rivoluzione radicale,
inquietante ma necessaria e irreversibile. L’educazione non può che fare la sua parte.
complessità
La si è affermata come un modello metacognitivo dei saperi e come un fattore
chiave della descrizione/interpretazione delle società attuali e del nostro stesso tempo storico. È
una categoria-sfida in quanto ci impone di indagare metodi e frontiere atte a pensare proprio la
complessità in una prospettiva critica della tradizione del pensiero occidentale e di un
oltrepassamento delle sue strutture tradizionali. La complessità ha dato luogo ad un riesame di
tutti i saperi, tenendo conto della loro collocazione in un nuovo orizzonte cognitivo. Anche la
pedagogia ha avviato dagli anni Settanta un riesame di se stessa in quanto sapere iper-
complesso che deve essere letto e descritto proprio in questo suo “fondamento” di complessità.
L’educatore, che è sempre un ruolo carico di opposizioni, è poi un secondo aspetto della
complessità in pedagogia perché definisce e ridefinisce costantemente il suo stesso compito
status
sociale e lo che esso occupa nella vita sociale. Infine, il terzo livello di riflessione sulla
complessità educativa è relativo al rapporto tra pedagogia e società complessa, intesa come
società del postmoderno in corso di ridefinizione costante. In questo quadro il nesso pedagogia/
complessità si è fatto sempre più decisivo, centrale e relativo ad un tempo. Dal punto di vista
educativo, le conseguenze che si sono prodotte da quest’ottica di complessità incorporata e
coltivata dalla pedagogia sono:
1. una visione dell’educazione come fascio articolato di processi da accompagnare con strategie
integrate, pensabili secondo dispositivi diversi ma in cui vanno evidenziati con forza il
pluralismo, la tensionalità, la problematicità e l’apertura. L’educazione è pluralismo poiché è
un processo legato a molti attori, a far-apprendere e a formare. L’educazione è problematicità
in itinere,
perché è stare in un processo aperto e sempre in cui i dispositivi cognitivi operano in
modo fluido, non prevedibile, collocabile caso-per-caso e in cui ogni generalizzazione è
sempre da ri-verificare. L’educazione è poi apertura perché conduce verso l’“aperto”, verso
l’autonomia del soggetto, verso un tempo che sta oltre il presente e verso una condizione
nuova. La complessità ci permette di capire meglio cos’è l’educazione che è da sempre
centrale in ogni società, ma che nella nostra si è fatto sempre più centrale, decisivo e
irrinunciabile;
2. se la complessità è il paradigma del Nostro Tempo, allora bisogna dare uno spazio alla stessa
forma mentis
complessità nella formazione: deve diventare dominante per il cittadino del terzo
Millennio. La pedagogia ha sottolineato come la sfida della complessità obblighi a risposte
cognitive in pedagogia, connesse ad un modello di mente che va definito e posto come
orientatole nei e per i processi di formazione. Ma è un lavoro da continuare e da potenziare.
cittadinanza.
La complessità nella/della formazione si sviluppa, oggi, anche sulle frontiere della
Nella società complessa, anche l’esser-cittadini si declina in modo nuovo e secondo una modalità
che è contrassegnata proprio dalla complessità. Essere-cittadini significa occupare uno spazio
sociale organizzato che ha identità, confini e tradizioni e significa occuparlo concretamente nella
propria azione sociale. Cittadinanza significa avere radici in una cultura locale connotata da 6
lingua, credenze, pratiche e tradizioni che danno un’identità al soggetto e che lo rende quello che
è. La cittadinanza può però anche chiudere il soggetto in un ambito che tende a separarsi,
contrapporsi e a guardare l’“altro” come nemico, come estraneo, come “diverso” e come
inferiore, creando condizioni di conflitto. Oggi, la cittadinanza nello Stato è democratica: il
cittadino deve il più possibile partecipare alla vita dello Stato, poiché questo è fatto dagli apparati
di potere se e in quanto controllati dall’opinione pubblica. La democrazia è poi anche la regola
che governa i rapporti tra gli Stati. Mondialità significa collaborazione, accordo, sostegno,
solidarietà e riconoscersi uguali pur nella diversità e portatori di uguali diritti. La pedagogia
reclama un approccio alla complessità che inquadri il suo ruolo-chiave, che ne descriva i modelli,
che ne mostri la vicinanza a quel processo della formazione che oggi è al centro della pedagogia
e che ne potenzia le dimensioni di apertura, di problematicità… integrandosi e sviluppando la
stessa categoria teorica e pratica di educazione. E anche la complessità ha una presenza nella
formazione che è a sua volta complessa: non si può pensare la complessità semplificandola, ma
va pensata lasciandoci sfidare dal pluralismo e dalle differenze.
Da quando l’uomo si è organizzato in società e ha dato vita alla città, è diventato anche cittadino.
La cittadinanza è l’assunzione di un’identità sociale e politica, connessa a regole, a diritti e doveri
e trova proprio nella “città” il suo luogo di esercizio e di rappresentazione. La cittadinanza è un
polis civis romanus,
modello variegato. Essere cittadini nella greca era una cosa, un’altra era esser
un’altra ancora essere cittadini nel Medioevo e ancora un’altra essere cittadini nello Stato
polis
Moderno. Nella greca la cittadinanza è appartenenza a una comunità, con sue origini, regole,
polis
valori e sottomissioni alle leggi della ed è riconfermare una filosofia comune attraverso riti
collettivi, come il teatro. A Roma invece la cittadinanza è sottoporsi al principio di un diritto che
via via guarda sempre più al governo di popoli diversi e si fa così sempre più generale e
universale. A Roma la cittadinanza non è localistica, ma si rispecchia nell’organizzazione dello
civitas
Stato e nell’universalizzazione di Roma. Nel Medioevo, l’idea di è legata al messaggio
cristiano, al riconoscimento dei suoi valori e alla subordinazione alla Chiesa da parte delle
istituzioni laiche. Con l’avvento dello Stato Moderno la sfera del pubblico si separa da quella del
privato e il soggetto ha una sua “sfera di coscienza” autonoma, anche se lo Stato esercita
controlli sempre più capillari sulla Società civile e la riorganizza per governarla in ogni suo aspetto.
L’esito sarà poi l’organizzazione costituzionale dello Stato, l’avvento di un ideale repubblicano e
l’affermarsi dei “diritti del cittadino” all’interno di un pensiero politico liberale e democratico. La
cittadinanza sta al centro di tre cerchi che sono sempre in movimento e il cui equilibrio è sempre
in itinere. I tre cerchi sono: Contratto sociale
1. l’Appartenenza, che è stata esposta nel da Rousseau. Nella società-Stato
repubblicana la cittadinanza è partecipazione attiva e responsabile, guidata dalla volontà
generale e incardinata nella legge. L’appartenenza al gruppo locale viene posta al centro
dell’esser-cittadini ed essa si dà attraverso un processo educativo. È una cittadinanza relativa
a una società chiusa, in