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Definizione di conflitto nelle scienze sociali

Vediamo una definizione di conflitto abbastanza condivisa da una parte delle scienze sociali, dove viene visto come forma di relazione e interazione fra soggetti, attori individuali e collettivi caratterizzata dalla percezione, da parte degli attori, di una divergenza o incompatibilità di scopi -> una situazione dove gli attori usano un comportamento conflittuale l'uno contro l'altro per raggiungere scopi incompatibili e/o esprimere la loro ostilità (Bartos, Wehr). Le scienze sociali e la socio-semiotica la definiscono come la realizzazione di un'interferenza e incompatibilità fra i programmi d'azione e intenzione dei soggetti. La semiotica strutturale-narrativa pensa che alla base dei sistemi e processi di significazione culturale ci sia una struttura, ovvero, un'organizzazione polemico-conflittuale che è alla base dell'azione stessa, del senso e della comunicazione. Le azioni, alla base, presentano strutture narrative:

Le azioni per la semiotica strutturale sono programmi narrativi, strutture che si organizzano come enunciati composte di "attanti", entità astratte e vuote che rappresentano il Soggetto (S) e si congiungono con Oggetti di valore (O). I soggetti lottano per congiungersi con i valori e si scontrano con altri soggetti.

Secondo Greimas, al centro delle strutture polemico-conflittuali, vi sono figure come la "sfida": ovvero struttura che implica una complicità oggettiva fra manipolatore e manipolato. L'analisi di queste figure di interazione e dei legami nella semiotica ha molti punti in comune con l'analisi strategica delle guerre, conflitti e relazioni internazionali.

Secondo Thomas Schelling: nel prendere i conflitti per scontati e lavorare con l'immagine dei partecipanti che cercano di vincere, una strategia teorica non nega che ci siano interessi conflittuali tra i partecipanti. Negli affari internazionali vi è una mutua dipendenza e un'opposizione.

Per questa ragione, vincere in un conflitto non ha solo uno stretto significato competitivo, non è vincere rispetto all'avversario. Vuol dire guadagnare rispetto al proprio sistema di valori. (Schelling) L'altro fa qualcosa che mi impedisce di compiere il mio progetto o che interferisce con il mio piano o programma di azione e viceversa. Però, si crea un legame e i partecipanti costruiscono immagini gli uni degli altri. Il conflitto nasce nel momento in cui vi è la percezione di un impedimento nel fare o a una volontà di fare. Ma si tratta di una percezione o convinzione e si può trattare sia della percezione di un soggetto coinvolto sia di un soggetto terzo che osserva da lontano. Per la sociosemiotica e la semiotica visono due elementi fondamentali: dimensione modale e dimensione del punto di vista dell'osservatore. 1.1 Le componenti narrativo-modali e osservative nei conflitti La dimensione modale valuta come gli attori di

Un'azione può essere composta da diversi piani di significato: non sono entità compatte, ma sono stratificati a diversi livelli che compongono i loro ruoli. Si riempiono e arricchiscono di funzioni dette "istanze modali" - come il volere, dovere, potere, il fare, l'essere che sono suscettibili di costruirsi in diverse combinazioni. I partecipanti sono carichi di competenze modali, che definiscono il ruolo degli attanti, quindi delle funzioni che svolgono i programmi d'azione. Il confronto e lo scambio polemico non avvengono fra attori compatti e monolitici, ma fra attori suddivisi in strati o livelli. Quindi il conflitto si genera a partire da un intreccio di volontà e forze.

Dal punto di vista dell'osservatore, invece, molti studiosi di semiotica, come Fontanille, hanno dimostrato che questa funzione lavora soprattutto sul piano dell'enunciazione e della messa in discorso, valutando le funzioni del "terzo" (destinatario diretto o indiretto).

Della comunicazione e interazione conflittuale osservatore "esterno" o intruso). Gli osservatori possono più o meno partecipare, prendere le distanze e a volte avvantaggiarsi del conflitto in atto. Può anche modificare la percezione del conflitto stesso: può far sì che venga percepito in maniera più forte, come in fase di accelerazione dai partecipanti. Questa funzione può essere svolta da un terzo soggetto, ma può essere assunta in parallelo anche da uno dei due antagonisti.

Se prendiamo, ad esempio, gli esempi relativi al terrorismo (Is-Isis) è evidente una forma di azione che coincide con quella del "far vedere" ovvero, agiscono sapendo che i media e l'opinione pubblica osservano, amplificano e diffondono le forme di azione e narrazione dei terroristi.

Con questa funzione dell'osservatore si passa da organizzazioni di tipo narrativo a modi concreti di percepire i processi, nella loro dimensione "aspettuale".

ovvero del punto di vista. Questo gioco di triangolazione è spesso fondamentale nelle situazioni di interazione conflittuale. Un soggetto, soggetto o individuo singolo (micro) o soggetto collettivo, come un'organizzazione, lo Stato, un istituzione, un personaggio pubblico o politico (macro), può esprimere, durante un conflitto un "volere" qualcosa, ma anche "credere che l'altro voglia" qualcos'altro o che sappia/creda in qualcosa. Questa dimensione modale-narrativa si intreccia con quella osservativa e connette il piano delle azioni con quello delle motivazioni, credenza, speranze e aspettative. Queste relazioni conflittuali sono collocate in una "situazione": un "clima" e un tempo che può influenzare l'azione stessa, ma possono, allo stesso tempo, determinarle, per esempio accentuando diffidenza e tensione. I soggetti e gli attori influenzano il proprio comportamento sulla base del comportamento dell'Altro.vi è una relazione reciproca. Ma questi conflitti non sempre accadono per via di un impedimento, a partire da uno scontro di "volontà": ovvero, al fatto che qualcuno venga impedito di raggiungere uno scopo o un oggetto di valore (materiale o immateriale). 2. Conflitto come costruzione di identità Il conflitto può anche essere scatenato da motivi di frustrazione "da riconoscimento" legata a ruolo e identità. I soggetti lottano anche per un riconoscimento reciproco, a volte anche per uno spazio (fisico, geografico, sociale, territoriale o più astratto). L'identità non è un elemento isolato, è connessa al costituirsi di rapporti di potere. La nascita della filosofia e della teoria politica moderna riguarda questa concezione, ovvero, concezione della lotta come costruzione e gestione dei rapporti di potere: nella città, stato, fra gruppi sociali, nazioni e organizzazioni a livello internazionale.

Il potere viene visto come relazione, ma soprattutto come percezione dell'altro. I conflitti, solitamente, riguardano un contrasto di fondo fra sistemi di valori o una lotta per far prevalere un'identità (es. tra gruppi, strati e classi sociali, culture diverse e fra ambiti all'interno di una stessa cultura). Vi è un'idea di conflitto collettivo e individuale: fra gruppi o insiemi sociali. Le strutture e dinamiche di conflitti su scala diversa spesso finiscono per essere simili. Anche il tipo di conflitto di identità si ricollega al modello di interferenza fra programmi di azione, alla reciprocità, interferenza negativa. Identità e situazionalità vengono viste come parole chiave delle relazioni conflittuali. Dall'avvento e intensificazione della Guerra Fredda, anni 50-60, con le conseguenze, si è avuta una tendenza ad avere l'idea che i conflitti (internazionali e sociali) potessero essere ricondotti a lotte fra

attori dotati sia di valore e sistemi di credenze, che utilizzano armi "virtuali": minaccia, discussione, compellence. Utilizzano quindi una serie di pratiche e programmi di azione definite "armi semiotiche" o di "gesticolazione strategica". Si ha quindi una preparazione in anticipo all'azione prima dell'azione vera e propria, si pensava in anticipo alle forme del conflitto che avrebbero potuto portare, attraverso un'escalation, ad un possibile scontro nucleare fatale. 3. Gli studi antropologico-culturali: dispute dentro e fra culture Gli studi antropologico-culturali vedono il conflitto come un'interferenza, sia gli studi delle culture non Occidentali, sia delle culture Occidentali. Ogni cultura o ambito culturale sono attraversati da continue dispute e discussioni, specie nei momenti di nascita e forte crisi e di ridefinizione dei confini o delle strutture gerarchiche di una cultura o società. Avvengono sia fra culture e

Ambiti culturali diversi, ma anche fra sottoinsiemi culturali di una stessa cultura. (es. delle lotte politiche o delle guerre scientifiche). Queste discussioni e dispute sono incentrate sulla definizione di validità, controllo e circolazione dei significati e delle informazioni che circolano nella cultura e nel contesto sociale. Le culture e le società sono i luoghi dove avvengono queste discussioni. Nelle culture si presentano formazioni culturali che presentano forme di distacco, parziale o totale, rispetto alla cultura maggioritaria, e, a volte, anche fra di loro, accentuando un certo tipo di stili di comportamento, di abbigliamento, di gusto e di produzioni estetiche e artistiche. Hebdige definisce l'idea di "rotture di codici" o "guerre di stile" quindi conflitti operati da alcune controculture (es. Hippie, Punk) rovesciando e rimescolando codici e regole estetiche mainstream (sia in modo esemplare amplificate dai media, sia in modo underground).

quindi meno evidente). Si parla perciò di "rivolta" o conflitto e di "guerra degli stili" che producono, nelle stesse formazioni culturali, effetti identitari. 3.1. Le culture fra rischio e conflitto Mary Douglas ritiene che le società e le culture aprano discussioni su cosa sia "rischio" o "colpa" o "pericolo" per i membri della stessa società, soprattutto riguardo alle attribuzioni di blaming (colpa) e alla percezione dei rischi che possono coinvolgere la comunità. Ad esempio, contestazioni all'uso dell'energia nucleare, installazione di discariche, costruzione di opere civili e il tema dell'AIDS, giudicate pericolose per la società. Si guarda ciò che è "opportuno", "giusto", "nocivo" e "prioritario" per la comunità in rapporto ad un ambito più vasto, ovvero, sociale, nazionale o internazionale. Questao maggiore verso l'individuo, mentre altre danno più importanza al gruppo o alla comunità. Questo può influenzare la percezione e l'interpretazione dei valori e degli atteggiamenti di diverse culture. La valutazione può aiutare a comprendere come le persone di culture diverse si relazionano tra loro e come interpretano i comportamenti e le azioni degli altri. Ad esempio, una cultura che valorizza l'individualismo potrebbe considerare un comportamento egoista come normale, mentre una cultura che valorizza la collettività potrebbe considerarlo come un segno di mancanza di rispetto verso gli altri. Inoltre, la valutazione può anche aiutare a spiegare i sistemi di valori di diverse culture. Ogni cultura ha i suoi valori fondamentali e le sue norme sociali che guidano il comportamento degli individui. La valutazione può aiutare a comprendere come questi valori sono stabiliti e come influenzano le scelte e le azioni delle persone. In conclusione, la valutazione può essere uno strumento utile per spiegare il rapporto tra individui di culture diverse, i loro atteggiamenti e i sistemi di valori. Aiuta a comprendere come le persone interpretano e reagiscono ai comportamenti degli altri e come i valori culturali influenzano le scelte e le azioni delle persone.
Dettagli
A.A. 2019-2020
32 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher chiara_galeazzi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Visual and media studies e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia o del prof Montanari Federico.