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IL COORDINATORE PEDAGOGICO NEI SERVIZI EDUCATIVI DELLA PRIMA INFANZIA
Uno sguardo riflessivo sui coordinamenti pedagogici in Emilia-Romagna
tale figura viene introdotta anticipatamente attorno agli anni 70 dai comuni dove le
amministrazioni si sono rivelate più sensibili ai temi e alla cultura infantile; essi
assumevano il laureato in pedagogia o psicologia e più raramente in sociologia nei propri
organici e introducevano l'organismo “equipe pedagogica” o “coordinamento pedagogico”.
Già in quegli anni c'era la consapevolezza di come al collettivo degli operatori e
all'intercollettivo fosse opportuno affiancare il coordinamento pedagogico, inteso come
struttura indispensabile a garantire la continuità e crescita qualitativa delle esperienze,
fornendo le chiavi di lettura ai gruppi dei fenomeni interni al nido e propri della realtà
territoriale in cui il nido è inserito, acquisizioni queste indispensabili x l'impostazione
dell'attività educativa.
All'epoca, nel definire un piano di formazione dei coordinatori, non si poteva non tenere
conto dell'estrema eterogeneità delle funzioni loro assegnate, assieme ad un diverso
modo di svolgere il proprio ruolo davanti ad una richiesta di prestazioni lavorative che si
differenziavano da Comune a comune. Gli aspetti di disomogeneità allora denunciati
riguardavano il rapporto di lavoro tra tecnici e amministratori locali (dipendenti dei comuni,
delle AUSL, con lavoro a tempo pieno o part-time); oppure venivano rilevate nel
reperimento di tali figure: assunzioni ad hoc, distacchi di operatori dai servizi x svolgere
funzioni di coordinamento; disomogeneità nel rapporto tecnici-servizi laddove gli interventi
non si configuravano solo su un nido ma su più nidi e rivolti alla popolazione 0-6 anni.
La regione col primo documento regionale si pose come obiettivo quello di superare
squilibri esistenti tra territorio e territorio e tentò uno sforzo x declinare alcune funzioni in
capo al coordinatore pedagogico individuate come universali, formulando una sinstesi
sulle azioni attravero ambiti di intervento come:
a livello dei singoli servizi educativi 0-3 o scuole infanzia 3-6
– a livello di coordinamento più allargato con gli intercollettivi
– a livello della programmazione e attuazione dei corsi di aggiornamento e della
– riflessione sulle acquisizioni raggiunte, applicate e verificate
a livello degli apparati amministrativi x condividere modelli gestionali e organizzativi
– coerenti e in sintonia con i requisiti pedagogici inalienabili che devono conciliarsi
con le esigenze di bilancio dell'amministrazione
il documento inoltre azzardava una affermazione : se la continuità del coordinamento
rappresenta la condizone x il raggiungimento degli obiettivi individuati, ne deriva chei
gruppi di coordinamento devono caratterizzarsi come strutture fisse, che operano
permanentemente a livello territoriale. Il documento intendeva suggerire una geometria
territoriale della distribuzione dei coordinamenti pedagogici e definire indicazioni precise
circa le sedi in cui favorire il confronto e la formazione in itinere dei coordinamenti
tentando di contrastare la solitudine professionale.
Grazie alla collaborazione tra IRPA, Università di Bologna e Regione che si può registrare
in quegli anni il massimo impegno x approfondire la fgura del coordinatore al quale la
sezione “infanzia” dedicherà una riflessione articolata e compia all'interno di 2 giornate
seminariali dal titolo “professione coordinatore”. In esso la relazione di Manoukian
prefigura il ruolo del coordinatore come “risorsa professionale che può essere chiamata in
causa x l'elaborazione dei dati, x la riformulazione degli obiettivi, ma soprattutto come
risorsa che permette di supportare e sostenere in modo flessibile la realizzazione del
compito di produzione; il ruolo dei coordinatori è quella di mettere in contatto le varie
organizzazioni, sollecitare delle convergenze: il rischio è che siano risucchiati in funzioni di
integrazione x l'integrazione, ovvero che si trovino a dovere facilitare dei processi di
comunicazione, interazione tra operatrici, assessori, cittdinanza, senza che sia possibile
fare riferimento a degli obiettivi esplicitati e concordati”. Manoukian individua dei supporti
che permettano di evitare i rischi appena sottolineati:
nello sviluppo di una progettualità organizzativa in grado di facilitare i coordinatori
– atraverso dati precisi circa le caratteristiche dei diversi contesti in cui si trovano ad
operare
nella promozione di un coordinamento stabile tra coordinatori, che permettano non
– solo di scambiare informazioni e comunicare eperienze, ma di costruire un
patrimoniometodologico su cui fondare l'agire dei coordinatori e mettere a punto
indicazioni rispetto ai processi di lavoro più ricorrenti
nella formazione ad hoc attraverso la quale acquisire competenze sulla lettura dei
– fenomeni organizzativi, culturali e sociali che incidono sulle trasformazioni
istituzionali, famiglia compresa.
Manoukian individua nel documento due debolezze:
1. una tendenza dei coordinatori a prediligere processi di identificazione coi micro
prodotti del proprio lavoro o con alcuni colleghi, molto più che con l'organizzazione
dei servizi nel suo complesso
2. lo scarso ricorso e scarso apprezzamento ai compiti di “controllo” del
funzionamento di vari sottosistemi; il controllo dei processi di lavoro o anche il
controllo dell'agire dei vari operatori all'interno dei sottosistemi organizzativi.
Per questo motivo la regione ha sempre letto come limitante l'attribuzione della figura del
coordinatore/educatrice ad una persona, poiché la difficoltà a gestire
contemporaneamente la duplice funzione, non facilita quel processo di distanziamento a
cui spesso nemmeno i coordinatori riescono a tenere fede.
Da queste considerazioni si arriva ad un documento curato dal servizio politiche familiari
nel 1997, che ridefiisce i criteri di ripartizione delle risorse e concertandole all'interno di un
gruppo di lavoro composto da assessori e da funzionari alle politiche sociali. I dati nel 97
riconfermano la stabilità numerica dei coordinatori pedagogici e ci confortano nel verificare
che alcuni di questi hanno optato x l'assunzione definitiva di questa figura nei loro organici;
i restanti coordinatori mantengono il loro lavoro in rapporto di collaborazione coordinata e
continuativa con un incarico rinnovato di anno in anno.
Le funzioni del coordinatore pedagogico
gli ambiti e le funzioni che oggi sono di riconosciuta competenza del coordinatore
rimandano ad una conoscenza approfondita:
dalla cultura dell'infanzia come sfondo al quale fare riferimento x orientare la
– progettualità e l'azione educativa degli educatori e insegnanti: la cultura dell'infanzia
si definisce su un'identità di bambino e di famiglia co-evolutivamente coinvolti; si
definisce anche attraverso una tiplogtia di servizi educativi sempre meno
autoreferenziali e sempre più eterodiretti, che offrono alle madri e ai padri la
possibilità di ravvisare in essi luoghi di cura educatiava e di apprendimento senza
prefigurare intrusioni nella scelta che i genitori possono compiere x i propri figli;
infine solecita ricerche, elaborazioni, saperi che si costruiscono e si definiscono in
itinere, si rigenera mentre si evolve.
Delle politiche rivolte all'infanzia e alle istituzioni socio-educative e scolastiche,
– quelle rivolte alle famiglie e quelle rivolte all'organizzazione delle citta e le
conseguenti leggi che ne definiscono obiettivi e indirizzi di programmazione e
gestione; il coordinatore deve potere esercitare un ruolo di individuazione delle
risorse umane e un loro soddisfacente impiego ai fini del raggiungimento degli
obiettivi di funzionalistà nella erogazione di un servizio educativo e del
riconoscimento del valore motivazionale dei collaboratori che operano in staff in
linea diretta con lui; deve sapere tessere una rete di relazioni anche col territorio
dei sistemi più aggiornati e pertinenti di monitoraggio, valutazione, misurazione e
– controllo degli indicatori e dei parametri che definiscono la qualità dei servizi e le
procedure attivate dal coordinatore
della progettualità che si estende oltre: si pensi alle ricorrenti riforme dei cicli
– scolastici o alle periodiche variazini delle normative regionali e alla ricaduta che
esse producono nella ridefinizione dell'assetto territoriale e della conseguente
progettazione mirata al raccordo tra servizi ,nella garanzia che il pecorso evolutivo
dei bambini sia il più possibile coeso e con esso anche le famiglie
della capcità di redigere piani di formazione e di aggiornamento rivolti al personale
– dei servizi prefigurando percorsi formativi non stereotipati, ma di forte impatto con
l'operatività del personale che gestisce i servizi educativi. La capacità del
coordinatore è anche quella di individuare percorsi di autoaggiornamento adeguati
alle esigenze imposte dai tempi e agli effettivi bisogni espressi dai servizi; deve
sapre prefigurare una formazione caratterizzata anche dalla convergenza di saperi
differenti che possano sostenere e orientare il personale nel sapere affrontare
quesiti o situazioni che possono verificarsi a causa di richieste delle famiglie.
Queste consapevolezze hanno ispirato le leggi chehanno introdotto il sostegno alle
convenzioni con le private paritarie e poi la legge regionale nr 26/01, oltre anche allre centi
leggi regionali dalla nr 1 del 2000 “norme in materia di servizi x la prima infanzia” e la
legge regionale nr. 12 del 2003 “norme x l'uguaglianza delle opportunità di accesso al
sapere, per ognuno e per tutto l'arco della vita, attraverso il rafforzamento dell'istruzione e
della formazione professionale, anche in integrazione tra loro”.
Nella più recente legge regionale nr 14 del 2008 “norme in materia di politiche per le
giovani generazioni” appare evidente e rafforzato il ruolo del coordinatore pedagogico
laddove la progettualità abbraccia l'intero arco che va dall'infanzia all'adolescenza,
prefigurando connessioni tra diversi settori della pubblica amministrazione unitamente alle
politiche del territorio: è inevitabile pensare ai bisogni formativi tenendo conto della
differente collocazione territoriale in cui opera il coordinamento.
La legge 1/2000 non si è limitata a riconoscere il ruolo del coordinamento pedagogico: ha
cercato di raffozare la presenza dei coordinamenti in sede territoriale, in particolare
provinciale. È a livello provinciale che vanno raccolte le esperienze maturate nei servizi x
farle uscire dall'alveo dell'autorefer