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Fra gli errori più grossolani commessi dal FMI troviamo quelli che riguardano i tempi e la sequenza

degli interventi: aver forzato i tempi della liberalizzazione prima che fossero predisposte le

opportune reti di protezione, che fosse studiato un quadro normativo idoneo, che i paesi potessero

affrontare le conseguenze negative degli improvvisi mutamenti di umore del mercato che sono parte

integrante del capitalismo.

Dietro l'ideologia neoliberista c'è il modello di Adam Smith della mano invisibile, che porterebbe

all'efficienza collettiva. Ammesso e non concesso che la teoria della mano invisibile fosse

applicabile ai paesi industrializzati, quelli in via di sviluppo di certo non soddisfano le condizioni

necessarie: infatti il sistema di mercato necessita di una concorrenza e di un'informazione perfette,

cosa che succede.

L'approccio adottato dal FMI nel contesto del Washington Consensus merita una critica più

sostanziale, quella di non aver capito che lo sviluppo richiede una trasformazione della società.

Economia trickle down o permeabile è quella che dovrebbe far arrivare goccia a goccia i vantaggi

anche ai poveri: i fautori di tale ideologia non sono stati in grado di realizzare politiche capaci di

affrontare i temi più vasti, come la povertà e l'istruzione per le donne.

È importante considerare non solo quello che il FMI mette in agenda, ma anche quello che lascia

fuori. La stabilizzazione, l'imposizione fiscale, soldi per le banche sono in agenda, la creazione di

nuovi posti di lavoro, miglioramenti nell'istruzione e i servizi sanitari no. Un altro tema non in

agenda è quello della regolamentazione del settore finanziario; l'inflazione è un tema

sopravvalutato; la riduzione della povertà ha acquistato un'importanza crescente.

4

Il 2 luglio 1997 crollò il bath thailandese: sarebbe stato l'inizio della più grande crisi economica dai

tempi della grande depressione. Ora la crisi è passata, ma paesi come l'Indonesia ne risentiranno per

anni. Sfortunatamente le politiche imposte dal FMI durante quel periodo hanno peggiorato la

situazione, non solo inasprendo la crisi, ma in parte ne hanno provocato l'inizio. Una

liberalizzazione eccessivamente rapida dei mercati finanziari e dei capitali è stata probabilmente la

causa principale della crisi, sebbene vi abbiano contribuito anche le politiche condotte dai singoli

stati.

Fu a seguito delle pressioni e dai finanziamenti esercitati dai giapponesi che la banca mondiale si

decise ad intraprendere uno studio sulla crescita economica nell'est asiatico: quei paesi non solo

avevano avuto successo pur non avendo seguito i diktat di washington Consensus, ma proprio

perchè non li avevano seguiti.

Allo scoppio della crisi i leader dei paesi asiatici erano terrorizzati perchè temevano che il FMI

avrebbe impedito loro di adottare i provvedimenti che ritenevano necessari, masi sentivano allo

stesso tempo incapaci di resistere. Alla fine solo la Malaysia fu abbastanza coraggiosa da rischiare

(la sua crisi fu la più breve). Se le crisi rispondevano ad un modello conosciuto, lo stesso si può dire

delle politiche del FMI, che fornì enormi somme di denaro affinchè i paesi potessero sostenere il

tasso di cambio. Mail denaro servì anche ad un altro scopo: consentì ai paesi di dare alle aziende

che avevano contratto prestiti con le banche occidentali i dollari per rimborsarli. Si trattò quindi di

un salvataggio delle banche internazionali oltre che di un salvataggio del paese. Nel caso dell'Est

asiatico all'aumento dei tassi di interesse si unirono tagli alla spesa pubblica e ad aumenti delle

imposte (riforme strutturali). Queste condizioni erano di così ampia portata, che i paesi che le

accettavano finivano col perdere gran parte della loro sovranità economica.

I programmi tuttavia fallirono e il FMI ha puntualmente incolpato il paese di turno di non aver

attuato sul serio le riforme necessarie. Con l'aggravarsi della crisi, la disoccupazione è andata alle

stelle e le banche hanno chiuso. Il deterioramento delle condizioni di un paese ha contribuito a

trascinare verso il basso anche i paesi vicini. Il rallentamento nella regione ha avuto ripercussioni

globali: dalla Russia alla Nigeria, i molti paesi emergenti che contavano su alcune risorse naturali si

sono trovati nei guai.

Questi sconvolgimenti hanno chiuso un quinquennio di trionfo globale guidato dagli Usa dopo la

fine della guerra fredda. Durante questo periodo, l'attenzione internazionale si è focalizzata su nuovi

mercati emergenti, dall'Est asiatico all'America Latina. Stiglitz ritiene che la liberalizzazione dei

moviementi di capitali sia stato il fattore che ha contribuito maggiormente alla crisi. Gli esperti del

Fmi sostenevano che i controlli dei movimenti di capitali ostacolavano l'efficienza economica e che

i paesi sarebbero cresciuti meglio senza di essi. Il Fmi non era l'unico a premere sulla

liberalizzazione. Il Tesoro degli USA che, in qualità di principale azionista del FMI è l'unico ad

avere diritto di veto, ha il potere di influenzare notevolmente le sue politiche. Stiglitz e i suoi

sostenitori sostenevano la necessità di un sistema di prioritarizzazione. Molte forme di accesso al

mercato recano scarso vantaggio agli USA, mentre determinati gruppi potrebbero trarne enormi

benefici.

In principio sembrò che il Fmi avesse sbagliato a diagnosticare il problema.

Da oltre 70 anni esiste una ricetta standard per qualsiasi paese si trovi in crisi: il governo deve

stimolare la domanda aggregata, attraverso politiche monetarie o fiscali riducendo le imposte,

aumentando le spese oppure attenuando la politica monetaria. Le economie dell'Est asiatico

avevano bisogno di stimoli, ma il Fmi caldeggiò una politica opposta, che ebbe conseguenze più

prevedibili. Oggi il Fmi ammette di aver raccomandato una politica fiscale troppo austera

(chiedendo pareggi di bilancio e aumentando i tassi di interesse, ma nessun economista ha mai

pensato che un paese in fase di recessione possa avere il bilancio in pareggio).

Si ritiene che le politiche beggar thy neighbour (politiche economiche che che tendono a risolvere i

problemi interni di un paese a spese dei paesi vicini: lett impoverisci il tuo vicino) dagli anni trenta

abbiano svolto un ruolo di primo piano nella diffusione della Grande depressione. Per ridurre le

importazioni, un paese poteva imporre tariffe doganali e procedere a svalutazioni competitive;

tuttavia ogni paese che riduceva le importazioni finiva con l'esportare la crisi economica verso i

paesi vicini.

Con il peggiorare della crisi, la necessità di ristrutturare divenne il nuovo ritornello. La crisi dell'est

asiatico fu soprattutto una crisi del sistema finanziario che aveva bisogna di essere curato. Una crisi

può dare luogo a un circolo vizioso in cui le banche riducono i finanziamenti e le aziende riducono

l'attività, il che a sua volta riduce la produzione e abbassa i redditi. Se le aziende incapaci di

restituire i prestiti sono molte, le banche possono addirittura crolla e il crollo anche di una sola

banca può avere conseguenze disastrose. Questo timore ha indotto i governi di tutto il mondo a

consolidare i rispettivi sistemi finanziari introducendo un'accorta regolamentazione.

Nell'affrontare il problema della ristrutturazione, gli esperti del FMI operanti nell'est asiatico si

preoccuparono di chiudere le banche doloranti. Il FMI insistette che le banche dovevano chiudere

oppure adeguarsi rapidamente. Ma la banca che chiede la restituzione dei prestiti mette in difficoltà

un numero crescente di aziende, che sono costrette a ridurre la propria produzione. Il Fmi inoltre

sosteneva che il governo non dovesse assumere un ruolo attivo nella ristrutturazione finanziaria,

bensì occuparsi della ristrutturazione ideale.

In Indonesia scoppiarono numerose rivolte, che hanno favorito la fuga di capitali.

Oggi la crisi è passata e molti paesi asiatici stanno crescendo, ma non c'è ripresa effettiva se i salati

sono bassi e la disoccupazione è alta. In molti casi la ricetta migliore è quella keynesiana

tradizionale: politiche fiscali e monetarie espansive.

La Malaysia era riluttante ad attuare il programma del FMI, in parte perchè i funzionari locali non

volevano prendere ordini da gente di fuori anche perchè non avevano molta fiducia. Nel settembre

1998 il paese fissò il tasso di cambio del renggit a 3,80 rispetto al dollaro e ridusse i tassi di

interesse. In un anno ristrutturò le banche e le aziende del paese.

La Cina è l'altro paese che ha seguito un percorso indipendente, introducendo dei controlli sui

movimenti di capitali e politiche macroeconomiche espansive.

La Thailandia seguì quasi alla lettera le indicazione del Fmi e dopo 3 anni era ancora in recessione,

mentre la Core utilizzò una ricetta simile, ma discostante al FMI e riuscì ad entrare di nuovo in fase

economica.

Perchè tanti errori? Il Fmi rimase rigido sulle sue posizioni, riflettendo gli interessi e l'ideologia

della comunità finanziaria occidentale.

Stiglitz avrebbe cercato di mantenere l'economia più vicina alla piena all'occupazione, il che

comporta una politica monetaria e fiscale espansiva, da modulare caso per caso. Concordava con la

tesi del Fmi dell'urgenza di runa ristrutturazione finanziaria, ma l'avrebbe ottenuta con l'obiettivo

primario di mantenere i flussi finanziari e di prorogare il rimborso dei prestiti.

5.

Per la maggior parte dei cittadini dell'ex Unione sovietica, la vita economica sotto il capitalismo è

stata addirittura peggiore delle fosche previsioni dei vecchi leader comunisti. La classe media è

stata spazzata via, è stato creato un sistema di capitalismo mafioso e nepotistico e l'unica conquista,

ossia la creazione di una democrazia con libertà significative, appare estremamente fragile. I redditi

oggi sono notevolmente più bassi di 10 anni fa e la povertà è molto aumentata.

Il FMI ha insistito affinchè la Russia mantenesse una moneta sopravvalutata e sostenendo questa

politica con miliardi di dollari di prestiti ha finito per annientare l'economia.

All'inizio dei primi anni novanta, la transizione prometteva grandi sfide e grandi opportunità. Non

era successo spesso che un paese scegliesse di passare volontariamente da una situazione in cui i

governo controllava in pratica ogni aspetto dell'economia a un'altra in cui le decisioni sarebbero

dipese dall'andamento dei mercati. Esiste una sostanziale differenza tra la transizione dalla guerra

alla pace e dal comunismo all'economia di mercato. Prima della SGM, gli Stati Uniti avevano

realizzato le istituzioni di mercato di base, per contro la Russia doveva sia redistribuire le risorse s

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Publisher
A.A. 2015-2016
9 pagine
6 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/07 Sociologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Crash_9009 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Teorie sociologiche contemporanee e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Musso Giovanna.