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Eco dimostra come vi siano apocalittici, che vedono internet come luogo di

 apatia e isolamento, e integrati, che lo vedono come possibilità di libertà, anche

nella rete; in particolare chi la condanna lo fa per aspettative fallite ed esse

sono il cardine dell’analisi delle marche per migliorarsi: il sito poi deve essere

user friendly, ma il suo primo handicap è la lentezza della navigazione (time

consuming) e il secondo quello l’essere progettato dalla EPD dato che la

funzione aziendale è carente nel mondo della comunicazione+ la cattiva

costruzione di un sito è uno spreco di opportunità, in particolare se autocentrico

non essendo altro che una vetrina per la marca, per questo i siti delle grandi

marche non sono apprezzati poiché sono solo autocelebrativi delle e ancora in

una logica broadcasting (visti aprioristicamente in modo negativo dagli utenti)=

i linguaggi, oltre alla gratuità del grafismo, devono avere la forma di ipertesto

per sfruttare tutte le potenzialità del web, come esplicitare la cultura industriale

dietro la produzione di un prodotto e raccontarne la storia progettuale: i siti

devono poi essere funzionali e vanno creati mettendosi nei panni dell’e-

consumer (client driven e consumer oriented) con forme di feedback come le e-

mail e indice delle visualizzazioni si dicono e-brand sia le marche nate online

che quelle nate offline e trapiantatesi in internet, ma in ogni caso la customer

satisfation analysis del CFI mostra l’insoddisfazione del consumatore per

entrambe le categorie, con unica eccezione Amazon, dato che non fanno altro

che trasporre i vecchi metodi di analisi su internet e non vogliono concedere un

dialogo al consumatore dato che hanno paura che si impossessi del paradigh

shift: esempio contro tal tendenza è il sito della Pampers della P&G in cui si

hanno sia le offerte che corsi di formazione per pediatri e consigli

sull’alimentazione e pedagogia; in rete le marche dovrebbero non trasporre la

loro equity e patrimonio di valori, ma rideclinarli secondo una cultura online

adattandosi ad un nuovo codice e creando una e-equity

La globalizzazione : il villaggio globale non è più la metafora di una società

 connessa con mezzi di comunicazione di massa dove la vicinanza fisica viene

sostituita da quella virtuale e si ha una circolazione di beni e servizi che portano

a plasmare gli atteggiamenti e modelli di consumo; Del Debbio infatti afferma

che la globalizzazione sia una realtà di fatto e che siano nate in sua risposta due

concezioni 1° positiva, vede nella globalizzazione la possibilità di una libera

circolazione delle merci e connotati etici che portano ad una democratizzazione

mercato attenuando la distribuzione sperequata del reddito nel mondo, come

mostra la Conferenza Internazionale sull’AIDS nel 2002 in cui Africa e Brasile si

oppongono alle grandi case farmaceutiche che avevano trovato un vaccino

contro l’AIDS ma non volevano venderglielo a basso prezzo, quindi lo producono

violando i brevetti + 2° si ha una concezione negativa che si oppone

all’omologazione dei gusti e delle culture cercando di valorizzare la storia ed

unicità di ogni nazione, come mostrano le proteste di Seattle del 1999 e di

Genova del 2001 contro il G8 per Del Debbio non ha senso avere delle

concezioni unitarie oggi, dove la globalizzazione si è ormai affermata, ma serve

gestirne la governance non lasciando il mondo in mano alle grandi marche: non

si ha più la complementarietà degli scambi (esportazione del prodotto meglio

realizzati e importazione degli altri) ma uno scambio internazionale in cui

soggetto principale sono le grandi imprese, che realizzano varie sedi della filiera

produttiva nei paesi del Terzo Mondo per la non presenza dei sindacati-forza

lavoro-protezionismi doganali e salari più contenuti

L’OCSE definisce la globalizzazione come un processo attraverso cui i mercati e

 la produzione dei diversi paesi saranno sempre più indipendenti a causa della

loro dinamica di scambio di beni e servizi ma anche di capitale e tecnologia:

l’economia di nuova scala infatti abbatte i costi con le sedi nel Terzo Mondo,

innescando il liberismo economico, abbattimento delle forme di protezionismo

autarchico e creazione di un’economia globale in cui tutto diventa un prodotto;

il problema sta che nel 20 maggiori imprese al mondo guadagnano più degli 80

paesi più poveri e la crescita dei Global 500 è superiore 3-4 volte a quella

mondiale (economia), servono quindi delle forme di controllo soprannazionali e

regole valide in ogni paese= infatti ciò innesca la sempre maggior crescita dei

paesi del Terzo Mondo e nei paesi industrializzati un dumping sociale contro l e

imprese del luogo, che chiudono i loro stabilimenti per gli alti costi ed innescano

quindi la disoccupazione e perdita di potere dei sindacati si ha il ritorno al

concetto di consumatore omologo, dato che si hanno negozi identici dalle parti

opposte del mondo e in Europa una sola moneta, non si hanno tariffe doganali,

dazi e i prodotti sono quasi gli stessi come i loro prezzi; oggi infatti non si ha la

prassi dell’esportazione del prodotti tra continenti ma l’adattamento degli stessi

ad ogni tipo di cultura, dato che il consumo si fonda sulla storia e cultura di ogni

paese e gli strati della popolazione con gusti omologati sono ancora minoritari

(esempio è la Peroni come birra da ogni giorno in Italia e premium price con

nome Nastro in Inghilterra)= dato che il consumo dipende dalla struttura del

paese, avendo significati antropologico-semiotico-storico, è molto difficile in

Europa ed in particolare in Italia per la storia di divisioni e scontri averne uno

omologato: il primo settore che cederà sarà però quello della tecnologica, con

quelli dell’igiene e farmaceutica, dato che non sono legati culturalmente a

nessun paese+ la pubblicità dovrà adattarsi al contesto in cui il local touch e

national taste sono molto più importanti dell’omologazione

Sebbene la formazione di trend emergenti che si rivolgono alla rivalutazione

 della cultura locale si hanno dei comportamenti comuni nel consumatori che

portano a creare uno standard package con prodotti molto diversi ma in grado

di compenetrarsi: ad esempio nell’alimentazione si ha la creazione di un menù

identico ovunque che va contro il Made in : in esso si ha la Pizza, Pasta,

Cappuccino, Caffè (nascono i Cappuccino people, che fanno colazione con caffè

e brioche come in Italia e si diffondono anche in Giappone dove prima caffè e

latte erano sconosciuti), che si affiancano all’americano Hamburger, Wustel e

francesi Crepes e Pomme Frites, ma anche prodotti di paesi lontani come il

Sushi dal Giappone, Kebab dai paesi arabi, Tacos e Tortillas dall’America+

dall’altro lato si hanno prodotti che non si pongono nel mercato globalizzato

restando legati alla propria cultura, diventando etnici= il commercio

transnazionale di prodotti comincia con quelli unbranded e ovunque diffusi

come gli analcolici, ma in particolare parlando di grandi marchi come Coca Cola-

Pepsi-Levi’s-McDonald’s-Disney che mostrano l’imperialismo economico

dell’American Way of Life e quindi anche l’americanizzazione della società

italiana dando un’omologazione antropologica nei comportamenti e stili di vita

oltre che nell’alimentazione al contempo va considerata l’italianizzazione della

cultura alimentare americana, in cui la Pizza è il primo fast food, si diffonde la

pasta Barilla contro patatine e hamburger; nella ristorazione non si ha più solo

la domanda “red or white” ma vere carte dei vino, la diffusione dell’aceto

balsamici, acqua San pellegrino e l’olio extravergine toscano, come al Moma,

dando infine un modello salutare di colazione con yogurt, latte, caffè

I megabrands devono quindi fondarsi sul Glocal (global-local), ovvero creare dei

 prodotti che possano essere apprezzati dai consumatori di ogni nazione

adattandosi alle loro specifiche caratteristiche e valutando i simboli valoriali di

ogni popolazione (appunto non ha successo in Francia la campagna di Mulino

Bianco che insisteva sull’artigianalità dato che in tal nazione si ha già la cultura

dei biscotti, o quella di Barilla in paesi in cui la pasta non si associa alla

famiglia): la marca deve quindi mantenere la sua identità ma anche adattarsi

alle culture locali, non ponendosi in termini monopolitici come fa la stessa Coca

Cola facendo scegliere alle varie nazioni tra proposte di pubblicità= le proteste

di Seattle hanno messo in luce come i media possano essere cassa di risonanza

per un gruppo minoritario, ma di solito in Italia la tendenza è al disimpiego dalle

istanze partecipative della politica e sociali, opponendosi alla cultura industriale

per il retaggio della cultura marxista e cattolica, che sono base per tali nuovi

movimenti opposti alla globalizzazione; oggi però bisognerebbe solo gestirne la

governance e portare i prodotti del commercio equosolidale a non essere più di

nicchia ma sponsorizzati da grandi marche come fanno Esselunga e Coop, dato

che sebbene le grandi polemiche contro marchi come McDonald’s la loro

desiderabilità li rende intoccabili

IV Mainstream dell’individualismo, significato ed implicazioni

La postmodernità tra individualità e individualismo : l’iter per

 l’emancipazione dell’individuo per Lipovetsky dimostra come la rivoluzione del

consumo abbia portato allo sviluppo di desideri e bisogni dell’individuo, che si

esprimono come diritto di libertà nei consumi e quotidiano: lo sviluppo

dell’individualità è il fil rouge della postmodernità, che crea una rivoluzione dei

consumi, distruzione della società di massa e mercati globali e porta però alla

preferenza dell’individualismo= per Mauss la tendenza alla soggettività della

persona si divide infatti in due percorsi 1° quello dell’individuo ovvero

l’Individualismo, in cui si ha il culto ipertrofico della persona e massimizzazione

del guadagno contro la collettività (mode-edonismo-consumismo), 2° quello

della persona, ovvero l’Individualità che mostra una modalità autodiretta per

l’espressione della soggettività rifiutando il condizionamento sociale e cercando

l’autorealizzazione ma non dipendendo dai modelli imposti dalla società

(espressione della persona, creatività, anti autoritarismo, riduzione delle

differenze tra i generi)= nella mappa socioculturale stanno a nord il privato e a

sud il sociale, a ovest l’individualismo e a est l’individualità, ma in questi anni

Schlesinger ha mostrato come in Amer

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A.A. 2017-2018
60 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Melissa. di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Teorie e tecniche della comunicazione pubblicitaria e della promozione d'immagine e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Cappucci Massimo.