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ARCHITETTURA ESPLORATIVA
Questa architettura poggia le basi sull’idea che l’apprendimento sia eminentemente un processo individuale
che si attiva e si sviluppa in maniera efficace davanti a situazioni da risolvere.
Molti dei comportamenti che gli organismi viventi mettono in atto per mantenere o migliorare le proprie
condizioni di vita prendono avvio da azioni esplorative in risposta a bisogni interni o perturbazioni
ambientali. Apprendere, è dunque, una sorta di risposto biologica che nasce dall’esigenza di fare tesoro delle
esperienze passate.
In letteratura, a partire dall’attivismo e in seguito il costruttivismo, sono stati proposti numerosi modelli
centrati sul concetto di apprendimento come scoperta e indagine riflessiva.
Due sono le principali strategie attorno alle quali si è focalizzato il maggior numero di contributi e di
evidenze scientifiche: il Problem Based Learning (PBL) e il metodo dei progetti.
Problem Based Learning.
Idea di base: sottoporre quesiti e problemi conoscitivi di complessità adeguata agli studenti al fine di
stimolare l’interesse e promuovere significativi percorsi di apprendimento.
La strategia: l’obiettivo primario di questa strategia, centrata sull’idea di un ruolo attivo dell’allievo, è quello
di stimolare l’apprendimento attraverso processi di investigazione e riflessione attivati dall’esigenza di
risolvere problemi.
Le attività di apprendimento si presentano nella forma di problemi reali tratti dall’esperienza concreta e
possono essere svolte in aula, a casa o all’interno di contesti quali laboratori, musei, spazi aperti. Il docente è
chiamato a rendere possibile l’apprendimento strutturando l’esperienza e facilitando il lavoro attraverso il
sostegno, la guida, il monitoraggio del processo di apprendimento stesso.
Cornice storica: il problem solving si innesca, anche spontaneamente, in ogni situazione in cui l’individuo
avverte il disagio o le carenze della situazione corrente rispetto a una condizione desiderata e si attiva per
superarne il divario. La quotidianità è costantemente punteggiata di problemi da risolvere ed è proprio
attraverso questo tipo di esperienze che gli uomini appendono fin dalla nascita e per tutta la vita.
In ambito pedagogico l’interesse per le situazioni capaci di promuovere negli alunni curiosità e desiderio di
scoperta sono al centro della pedagogia funzionale di Claparede. L’idea dello sperimentalismo, ovvero del
collocare esperienze di problem solving al centro della pratica pedagogica, la si deve però all’attivismo e in
particolare all’opera di Dewey. Analizzando il pensiero riflessivo, Dewey mostra la naturale tensione del 15
pensiero umano a passare dall’incertezza a situazioni risolte, e come uno dei principali compiti
dell’educazione sia quello di favorire l’acquisizione di un metodo di ricerca sistematico.
Il costruttivismo, successivamente, fa proprie molte di queste assunzioni arrivando a considerare il problem
solving come un’importante strategia per favorire l’apprendimento e promuovere la motivazione.
Attuazione pratica: le attività di problem solving possono essere assegnate e svolte individualmente o in
gruppo, possono essere libere o guidate, possono rappresentare l’unica modalità di
insegnamento/apprendimento o essere integrate con altre strategie didattiche. La forma più semplice e
comune di utilizzo dei problemi nell’insegnamento è rappresentata dagli esempi guidati, worked examples.
Il loro scopo è quello di aiutare gli studenti a costruire schemi mentali generali al fine di poterli trasferire e
applicare in situazioni simili. Anche l’uso delle domande rappresenta un modo per promuovere pratiche di
riflessione sui problemi.
Quando si parla di uso del PBL si pensa soprattutto a situazioni in cui gli studenti si trovano davanti a
problemi aperti e all’esigenza di organizzare liberamente indagini e ricerche. Una delle più accreditate
procedure attuative del PBL è il seven steps model che richiama modalità di lavoro come studio di caso,
apprendimento cooperativo, discussione. Il protocollo di lavoro si struttura in 7 fasi successive alla
presentazione di un caso problematico. Prima si chiariscono e identificano i termini sconosciuti agli studenti;
si definisce il problema sulla base di una discussione e di un confronto delle diverse posizioni; poi si discute
il problema attraverso le modalità più efficaci riconosciute (brainstrorming, discussione…); poi vi è la
revisione e categorizzazione delle idee e soluzioni proposte al fine di cercare una soluzione; si identificano i
principali obiettivi di apprendimento e ricerca; si predispone uno studio individuale di consultazione della
letteratura raccolta in merito; si sintetizzano tutti i lavori e si crea il report finale.
Il PBL si avvale di un solo modello per il supporto ad attività di problem solving ma, dal momento che
esistono diversi tipi di problemi, si possono immaginare altrettante modalità di lavoro e di apprendimento.
Data l’ampia tipologia di problemi, la richiesta può assumere un’incredibile varietà di caratterizzazioni.
La possibilità di comprendere e risolvere un problema varia da soggetto a soggetto a seconda del grado di
familiarità con la tipologia di problema, della conoscenza del dominio in questione, delle sue capacità
L’insegnante organizza l’esperienza e fornisce il supporto graduando le difficoltà sulla base delle finalità e
del livello degli studenti.
Evidenze: numerosi studi sono stati condotti su approcci quali il Problem Based e l’Inquiry Based Learning
dimostrandone il successo. I risultati sono però controversi ed esiste un serrato dibattito sull’argomento,
relativo in particolare alla possibilità che questi metodi abbiano effetti diversi sulla base dell’expertise
dell’allievo.
Possibili rischi: alcuni studi hanno dimostrato che sottoporre agli allievi problemi troppo complessi rispetto
alle loro competenze, ad esempio quando non padroneggiano ancora i concetti in gioco, risulta essere meno
efficace di studiare attraverso esempi guidati. Sweller suggerisce che individuare il punto esatto in cui
modificare le tecniche di istruzione, cioè quando guidare o lasciare il controllo del processo all’allievo,
rappresenta la chiave di volta per il successo (non è facile però capire quando concedere agli studenti la
libertà di organizzarsi per realizzare il progetto e non è però sufficiente a garantire che questo provochi
interesse verso l’oggetto di studio).
In breve: mettere i problemi conoscitivi al centro del processo di insegnamento è sicuramente intrigante, ma
è fondamentale partire dall’esposizione di un problema. Numerosi autori, a partire da Dewey, hanno
suggerito che l’apprendimento è facilitato quando gli studenti sono impegnati nella soluzione di problemi di
significato reale e quando viene mostrato loro concretamente quello che saranno in grado di svolgere al
termine del corso, piuttosto che fissare obiettivi astratti e generici di apprendimento.
I problemi devono essere però commisurati con le loro capacità. È necessaria una progressione nella
proposta dei problemi da risolvere e nei gradi di libertà lasciati agli allievi. All’inizio i problemi devono
essere facili e l’insegnante deve mostrare le procedure di risoluzione e guidare attentamente la pratica.
Successivamente, al crescere delle abilità, i problemi che lo studente potrà affrontare potranno essere più
complessi e il supporto offerto dal docente via via minore.
Metodo dei progetti.
Idea di base: inventare occasioni affinché gli studenti possano apprendere mentre sviluppano ed elaborano in
autonomia dei progetti.
La strategia: il termine progetto, dal latino gettare avanti, indica un’idea, un piano più o meno definito
riguardo a qualcosa che si ha intenzione di fare o di intraprendere in avvenire. Questa dimensione di
intenzionalità e di apertura all’incertezza di qualcosa in divenire caratterizza il progetto anche come metodo
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o strategia didattica. Si tratta di dare agli studenti l’occasione di elaborare in relativa autonomia una risposta
conoscitiva, permettendo di muoversi con vari margini di libertà. Il progetto prevede che si arrivi, operando
da soli o in gruppo, a produrre qualcosa passando attraverso varie fasi di lavoro; a giungere cioè a un
prodotto finito partendo da un’idea malamente abbozzata.
In ambito scolastico la didattica per progetti ha tipicamente uno scopo conoscitivo e richiede lo sviluppo di
un lavoro articolato in fasi e la presenza di verifiche intermedie. Il metodo dei progetti è connesso ad altre
strategie e modelli, come il lavoro di gruppo, lo studio di caso, l’apprendimento basato su problemi,
ponendosi però come percorso di formazione unitario, finalizzato a interconnettere organicamente in un
prodotto originale le esperienze maturate e le conoscenze acquisite. Lavorare a un progetto salvaguarda da
un lato le dimensioni dell’azione, dell’interazione e della relazione, e dall’altro, le categorie del dialogo,
della riflessione e dell’analisi critica
Cornice storica: i riferimenti classici per questa strategia sono rintracciabili nell’attivismo. Kilpatrick,
allievo e collaboratore di Dewey, sviluppa un metodo dei progetti che ha ricevuto ampio consenso nella
prima metà del secolo scorso. La sua proposta prevede che le tradizionali materie di insegnamento si
incontrino di volta in volta attorno a un argomento unitario inteso come problema di ricerca aperto su cui gli
studenti sono chiamati a lavorare in maniera collaborativa.
L’insegnante ha il compito di guidare il processo di elaborazione dei prodotti esercitando funzioni di
osservazione, ascolto, supporto e monitoraggio. Questo modello afferma con forza l’importanza delle attività
connesse alla realizzazione di prodotti autonomi derivanti dall’esperienza conoscitiva di gruppi omogenei di
studenti.
Attuazione pratica: la strategia dei progetti, considerata da Petter come una modalità per stimolare in
maniera indiretta la motivazione all’apprendimento, sfrutta l’attrattiva esercitata dal poter lavorare
creativamente e in autonomia alla produzione di un artefatto.
Concedere agli studenti la libertà di organizzarsi per realizzare un progetto non è però sufficiente a garantire
che questo provochi interesse verso l’oggetto di studio, che il prodotto finale sia di buon livello o che la
tensione all’impegno rimanga costante nel tempo. Il lavoro deve essere pianificato accuratamente. Ci si
dovrà accertare che il progetto si presenti come autentico, cioè collegabile in qualche modo alla realtà e che
si connetta a intere