Anteprima
Vedrai una selezione di 5 pagine su 19
Riassunto esame Teorie e metodi della formazione, prof.Cardarello, libro consigliato Le strategie didattiche, Bonaiuti Pag. 1 Riassunto esame Teorie e metodi della formazione, prof.Cardarello, libro consigliato Le strategie didattiche, Bonaiuti Pag. 2
Anteprima di 5 pagg. su 19.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Teorie e metodi della formazione, prof.Cardarello, libro consigliato Le strategie didattiche, Bonaiuti Pag. 6
Anteprima di 5 pagg. su 19.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Teorie e metodi della formazione, prof.Cardarello, libro consigliato Le strategie didattiche, Bonaiuti Pag. 11
Anteprima di 5 pagg. su 19.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Teorie e metodi della formazione, prof.Cardarello, libro consigliato Le strategie didattiche, Bonaiuti Pag. 16
1 su 19
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

ARCHITETTURA ESPLORATIVA

Questa architettura poggia le basi sull’idea che l’apprendimento sia eminentemente un processo individuale

che si attiva e si sviluppa in maniera efficace davanti a situazioni da risolvere.

Molti dei comportamenti che gli organismi viventi mettono in atto per mantenere o migliorare le proprie

condizioni di vita prendono avvio da azioni esplorative in risposta a bisogni interni o perturbazioni

ambientali. Apprendere, è dunque, una sorta di risposto biologica che nasce dall’esigenza di fare tesoro delle

esperienze passate.

In letteratura, a partire dall’attivismo e in seguito il costruttivismo, sono stati proposti numerosi modelli

centrati sul concetto di apprendimento come scoperta e indagine riflessiva.

Due sono le principali strategie attorno alle quali si è focalizzato il maggior numero di contributi e di

evidenze scientifiche: il Problem Based Learning (PBL) e il metodo dei progetti.

Problem Based Learning.

Idea di base: sottoporre quesiti e problemi conoscitivi di complessità adeguata agli studenti al fine di

stimolare l’interesse e promuovere significativi percorsi di apprendimento.

La strategia: l’obiettivo primario di questa strategia, centrata sull’idea di un ruolo attivo dell’allievo, è quello

di stimolare l’apprendimento attraverso processi di investigazione e riflessione attivati dall’esigenza di

risolvere problemi.

Le attività di apprendimento si presentano nella forma di problemi reali tratti dall’esperienza concreta e

possono essere svolte in aula, a casa o all’interno di contesti quali laboratori, musei, spazi aperti. Il docente è

chiamato a rendere possibile l’apprendimento strutturando l’esperienza e facilitando il lavoro attraverso il

sostegno, la guida, il monitoraggio del processo di apprendimento stesso.

Cornice storica: il problem solving si innesca, anche spontaneamente, in ogni situazione in cui l’individuo

avverte il disagio o le carenze della situazione corrente rispetto a una condizione desiderata e si attiva per

superarne il divario. La quotidianità è costantemente punteggiata di problemi da risolvere ed è proprio

attraverso questo tipo di esperienze che gli uomini appendono fin dalla nascita e per tutta la vita.

In ambito pedagogico l’interesse per le situazioni capaci di promuovere negli alunni curiosità e desiderio di

scoperta sono al centro della pedagogia funzionale di Claparede. L’idea dello sperimentalismo, ovvero del

collocare esperienze di problem solving al centro della pratica pedagogica, la si deve però all’attivismo e in

particolare all’opera di Dewey. Analizzando il pensiero riflessivo, Dewey mostra la naturale tensione del 15

pensiero umano a passare dall’incertezza a situazioni risolte, e come uno dei principali compiti

dell’educazione sia quello di favorire l’acquisizione di un metodo di ricerca sistematico.

Il costruttivismo, successivamente, fa proprie molte di queste assunzioni arrivando a considerare il problem

solving come un’importante strategia per favorire l’apprendimento e promuovere la motivazione.

Attuazione pratica: le attività di problem solving possono essere assegnate e svolte individualmente o in

gruppo, possono essere libere o guidate, possono rappresentare l’unica modalità di

insegnamento/apprendimento o essere integrate con altre strategie didattiche. La forma più semplice e

comune di utilizzo dei problemi nell’insegnamento è rappresentata dagli esempi guidati, worked examples.

Il loro scopo è quello di aiutare gli studenti a costruire schemi mentali generali al fine di poterli trasferire e

applicare in situazioni simili. Anche l’uso delle domande rappresenta un modo per promuovere pratiche di

riflessione sui problemi.

Quando si parla di uso del PBL si pensa soprattutto a situazioni in cui gli studenti si trovano davanti a

problemi aperti e all’esigenza di organizzare liberamente indagini e ricerche. Una delle più accreditate

procedure attuative del PBL è il seven steps model che richiama modalità di lavoro come studio di caso,

apprendimento cooperativo, discussione. Il protocollo di lavoro si struttura in 7 fasi successive alla

presentazione di un caso problematico. Prima si chiariscono e identificano i termini sconosciuti agli studenti;

si definisce il problema sulla base di una discussione e di un confronto delle diverse posizioni; poi si discute

il problema attraverso le modalità più efficaci riconosciute (brainstrorming, discussione…); poi vi è la

revisione e categorizzazione delle idee e soluzioni proposte al fine di cercare una soluzione; si identificano i

principali obiettivi di apprendimento e ricerca; si predispone uno studio individuale di consultazione della

letteratura raccolta in merito; si sintetizzano tutti i lavori e si crea il report finale.

Il PBL si avvale di un solo modello per il supporto ad attività di problem solving ma, dal momento che

esistono diversi tipi di problemi, si possono immaginare altrettante modalità di lavoro e di apprendimento.

Data l’ampia tipologia di problemi, la richiesta può assumere un’incredibile varietà di caratterizzazioni.

La possibilità di comprendere e risolvere un problema varia da soggetto a soggetto a seconda del grado di

familiarità con la tipologia di problema, della conoscenza del dominio in questione, delle sue capacità

L’insegnante organizza l’esperienza e fornisce il supporto graduando le difficoltà sulla base delle finalità e

del livello degli studenti.

Evidenze: numerosi studi sono stati condotti su approcci quali il Problem Based e l’Inquiry Based Learning

dimostrandone il successo. I risultati sono però controversi ed esiste un serrato dibattito sull’argomento,

relativo in particolare alla possibilità che questi metodi abbiano effetti diversi sulla base dell’expertise

dell’allievo.

Possibili rischi: alcuni studi hanno dimostrato che sottoporre agli allievi problemi troppo complessi rispetto

alle loro competenze, ad esempio quando non padroneggiano ancora i concetti in gioco, risulta essere meno

efficace di studiare attraverso esempi guidati. Sweller suggerisce che individuare il punto esatto in cui

modificare le tecniche di istruzione, cioè quando guidare o lasciare il controllo del processo all’allievo,

rappresenta la chiave di volta per il successo (non è facile però capire quando concedere agli studenti la

libertà di organizzarsi per realizzare il progetto e non è però sufficiente a garantire che questo provochi

interesse verso l’oggetto di studio).

In breve: mettere i problemi conoscitivi al centro del processo di insegnamento è sicuramente intrigante, ma

è fondamentale partire dall’esposizione di un problema. Numerosi autori, a partire da Dewey, hanno

suggerito che l’apprendimento è facilitato quando gli studenti sono impegnati nella soluzione di problemi di

significato reale e quando viene mostrato loro concretamente quello che saranno in grado di svolgere al

termine del corso, piuttosto che fissare obiettivi astratti e generici di apprendimento.

I problemi devono essere però commisurati con le loro capacità. È necessaria una progressione nella

proposta dei problemi da risolvere e nei gradi di libertà lasciati agli allievi. All’inizio i problemi devono

essere facili e l’insegnante deve mostrare le procedure di risoluzione e guidare attentamente la pratica.

Successivamente, al crescere delle abilità, i problemi che lo studente potrà affrontare potranno essere più

complessi e il supporto offerto dal docente via via minore.

Metodo dei progetti.

Idea di base: inventare occasioni affinché gli studenti possano apprendere mentre sviluppano ed elaborano in

autonomia dei progetti.

La strategia: il termine progetto, dal latino gettare avanti, indica un’idea, un piano più o meno definito

riguardo a qualcosa che si ha intenzione di fare o di intraprendere in avvenire. Questa dimensione di

intenzionalità e di apertura all’incertezza di qualcosa in divenire caratterizza il progetto anche come metodo

16

o strategia didattica. Si tratta di dare agli studenti l’occasione di elaborare in relativa autonomia una risposta

conoscitiva, permettendo di muoversi con vari margini di libertà. Il progetto prevede che si arrivi, operando

da soli o in gruppo, a produrre qualcosa passando attraverso varie fasi di lavoro; a giungere cioè a un

prodotto finito partendo da un’idea malamente abbozzata.

In ambito scolastico la didattica per progetti ha tipicamente uno scopo conoscitivo e richiede lo sviluppo di

un lavoro articolato in fasi e la presenza di verifiche intermedie. Il metodo dei progetti è connesso ad altre

strategie e modelli, come il lavoro di gruppo, lo studio di caso, l’apprendimento basato su problemi,

ponendosi però come percorso di formazione unitario, finalizzato a interconnettere organicamente in un

prodotto originale le esperienze maturate e le conoscenze acquisite. Lavorare a un progetto salvaguarda da

un lato le dimensioni dell’azione, dell’interazione e della relazione, e dall’altro, le categorie del dialogo,

della riflessione e dell’analisi critica

Cornice storica: i riferimenti classici per questa strategia sono rintracciabili nell’attivismo. Kilpatrick,

allievo e collaboratore di Dewey, sviluppa un metodo dei progetti che ha ricevuto ampio consenso nella

prima metà del secolo scorso. La sua proposta prevede che le tradizionali materie di insegnamento si

incontrino di volta in volta attorno a un argomento unitario inteso come problema di ricerca aperto su cui gli

studenti sono chiamati a lavorare in maniera collaborativa.

L’insegnante ha il compito di guidare il processo di elaborazione dei prodotti esercitando funzioni di

osservazione, ascolto, supporto e monitoraggio. Questo modello afferma con forza l’importanza delle attività

connesse alla realizzazione di prodotti autonomi derivanti dall’esperienza conoscitiva di gruppi omogenei di

studenti.

Attuazione pratica: la strategia dei progetti, considerata da Petter come una modalità per stimolare in

maniera indiretta la motivazione all’apprendimento, sfrutta l’attrattiva esercitata dal poter lavorare

creativamente e in autonomia alla produzione di un artefatto.

Concedere agli studenti la libertà di organizzarsi per realizzare un progetto non è però sufficiente a garantire

che questo provochi interesse verso l’oggetto di studio, che il prodotto finale sia di buon livello o che la

tensione all’impegno rimanga costante nel tempo. Il lavoro deve essere pianificato accuratamente. Ci si

dovrà accertare che il progetto si presenti come autentico, cioè collegabile in qualche modo alla realtà e che

si connetta a intere

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
19 pagine
1 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher jessica8612 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Teorie e metodi della formazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia o del prof Cardarello Roberta.