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SOLUZIONE DI PROBLEMI E CREATIVITA’
Gli inizi
Agli inizi i problemi venivano adoperati dalla psicologia solo come item. Ma dagli anni 30’ il problem solving diventa un settore
autonomo della psicologia. Poi un’ulteriore spinta allo studio della soluzione di problemi è dovuta al primo cognitivismo con l’Human
Information Processing (HIP) ed al parallelismo con il calcolatore.
Sin dalle prime ricerche apparve evidente la relazione tra capacità di risolvere problemi e creatività. Va però precisato che oggi si è
concordi nel ritenere che la simulazione al computer non è in grado di rappresentare i processi di pensiero e le attività mentali creative.
Non si tengono infatti in considerazione la motivazione, l’emozione, l’ambiente ecc.
Approcci teorici
I Gestaltisti, che furono tra i primi a studiare il pensiero, preferendo usare il termine pensiero produttivo al posto di problem solving,
studiarono preferenzialmente i problemi in cui la soluzione va vista dopo una ristrutturazione degli elementi del campo fenomenico.
Wertheimer si occupò unicamente dello studio del pensiero umano concentrandosi sul punto esatto in cui si passa dall’incomprensione
alla comprensione del problema, che fondamentalmente è la ristrutturazione delle parti in un tutto differenze. Secondo Dunker il grado
di difficoltà di un problema dipende dalla maggiore/minore resistenza che gli elementi da esaminare hanno nel senso di trasformazioni
accessibili e produttive, ovvero maggior fissità, maggior difficoltà nel trovare la soluzione/ricentramento, il fattore che ostacola il
passaggio da una funzione ad un’altra di un oggetto.
Secondo l’approccio HIP invece, la mente è un elaboratore di informazioni, e quando si cerca di risolvere un problema si comporta
come chi cerca l’uscita da un labirinto. 3 secondo l’HIP sono le componenti che interagiscono durante la risoluzione di problemi:
un sistema/soggetto che elabora le informazioni (macchina o uomo che sia)
lo spazio del problema (ossia come il sistema/soggetto vede)
l’ambiente del problema (ossia come il sistema/soggetto concepisce.
Il sistema/soggetto che elabora le informazioni ricerca tutti i possibili passaggi per arrivare alla soluzione, ma non lo fa per prove di
errori, ma usando le euristiche, ovvero espedienti non algoritmici che consentono di arrivare rapidamente ed in modo economico alla
soluzione, ma che in quanto tali non garantiscono il raggiungimento della soluzione. Uno dei metodi più adoperati per capire quali sono
i percorsi mentali che le persone fanno quando affrontano un problema è stato quello della Thinking Aloud, pensare ad alta voce. Lo
HIP dal Thinking Aloud passa alla generazione di un grafo del comportamento del problema, che poi viene implementato sotto forma di
algoritmo per computer. Paradossalmente lo HIP usa algoritmi per simulare euristiche.
Un problema nasce quando c’è la possibilità di una doppia codifica del messaggio contenuto nell’enunciato del problema. Difronte ad
un problema, vi sarebbero quindi due possibili codifiche dovute all’interpretazione secondo due codici:
codice naturale: di facile applicazione, ma incompatibile con la soluzione
codice legale: di meno probabile applicazione, ma compatibile con la soluzione.
Una persona è davanti ad un problema quanto comunicatagli la soluzione, manifesta disappunto o sorpresa dichiarando d’essere stato
in qualche modo sviato dal problema, di non aver capito, poiché altrimenti avrebbe potuto risolvere il problema (impressione d’errore).
Una persona invece è davanti ad un compito quando comunicatagli la soluzione ritiene che la causa della mancata risposta sia dovuta
alla oggettiva difficoltà e non al suo non aver capito (sensazione di insufficienza).
Paradigmi di ricerca
L’insight: vedere dentro, riorganizzare degli elementi del problema e delle relazioni ad esso interne, lampo, intuizione. L’insight non è
causa della ristrutturazione, ma l’effetto. Non è facile spiegare l’insight con l’HIP, in quanto il primo sembra non avere un percorso step
by step, ma tutto/nulla, nel paradigma HIP invece, è cruciale la progressione verso la soluzione. Sono quindi necessarie delle
integrazioni alla teoria.
L’utilizzo del computer/software ha consentito la simulazione al fine di proporre modelli di funzionamento del processo di problem
solving, ma si può per l’appunto, simulare un insight problem? L’organizzazione, il pensiero, la comprensione, la ristrutturazione di un
insight problem sono nel programmatore e non nel programma, e la ricerca sperimentale ha cercato di affrontare la questione.
La metacognizione e la consapevolezza e conoscenza che una persona ha circa il modo in cui operano i processi cognitivi. Alla base di
questa definizione vi è una divisione tra ciò che di cognitivo è sotto il diretto controllo volontario del soggetto, e ciò che invece è
routine. La metacognizione è sempre stata presente nel paradigma HIP in quanto i processi di simulazione hanno sempre
un’elaborazione delle informazioni e un processo di monitoraggio. Se si chiede alle persone di dire che tipo di problemi potrebbero
essere in grado di risolvere, queste fanno previsioni precise di problemi non insight (problemi di memoria) e previsioni scarse degli
insight problem. Nel caso dei non insight problem le difficoltà appaiono già nel corso della lettura del problema, mente negli insight
problem appaiono solo in corso di soluzione.
L’analogia ed il problem solving
Una delle euristiche maggiormente coinvolte nella soluzione dei problemi è l’analogia, ossia una volta capito come risolvere un
problema, si cerca di usare la stessa procedura per risolverne altri simili. Le ricerche sperimentali mostrano perchè le soluzioni per
analogia funzionano male in problemi che richiedono lunghe serie di passaggi, mentre vanno meglio nel caso degli insight problem. Ma
l’analogia non è sempre facile, a volte è immediata, a volte va suggerita, a volte non la si vede. Ne deriva secondo la teoria classica che il
significato di un concetto può essere colto a partire da un elenco congiuntivo di attributi, che vengono raggruppati in categorie di
esemplari che condividono un elemento in comune.
I membri di una categoria sono correlati tramite un insieme di fattori che si sovrappongono, non da fattori comuni condivisi. La teoria
classica presenta alcuni problemi: è ambiguo il rapporto tra priorità di una categoria e definizione della categoria, le categorizzazioni
non sono sempre chiare, nonostante le condizioni definite lo siano, i concetti subordinati dovrebbero avere più caratteristiche in
comune con concetti sovraordinati vicini e meno con sovraordinati lontani, ma spesso non è così, non si spiega perchè alcuni esemplari
di una categoria vengano classificati più velocemente e accuratamente di altri, non vi è un grado di tipicità in una categoria se il
principio è avere alcune caratteristiche di appartenenza alla categoria stessa.
La teoria del prototipo
Per la teoria classica, l’appartenenza di un elemento ad una categoria è dato dall’avere alcune caratteristiche necessarie e sufficienti.
Questo indicherebbe che tutti gli elementi della categoria dovrebbero essere equivalenti, ma così si è visto che non è. La teoria del
prototipo, invece, dice che una categoria forma attorno all’esemplare migliore di quella categoria, un elemento mediano, un prototipo.
Quindi la maggiore o minore appartenenza/tipicità ad una categoria dipenderebbe dal grado di vicinanza del prototipo.
Le prove sperimentali a favore sono: la velocità di risposta circa l’appartenenza è direttamente proporzionale alla vicinanza del
prototipo, nel rievocare gli elementi di una categoria, si dicono prima quelli più vicini al prototipo, i sillogismi con elementi vicino al
prototipo sono risolti prima, e la velocità di associazione tra elementi di una categoria è proporzionale alla tipicità degli elementi. Le
categorie sarebbero poi organizzate gerarchicamente secondo una struttura per cui le categorie più sovraordinate contengono elementi
che sono tra loro più variabili rispetto a quelli delle categorie più sottoordinate.
Il livello base: sono gli elementi più accurati e veloci, è possibile costruirsi una rappresentazione prototipica più facilmente che al livello
sovraordinato, costituiscono categorizzazioni più informative, ovvero contengono più oggetti di categorie subordinate.
Fondare il grado di tipicità di appartenenza ad una categoria su quanto un attributo sia simile al prototipo, appare problematico: su
quali attributi si valuta la similarità? (è potenzialmente trovabile una similarità tra ogni cosa), gli attributi più salienti sono quelli più
condivisi in una categoria, ma questo è un ragionamento circolare perchè richiede che sia già stata fatta prima una ripartizione in
categorie differenti, alcune ricerche dimostrano che una maggior similarità non implica necessariamente una maggior appartenenza. Un
singolo fattore come la similarità non è sufficiente a spiegare le molteplici variazioni/gradazioni in termini di tipicità/appartenenza. SI
verifica il caso contrario in cui si graduano fattori che non dovrebbero essere graduabili, che sono identici. Il termine tipicità va
scorporato da quello di appartenenza ad una categoria, sembra contare di più la proprietà rappresentata da un buon esempio.
Nasce poi la distinzione tra prototipo e core, il cuore concettuale. Il prototipo contiene proprietà percettivamente salienti, mentre il
core contiene proprietà più tipiche dell’appartenenza ad una categoria, più legate al sapere, ma più nascoste.
Il modello funzionalista di Barsalou
Barsalou propone una spiegazione funzionalista di concetto secondo cui i concetti non sono rappresentazioni stabili. Questa instabilità
dei concetti è dovuta all’osservazione dei fatti, ossia: persone diverse, ma anche la stessa persona, può avere concetti diversi circa una
stessa categoria di oggetti in contesti e momenti diversi. Importante è il punto di vista.
Per Barsalou tuttavia esiste un nucleo stabile di informazioni indipendenti dal contesto e dal punto di vista. Questo nucleo diventa
stabile/indipendente dopo che è stato associato per molte volte ad una precisa categoria. La differenza tra esperti e non esperti di una
categoria sarebbe nella quantità/diversità dei nuclei stabili.
Per Barsalou il grado di accordo relativo ad una categoria sarebbe dovuto ai nuclei stabili indipendenti dal contesto, mentre le variazioni
sembrano basarsi sulle informazioni dipendenti dal contesto. In breve:
il concetto è stabile quando: c’è un uso di informazioni indipendenti