Il pensiero e le sue manifestazioni
Dal momento che è studiabile ogni atto visible da osservatori esterni, nel momento in cui si ha una persona ferma e immobile potremmo affermare che quella persona non sta pensando. Questo ovviamente non è corretto ma bisogna tenere in considerazioni tutte quelle minime modificazioni fisiologiche le quali contribuiscono al pensiero non espresso e ci fanno capire che la persona sta pensando. 18 marzo "Una impostazione come questa, ovviamente, impedisce allo psicologo di soddisfare parecchie delle sue curiosità intorno a quella caratteristica esperienza che è il pensare, il riflettere, come quando tentiamo di avvicinarci alla soluzione di un problema. In questo caso il nostro lavoro è spesso più complicato di quanto non possa apparire a chi ci sta osservando dal di fuori: il numero di operazioni che prendiamo in considerazione e siamo costretti a scartare o a utilizzare in qualche modo può essere più grande o più piccolo delnumero direazioni visibili e classificabili da parte di uno sperimentatore che ci stia controllando. E se anche questi due ordini di eventi contenessero lo stesso numero di elementi, non sarebbe facile mettere in una corrispondenza definita ogni elemento dell'uno con un particolare evento dell'altro.
Viene analizzata la prospettiva comportamentista, chiarito che qualsiasi reazione anche minima fisiologica risulta essere indice dell'atto di pensiero, c'è comunque un problema perché tutte queste reazioni fisiologiche potrebbero essere di numero inferiore rispetto alle informazioni, ad dati considerati attraversi i nostri atti del pensiero e quindi a tutti i percorsi presi in esame per capire se quello poteva essere indice di risoluzione del problema. Anche se ci fosse una corrispondenza tra il numero di pensieri e quello di informazioni elaborate il problema rimane che non vi è una corrispondenza, non abbiamo corrispondenza tra
reazionefisiologica e il pezzo di informazione che ho preso in considerazione nel momento in cui sto pensando. "Per questi motivi, probabilmente, l'interesse dei comportamentisti per il pensiero si è -coll'andar del tempo - trasformato in interesse per il linguaggio, che può essere considerato il correlato 'pubblico' del pensiero. Gli interessi che alcune recenti filosofie nutrono per i fatti linguistici hanno aiutato questa tendenza propria del comportamentismo e delle scuole psicologiche derivate da esso: esiste ormai una letteratura imponente intorno al comportamento verbale, sviluppatasi specialmente negli ultimi trent'anni." Dal momento che non ci può essere corrispondenza tra atti del pensiero e le reazioni fisiologiche registrate, il comportamentismo ha deciso di spostarsi sul linguaggio, verbalizzazioni che l'essere umano produce nel momento in cui sta risolvendo un problema. Il linguaggio è considerato lamanifestazione del comportamento e quindi si ha iniziato a studiarlo. Anche in questo caso però rimane sempre il vincolo che alcune informazioni che ho preso in esame possono non essere espresse con il linguaggio (es. penso e sto zitto). Il comportamentismo quindi non ha risolto a pieno questa problematica. Qualora anche nelle richieste dello sperimentatore ci fosse la consegna esplicita di comunicare tutto ciò che viene pensato, non possiamo essere certi che effettivamente il pensiero sia completamente verbalizzato (esistono sistemi di pensiero che arrivano alla consapevolezza, sistema 2, e sistemi di pensiero che non raggiungono la consapevolezza, sistema 1). Come fare allora per studiare gli atti del pensiero?
3. Non è molto facile immaginare una terza strada che permetta di evitare gli scogli dell'introspezione da una parte e della riduzione del pensiero a comportamento linguistico dall'altra. La ricerca di questo terzo metodo è probabilmente
destinata al fallimento se cimettiamo a cercare una teoria che risolva in toto le due difficoltà menzionate, offrendoci la possibilità di risistemare ex novo tutto ciò che la psicologia del pensiero è riuscita a trovare in tanti decenni di lavoro. Le esigenze dello psicologo che non vuole abbandonare il problema del pensiero per quello dei comportamenti linguistici, e insieme non desidera di essere classificato e condannato con i sostenitori dell'introspezione, possono, credo, essere soddisfatte in alcune situazioni particolari, molto meglio che dalla costruzione di una teoria generale." Bozzi propone di vedere se è possibile trovare un terzo modo che si discosti sia dall'introspezionismo che dal comportamentismo. Propone un modo che non è una teoria ex novo che permette di racchiudere in sé tutte le difficoltà contenute nell'introspezione e nel comportamentismo, ci sono alcuni metodi che risultano essere efficaci cheRispondono bene nel momento in cui si prova a risolvere una situazione particolare e quindi senza fare ricorso ad una teoria generale nuova, nata esclusivamente per risolvere e per indagare il pensiero.
“Incominciamo con il citare qualche esempio tratto dalla psicologia della percezione. Anche su questo terreno può sembrare che non siano possibili altre impostazioni oltre a quella che chiama in causa l’osservazione introspettiva, e quella che si limita a registrare determinate reazioni degli osservatori costantemente collegate con alcuni gruppi di stimoli.”
Vediamo quindi se esistono delle soluzioni che sono state adottate nel momento in cui si tratta di descrivere e di studiare il pensiero e quindi di studiare gli atti di pensiero della persona posta di fronte ad un compito problematico e soprattutto perché, nel momento in cui si ha a che fare con la percezione, se uno non vuole basarsi solo sull'auto-descrizione e quindi sul racconto della persona oppure
se uno invece non vuole essenzialmente studiare la percezione basandosi solamente sulle reazioni fisiologiche che la persona ha avuto di fronte ad uno stimolo percettivo. Come fare quindi per studiare la percezione se non voglio essere né introspezionista né comportamentista?“L’analisi fenomenologica impiegata così fecondamente dai gestaltisti può sembrare a prima vista un caso particolare di metodo introspettivo: gli oggetti che sto vedendo e toccando sono tali solo per me che sono l’osservatore; lo sperimentatore che utilizza i protocolli da me forniti ha a che fare con descrizioni di fatti ‘privati’, esattamente come lo studioso ispirato ai metodi di Wurzburg, il quale chiede al suo soggetto di raccontare dettagliatamente come ha trovato la soluzione del suo problema.”
L’autore introduce una nuova corrente la Gestalt, nasce come psicologia della percezione, i gestaltisti fanno un’analisi della descrizione fenomenologica,
Ciò descrivono quello che capita nel momento in cui il soggetto sta vivendo l'evento. Viene descritto il fenomeno così come esso accade, sembra ancora che in questo caso stiamo cadendo nell'introspezionismo poiché se la persona descrive ricadiamo ancora nel problema precedente. Quindi, che differenza c'è tra l'impostazione introspezionista e l'impostazione degli studiosi della Gestalt?
"In realtà le cose stanno così solo su un piano molto astratto (e probabilmente in rapporto a una teoria non del tutto corretta in materia di intersoggettività): in pratica, io che osservo non confondo mai ciò che ho davanti con la descrizione più o meno esauriente e fedele che vengo costruendo; e sono le caratteristiche di quello che ho davanti a determinare i tratti che compongono la mia descrizione. Queste caratteristiche possono essere labili, non ben definite in sé, o comunque difficilmente descrivibili."
Qualche volta - in rari casi - possono essere tali che subiscono trasformazioni nel corso della costruzione della mia descrizione: nel campo della fenomenologia della percezione questo può accadere quando stiamo esaminando le figure di Rorschach, o qualcosa di analogo. Ma nei casi normali, di esperienza comune, quando guardiamo in una vetrina o guidiamo l'automobile, almeno un rilevante gruppo di caratteristiche degli oggetti attualmente dati resta immutato di fronte alla nostra esplorazione, o nel corso della descrizione che eventualmente veniamo costruendo. Se, nel momento in cui io studio la percezione e decido di studiare la percezione basandomi solo sulle descrizioni che vengono prodotte dalle persone che stanno guardando lo stimolo, di fatto io sto producendo un dato che non è diverso da quello che viene prodotto dagli studiosi del introspezionismo però è anche vero che in realtà, nel momento in cui io sto descrivendo quello che io ho di fronte,Ci sono determinate caratteristiche che si impongono alla mia descrizione, devono essere riprodotte in maniera fedele perché sono così (sia per me che per chi osserva), ci sono oggetti e caratteristiche che sono condivisibili da tutti. "Le più importanti tra queste caratteristiche sono le proprietà fisico-geometriche dei corpi, quelle che gli uomini - fin dall'inizio della storia della nostra cultura - ritennero 'oggettive' (cioè appunto non influenzate dalla presenza di un osservatore, e permanenti anche in assenza di esso)." Ci sono quindi delle caratteristiche che sono oggettive e che ci sono indipendentemente dal fatto che noi le stiamo osservando oppure no, per esempio il fatto che noi ci troviamo di fronte a una vetrina con degli abiti, gli abiti ci sono comunque sia che io sia lì e li sto guardando sia che io non ci sia. La distinzione è tra proprietà che sono fenomenicamente oggettive.
propri sono in grado di fornire. Queste proprietà sono oggettive e indipendenti dal mio giudizio personale. D'altra parte, ci sono caratteristiche che dipendono dal mio giudizio soggettivo. Ad esempio, se mi piace o non mi piace un abito. Questo giudizio dipende dai miei gusti personali e può variare da persona a persona. Un esempio per comprendere meglio la differenza tra proprietà oggettive e soggettive potrebbe essere il seguente: se ho di fronte a me un quadrato di carta rossa, posso essere perplesso nel tentare di descrivere il tipo di rosso della sua superficie o nel confrontarlo con un altro oggetto che vedo lì vicino o che ricordo. Tuttavia, le proprietà di essere un "quadrato", di avere angoli retti e l'inclinazione del foglio rispetto a me sono proprietà che possono essere descritte in modo preciso utilizzando il linguaggio. In conclusione, le proprietà oggettive sono condivisibili da più osservatori e sono indipendenti dal giudizio personale, mentre le proprietà soggettive dipendono dal giudizio individuale e possono variare da persona a persona.comune mutua dalla geometria elementare, e tali che né un mutamento d'impostazione né la formulazione dei miei giudizi possono in realtà modificare. Né vale
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