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Robert Parker e il linguaggio del vino
Robert Parker, famoso per il suo naso da un milione di dollari, ha catalogato più di
7500 vini, basandosi sulle sue capacità di discriminare tra etichette e annate diverse.
Gli piacciono in particolar modo i vini della Napa Valley è tra i suoi preferiti figura il
Cabernet Sauvignon riserva. Alcuni studi che analizzano linguaggio usato da Parker ed
altri tre esperti di vini, hanno scoperto che le qualità sensoriali specifiche erano
valutate sulla base delle proprietà che piacevano di più all’assaggiatore. Gli studiosi
ritenevano che la principale preoccupazione riguardante i sapori fosse se i vini fossero
buoni o meno. A tal proposito gli esperti non sono così diversi dai dilettanti. Parker
valuta come farebbe un dilettante e questa potrebbe essere una delle ragioni del suo
straordinario successo.
È difficile individuare un linguaggio adatto anche per descrivere i volti, l’arte
e la musica
Descrivere l'arte figurativa è facile perché chiunque può descrivere a parole il dipinto
di un paesaggio. Picasso e i cubisti però cominciare una dare qualche problema per
non parlare poi di pittori contemporanei. Un altro esempio giunge dal mondo della
musica, siamo tutti in grado di riconoscere e riprodurre una melodia semplice ma le
complesse immagini temporali della musica sono difficili da descrivere a parole, tanto
quanto le complicate immagini spaziali dell'arte o le immagini cerebrali del vino.
Cap. XXV L'olfatto, il sapore e la coscienza
Secondo i neuroscienziati Crick e Koch la coscienza nasce da proprietà speciali di
attivazione dei neuroni corticali.
Esiste un olfatto cieco?
Crick durante un convegno chiese a Shepherd se per caso esistesse un olfatto cieco.
Voleva sapere se l’olfatto possedeva qualcosa di simile a quella inquietante scoperta
fatta nel campo della vista chiamata visione cieca. In pazienti ciechi con danni riportati
alla corteccia visiva è stata osservata una cosa curiosa: se vengono loro mostrate
delle fotografie questi soggetti affermano di non vedere nulla; Ma se vengono costretti
a rispondere a domande su quelle stesse immagini, danno risposte ben al di sopra
della media. È come se nonostante la cecità poste.it essere una vista rudimentale da
qui, visione cieca. Ciò indica che senza averne la consapevolezza, i loro cervelli, con
un percorso visivo che arriva solo al livello del talamo, possono registrare la scena
visiva. Quello che Crick voleva scoprire era in che modo la percezione conscia
dell’odore può nascere in un percorso che non attraversa il talamo.
Alcuni indizi del percorso olfattivo
La percezione conscia dell’odore all’interno del percorso olfattivo nasce in questo
modo: la prima stazione olfattiva nel cervello è il bulbo olfattivo, dove si forma
l'immagine odorosa ed avviene la sua elaborazione iniziale. Le fibre cerebrali
modulano l’elaborazione dell’immagine odorosa, a seconda se siamo affamati o sazi,
trasportando anche informazioni relative al nostro stato di sonno veglia, importanti per
determinare se siamo coscienti o meno. La stazione successiva è la corteccia olfattiva
per poi arrivare alla corteccia orbitofrontale.
La percezione conscia dell’odore
Esiste la possibilità che la percezione conscia dell’odore nasca già a livello della
corteccia olfattiva. Questo acquisto un particolare significato per due ragioni: La prima
è che dimostra come questo sia l’unico percorso sensoriale capace di dar vita a una
percezione sensoriale conscia senza raggiungere la neocorteccia e senza coinvolgere il
sistema talamo corticale; La seconda è che se le cose stanno davvero così allora
dobbiamo chiederci quali siano i meccanismi subcorticali che rimpiazzano il talamo e
la neocorteccia. Secondo alcuni studiosi i soggetti umani che hanno riportato traumi
alla parte destra del talamo mostrano deficit nella capacità di identificare gli odori
sperimentando anche meno piacere se stimolati da odori gradevoli. Tutto ciò potrebbe
suggerire che negli esseri umani il livello neocorticale è necessario per la percezione
dell’odore e deve estendersi anche alla percezione del sapore.
Per rispondere alla domanda di Crick
La prova si è avuta in un paziente 36enne che venne ricoverato in ospedale dopo aver
riportato una ferita in testa che ha danneggiato la corteccia orbitofrontale. La
condizione psicologica del soggetto era normale ma subì la perdita completa
dell’olfatto. Gli esperimenti fecero vedere come il soggetto non sentiva nessun odore
neppure a forte concentrazione. Il fatto che la lesione interessasse solo la corteccia
orbitofrontale destra avallava l’ipotesi che l’elaborazione più consapevole dell’odore a
livello della corteccia avvenisse proprio lì. Quando al paziente veniva chiesto di testare
i campioni privi di odore, mostrava la capacità di rivelarli sul lato sinistro ovvero la
parte che non era stata lesionata. Da qui si deduce che il percorso olfattivo di sinistra
appariva normale, la Dov’è il destro non era funzionante. La canzone cerebrale inoltre
ha rivelato attività nel percorso olfattivo di sinistra nell’amigdala, spesso coinvolta
nell’elaborazione superiore degli odori, come pure nel percorso destro fino alla
corteccia olfattiva ma non ne rilevò alcuna invece nella regione della corteccia
orbitofrontale danneggiata destra. Altri esperimenti su soggetti sani dotati di una
percezione olfattiva normale in entrambi le narici mostrarono una maggiore attività
nel percorso olfattivo di destra, avallando ulteriormente l'ipotesi di una lateralizzazione
a destra dell'elaborazione olfattiva. Un individuo può essere cieco rispetto a un odore,
eppure manifestare affidabili risposte inconsce ad esso rivolte.
Cap. XXVI L'odore e il sapore nell'evoluzione umana
Il sistema cerebrale umano del sapore ha giocato un ruolo importante nell’evoluzione
umana. Ci sono 5 prove: il catalogo generico, la competizione tra l’olfatto e la vista,
l’aumento delle dimensioni del cervello, gli adattamenti del sistema
muscoloscheletrico per la ricerca del cibo e il controllo del fuoco per lo sviluppo della
cucina umana.
Il catalogo genetico
I geni recettori olfattivi costituiscono la più grande famiglia nel genoma dei
mammiferi, che corrisponde al 2-5% del totale. Nel corso dell’evoluzione l’uomo ha
perso numerosi recettori sensoriali olfattivi ma questo è stato controbilanciato da una
forte espansione dei sistemi cerebrali finalizzati all’analisi delle immagini. Inoltre la
diminuzione del numero di geni recettori olfattivi durante l’evoluzione umana è stata
in qualche modo compensata dalle dimensioni del cervello.
La competizione tra l’olfatto e la vista
I primati fecero la loro comparsa circa 60 milioni di anni fa. Questi animali possiedono
una dentatura dalla quale possiamo dedurre che l’essere onnivori abbia costituito un
tipico adattamento di successo. Le caratteristiche del loro scheletro suggeriscono una
migliore capacità di maneggiare oggetti e una dipendenza dalla vista. Si ritiene che lo
spostamento in avanti degli occhi abbia portato a una riduzione del muso con una
conseguente diminuzione dei recettori sensoriali olfattivi. I cervelli più complessi,
dominati dalla neocorteccia in espansione, diedero loro la possibilità di pianificare al
meglio le attività legate alla ricerca del cibo. La vita tra gli alberi richiedeva quindi
anche una vista eccezionale, ecco spiegato il motivo per cui la maggioranza dei
primati ha grandi occhi che consentono una visione sia diurna che notturna. Secondo
l’autore fu proprio dal naso che scaturì una delle forze propulsive dell’evoluzione dei
primati: la competizione tra l'olfatto e la vista per il controllo della neocorteccia nel
loro comportamento.
Cervelli più grandi
La posizione eretta degli ominidi ha fornito loro un vantaggio nella ricerca delle fonti di
sostentamento. Queste creature erano onnivore, mangiavano foglie, verdure, fiori,
noci, piccoli vertebrati, insetti e frutta. La frutta era uno degli alimenti preferiti per via
della sua alta concentrazione di zuccheri. Da questo punto di vista si può riconoscere
che l’olfatto e il sapore hanno avuto un ruolo determinante come stimolo costante per
la ricerca del frutto prescelto, aiutando così a valutarne la maturazione e avendo
gratificazione nel suo consumo. Raggiungere la posizione eretta richiede tutta una
serie di delicati aggiustamenti del sistema muscolo scheletrico. La neocorteccia in
espansione forni il controllo motorio delle dita, le quali assieme alla vista acuta, gli
permisero di andare alla ricerca di altre fonti di sostentamento. La combinazione da
parte dei primi ominidi di frutta, semi, foglie e piccoli animali fu il primo passo verso la
cucina. Circa 2 milioni di anni fa apparve l’uomo Erectus caratterizzato da un corpo
massiccio e da un cervello più grande. L’alimentazione adesso includeva un gran
numero di grassi utili alla formazione della mielina necessaria per un cervello di
dimensioni maggiori.
Gli adattamenti muscoloscheletrici per l’acquisizione di cibi Saporiti
Si pensa che circa 2 milioni di anni fa alcuni esseri umani migrarono dall’Africa e in un
lasso di tempo brevissimo arrivarono fino all’Indonesia. Si ritiene che siano riusciti
nell’impresa perché facilitati non solo dalla posizione sempre più eretta e dal cervello
più grande, ma anche da alcuni cambiamenti scheletrici che sembrano riflettere
trattamenti mirati alla deambulazione e alla corsa sulle lunghe distanze. Ci si può
porre la domanda di cosa spinse i primi esseri umani a viaggiare verso la Cina. Alcuni
menzionano la curiosità umana di girovagare ed esplorare, mentre per altri potrebbe
anche essere il volere scoprire piante per aggiungere sapore alla loro dieta.
Fuoco, sapore e cucina
Un evento cruciale è la preparazione di cibi cotti. Secondo gli antropologi la cucina non
segna soltanto il passaggio dalla natura alla cultura, ma per merito suo la condizione
umana si definisce con tutti i suoi attributi. Cucinare è l essenza umana. L’uso del
Fuoco contemporaneamente all’aumento delle dimensioni del cervello caratterizza il
passaggio da homo erectus a Homo sapiens. La cucina è stata l’attività che più di ogni
altra ha dato forma alla società umana e il sapore è stato il collante che ha tenuto
assieme le società, intorno al pasto condiviso. Per organizzare tutte queste attività era
necessario scambiarsi delle informazioni. Sebbene non esista una testimonianza
diretta del primo uso del linguaggio, possiamo ipotizzare che sia strettamente
conness