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CHE COSA VERAMENTE VOGLIO?
a) Voglio quello che non esiste
L’esperienza etica mette l’individuo di fronte a sé steso. Prima di essa l’individuo non si accorge di
sé stesso. Una volta scoperto sé stesso, gli mette nell’animo l’esigenza della soluzione
dell’enigma: deve vivere tutta la vita, volere tutti i fini della vita, agire realizzando nell’azione e
componendo nell’azione tutti i fini della vita; ma tutto questo per arrivare a che? Nasce l’esigenza
di scoprire cosa veramente è questo voler vivere la vita, non come vorrei viverla, ma come devo
viverla. Voler vivere per creare il mondo umano non è lo scopo finale: è uno scopo che non mi
appaga. Voglio qualche cosa che mi appaghi.
L’esperienza etica mi mette nell’animo l’esigenza di vedere me stesso, di realizzare la vita. si
accorge che la sua volontà è veramente quello che l’esperienza etica dimostra, è veramente di
vivere tutta la vita che essa implica a porta con sé, come una libera espansione di tutti i fini e
attività della vita, un pieno appagamento nel quale vivere e godere sono un tutt’uno.
Vorrei vivere interamente la vita come godimento attuale, ma ogni momento di godimento è
insidiato da tutta la vita che in quel momento non realizzo, che rimane fuori dall’atto stesso. Vorrei
che questo godimento non fosse guastato dai mali e che sia quindi eterno. Gli uomini hanno
chiamato questa volontà con la parola “felicità”. Voler essere felici significa un perpetuo godimento
della vita. tutti vorrebbero questo. Le condizioni dell’esistenza costringono ognuno a un perpetuo
compromesso, ma questa volontà non si stanza di desiderare questa chimera.
In ogni atto di volontà c’è una volontà che non vuole le condizioni esistenti dell’esistenza; c’è una
volontà negativa che non vuole le condizioni dell’esperienza. Quali sono le condizioni
dell’esperienza? Perché la volontà le ripudia? Sono i limiti! Sono il non poter arrivare sino al fondo
della propria esistenza, del proprio atto: tutto quello che rende limitato, che dà un fine all’atto di
vita, l’essere una cosa e non un’altra, un’azione e poi un’altra; tutta la mutabilità e complicatezza
della vita, per cui esse sono e non sono, ci sono e non ci sono, il negativo in ogni cosa positiva e il
negativo che è in ogni positivo. La volontà non vuole il negativo della vita, vorrebbe tutta la vita
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positiva; vuole l’infinito -> idea positiva perché è l’affermazione della realtà senza il negativo, senza
limiti, senza fine, mutamento, complicazione.
La volontà vorrebbe la vita infinita. Ma questa non l’ha mai sperimentata, vorrebbe quindi
l’inesistente. Questo è il paradosso della volontà: la volontà nel suo profondo vuole proprio quello
che non esiste. b) da questa volontà nasce il mondo nuovo della storia
che cosa sono quei grandi interessi che fanno l’umanità della vita, quello per cui la vita vale la
pena di essere vissuta? Queste idee sono idee eterne che dirigono l’azione, e questo dirigere la
vita al vero, al bello, al giusto, non è se non il vedere le cose della via nel loro profondo significato,
come se fossero viste da un’intelligenza infinita, come se fossero una specie di vita eterna
sovrapposta alla vita presente. Queste grandi idee suscitano un’attività che è costruttiva del
mondo; nascono i vari mondi che formano tutti insieme il mondo umano della vita: il mondo
dell’utile, dell’arte, della scienza. Che cosa sono questi mondi? La volontà ha bisogno di
trasformare la sua esperienza, adeguandola a questa sua momentanea realtà: così attimi di vita
eccezionale diventano esperienze concrete.
c) e nasce la stessa esperienza etica
tra questi mondo che aprono al regno dell’azione prospettive di infinito, nasce il mondo
dell’esperienza etica. Il mondo etico non è altro alla fine che il tentativo di costruire una società
perfetta: una società che realizzi la sua unità, che viva tutta la sua vita in tutti i suoi fini e interessi
umani con perfetta coscienza dell’ordine interno e profondo di questi valori di vita. cos’è questo se
non un mondo di perfezione, libertà degli individui, coscienza dei doveri e dei diritti, piena adesione
di tutta la vita alla sua piena verità vincendo in ogni mento la paura, la debolezza, la superbia, la
volontà di male e di negazione dell’individuo.
L’individuo si è proposto di vincere quello che fa la sua natura e tentare di costruire un mondo in
cui le condizioni della sua natura sono vinte per necessità: al posto del mondo del contrasto, il
mondo dell’unità ecc. La caratteristica del mondo etico è il troppo alto, cioè l’ambizione per cui
l’individuo si è dato un programma la cui sostanza è una vita che ha per caratteristica la
perfezione, una vita ideale. La costruzione di questo mondo è utopistica, l’idea di Stato, diritto,
legge morale sono utopistiche. Perché pretende che gli individui, che non sono altro che passione,
si trasformino in esseri di concordia, di ragione, purezza.
Questa volontà dell’individuo non è altro che la volontà dell’individuo nel suo atto profondo, con cui
vuole la vita infinita, inserendo direzioni in contrasto con le condizioni esistenti. L’idea, valore,
giustizia, libertà, ragione sono tanti modi di esprimere questa vita infinita.
d) e nasce la incontentabilità della storia
è questa volontà che mette nelle realtà il germe della insofferenza degli assetti esistenti e il
principio delle rivoluzioni. Per quanto gli uomini ci provino non riusciranno mai a mutare la vita
nella sua fissità. La volontà dell’azione nella sua orientazione alla vita infinita non ha altra tendenza
che la società perfetta, e perciò va agitando la realtà per arrivare a questo suo fine, per adeguare
la realtà a questo suo oggetto infinito. Questo è il volere infinito e questo spiega il movimento della
storia verso l’impossibile. Spiega l’incanto di alcune parole che agiscono con efficacia sugli uomini:
giustizia, uguaglianza, libertà, abolizione della miseria. Non sono semplici parole, ma sono segni
che evocano nella profonda volontà dell’individuo il suo oggetto, il suo sogno, e lo tolgono dalle
sue condizioni, trascinandolo fuori dai suoi fini momentanei, e gli aprono la prospettiva di una vita
che è più alta della sua esperienza.
e) e nascono i significati dell’amore
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questa volontà di vita infinita è amore. C’è nella volontà con cui voglio questo profondo amore che
mantiene la sua sete e che si concreta in tutti quei sentimenti che si chiamano amore per l’altro,
l’amore dell’amante, amore della madre. In questi atti di amore c’è la volontà della vita piena,
dell’altro e di sé stesso, voler bene, volere il bene dell’altro e quindi di me stesso; e l’amo senza
termine: è proprio dell’amore questo rifiutare il tempo, questo non sparire, questo essere perfetto.
Dirigendosi alla profonda essenza della persona, l’amore è immortale come la persona.
Nell’atto di amore di una persona c’è la preparazione per la carità universale. Questa volontà della
vita felice si trova appagata nell’amore: l’amore è la felicità perché è proprio questa vita totalmente
vissuta nella sua totalità, il godimento nella piena espansione del proprio sentimento, la vita
scoperta nella sua essenza, la vita propria arricchita dell’altri, la vita che per quanto possibile ha
vinto i propri confini. Sono lampi fugaci che danno però la speranza all’anima di quello che vuole.
L’amore è una specie di promessa, un’anticipazione di quello che dalla vita la volontà vuole: forse il
premio della vita che spiega il perché dell’azione, della pazienza e della fatica che essa costa.
f) e nascono i significati della morte
questa volontà di vita si manifesta interamente nel sentimento che gli uomini hanno della morte.
Questa è un fatto naturale, il più naturale che ci sia, ma gli uomini hanno paura della morte. La
morte è la ferita più diretta a quella volontà di vita infinita che è l’essenza stessa della nostra vita.
Gli uomini considerano la morte come il massimo dei mali, le danno valore negativo. Continuano a
stupirsene, come se fosse una novità. Presala come un evento eccezionale ne fanno una
spiegazione non fisiologica, ma la spiegano come l’effetto di forze, di eventi misteriosi e non
naturali, vi trovano significati e valori.
Da una parte la morte è il fatto più semplice che ci sia, dall’altra gli uomini lo ritengono il fatto più
denso di significato che ci sia. L’esperienza che hanno della profonda esigenza di vita infinita è
così imperiosa che non solo rivela la morte come il fatto che è più in contrasto con l’essenza intima
della loro vita ma li porta non credere alla morte. Tutta la vita concreta è organizzata contro il
tempo, cioè non tiene conto della sparizione degli individui; l’individuo costruisce la realtà come se
lui non sparisse; lavoro, pianto l’albero che darà frutti che non vedrò mai. Gli uomini non fanno
altro che opere che non vedranno l’opera supera l’individuo: la volontà dell’individuo non tiene
conto dell’individuo.
Il testamento stesso è un fatto singolare perché gli uomini hanno la pretesa di far valere la loro
volontà dopo la morte, cioè dopo che la volontà non c’è più; e questa pretesa trova accoglimento
nella realtà: la mia volontà viene rispettata proprio ora che non c’è più.
Comte disse che i morti dominano i vivi; ed è così! L’opera supera l’individuo, nel senso che
l’individuo opera per una vita con una volontà che non tiene conto della morte ma che pretende di
essere rispettata anche dopo che essa sia sparita. L’individuo con la sua opera e nella sua opera
non crede alla morte: la vede, ne soffre, ma non ci crede.
g) e nasce il senso del mistero
Eppure tutte le condizioni della vita (come la morte) che non voglio ci sono: la volontà le vuole
superare; c’è un contrasto. E questo contrasto dà all’individuo il senso del mistero. Mistero è
qualcosa che c’è e la ragione non comprende questo