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PARTE 3: IL CULTO DELLA VITA
Ogni esperienza religiosa si esprime attraverso culti e riti. Lo scopo del libro è quello di
comprendere se tale ritualità è destinata a scomparire o se invece è richiesta dalla stessa novità
cristiana. Dato che i dati sono abbondanti e frammentati, l'autore si sofferma solo su alcuni passi
fondamentali e illuminanti per poter fare chiarezza. Nel NT troviamo due dati importanti: 1. I
cristiani utilizzano termini cultuali non per indicare luoghi di culto e cose/persone sacre ma solo in
riferimento a cose profane, giudaiche e pagane. Termini quali culto, celebrare il culto, sacrificio,
liturgia, offerta applicati agli israeliti indicano il culto, applicati a Cristo indicano la sua esistenza e il
suo sacrificio, applicati ai cristiani non indicano mai il servizio liturgico. 2. Nel NT sono presenti
tratti che possiamo chiamare liturgici, rituali, celebrativi: i cristiani non hanno luoghi fissi di culto ma
si raccolgono nelle case: qui svolgono una loro assemblea che comprende vari elementi come la
cena fraterna, la frazione del pane, esortazioni, insegnamenti, canti, inni, confessione di fede. Gli
Atti ci dicono che la comunità si riuniva tutti i giorno ma più tardi altri testi affermano che si
riunivano il “primo giorno della settimana” o “giorno del Signore”. Vengono anche usate formule
fisse: amen, alleluia, osanna. Il nuovo testamento ci offre due dati: da una parte il superamento
delle forme rituali e dall’altra la presenza di una prassi liturgica non priva di tratti rituali. IL
COMPORTAMENTO E IL GIUDIZIO DI GESU’ NEI CONFRONTI DELLA RITUALITA’: si può
parlare di un atteggiamento di dipendenza e insieme di libertà, dunque apparentemente
contraddittorio. Gesù frequentava la sinagoga e il tempio e si recava a Gerusalemme per le feste
anche se non si dice mai che prese parte a sacrifici o a veri e propri atti di culto. È comunque
chiaro che egli ha polemizzato con il culto e ha infranto su molti punti l’ordinamento cultuale:
riconosce l’offerta all’altare ed esige che sia compiuta ma allo stesso tempo afferma che c’è
qualcosa di più importante dell’offerta e cioè la riconciliazione con il fratello, rivendica la libertà nei
confronti del sabato dicendo che “il sabato è per l’uomo e non il contrario” e supera le prescrizioni
rituali circa il puro e l’impuro dicendo che il puro e l’impuro sono dentro l’uomo, non fuori, mangia
con pubblicani, peccatori e reietti per dimostrare che la comunione con Dio è aperta a tutti.
Possiamo quindi concludere che Gesù ha combattuto l’ipocrisia cultuale, attirando con forza
l’attenzione sulla vita e sull’uomo; tuttavia egli ha manifestato anche una precisa concezione di Dio
e dell’onore a Lui dovuto. Infatti se pensiamo all’ultima cena, egli non ha esitato a caricare di
significato simbolico i gesti di benedizione e comunione del pane e del vino, gesti che facevano
parte di una ritualità.
IL CULTO SPIRITUALE
Il culto spirituale trova radice e caratteristiche nello specifico cristiano. Soffermiamoci su quattro
passi:
1. LETTERA AI ROMANI: in essa Paolo si rivolge ai lettori in prima persona, esortandoli, per la
misericordia di Dio, ad offrire i loro corpi come sacrificio vivente, santo, gradito a Dio, quale loro
culto razionale. Inoltre li invita a non uniformarsi a questo mondo e a rifiutare l'idolatria, che è la
fondamentale perversione dell'esistenza umana, il culto falso. Paolo, come le religioni tradizionali,
vede nel "sacrificio" il nucleo portante del rapporto con Dio. Tutto però in lui è rinnovato: il culto
rimane ma non è uno strumento per placare Dio e attirare la sua amicizia, bensì è risposta a una
misericordia già donata. Il vocabolario e le espressioni utilizzate da Paolo sono chiaramente
cultuali: sacrificio, santo, gradito, culto. Il sacrificio di cui parla Paolo è triplice: vivente (non le cose,
ma la vita), santo, gradito a Dio. L'espressione "offrire i nostri corpi" è molto significativa: bisogna
offrire i corpi, cioè tutta la persona. Il culto razionale è la non conformazione al mondo e la
trasformazione della mente. L'apostolo chiama razionale il culto che si attua là dove la potenza
della Misericordia divina è giunta. Si tratta di un culto che coinvolge l'uomo intero e attraverso
l'uomo intero il mondo.
2. PIETRO: il passo analizzato fa parte di un contesto battesimale che richiede un cambiamento di
vita. I battezzati sono paragonati a neonati ("come bimbi appena nati bramate il latte razionale,
genuino). Per Pietro il latte è il Vangelo annunziato. Pietro invita ad aderire a Cristo, ad avvicinarsi
a Lui. Il Cristo a cui ci si avvicina è il Cristo innalzato e glorificato, crocifisso e risorto ("Pietra
scartata dagli uomini, ma squisitamente preziosa per Dio"). L'adesione a Cristo non è solo
un'adesione alla sua persona ma anche alla Croce. Aderendo a Cristo, pietra viva, i credenti sono
trasformati in "pietre viventi", pietre vive che edificano un tempio "spirituale", cioè un tempio fatto di
uomini, persone che vivono in modo nuovo e un tempio in cui offrono sacrifici spirituale (sacrifici
dal di dentro). Il termine spirituale ricorda anche lo Spirito: la nuova abitazione divina è costruita
dallo Spirito, attivo nella risurrezione di Cristo.
3. GIOVANNI: "ma viene l'ora, ed è adesso, in cui gli autentici adoratori adoreranno il Padre in
spirito e verità. Dio è spirito ed è necessario che i suoi adoratori lo adorino in spirito e verità".
Adorare Dio in spirito e verità significa adorare Dio nel Cristo verità, sotto l'illuminazione e
l'ispirazione dello Spirito di verità. Una donna samaritana chiede? Qual è il vero luogo dell'incontro
con Dio? Il vero luogo non è più uno spazio materiale (gli antichi luoghi di culto hanno perso
significato) ma è uno spazio spirituale.
4. LA LETTERA AGLI EBREI: caratterizzata da un forte interesse liturgico, ha il grande merito di
radicare il culto spirituale nella persona e nell'esistenza di Gesù. Il libro analizza tre passi della
lettera: 1 PASSO: Abbiamo una contrapposizione con il culto antico ("mentre ogni sacerdote si
presenta ogni giorno per compiere il servizio Liturgico e offrire più volte le stesse vittime, che non
possono togliere i peccati, egli invece ha offerto una sola vittima per i peccati e con una sola
offerta ha reso perfetti in eterno i santificati") che nell'esistenza storica di Gesù è compiuto e
superato, viene sottolineato che l'esistenza storica e concreta dei cristiani prolunga il culto insito
nell'esistenza di Gesù, parlando di Gesù l'autore intreccia riferimenti storici (il sangue, la carne) a
motivi cultuali, viene detto che culto è la vita, una vita legata al battesimo ("lavato il corpo con
acqua pura") e scandita dagli incontri assembleari. 2 PASSO: è un invito a separarsi con decisione
dalla comunità cultuale giudaica, dalle sue idee e dalle sue forme religiose di vita ("usciamo fuori
dall'accampamento per andare incontro a Lui, per mezzo di Lui offriamo a Dio un continuo
sacrificio di lode. Non dimenticate poi la beneficienza e la comunione"). 3 PASSO: questo passo è
costruito su due coordinate: la prima è il parallelismo tra il sacrificio antico e il sacrificio di Cristo
(diversamente da quanto avveniva nel culto antico, Gesù offrì se stesso. L'identità tra offerente e
vittima è una realtà nuova. L'offerta sacrificale di Gesù per i suoi non avviene in un rito ma
attraverso la morte per la risurrezione). La seconda coordinata è il parallelismo tra il culto di Cristo
e quello dei cristiani: il culto di Cristo non è solo il modello di quello cristiano, ma è anche la causa,
ciò che lo rende possibile. CONCLUSIONE SUI TRE PASSI: gli elementi fissi che compaiono sono
il richiamo al battesimo, al comandamento dell'amore e all'impegno nella vita, la prospettiva
escatologica, polemica nei confronti del culto antico. Questi passi spostano l'accento dalla ritualità
alla vita, all'esistenza. Tuttavia non escludono affatto i gesti rituali. La teologia che sta dietro
questo culto spirituale è racchiusa in due convinzioni: la comunità e ogni cristiano sono tempio di
Dio e corpo di Cristo, la comunità e il cristiano sono il luogo della presenza di Cristo.
LA CENA DEL SIGNORE: i due gesti eucaristici di Gesù, il gesto del pane e del vino, fanno parte
di un quadro rituale già esistente: la benedizione prima del pasto (con il pane) e alla fine (con la
coppa). Utilizza dunque gesti significativi e ripetibili, e come tali rituali. Gesù raccoglie la sua intera
esistenza nel pane e nel vino e nella sua esistenza l’intera storia della salvezza. Ora può
consegnarla ai discepoli perché raccolta in gesti simbolici e ripetibili dicendo: “Fate questo in
memoria di me”. Sono molto importanti le coordinate temporali: la memoria (fate questo in
memoria di me) si radica in un evento del passato (la notte in cui fu consegnato) e si distende fino
alla venuta del Signore (finché egli non venga). Così come il Cristo ha raccolto la sua esistenza (il
vero culto) nei segni, così l’esistenza umana (il culto spirituale) si raccoglie in momenti/segno, che
separano dal quotidiano per celebrare il grande evento che dà senso al quotidiano.
LA CELEBRAZIONE DELL’EUCARESTIA
L’ultima cena è un passo fondamentale sia per i discepoli sia per tutta la tradizione cristiana. Le
comunità hanno commentato, ricordato, celebrato quel gesto e in esso hanno scorto una
rivelazione del gesto di Dio e una rivelazione del progetto ecclesiale. Nel libro innanzitutto vengono
descritti gli elementi comuni alle diverse tradizioni. Essi sono 5:
- 1. Le parole e i gesti (il pane spezzato, il vino rosso, il pane e il vino distribuiti) di Gesù;
- 2. Le parole sul pane e sul vino si riferiscono a un triplice sfondo comune: le parole sul
calice (“Mosè prese il sangue, ne asperse il popolo e disse: Ecco, questo è il sangue del
patto.”) si riferiscono alla alleanza antica, le parole che seguono (“versato per le
moltitudini”) si riferiscono al fatto che il servo di Dio dona la sua vita per i molti che lo
rifiutano e infine, il pane spezzato e il sangue versato prefigurano la Croce;
- 3. Il gesto eucaristico è legato e ricordato all’abbandono e al tradimento: Marco per
esempio pone il gesto eucaristico tra il tradimento di Giuda e la profezia dell’abbandono dei
discepoli e di Pietro;
- 4. Il quarto elemento c