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I FONDAMENTI BIBLICI DEL PENSIERO SOCIALE CRISTIANO
1. Per un approccio alla Sacra Scrittura: la rilevazione biblica ha una rilevazione sociale in quanto
propone un messaggio da vivere nell’esistenza quotidiana.
La Bibbia non contiene un’esplicita dottrina sulla società, ma varie visioni, legate alla
Ø cultura e al momento storico-savifico vissuto dai diversi autori.
Intorno ai temi socio-politici è necessario operare un’interpretazione del quadro socio-
Ø culturale che ha veicolato la Rilevazione.
Ogni pagina della bibbia, per essere correttamente compresa, va riferita a Cristo: nella sua
Ø umanità si manifesta il senso della vita sociale umana.
La Bibbia non dice come la società debba essere strutturata, con quali istituzioni e
Ø modalità, ma offre la possibilità di sottoporre a verifica ogni società esistente mettendo in
evidenza i limiti e le condizioni per intraprendere un corretto cammino di realizzazione.
2. Fede e società nell’Antico Testamento: l’esperienza storico-salvifica del popolo d’Israele consta di
tre principali momenti: l’Esodo-Alleanza con l’evento salvifico del popolo di Dio; la predicazione
profetica che corrisponde al periodo dell’istituzione monarchica e della sua organizzazione sociale;
la riflessione sapienziale espressione della fede del popolo di Dio messa a confronto con la sapienza
universalmente diffusa.
2.1 Le istituzioni storico-salvifiche: Alleanza e Legge: le istituzioni fondamentali del popolo di Dio
presentano un’immediata valenza regolatrice e interpretativa della vita civile e dei rapporti
sociali in forza della compenetrazione tra aspetti religiosi, sociali, etnici d’Israele.
2.1.1. L’Esodo-Alleanza: la libertà politica d’Israele ( dalla schiavitù faraonica) coincide con la
salvezza-redenzione suscitata dalla fede: solo un popolo libero può celebrare il vero culto,
mentre quello schiavo cade nell’idolatria delle divinità dei vincitori. In questo quadro si
struttura la prima fondamentale istituzione: l’Alleanza. Essa significa, in primo luogo, che
l’unità, la pace, la libertà, non sono traguardi raggiungibili dall’impegno del solo uomo, ma in
virtù dell’intervento gratuito di Dio. In secondo luogo, l’Alleanza contribuisce all’identità del
popolo d’Israele che si percepisce come unitario: unitariamente si tiene fedele a Dio e,
altrettanto unitariamente, si mostra infedele.
2.1.2. La Legge: la Legge rappresenta un’istruzione, una guida che indica la giusta direzione.
Senza di essa, l’uomo perderebbe non solo la meta ma il senso stesso del suo camminare. Per
questo la Legge è dono. Essa non vale come criterio del bene e del male, lascia che sia Dio ad
indicare la via della promessa che conduce alla comunione con Lui e l’altro. Il Decalogo
contiene dieci grandi parole che riguardano tre aree della vita: il rapporto con Dio, la vita
personale e quella relazionale. Esso richiede all’uomo il rispetto di tutti i principi nella loro
unitarietà: la trasgressione di uno solo di essi inficia tutti gli altri. Le Legge, per il suo carattere
unitario, suscita una dimensione comunitaria. Oltre la Decalogo, nell’A.T. sono presenti una
serie di raccolte legislative. Il Codice dell’Alleanza, il Codice Deuteronomico, il Codice di Santità
che hanno la funzione di normare le situazione di natura morale, giuridica e cultuale. Se il
diritto romano ha una natura oggettivistica pensata per una società idealmente giusta, quello
d’Israele, invece, è pensato per una società storicamente esistente nella quale, a prevalere , è
più l’ingiustizia che la giustizia.
2.2 . Il giudizio profetico: l’appello all’impegno etico: durante l’Esodo, il popolo d’Israele fa
esperienza di infedeltà al suo Dio e prende coscienza di come, disobbedire a Dio significhi
coinvolgere se stessi e l’altro nella logica del peccato e del male. L’impegno etico del popolo
d’Israele sarà sviluppato dalla predicazione dei profeti. La profezia non ripropone la “via da
seguire” , perché la Legge è data una volta per sempre, ma elabora un giudizio storico sulle
conseguenze provocate dall’infedeltà. La correzione del comportamento del popolo
rappresenta il punto del cammino da cui ripartire.
2.2.1. La critica all’istituzione monarchica: All’inizio Israele non ha un re perché solo a dio viene
riconosciuta la sovranità. Il popolo è diviso in tribù guidate da Giudici. La prima istituzione
monarchica risale al 1000 a.C. (regno di Saul, poi Davide e, infine, Salomone). Esso è fragile e si
divide in: regno d’Israele e regno di Giuda. Il primo finirà sotto gli Assiri e il secondo sotto i
Babilonesi. Il giudizio profetico sulla monarchia è critico perché la monarchia sarebbe stata la
risposta allo stato di insubordinazione a Dio e per l’abuso di potere da parte dei re che avrebbe
generato discriminazioni all’interno di un popolo che per natura deve rimanere unito no diviso.
2.2.2. L’impegno etico in ambito sociale ed economico: il giudizio del profeta Isaia è rivolto
all’esteriorità-formalismo di Israele attraverso il celebre “Cantico della vigna”: dopo il “fare” del
tutto gratuito che Dio ha donato al suo popolo(la vigna), Egli si attende un “fare” che
corrisponda al suo dono: produrre uva. Ma il popolo non corrisponde alle attese del suo Dio e
produce uva selvatica, un frutto immangiabile. Israele è la vigna di Dio che avrebbe dovuto
produrre “giustizia” e, invece, ha prodotto “spargimento di sangue”; avrebbe dovuto realizzare
“rettitudine” e ha generato “grida di oppressi”. Il profeta Amos, nell’ambito della vita
economica, attacca la società opulenta e immorale che opprime il povero e gli indifesi. La critica
dei profeti è rivolta alle istituzioni sociali che se non gestite per il bene comune, divengono
strumenti di iniquità e ingiustizia piuttosto che realtà salvifiche.
2.3 La vita sociale nella tradizione sapienziale : la sapienza di un popolo tenta di “dare un
ordine” all’esistenza, di scegliere il bene e il male.
2.3.1.Il senso e il limiti della società umana: Il disegno originario. Nei primi libri della Genesi
sono individuabili i momenti che riguardano il piano originario divino e la situazione storica
dell’umanità. L’essere umano è creato all’interno di un contesto (l’ambiente e la comunità
umana): nella relazione sponsale, l’uomo e la donna, realizzano il loro essere immagine di Dio.
Nell’esperienza di comunione, l’uomo e la donna sperimentano la loro diversità-uguaglianza
che sta alla base di una relazionalità autentica: il riconoscimento dell’altro come “uno simile a
me” ma irriducibilmente “altro da me”. La condizione storica. L’armonia tra l’uomo e Dio viene
interrotta dal peccato che getta l’umanità nella storia. Da questo momento i rapporti saranno
segnati dalla conflittualità che cresce con il progresso e con il potere. Chi domina è il più forte
che, in genere, è più violento e ingiusto. L’alleanza con Noè e poi con Abramo, esprime la
volontà di Dio a riconciliarsi con il suo popolo. Al contrario, il tentativo salvifico dell’esperienza
politica di Babele si traduce in fallimento storico. L’autentica città dell’uomo nasce non dalla
somma degli sforzi (anche se ben intenzionati) di una civiltà ma dall’accoglienza della verità che
segni il comune cammino.
2.3.2.L’ambiguità della ricchezza: nella tradizione vetero-testamentaria, la ricchezza è vista, da
un lato, come benedizione,fonte di benessere, sicurezza, possibilità di movimento; dall’altro,
come tentazione, fonte d’ingiustizia e oppressione, perdita del senso religioso. Il principio è che
i beni della terra sono affidati a tutti i membri del popolo, la loro proprietà privata è
riconosciuta ma non assolutizzata avendo come limite le necessità primarie del povero.
3. VANGELO DEL REGNO E SOCIETA’ NEL NUOVO TESTAMENTO: se la tradizione cattolica,
legata alla teologia scolastica, tende a coniugare la giustizia del Vangelo con quella sociale, la
tradizione protestante, invece, le tiene separate.
3.1. Il messaggio sociale di Gesù: il contesto storico in cui si inquadra la figura di Gesù è segnato
dalla dominazione romana che è in genere tollerante. Se i farisei sono più fedeli
all’insegnamento di Gesù, i sadducei rappresentano la classe con maggiori interessi economici e
politici da difendere e hanno una posizione più compromessa con il potere romano. Vi sono,
poi, gli esseni , una corrente radicale che predica la separazione dal mondo. Le tre correnti
hanno in comune una visione teocratica del governo del popolo di Dio.
I comportamenti di Gesù. Gesù non ha un atteggiamento di rifiuto del quadro sociale esistente.
Egli lo accetta perché presenza critica all’interno di un contesto concreto. Ciò che Gesù rifiuta è
che la propria autorità spirituale sia identificata con l’autorità politica e sociale.
3.1.1.La “Legge nuova”. Gli insegnamenti di Gesù poggiano su due categorie: superamento e
compimento. Egli rilegge, approfondisce e reinterpreta la Legge (Discorso della Montagna)
senza contraddirla. Il suo intento non è riformare la legge ma suscitare la conversione al Regno.
Il criterio di ammissione nel Regno non è la conformità alle norme, a un modello astratto, ma
all’effettiva testimonianza offerta da Cristo: fare al povero è fare a Dio, negare al povero è
negare a Dio.
3.1.2.Il giudizio su povertà e giustizia.
L’atteggiamento di Gesù: Gesù non soccombe alle tentazioni, frequenta i poveri per difenderli e
privilegiarli ma incontra anche i ricchi di beni, cultura e autorità in quanto persone e, come tali,
ugualmente amati da Dio.
Gli insegnamenti sui beni materiali: i beni materiali riguardano il rapporto tra ricchezza e
salvezza eterna. Se da un lato Gesù riconosce la bontà delle cose create da Dio, dall’altro
sottolinea come l’attaccamento alle cose materiali costituisce un ostacolo al Regno di Dio. Il
possesso di molti beni induce all’asservimento ad essi. I beni materiali riguarda non solo la
salvezza ma anche la qualità dell’esistenza quotidiana dell’uomo. Il termine utilizzato al
riguardo, è “affanno” che allude non solo al lavoro in sé all’angoscia, all’ag