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- ABILITÀ DELL’AZIENDA DI SFRUTTARE IL MERCATO

Ingresso graduale Ingresso rapido

+

POTENZIALE DI MERCATO - Osservazione Ingresso opportunistico

- Con quali prodotti/servizi internazionalizzarsi?

L’azienda può espandersi all’estero con l’intero portafoglio di prodotti o, come è più

conveniente, con una selezione di poche categorie o tipologie di prodotti. Infatti, è

consigliabile iniziare concentrando sforzi e attenzioni su pochi prodotti, poiché prima di

sviluppare le competenze necessarie per operare all’estero l’azienda corre già rischi elevati.

- Quali adattamenti del sistema di offerta sono necessari per internazionalizzarsi?

La valutazione si basa su un’analisi qualitativa del mercato target, delle caratteristiche della

domanda, dell’offerta e dei sistemi distributivi presenti. Il risultato potrebbe essere che

risulti necessario cambiare il sistema di prodotto o il modo di presentarlo al mercato:

il nome, il logo, gli attributi dell’equity nella percezione e valutazione dei nuovi clienti, le

caratteristiche fisiche e funzionali del prodotto, gli elementi accessori, servizi e garanzie.

Gupta e Govindarajan suggeriscono di adottare strategie differenti a seconda del grado di

adattamento richiesto al sistema di offerta e dei ritorni attesi dall’internazionalizzazione:

Ritorno atteso dalla globalizzazione

Basso Alto

Prodotto

Basso Prodotto molto attrattivo

Grado di moderatamente attrattivo

adattamento Prodotto

locale Alto Prodotto non attrattivo moderatamente attrattivo

- Come internazionalizzarsi?

Una volta individuato il paese e definito il sistema di offerta di offerta, è necessario

determinare la modalità con cui assicurare la presenza dei propri prodotti e dell’azienda.

Le alternative si differenziano in base a due fattori:

- il grado di coinvolgimento aziendale;

- il livello di controllo che si intende avere sul mercato.

La relazione prevede che maggiore è il coinvolgimento dell’azienda, maggiore è la quantità di

risorse finanziarie, operative e manageriali che dovrà essere impiegata, così come maggiore

è il livello di rischio, inversamente proporzionale al grado di reversibilità della scelta.

Root suggerisce di selezionale la modalità di entrata e la modalità di presenza su un mercato

estero in base a sei fattori, i primi due relativi all’azienda e gli altri quattro relativi al mercato:

- le caratteristiche del prodotto;

- il vantaggio competitivo dell’impresa;

- le caratteristiche del mercato target;

- le caratteristiche del paese target;

- le caratteristiche dei fattori produttivi nel paese target;

- le caratteristiche del mercato domestico.

Da una parte l’analisi PEST evidenzia la possibilità di integrare alcune attività dell’impresa,

dall’altra parte, l’analisi CAGE ricorda però che tutti i paesi hanno delle differenze. A partire

dal confronto tra le due analisi, è possibile distinguere quattro diverse situazioni sulla base di

due dimensioni, cioè il grado di integrazione globale delle attività (aggregazione) e il grado di

adattamento delle strategie di prodotto, prezzo, promozione e distribuzione (adattamento):

È possibile distinguere varie tipologie di internazionalizzazione:

La differenza tra modalità equity e modalità non-equity sta nel fatto che nel primo caso le

parti costituiscono una nuova società al cui capitale partecipano entrambe, mentre nel

secondo caso le parti formalizzano l’accordo mediante contratto, come ad esempio negli

accordi di licensing o franchising, nelle alleanze strategiche ed in altri tipi di contratti.

- licensing, contratto con cui il licenziante (licensor) accorda al licenziatario (licensee) il

diritto di utilizzare un brevetto, un marchio, un certo know-how o un elemento

fondamentale per la produzione o la commercializzazione di un prodotto/servizio;

- franchising, contratto con cui un'azienda concede dietro pagamento il diritto di

commercializzare i suoi prodotti/servizi usando il suo nome o marchio;

- alleanze (alleanze strategiche non-equity), relazioni contrattuali firmate da due o più

imprese per mettere in comune le proprie risorse e competenze;

- altri contratti, come ad esempio contratti di co-produzione o co-distribuzione.

Inoltre, tra le modalità non-equity rientrano anche le esportazioni, distinte in:

- esportazioni dirette, per cui l’azienda continua ad avere la sua base produttiva in un

solo paese o in pochi paesi ma contemporaneamente cerca di prendere contatti con i

potenziali compratori sui mercati esteri, senza una presenza continuativa;

- esportazioni indirette, per cui l’azienda esporta tramite intermediari, attraverso reti

di distribuzione di altre imprese oppure lasciando al compratore l’iniziativa di

acquistare ed esportare verso un altro mercato.

Per quanto riguarda, invece, le modalità equity, si hanno:

- joint venture, accordo tra aziende per realizzare un determinato progetto, in tempi

limitati, con divisione dei rischi e degli utili;

- acquisizioni, l’assunzione del controllo di un'altra, mediante l'acquisto della proprietà

dell'impresa o del pacchetto azionario di controllo;

- greenfield (greenfield venture strategies), strategia di ingresso in un mercato estero

che prevede la costruzione della struttura a partire da zero;

- brownfield (brownfield venture strategies), strategia di ingresso in un mercato estero

che prevede l’acquisto di strutture inattive o utilizzate precedentemente da altri.

3.3. La crescita in nuove aree di business

3.3.1. L’integrazione verticale

L’integrazione verticale è l’internalizzazione in un’azienda di una serie di attività verticalmente

correlate, siano esse in sequenza stretta o meno. Esistono due tipi di integrazione verticale:

- Integrazione verticale a monte, se nella catena del valore l’attività internalizzata precede sul

piano operativo le attività tipiche dell’impresa, la quale inizia così a svolgere fasi della filiera

produttiva che in precedenza venivano volte dai suoi fornitori.

Ad esempio, un’azienda che produce abbigliamento decide di allevare pecore da lana;

invece, le aziende retail che commercializzano prodotti private label senza né concepirli né

produrli ma delegando aziende terze non costituiscono delle integrazioni a monte.

- Integrazione verticale a valle, se nella catena del valore l’attività internalizzata segue sul

piano operativo le attività tipiche dell’impresa, la quale inizia così a svolgere fasi della filiera

produttiva che in precedenza venivano svolte dai suoi clienti.

Ad esempio, un’azienda che produce tessuti decide di confezionare e vendere maglioni;

invece, le aziende di produzione che operano con unità commerciali affidate a terzi per

effetto di accordi commerciali non costituiscono delle integrazioni verticali a valle.

Il grado di integrazione verticale è determinato dal numero di fasi della filiera produttiva che

vengono svolte internamente all’azienda ed influenza la dimensione del suo ambito competitivo.

La scelta di integrazione verticale assume particolare rilevanza quando dà luogo a ricavi che in

precedenza l’azienda non conseguiva.

I presupposti logici dell’integrazione verticale sono due:

- i risparmi di costo generati dall’integrazione fisica dei processi;

- la ricerca di un maggior grado di controllo sulle attività.

In linea generale, è preferibile l’internalizzazione quando è più efficiente svolgere internamente

l’attività (gerarchia), mentre è preferibile l’esternalizzazione quando è più efficiente far svolgere

l’attività a terzi da cui approvvigionarsi (mercato).

La scelta di “make or buy”, quindi, deriva dal confronto tra costi e benefici delle singole opzioni;

di seguito lo schema proposto da Montgomery, Invernizzi e Molteni ed altre considerazioni.

Nella realtà, le aziende definiscono il grado di integrazione verticale sulla base di tre considerazioni:

- il confronto tra costi di gestione interna di un’attività o di un business e quelli di mercato;

- le risorse e competenze disponibili o attivabili, sapendo che il sistema economico moderno e

globalizzato è sempre più caratterizzato per la specializzazione delle attività e delle imprese;

- le opportunità strategiche che consentono di acquisire vantaggi competitivi solidi e duraturi.

Ad esempio, Zara è un’azienda campione di integrazione verticale. La catena di abbigliamento ha

internalizzato stilisti che progettano i modelli, specialisti di mercato che intercettano le tendenze, ed

acquirenti che pianificano la produzione interna e gestiscono gli ordini di fornitura, e in questo modo

riesce a reagire alle mutevoli preferenze dei clienti molto più velocemente rispetto ai concorrenti:

infatti, in meno di due settimane si passa dalla fase di ideazione a quella di distribuzione.

All’inizio si producono pochi esemplari di ciascun modello, dopodiché si registrano le reazioni della

clientela e, infine, si adegua la produzione di conseguenza.

La rapidità del modello di business di Zara ha modificato anche il comportamento di acquisto dei

clienti, i quali così visitano più spesso il negozio e prendono le decisioni di acquisto più velocemente

(rispettivamente perché si aspettano nuovi modelli e perché temono di non ritrovare il modello).

3.3.2. La diversificazione

La diversificazione è una delle direttrici di crescita più seguite, nonostante sia una delle più rischiose.

Un’azienda realizza una crescita diversificata quando decide di estendere le proprie combinazioni

economiche, determinando così l’ingresso in nuove aree strategiche di affari (ASA) o combinazioni

economiche parziali. In generale, quindi, un’azienda si può dire diversificata se i suoi prodotti sono

differenti e appartengono a mercati separati, mentre, più nel dettaglio, un’azienda è diversificata

quando l’elasticità incrociata della domanda è bassa e, almeno nel breve periodo, le risorse utilizzate

nella produzione e nella distribuzione non possono essere trasferite da un prodotto all’altro.

La diversificazione, attraverso una crescita del fatturato per effetto di nuovi volumi di vendita e ricavi

generati dal servire bisogni differenti, crea valore economico quando il potenziale sinergico atteso

dalla diversificazione supera i costi della diversificazione stessa; quindi, la diversificazione è valida

quando il valore complessivo dell’azienda diversificata è superiore alla somma del valore delle parti

considerate separatamente (il differenziale costituisce il cosi

Dettagli
A.A. 2019-2020
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SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/08 Economia e gestione delle imprese

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Michele Leskaj di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Strategic management e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Libera Università di Lingue e Comunicazione (IULM) o del prof Bruni Massimiliano.