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Vieux Colombier, sia nell’attore su una piattaforma in mezzo al pubblico con i Copiaus,
sia nello spazio costruito degli spettacoli en plein air o in quello essenzializzato delle
letture. Il suo teatro è sostanzialmente il rifiuto dell’adeguarsi alle richieste della
società, che cerca di riposarsi, di andare alle origini dello spazio teatrale e di
recuperare una tradizione.
4. Grotowski e lo spazio di relazione
Lo spazio scenico come modalità drammaturgica diventa un dispositivo che struttura
la relazione sulla scena e, attraverso la scena, con gli spettatori, configurando così uno
spazio del teatro. È questo il filo rosso che attraversa le ricerche degli uomini di teatro
intorno allo spazio nel nostro secolo e che possiamo ritrovare nel teatro della crudeltà
di Artaud e quello epico di Brecht. L'istanza di Artaud è di organizzare i mezzi teatrali
nel teatro come segni e di restituire valenza metafisica al linguaggio, ai gesti, ai
movimenti, ai suoni, alla scenografia. Nelle sue realizzazioni lo spazio scenico e si
drammaturgicamente attivo, ma all'interno di un tradizionale spazio del teatro, anche
se andando avanti egli sviluppa molti spettacoli in spazi teatrali enormi, ma anonimi,
progettando uno spazio unitario della scena e della sala con gli spettatori al centro sul
poltrone girevoli e la scena circolare tutti intorno su diversi livelli, in un ambiente
delimitato da quattro pareti nude imbiancate a calce. Anche Brecht realizza le sue
opere in spazi tradizionali del teatro, ma se ne serve come strumento per contraddirli,
a cominciare dal non nascondere con le scene il palcoscenico, esibendo nelle luci, i
meccanismi, la artificialità per creare tensioni. Il suo ambiente scenico è polivalente,
composto di strutture leggere modificabili nel corso dell'azione e gli oggetti funzionali,
con strutture tecniche semplificate. Il principio del suo scenografo, Neher, era quello di
non predeterminare una scenografia ma allestirla durante le prove degli attori, per
costruire relazione dialettica tra scena e attore e contribuire a fondare una relazione
attore e spettatore che trasformi il teatro in un centro di esperienze. Brecht non cerca
tanto una forma dello spazio scenico e tantomeno dello spazio del teatro quanto
piuttosto un cambiamento dei modi produttivi nel rapporto tra diversi artisti del fare
teatro e tra questi gli spettatori. In questa direzione troviamo Grotowski che
sperimentò fino all'estremo. Il nodo essenziale generatore del teatro è la relazione
attore-spettatore, il luogo scenico può essere solo il medium cinetico per l'attore, con
costumi e oggetti necessari e lo spazio del teatro non può essere altro che
un’organizzazione dello spazio capace di orientare, rispetto alla drammaturgia
dell'evento, i due gruppi che lo rendono possibile, gli attori e gli spettatori. Lo spazio
non diviso in sala e scena è quindi unitario e consente che lo spazio del teatro venga
determinato per ogni nuovo evento rappresentativo insieme alla regia, alla
drammaturgia complessiva che governa l'azione degli attori, dagli accessori che
usano, tra cui anche la luce e la musica e la dislocazione degli spettatori. Il teatro
cosiddetto povero, riconquista la relazione attore-spettatore come fondamento e
desidera uno spazio semplice tutto da organizzare, ottenendo così una libertà e una
ricchezza di possibilità ben oltre i condizionamenti dello spazio teatrale. Grotowski in
ogni spettacolo crea una forma diversa e un’organizzazione dello spazio organica e
precisa, drammaturgicamente attiva, fin da quando, nel 1959 a Opole, fonda il teatro
delle 13 file, una piccola sala con un palco e 13 file di sedie. Nei primi spettacoli il
palco e la platea restano e gli spettatori sono spettatori, ma la vicinanza fisica alla
scena e all'attore è già una alterazione delle abitudini, e la ricerca è sulla scena che
progressivamente invade la sala. Nel 1960, inizia la collaborazione con l'architetto
Jerzy Gurawski: entrambi cercano uno spazio che nasca dal dramma e sia quindi
specifico, in cui anche gli spettatori siano messi in scena nello spazio degli attori, o
meglio sia messa in scena la loro relazione, per ottenere un’unitaria composizione
drammaturgica. L'organizzazione dello spazio è strutturale alla messa in scena del
dramma, attori e spettatori si collocano nell'ambiente speciale del dramma e
l'ambiente, come le luci o i suoni, i costumi e gli oggetti, determina il senso dell'evento
in cui tutti, nella sala, sono partecipi. Un esempio lo troviamo con lo spettacolo
Akropolis, del 1962, che si svolge in un campo di concentramento, dove gli spettatori
sono i sopravvissuti e gli attori sono i morti. Il teatro di Grotowski è ormai un teatro
totale incentrato sull'attore, e lo spazio del teatro è ormai non più una
sperimentazione di spazi rappresentativi ma ambiente di esperienza. Non c'è più
scena e platea, non c'è scenografia, c'è la più radicale situazione di uno spazio
organizzato perché gli spettatori facciano l'esperienza di un evento insieme agli attori,
attraverso le posizioni reciproche, i suoni, i movimenti, la luce, i personaggi. Dal 1965
Grotowski e il suo teatro laboratorio sono nella sede di Wroclaw e qui si allestisce “Il
principe costante”, spettacolo famoso nelle tournée in Europa e in America dal 1965 al
1970. La situazione drammaturgica è qui creata attraverso un’esclusione fisica che
rende più intensa la partecipazione emotiva: gli spettatori sono dietro quattro pareti di
legno che li costringono a guardare dall'alto e richiedono lo sforzo di voler guardare,
all'interno del quadrato c'è una piattaforma bassa e lo spazio vuoto. I costumi, gli
oggetti, i suoni e l’intensa presenza fisica degli attori qualificano lo spazio.
5. Per parlare di oggi
Per parlare, oggi, dello spazio del teatro contemporaneo è molto utile conoscere il
lavoro e gli scritti di Peter Brook. Egli ha detto quel che oggi è rimasto essenziale per
lo spazio del teatro, al di sopra delle mode, delle etichette che nascono e che
muoiono: “Bisogna che vi sia una attività alla ricerca di un teatro e non un teatro alla
ricerca di un'attività.” La cosa importante non è lo spazio in senso teorico, ma lo
spazio in quanto strumento, un luogo in cui ogni spettacolo incontra un suo spazio e
ha bisogno di un suo ambiente, speciale perché spazio e concentrazione sono
inseparabili e specifici per l'evento di rappresentazione. Questo spazio nasce dai
percorsi del ‘900 e poi nell'interesse sui modi della fruizione. Ci sono state in questa
direzione ricerca estreme. Il rifiuto dello spazio teatrale per un'azione che si espande
nello spazio al coinvolgere l'intera sala è stato sperimentato da Richard Schechner.
Negli anni ‘60 il suo environmental theatre è diventato un modo diffuso del teatro
alternativo, per uno spazio contro la tradizione teatrale, di fusione tra attori e
spettatori. Nel teatro di avanguardia americano, lo spazio diventerà l'intervento
dell'estraneo nel quotidiano; c’è poi la sperimentazione dello spazio del teatro come
spazio organizzato dell'uomo nella ricerca rigorosa fino all'estremo del Living Theatre
Julian Beck… Su queste basi, dal 1951, in casa prima, in un granaio poi e poi in un
vecchio magazzino, fanno scene povere, con carta da imballaggio e materiali di rifiuto.
Mettono in scena grandi attori, teatro di poesie di repertorio, con Beck che realizza le
sue sculture sceniche direttamente sul palco e privilegia lo spazio nudo per l'azione
dell'attore, ma sono scene a forte valenza simbolica, che visualizzano il dramma,
affascinano e mandano messaggi contro l'edificio teatrale che è menzogna, la scena
invade la platea. Il living è un gruppo comunitario che usava la sala teatrale come una
piazza e il suo spazio è in prima istanza la tribù stessa, il disseminare azioni nei luoghi
più diversi, l'esperienza esistenziale che infrange la forma estetica. In Italia, tra il 1975
e il 1983, il Living fa 438 spettacoli nei teatri e 148 in strada e altrove. Il teatro del
Living è uno spazio di relazione che ha modalità tecniche ma soprattutto etiche e
ideologiche, la loro comunità anarchica nella vita è la prima qualificazione della
relazione spaziale nell'evento di rappresentazione.
Lo spazio del teatro non nasce dalla composizione degli spazi esistiti o da un modello
culturale ma dall’operare, e diventa un elemento del fondare un teatro.
- Capitolo ottavo – Lettera a un architetto
Se si guarda il teatro nei molti modi in cui è esistito nel tempo e nello spazio, si deve
riconoscere che a volte è esistito uno spazio per le rappresentazioni, a volte uno nuovo
autonomo predeterminato rispetto agli eventi di spettacolo, e a volte una situazione di
confusione tra i due. L'edificio teatrale all'italiana si pone come lo spazio modello nella
cultura europea dal XVI al XIX secolo: è una forma spaziale non nata dalle esigenze
rappresentative degli uomini di teatro quanto piuttosto dalle istanze di immagine di
una cultura e di una città. I teatri così fatti non sono certo dimensionati a loro uso
come luoghi di spettacolo, lo sono invece all'autorappresentazione di una comunità e
per eventi eccezionali. Nella sua forma più compiuta, il teatro all'italiana con i palchi è
il luogo dello sguardo, affinché gli spettatori si guardino. I palchi negano la
delimitazione delle pareti, sono ambienti che delimitano l'ambiente, in relazione
dialettica e totalizzante. Il sipario è chiuso, l'arcoscenico è ordinato, nei palchi c'è
gente, tutte le zone sono riempite di figure allegoriche e ornamenti da guardare, poi il
sipario si apre e comincia lo spettacolo, una parentesi nella vita del teatro. Nel IX e XX
secolo, il teatro viene espropriato agli spettatori, ma non viene dato agli uomini di
teatro. Il teatro non si confronta più con la comunità cittadina ma con il teatro stesso. Il
teatro monumento diventa teatro museo. I particolari funzionali del teatro all'italiana,
cambiando nel senso, all’esigenza della assistere allo spettacolo, si erigono a valori
formanti non i modi di una relazione ma la funzione del vedere dell'utile. Con gli inizi
del nostro secolo e l'introduzione di una molteplicità di media, il teatro cambia senso e
valori. Nel nostro secolo si è cercato uno spazio diverso del teatro, piani su più livelli a
circondare il pubblico, arena centrale, spazio tecnologico, scena aperta, spazio unitario
di scena e sala, sale non teatrali, spazio del vissuto e del quotidiano. Con i grandi padri
fonda