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Estratto del documento

Il tema della ricerca dell’autonomia individuale fiorisce con il pensiero politico

giusnaturalista seicentesco, grazie a Grozio e Locke, secondo cui l’unico fondamento

possibile che possa legittimare il potere politico è un patto sociale stretto dall’uomo

autonomo con altri uomini autonomi. Questa concezione di autonomia intellettuale si

trasmette al pensiero illuminista: nel saggio Che cos’è l’illuminismo?, pubblicato da

Kant nel 1784, l’illuminismo viene descritto come capacità “di valersi del proprio intelletto

senza la guida di un altro”.

In seguito i rivoluzionari francesi, per i quali il pensiero illuminista era pane

quotidiano, si concentrarono molto sull’ampliamento della sfera di

autodeterminazione personale, dando così il via alla catena delle concessioni dei

diritti. I riformatori cercarono soprattutto di liberare mogli e figli dalla stretta morsa del

potere patriarcale, istituendo il divorzio su stesse basi giuridiche sia per gli uomini che per

le donne ed eliminando il diritto di primogenitura per aprire la strada al pari diritto

2 Ivi, p. 24.

all’eredità per tutti i discendenti senza differenze di età o sesso. Durante la rivoluzione

francese l’empatia ebbe anche un ruolo decisivo a favore di molti gruppi privi di

cittadinanza e quindi di diritti politici: gradualmente questi vennero concessi a protestanti,

ebrei, neri liberi, schiavi ma non alle donne, le quali potevano essere titolari di diritti di

cittadini passivi ma non partecipare alla vita politica attiva.

La crescente consapevolezza del corpo individuale

Il merito dello sviluppo dell’empatia e del rispetto per l’autonomia individuale non va però

attribuito soltanto ai romanzi epistolari. Secondo Lynn Hunt un contributo decisivo venne

dato, a partire dal XIV secolo, dalla crescente considerazione dell’individualità e del

valore del corpo, sviluppatasi grazie ad un lento processo di abbassamento della

soglia del pudore. Gli uomini divennero man mano più riservati, iniziando a provvedere in

privato alle proprie funzioni fisiologiche, ad ascoltare la musica in silenzio a teatro, a

dormire in letti separati dal resto della famiglia. In questo modo, concentrandosi sulla

propria sfera privata, l’individuo inizia a considerare il proprio corpo, e di conseguenza

quello degli altri, non più come mera proprietà della comunità bensì come distinto e con

una propria dignità.

Hunt scrive: “Queste modificazioni dell’atteggiamento nei confronti del corpo erano indizi

3

superficiali di una trasformazione più profonda” . Questo cambiamento nella visione del

corpo, impercettibile per i contemporanei, ebbe un considerevole impatto sulla

campagna per l’abolizione della tortura negli ultimi decenni del XVIII secolo.

L’idea di fondo alla base della tortura nella società settecentesca era la convinzione che il

corpo in preda al dolore dicesse la verità e che i temperamenti animaleschi e criminali

dettati dalle passioni, emblema dell’inciviltà, andassero tenuti a freno da una giustizia

vendicatrice esterna. Lo spettacolo pubblico del dolore in questo senso serviva da

deterrente in quanto provocava terrore negli osservatori; allo stesso tempo però esso

aveva anche il fine politico e religioso di redenzione e riparazione nei confronti della

comunità, la quale dopo essere stata danneggiata e offesa dal crimine, guariva

riacquistando la propria integrità soltanto attraverso il dolore del colpevole.

In quest’ottica il corpo appartiene in tutto e per tutto alla comunità, ma nella seconda metà

del Settecento iniziò a farsi strada una nuova mentalità, secondo cui la tradizionale

concezione di corpo e persona viene sostituita dall’idea che gli individui siano

padroni incontrastabili del proprio corpo, che di conseguenza risulta inviolabile. La

profanazione dell’individuo in nome del bene comune o di fini religiosi superiori inizia

perciò a suscitare reazioni negative.

Le prime voci fautrici di una moderazione delle pene e dell’abolizione della tortura si

levarono negli anni Sessanta. Nel trattato Dei delitti e delle pene, pubblicato nel 1764,

Cesare Beccaria contesta la tradizionale visione del dolore intimamente legato alla sfera

morale, sostenendo che questo non è altro che una sensazione fisica. Due anni dopo

Voltaire denuncia l’uso della tortura giudiziale o preliminare, applicata dopo l’emissione

3 Ivi, p. 62.

della sentenza per costringere il condannato a denunciare i nomi dei complici, e aggiunge

la voce ‘tortura’ al suo Dizionario filosofico.

Fu appena negli anni Ottanta che questo tipo di mentalità si consolidò definitivamente,

dando i suoi primi risultati istituzionali attraverso una lenta ma decisiva campagna

contro la tortura. Nella Francia rivoluzionaria il tema ebbe una grande rilevanza: la

tortura istruttoria, volta alla confessione del reato, era già stata abolita dalla monarchia nel

1780, ma quella preliminare era stata sospesa solamente in via provvisoria e le pene

crudeli permanevano. Nell’articolo 24 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del

cittadino del 26 agosto 1789 i rivoluzionari abolirono definitivamente ogni forma di tortura e

umiliazione dell’individuo nel segno di una riforma radicale del sistema penale nel nome

dell’uguaglianza delle pene e del rifiuto del castigo espiatorio basato sulla sofferenza

fisica. Le idee di fondo erano riabilitare il reo attraverso il lavoro e la privazione della libertà

al fine di rieducarlo e reinserirlo nella società, abolire le torture che avevano sempre

accompagnato la morte come il supplizio della ruota e il rogo, in modo da causare meno

dolore possibile in caso di eventuale pena capitale (accettata all’inizio solo in caso di

insurrezione contro lo Stato), e soprattutto eliminare tutti i crimini di carattere religioso

come eresia, magia, sodomia e sacrilegio.

Per quanto questo eccezionale risultato possa sembrare il risultato di pochi decenni di

dibattito, Lynn Hunt sottolinea come questo sia in realtà figlio di un processo molto più

lento e graduale. La codificazione del diritto all’inviolabilità del corpo in quanto

autonomo e appartenente all’individuo sensibile non sarebbe mai stata possibile, e

nemmeno pensabile, se non fosse stato per il sentimento di empatia.

La costituzionalizzazione dell’idea di diritti dell’uomo

Nell’introduzione dell’opera, Lynn Hunt afferma che “i diritti umani richiedono tre qualità

interdipendenti: i diritti devono essere naturali (inerenti agli esseri umani), uguali (gli

4

stessi per tutti) e universali (applicabili ovunque)” ma sostiene anche che queste tre

caratteristiche non siano sufficienti a conferire un significato pregnante alla nozione di

‘diritti’, nozione che già di per sé si presta a diverse interpretazioni.

È necessario che i diritti dell’uomo acquisiscano contenuto politico perché questi “non

sono i diritti degli essere umani in uno stato di natura; sono i diritti degli esseri umani nella

5

società” . Gli strumenti per l’acquisizione di contenuto politico dei diritti sono le

dichiarazioni dei diritti.

Nel corso della storia vennero emanate diverse dichiarazioni volte a sancire alcuni diritti,

ma fino agli anni Ottanta del XVIII secolo questi documenti erano stati meramente

particolaristici, ovvero diretti al riconoscimento dei diritti di un gruppo specifico. Per citare

l’esempio inglese Hunt nomina dichiarazioni come la Magna Charta del 1215, redatta per

formalizzare i diritti dei baroni, la Petition of Rights del 1628, funzionale alla conferma dei

diritti e della libertà dei sudditi inglesi, e il Bill of Rights del 1689, il quale legittimava i diritti

4 Ivi, p. 7.

5 Ivi, p. 8.

e la libertà del popolo inglese. Si può vedere come ognuno di questi documenti non si

riferisca ai diritti della totalità degli uomini bensì allo specifico orizzonte dei diritti dei

maschi adulti liberi d’Inghilterra, diritti derivanti non dalla natura ma dalla storia di quel

determinato paese. Nondimeno l’Inghilterra, nonostante il pensiero e la tradizione

fortemente particolaristici, ebbe un ruolo decisivo nella nascita della prima dichiarazione

universalistica della storia, la Dichiarazione d’indipendenza americana. Fu infatti la

richiesta di indipendenza dalla madrepatria a spingere i coloni americani alla richiesta dei

diritti.

Il primo documento ad evocare l’idea di diritti dell’uomo derivanti dalla natura e non dalla

storia fu la Dichiarazione dei diritti della Virginia del 2 giugno 1776, che rappresentò poi

il modello per la Dichiarazione di indipendenza.

Un mese più tardi, il 4 luglio 1776, i membri del Congresso in rappresentanza dei tredici

Stati Uniti d’America redassero la Declaration of Indipendence. In essa dichiararono:

“We hold these truths to be self-evident, that all men are created equal, that they are

endowed by their Creator with certain unalienable Rights, that among these are Life,

Liberty and the pursuit of Happiness”. All men are created equal. Tutti gli uomini sono stati

creati uguali, e per natura spettano loro alcuni diritti inalienabili.

Questo tipo di universalismo dei diritti, sebbene nel corso degli anni Ottanta del

Settecento tendesse a lasciare il posto in America ad un nuovo particolarismo indirizzato a

proteggere i cittadini americani, espresso nel Bill of Rights del 1791, costituì il punto di

partenza per la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino nella Francia

rivoluzionaria. Secondo Lynn Hunt questo documento detiene il primato sulla

dichiarazione americana in quanto quest’ultima non ha status costituzionale: gli

Stati Uniti costituzionalizzarono i diritti appena nel Bill of Rights del 1791.

Nella dichiarazione francese del 26 agosto 1789 l’Assemblea nazionale costituzionalizzò i

diritti dell’uomo ponendoli alla base della formazione di un’autorità politica, il cui fine

specifico, secondo l’articolo 2 è “la conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili

dell’uomo”. Fu la dichiarazione francese a conferire un significato politico importante

ai diritti, essenziali per la legittimazione del governo.

L’impronta universalistica e l’affermazione di ovvietà dei diritti comune ad entrambe le

dichiarazioni settecentesche saranno successivamente riprese nella più recente

Dichiarazione universale dei diritti umani, emanata dalle Nazioni Unite il 10 dicembre

1948, la quale pur non prevedendo un meccanismo di applicazione di tali diritti, costituì la

base per la discussione internazionale sul delicato tema e diede inizio al processo di

difesa dei diri

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
7 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/02 Storia moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher elib. di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia sociale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Capuzzo Paolo.