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La trasformazione dei media

Tra gli anni 70 e 80 anche il mondo dei media ha subito profonde trasformazioni. La televisione ha raggiunto la sua massima influenza con l'avvento definitivo del colore e la messa a punto di trasmissioni via satellite in diretta. Tuttavia, nonostante i grandi numeri di ascolto, tende ad adottare un grado di approfondimento giornalistico basso, adatto alla popolazione non scolarizzata.

Una nuova generazione di inviati televisivi di guerra, grazie alle nuove tecnologie, ha reso possibili collegamenti in diretta. La televisione diventa il veicolo principale dell'informazione di guerra. Tuttavia, i grandi network rispondono alle logiche di grandi aziende, quindi l'informazione che propongono tende ad essere condizionata da interessi economici e politici.

In questo panorama nasce un fenomeno nuovo: l'informazione all news 24 ore su 24. Il fenomeno nasce con la CNN. La sua comparsa ha introdotto un'importante variante nel panorama informativo, quella delle notizie

da garantire una copertura giornalistica indipendente. Questo ha portato alla diffusione di notizie parziali e distorte, che spesso favoriscono gli interessi dei governi o delle organizzazioni coinvolte nei conflitti. Il news management ha anche introdotto nuove tecniche di manipolazione dell'opinione pubblica, come l'uso di immagini suggestive o la creazione di narrazioni emotive. Questo ha reso più difficile per il pubblico distinguere tra informazione e propaganda. Tuttavia, con l'avvento di internet e dei social media, il news management ha subito una trasformazione significativa. Oggi, le notizie sono accessibili in tempo reale e il pubblico ha la possibilità di accedere a una vasta gamma di fonti e punti di vista diversi. Nonostante ciò, è importante rimanere critici e consapevoli delle tecniche di manipolazione che possono essere utilizzate per influenzare l'opinione pubblica. La ricerca e la verifica delle fonti sono fondamentali per ottenere una visione più completa e accurata degli eventi.

indiscriminato bensì sulla base di scelte precise. Si dà lapriorità a quelli dei grandi network di cui si conosce la tendenzapolitica oppure al contrario si dà spazio a piccole testate locali,comunque, si marginano i giornalisti sgraditi di cui si conosce lapropensione critica. Successivamente si stabiliscono regole precisecome firmare documenti in cui si impegnano a non riferireinformazioni utili al nemico virgola di obbedire agli ordini eccetera.Una volta scelti i giornalisti non vengono lasciati andare dovevogliono ma vengono uniti in gruppi portati solo in certi luoghi e incerti momenti con la scusa dei pericoli per la propria sicurezza. Per ireporter di guerra diventa sempre più difficile essere fisicamentepresenti ai combattimenti ma ciò dipende anche dal fatto che lebattaglie frontali non esistono più. (es guerre a Grenada, Panama,senza reporter e i generali facevano conferenze stampa,mandavano tante informazioni molto vaghe). Inoltre,

Il newsmanagement si avvale delle più moderne tecniche di comunicazione pubblicitaria. Molto spesso i dipartimenti governativi collaborano con agenzie private, di cui peraltro riproducono i metodi, con vere e proprie "campagne di comunicazione", di cui poi si misurano "scientificamente" i risultati sull'opinione pubblica.

GUERRA DELLO YOM KIPPUR 1973 ISRAELE

La guerra tra Iran e Iraq combattuta tra 1980 e 1988 ricevette ad esempio un'attenzione saltuaria e superficiale, nonostante il rilievo strategico dell'area, l'enorme numero delle vittime. Attenzione molto maggiore riscossero i conflitti che coinvolsero Israele: la guerra dello Yom Kippur del 1973 si aprì con l'offensiva egiziana che colse di sorpresa Tel Aviv, ma si concluse ancora con una vittoria israeliana, da cui sarebbero scaturiti gli accordi di pace con l'Egitto di cinque anni dopo. Il conflitto palestinese nel suo complesso, tuttavia, rimase lontano da una

soluzione definitiva. Nel 1978 e nel 1982 Israele invase per due volte il Libano cercando di porre fine alla minaccia delle organizzazioni armate palestinesi che vi si erano insediate. La seconda e più importante invasione fu inizialmente un rapido successo che sembrava confermare la grande superiorità della tecnologia bellica israeliana. Ma finì col durare quasi vent'anni, e presto ne emersero le sinistre conseguenze: si inserì nella devastante guerra civile in cui il Libano era precipitato dal 1975 per un complesso intreccio di fattori interni. Fu in questo contesto che ebbe luogo uno dei peggiori stermini di guerra della storia recente: il massacro di circa 1700 palestinesi nel campo profughi di Sabra e Chatila, alle porte di Beirut, compiuto nel settembre del 1982 da miliziani della fazione cristiana di estrema destra della Falange, con la tacita approvazione delle forze armate israeliane. Quella del Medio Oriente non si tratta infatti di una guerra in senso

classico, ma di una lunga catena di ostilità, che si è articolata in diversi filoni tra loro legati da connessioni di varia forza e natura (dalla guerra dello Yom Kippur alla guerra in Libano, dalla guerra tra Iran e Iraq alla guerra del Golfo del 1991 fino al conflitto in Afghanistan, che pure appartiene ad un altro ambito geografico).

1991 GUERRA DEL GOLFO, IRAQ

Questa guerra è stata presentata come unico modo possibile per «ripristinare la legalità», violata da Saddam Hussein (a cui pure Washington aveva fornito decisivi appoggi negli anni precedenti), il quale nel 1990 invase il Kuwait, piccolo Stato confinante, sulla base di una serie di rivendicazioni avanzate da tempo. Nell’epoca del news management le autorità tendono a presentare l’intervento come «inevitabile» e «condiviso» dalla comunità internazionale nel nome di un «diritto» universalmente riconosciuto e di valori morali assolvibili.

Nel gennaio del 1991 scattò l'attacco aereo; il mese successivo quello di terra, che in pochi giorni annientò le forze militari irachene incontrate sulla sua strada. Il presidente George Bush Senior non spinse tuttavia l'offensiva fino a rovesciare Saddam Hussein, che fu lasciato al potere per garantire la stabilità dell'area. Il dittatore ne approfittò per schiacciare nel sangue la ribellione delle aree sciite nel Sud del paese. Avendo piena consapevolezza della superiorità bellica statunitense gli iracheni evacuarono la loro aviazione in Iran e lasciarono lo spazio aereo libero così gli Stati Uniti poterono bombardare a piacimento gli obiettivi prescelti. L'aviazione americana si rivelò micidiale per le forze irachene di terra, nella fase finale bombe incendiare carbonizzarono intere zone. Gli Stati Uniti persero pochissime persone. Dal punto di vista mediatico, l'attacco di Hussein venne descritto come privo di ragioni logiche.

In realtà Hussein accusava il Kuwait di cospirare con gli altri stati arabi per tenere basso il prezzo del petrolio con grave danno per l'economia irachena uscita estremata dalla guerra con l'Iran. Per questo motivo Baghdad rivendicava risarcimenti di miliardi di dollari dal Kuwait e da altri paesi arabi. Inoltre, Saddam Hussein sperava che gli Stati Uniti non si sarebbero opposti alla sua mossa dato che gli avevano finanziato generosamente i suoi arsenali bellici. I media americani lo definirono dittatore pazzo omettendo che per anni avevano appoggiato tramite arsenali bellici l'Iraq e inoltre omettendo come la comunità internazionale condizionato dal suo intreccio di interessi avesse fallito nell'arginarlo per vie diplomatiche. Nei mesi precedenti alla guerra la figura di Saddam Hussein fu sottoposta a un processo di demonizzazione. PREPARAZIONE DEL CONFLITTO AGLI OCCHI DELL'OPINIONE PUBBLICA DA PARTE DEGLI STATI UNITI: 1. L'opinione pubblica americana

E mondiale avrebbe dovuto dimenticare gli strettissimi rapporti di collaborazione in campo politico e militare intercorsi tra gli Stati Uniti e l'Iraq di Saddam Hussein2. L'Aggressione di Saddam al Kuwait sarebbe dovuta apparire come "improvvisa e ingiustificata"3. Anche a questo scopo bisognava che fosse cancellato il contesto mediorientale (l'annoso contenzioso Iraq-Kuwait, la guerra Iran-Iraq)4. Il trasferimento dell'immenso contingente americano nel deserto doveva apparire, almeno in una prima fase, come la risposta difensiva ad una probabile invasione dell'Arabia Saudita5. Gli Stati Uniti avrebbero dovuto essere non attori in prima persona, ma solo esecutori delle direttive dell'Onu6. Ogni soluzione pacifica sarebbe dovuta risultare all'opinione pubblica impraticabile per l'"intransigenza" di Saddam. Per conseguenza l'eventualità di una guerra sanguinosa sarebbe parsa "necessaria", o meglio,

frutto di una scelta di Saddam7. Doveva scomparire dalla memoria e dall'informazione ogni immagine che fosse in grado di caratterizzare come antidemocratici i regimi che si erano alleati con gli Stati Uniti8. La posizione degli uomini e dei movimenti pacifisti doveva essere segnalata come una deplorevole complicità con Saddam.9. L'immenso dispiegamento di forze militari e la dolorosa necessità di un'offensiva dovevano essere collegati a una valutazione allarmata del potenziale bellico dell'Iraq10. Questo complesso di motivazioni doveva essere riassunto nell'indicazione di Saddam come Il nuovo Hitler (Claudio Fracassi, Bugie di guerra, pp. 145-46).In generale l'immagine della guerra del Golfo prevalente nell'immaginario collettivo occidentale è rimasta quella di un conflitto quasi surreale, asettico, privo di vittime, e poco comprensibile.Spettacolo televisivo e morte: la SomaliaL'intervento

«umanitario» in Somalia del 1992 è emblematico dialcuni fenomeni estremi del rapporto tra guerra e informazione.Rappresenta il caso di una operazione militare pianificata a prioricome spettacolo televisivo. Quando gli americani sbarcarono aMogadiscio trovarono ad attenderli decine di troupe televisive, imedia erano arrivati prima dei soldati ma non era un caso. La sceltadell’ora bello sbarco coincideva con d'ora di massimo ascolto neglistati Uniti.

LE GUERRE DELLA EX YUGOSLAVIA

A partire dai 1991, la disgregazione della ex Jugoslavia ha prodottoun terribile conflitto che è proseguito per quasi un decennio sottol’indifferenza del resto del mondo occidentale. Guerra balcanica difine secolo si è articolata in realtà in una serie di

Dettagli
A.A. 2020-2021
36 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher RebeccaMichelotti di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia sociale della comunicazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Galimi Valeria.