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LE FONTI
La storia romana dalla seconda guerra punica alle guerre con i regni ellenistici è conosciuta in modo
molto più preciso di quanto non fosse la storia alto-repubblicana. Infatti, questa parte di storia
romana dipende prevalentemente dalla storiografia greca, che si proponeva la registrazione e la
comprensione dei fatti e non la celebrazione di personaggi, vittorie o istituzioni, come nel caso della
storiografia romana.
- POLIBIO (II secolo a.C.)
Scrisse una Storia in 40 libri, relativa al periodo 220-146 a.C., con l’intento di spiegare al mondo
greco come e perché Roma fosse riuscita a conquistare l’impero. La spiegazione stava nel fatto che
la costituzione romana era la migliore, contemperando elementi monarchici (i consoli), aristocratici
(il Senato) e democratici (i tribuni e i comizi popolari).
Restano i libri I-V e ampie sezioni dei libri VI-XVIII. Dal libro XX (dal 191 a.C.) abbiano gli
excerpta Constantiniana, fatti compilare da Costantino VII Porifirogenito: si tratta di collezioni di
eventi raggruppate a seconda dell’argomento.
Da Polibio hanno attinto Livio e Diodoro.
- TITO LIVIO (I secolo a.C.- I secolo d.C.)
Scrisse dal 25 a.C. una storia dalle origini ad Augusto in 142 libri raggruppati per argomenti. Nei
libri XXI-XLV si conserva la storia degli anni 218-167 a.C.
- POMPEO TROGO (I secolo a.C.- I secolo d.C.)
Fu autore delle Storie Filippiche, una storia universale in 44 libri di cui restano i prologhi e i
riassunti redatti da Giustino (II- III secolo d.C.).
- CORNELIO NEPOTE (I secolo a.C.)
Contemporaneo di Cicerone, di lui resta una parte del De viris illustribus, una collezione di
biografie, di cui la maggioranza è dedicata a protagonisti della storia greca, ma ci sono anche le vite
di Amilcare, generale cartaginese che combatté in Sicilia durante la prima guerra punica, e di suo
figlio Annibale.
- PLUTARCO (II secolo d.C.)
Scrisse le famose Vite parallele, in cui ogni famoso personaggio romano era messo a confronto con
un greco altrettanto illustre. In particolar modo, importanti per questo periodo sono le Vite di
Quinto Fabio Massimo, Marcello, Flaminio, Filopemene, Lucio Emilio Paolo.
- APPIANO (II secolo d.C.)
Scrisse un’opera intitolata Romanikà, cioè Storia Romana, in 24 libri, organizzati in modo
geografico per spiegare come ciascuna regione e ciascun popolo entrò in contatto con Roma.
Le parti più rilevanti che sono state conservate sono il proemio, i libri VI, VII (Annibaliké), l’VIII,
la seconda parte del IX, l’XI, il XII (Mithridateios) e i cinque libri delle Guerre civili.
LE GUERRE
Le guerre puniche
I guerra punica (264-241) e la creazione della provincia di Sicilia
Il fatto che i Romani avessero completato la conquista dell’Italia, li metteva di fronte all’esigenza
di tutelare questa acquisizione; e Cartagine, fondata nel 814 a.C., era diventata una minaccia alla
supremazia in Sicilia Cartagine era una colonia fenicia che seppe creare un impero marittimo nel
corso dei secoli, ereditando le basi commerciali fenicie nel Mediterraneo occidentale, creando una
flotta militare che dal VI secolo non ebbe rivali nel Tirreno e negli altri mari occidentali e
disponendo di basi costiere in Spagna e in Sardegna. La sua economia prosperava grazie ai
commerci marittimi e grazie allo sfruttamento dell’attuale Tunisia settentrionale.
III secolo: i Cartaginesi avevano preso sotto la loro protezione i Mamertini, mercenari di origine
italica, stanziati a Messina e attaccati dai Siracusani, allora retti dal re Ierone II. I Mamertini si
stancarono presto della protezione offerta loro dai Cartaginesi e chiamarono in loro aiuto i Romani,
culturalmente più simili a loro.
264: il Senato accettò la richiesta e un esercito romano passò lo Stretto. Il console che lo guidava,
ovvero Appio Caudice, batté i Cartaginesi di Amilcare, e si portò davanti a Siracusa, pronto ad
assediarla nel 262 Romani e Siracusani uniti strapparono ai Cartaginesi Agrigento e si
riproposero di eliminare tutto il dominio cartaginesi dall’isola.
260: capito che era indispensabile battere Cartagine sul mare, venne combattuta nelle acque
davanti a Milazzo una grande battaglia navale, brillantemente dominata dai Romani col console
Caio Duilio. L’invenzione dei “corvi”, ponti per l’abbordaggio, dette ai Romani la superiorità.
Una seconda vittoria presso il capo Ecnomo, sulle coste meridionali della Sicilia, aprì ai Romani la
rotta verso l’Africa, dove fu portato il teatro delle operazioni. Qui Regolo ottenne notevoli successi,
ma impose condizioni di pace così dure che indusse i Cartaginesi a continuare a combattere
condotti dal mercenario spartano Santippo, i Cartaginesi distrussero il corpo di spedizione romano e
Regolo venne fatto prigioniero.
242: il fulcro delle operazioni si spostò allora nella Sicilia meridionale: i Romani più benestanti
fecero allestire a loro spese una nuova flotta di duecento navi, che, guidata da Caio Lutezio, vinse
definitivamente i Cartaginesi presso le isole Egadi nel marzo dell’anno successivo.
Le condizioni della pace furono durissime per Cartagine, che rinunciò alla Sicilia e si impegnò a
pagare una forte indennità di guerra la Sicilia divenne allora la prima provincia romana e il suo
governo fu affidato dapprima a un questore e poi a un pretore eletto annualmente.
province:
- non avevano lo stesso regime giuridico dell’Italia;
- i Romani non vi possedevano terre pubbliche;
- il magistrato che vi veniva mandato aveva formalmente il compito di difenderla e mantenervi
l’ordine a tale scopo le città pagavano una tassa, che serviva per mantenere i Romani che vi
risiedevano (bisogna ricordare che le città erano trattate in maniera diversa, a seconda del modo in
cui si erano comportate coi Romani: ci potevano essere civitates liberae foederate il cui trattamento
dipendeva da un trattato, civitates liberae et immunes esentate dal tributo, civitates stipendiariae
sottoposte al tributo);
- col tempo si affermò l’uso di inviare a governare le province consoli o pretori che avevano
ricevuto dal Senato il proconsulare imperium (il governatore di una provincia veniva infatti detto
“proconsole”). Essi, all’inizio del loro mandato, pubblicavano nella provincia un editto contenente
le norme alle quali ci si doveva attenere.
II guerra punica, o guerra Annibalica (218-202)
Può essere suddivisa in due fasi:
Prima fase
Il protagonista della seconda guerra punica fu Annibale, figlio di Amilcare, che assunse il comando
delle forze cartaginesi in Iberia nel 221.
Il casus belli fu Sagunto, sita a Sud del fiume Ebro in Iberia, alleata dei Romani, assediata ed
espugnata da Annibale nel 219. I Romani si prepararono ad attaccare contemporaneamente l’Iberia
e l’Africa, ma Annibale li prevenne, stringendo accordi coi Galli cisalpini e passando all’offensiva.
218: Annibale mosse da Nova Carthago (Iberia) e in cinque mesi portò oltre le Alpi un esercito di
20000 fanti, 6000 cavalieri e alcuni elefanti. Il console romano Publio Cornelio Scipione lo affrontò
presso il Ticino ma fu duramente sconfitto. Alla fine dello stesso anno i Romani furono
pesantemente sconfitti presso il fiume Trebbia (Italia settentrionale).
217: i Romani posizionarono due eserciti per fronteggiare l’invasione, uno in Etruria e uno a
Rimini. Annibale sorprese il primo, condotto dal console Flaminio, e lo distrusse sul lago
Trasimeno; la stessa sorte toccò alla cavalleria del secondo contingente romano, giunta in soccorso
di Flaminio.
216: i Romani arruolarono otto legioni, il doppio della norma, e in Apulia -dove Annibale passò
l’inverno- fu mandato un esercito di 80000 uomini. Essi ingaggiarono battaglia sulla pianura di
Canne, guidati da Varrone, e subirono la più rovinosa delle sconfitte che Roma abbia conosciuto
nella sua storia. Pochi scamparono al massacro e morì pure il console-collega di Varrone, Lucio
Emilio Paolo.
Attorno al 211, Taranto e Arpi in Apulia, Capua in Campania e i Bruzii in Calabria passarono ad
Annibale; in Sicilia, morto Ierone II, il suo successore Ieronimo abbandonò l’alleanza coi Romani e
si schierò anche lui con Annibale; anche il re di Macedonia Filippo V scommise su Annibale e
stipulò con lui un trattato di alleanza.
Dal 212 i Romani inviarono in Grecia una flotta e suscitarono contro Filippo V una guerra da parte
della lega Etolica.
Seconda fase
Nel frattempo Siracusa fu assediata per terra e per mare dal console Claudio Marcello, il quale
espugnò la città nel 211 e la diede al saccheggio. Il sacco procurò non solo grandi ricchezze ma
anche insigni opere d’arte greca, tant’è che il console stesso acquistò grande fama presso il popolo
quando abbellì Roma con le sue opere, esemplari di raffinatezza ellenica Annibale
controbilanciò la perdita di questa città con la conquista di Taranto e di altre città greche del
Meridione.
Dopo la presa di Capua (Campania) nel 211 da parte di Annibale (vedi prima fase), i Romani furono
in grado di lanciare una nuova offensiva in Iberia condotta dal giovane Publio Cornelio Scipione,
figlio dell’omonimo generale scomparso. Egli conquistò Nova Carthago, dove, oltre alle moltissime
provviste, trovò gli ostaggi degli Iberi e dei Celtiberi, grazie ai quali fece passare a sé molte
popolazioni locali fu così che progressivamente Cornelio Scipione riuscì a cacciare i Cartaginesi
da tutta la Spagna.
(Ricordiamo che nel 208 Asdrubale, fratello di Annibale, portò in Italia un nuovo esercito, ma
l’anno dopo fu fermato, sconfitto ed ucciso sul Metauro, presso Senigallia (Marche), dai consoli
Claudio Nerone e Livio Salinature).
202: sulla piana africana di Zama ebbe luogo la battaglia decisiva tra l’esercito di Annibale e
quello romano di Scipione, appoggiato da Massinissa, re di Numidia, che procurò ai Cartaginesi una
disfatta epocale.
Le condizioni di pace furono pesantissime: Cartagine fu privata di tutti i possedimenti extra-
africani, della flotta militare e degli elefanti, si impegnò a non far guerra se non autorizzata da
Roma, e a versare 10000 talenti di indennità.
Il quindicennio della guerra Annibalica cambiò profondamente gli equilibri socio-economici
dell’Italia romana; la presenza prolungata dell’esercito cartaginese, il servizio militare protratto per
anni, le devastazioni e l’abbandono delle campagne, i decessi in guerra, ecc., furono le molteplici
cause delle difficoltà incontrate dai contadini-soldato, che avevano fino ad allora costituito la spina
dorsale dell’esercito romano. Inoltre, le grandi confische di territori strappati agli Italici vennero in
gran pare sfruttate a latifon