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Il ruolo della Chiesa nella società italiana dei Seicento
Nella società italiana dei Seicento fu decisivo il ruolo della Chiesa, capace di svolgere repressioni direttamente sui singoli sovrani e di controllare l'ortodossia dei comportamenti attraverso il Santo Uffizio dell'Inquisizione e l'Indice dei libri proibiti. Ad affiancare la chiesa di Roma in quest'opera di condizionamento della vita culturale e sociale della penisola furono le diverse chiese locali, dotate di vescovi residenti e cui faceva capo una complessa organizzazione di parrocchie e di chiese non parrocchiali radicate nelle città e nelle campagne. I nuovi ordini regolari religiosi tentarono di monopolizzare l'istruzione e le forme dell'associazionismo religioso. L'alleanza tra la chiesa e i ceti privilegiati fu pressoché totale, anche in ragione delle opportunità che la prima offriva alla soluzione dell'organizzazione familiare della nobiltà. Si pensi ai conventi cittadini che accoglievano tante ragazze.
Dell'aristocrazia non destinate al matrimonio. La chiesa, quindi, finì per essere uno straordinario collante dell'identità italiana.
L'Italia sotto l'influenza spagnola
La pace di Cateau-Cambrésis del 1559 stabilizzò il sistema degli Stati italiani e i loro rapporti di forza. La monarchia spagnola aveva un ruolo centrale, controllando direttamente 4 aree importanti: il ducato di Milano, il regno di Napoli, il regno di Sicilia e il regno di Sardegna. La corona spagnola ridusse sempre al minimo i suoi interventi sui vari territori, operando pochi mutamenti nelle istituzioni di governo e lasciando che i ceti dirigenti locali occupassero la gran parte degli uffici del governo centrale. La valorizzazione delle élite locali e la loro associazione al governo dei propri paesi fu elemento costante della politica spagnola. Il ducato di Milano era entrato a far parte della comunità imperiale spagnola solo alla fine del 1535, quando
L'ultimo duca Francesco II Sforza era morto senza eredi. L'assetto politico-istituzionale fu definito dalle Nuove Costituzioni. Al vertice del governo era il governatore, quasi sempre spagnolo. Egli veniva assistito nelle sue funzioni dai suoi segretari dal gran cancelliere, che rendeva esecutivi gli ordini e le deliberazioni del sovrano. L'apparato centrale era organizzato sulla base di organi collegiali, che curavano l'amministrazione attiva. Il massimo organo di governo era il Senato che aveva anche attribuzioni giudiziarie e competenza sulla concessione delle grazie; aveva il potere di convalidare gli atti regi o del governatore oppure di opporvisi nel caso fossero stati in contrasto con le leggi del ducato. Il patriziato cittadino era un gruppo sociale, composto da un numero ristretto di famiglie che controllava l'accesso ai governi cittadini, monopolizzando tutte le cariche pubbliche. Esso era costituito dai membri dell'antica nobiltà milanese.
Milano e le otto maggiori città avevano ciascuna un loro territorio provinciale, il contado, all'interno del quale si collocava un numero variabile di comunità. Separazione tra l'amministrazione del territorio cittadino e quella delle comunità dei contadi. Dopo la conquista del regno di Napoli, avvenuta nel 1503, i re cattolici e i sovrani asburgici rispettarono in larga parte l'identità costituzionale del regno e si limitarono ad introdurre il solo Consiglio Collaterale che assisteva il viceré. La nobiltà era il gruppo socialmente più rilevante nel meridione. L'immagine di una feudalità oppressiva verso i propri vassalli derivava dall'ampiezza dei poteri che di norma accompagnavano la concessione feudale. Nelle campagne i poteri della feudalità manifestavano un incontrollabile forza espansiva, obbligando i contadini a prestazioni fuori dai patti contrattuali e a subire pesanti vessazioni. Questo spiegale numerose rivolte contadine nel Mezzogiorno, con chiaro carattere feudale. Molto attivo era il patriziato urbano, come quello del nord. La corte di Madrid costruì un rapporto privilegiato con il gruppo dei togati, un gruppo sociale che proveniva dal mondo delle professioni e delle arti liberali, come i giuristi, i notai, gli avvocati, i mercanti. Sicilia: i ceti dirigenti siciliani ritenevano che i rapporti tra l'antico regno siciliano e la corona spagnola fossero di natura "contrattuale" e che ciò comportasse un regime di maggiore autonomia e di più privilegi. Il più importante di essi era quello della nazionalità degli uffici, ovvero che solo i siciliani potevano essere nominati come titolari negli uffici politici e amministrativi. Anche il Sicilia a lato del viceré operava un limitato numero di collaboratori e segretari. La struttura istituzionale era organizzata in una serie di organi collegiali, ciascuno con un proprio presidente,
consiglieri e uffici minori.Nuovo organo politico di natura consultiva, il Sacro Consiglio, composto dai presidenti e dai titolati dei consigli e dei maggiori uffici dell'amministrazione centrale.
Poteri estesi della feudalità.
Le due produzioni che alimentavano l'economia siciliana erano i cereali e la seta.
La Sardegna manteneva un legame forte con la Catalogna.
L'isola si presentava povera di risorse, con un sistema economico le cui produzioni di base, la cerealicoltura e l'allevamento ovino, a stento sostenevano la domanda interna.
Anche la popolazione mantenne un ritmo d'incremento basso.
Il governo era affidato a un viceré, a lato del quale operava un'amministrazione basata sulla Udienza reale, istituita nel 1564, la Cancelleria diretta da un reggente, l'ufficio del Procuratore e quello del Controllore.
Gli Stati italiani indipendenti.
In Italia non era stato possibile avviare un processo di unificazione politica del territorio e.
L'intera penisola fu caratterizzata da un sistema di Stati regionali. Gli Stati che riuscirono a difendere la loro forma repubblicana furono Genova, Venezia e Lucca. La repubblica genovese, prima francese e poi spagnola, perseguì una politica rivolta a garantire lo spazio di azione dei suoi operatori economici. Il territorio ligure non riusciva a soddisfare il fabbisogno alimentare e gli operatori commerciali dovevano importare alimenti e materie prime per il settore industriale. Si parla di "secolo dei genovesi" poiché gli operatori avrebbero controllato il mercato dei capitali al servizio della corona spagnola. Lo Stato italiano che con maggior nettezza manifestò un distanziamento dalla politica spagnola fu la repubblica di Venezia. Nell'arco di un secolo i possedimenti e le colonie sparse lungo il mar Ionio e le isole greche furono persi sotto la pressione dell'impero turco, prima Cipro e poi Creta. I rapporti con la Chiesa di Roma furono
Spesso tesi perché la repubblica concedeva ai suoi cittadini un relativo grado di libertà di espressione. Lento ma progressivo declino che si manifestava nelle attività produttive e commerciali e nello stesso armamento navale. Ai motivi di ordine economico si accompagnava la complessità di un sistema politico articolato in un numero enorme di magistrature e uffici. Un modello diverso fu quello del Granducato di Toscana. L'avvento della dinastia medicea risaliva alla caduta della repubblica che governò Firenze tra il 127 e il 1530, dovuta all'opera del papa Clemente VII che da tempo cercava di riportare al potere i Medici con l'aiuto dell'imperatore Carlo V. L'asse tra la Toscana medicea e gli Asburgo di Spagna si consolidò con il matrimonio di Cosimo con Eleonora figlia di Don Pedro de Toledo viceré di Napoli. Le manifatture tessili, da sempre il motore dell'economia industriale fiorentina, alla metà del
riferimento principale il porto di Ancona. La situazione sociale era caratterizzata da una netta divisione tra nobiltà e popolo. La nobiltà, composta principalmente da famiglie aristocratiche, deteneva il potere politico ed economico, mentre il popolo era costituito principalmente da contadini e artigiani. La Chiesa cattolica esercitava un forte controllo sulla vita religiosa e culturale della popolazione. La situazione economica e sociale del Seicento era quindi molto complessa e caratterizzata da profonde disuguaglianze.Riferimento il porto di Ancona.
Capitolo 13- La Francia dell'assolutismo: da Enrico IV a Luigi XIV
Le guerre di religione
In Francia si diffondevano le dottrine calviniste, contro le quali si inasprisce la repressione con l'ascesa al trono di Enrico II. La pace di Cateau-Cambresis (1559) con la Spagna avrebbe permesso alla Francia di affrontare gli ugonotti (calvinisti francesi).
Alla morte di Enrico II gli succede il figlio Francesco II, sposato con Maria Stuart. Lei, nipote dei Guisa, e sotto l'influenza della regina madre, che diffida di Antonio di Borbone (primo principe di sangue al quale andrebbe un ruolo primario nel caso di un sovrano fanciullo), ponte il regno nelle mani di Francesco di Guisa del partito cattolico.
Caterina de' Medici mantiene il governo effettivo della Francia. Quando Gaspard de Coligny presenta a Caterina de' Medici nel 1562 il quadro della diffusione del movimento ugonotto (del quale è uno dei capi), parla di 2500 chiese.
calviniste distribuite soprattutto nel sud e nel centro. Aderiscono al calvinismo molti principi di sangue. Antonio di Borbone ha simpatie calviniste, un suo fratello è cardinale e l'altro, capostipite dei principi di Condé è ugonotto; i Montmorency sono cattolici, ma un ramo della famiglia è riformato.
Prima guerra di religione (1562-63) -> si arriva alla guerra dopo vari avvenimenti dei mesi precedenti: primo editto di tolleranza (culto pubblico al di fuori dei centri urbani, culto privato nelle città) promulgato da Caterina de Medici; strage di Vassy: al passaggio del duca di Guisa, capo della fazione cattolica, settanta ugonotti in preghiera sono uccisi; Filippo II con i Guisa, Elisabetta I con il Condé. Il principe di Condé occupa Orléans e prende avvio la guerra; 1563 - Editto di Amboise secondo editto di tolleranza, più restrittivo. Morte del duca di Guisa.
Seconda guerra di religione (1567-68) -> massacro di cattolici
a Nimes; battaglia di Saint-Denis, sconfitta ugonotta; decreto di espulsione di tutti i pastoriprotestanti dalla Francia; 1568 – pace di Longjumea