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IL GRANDUCATO DI TOSCANA
Già nel capitolo VIII abbiamo parlato dell'abile e fortunata politica interna ed esterna di Cosimo I de Medici (1537-74) e dei successi da lui riportati nell'ingrandimento territoriale e nel riordinamento amministrativo ed economico del suo stato, assieme anche alla rinascita di una certa attività marinara e a un impulso ai lavori di bonifica dell'agricoltura e di estrazione di ferro. Considerato con crescente sospetto dalla Spagna, malgrado il contrario di quest'ultima, Cosimo I ottenne la concessione del titolo di Granduca di Toscana (1569) da papa Pio V.
Degno continuatore dell'opera il figlio Ferdinando I (1587-1609) salito al trono toscano dopo la morte del fratello maggiore Francesco (1574-87): continuando la politica di progressiva riconquista della propria autonomia dal vassallaggio spagnolo già avviata dal padre, Ferdinando I appoggiò infatti la ricostruzione dello stato francese sotto Ernico IV.
Favorendone la conversione al cattolicesimo. Asuggellare lil riavvicinamento politico con la Francia il matrimonio tra il sovrano francese e la nipote di Cosimo, Maria de Medici. Era ovvio che però tutte le iniziative del granduca non potevano bastare a impedire che l'antico primato finanziario e industriale di Firenze rimanesse un lontano ricordo, con i traffici ormai spostati su Amsterdam e sull'Atlantico: la Toscana, anzi, da paese prevalentemente industriale e mercantile, si trasformava irreversibilmente in un paese in maggioranza agricolo, di scarso peso nella vita economica Europea.
6. LO STATO DEI SAVOIA
Rientrando nel 1559 nei suoi domini, Emanuele Filiberto (1553-80) si trovava davanti a uno spettacolo davvero sconfortante: il peso politico dello stato sabaudo, mai stato troppo forte, si era addirittura annullato sotto il padre Carlo III; le forze militari francesi e spagnole presidiavano le fortezze, mentre le campagne erano desolate dalle guerre e dagli
Alloggiamenti dei soldati prepotenti e saccheggiatori. La politica italiana di EF riuscì a conseguire risultati notevoli.
Le difficoltà dello stato francese, costringendo questo a rinunciare alla tradizionale politica espansionistica italiana, resero possibile al duca di Savoia di ottenere lo sgombero delle guarigioni in Piemonte sia dai francesi che dagli spagnoli.
Spostamento della capitale a Torino, a indicare l'interesse dei Savoia per il suolo italiano piuttosto che francese.
Riordinamento in senso burocratico-assolutistico dell'amministrazione statale: incremento finanze grazie a un inasprimento fiscale, compensato però dal miglioramento della sicurezza pubblica e della giustizia e da una serie di provvedimenti per l'agricoltura, la bonifica e la rinascita dell'industria serica.
Per la prima volta lo stato sabaudo mostrava interesse per i problemi marini attraverso due piccoli ingrandimenti territoriali nella contea di Tenda e a
Oneglia: sul modello toscano, un ordine cavalleresco analogo a quello di Santo Stefano venne poi costituito per la lotta contro i pirati barbereschi, l'ordine di S. Maurizio.
Dato che l'inasprimento fiscale non bastava ancora a dare al duca i mezzi necessari per mantenere un forte esercito mercenario, come la sua posizione stretta tra le due grandi monarchie di Spagna e Francia richiedeva, Emanuele ricorse all'istituzione di una milizia nazionale simile a quella già introdotta in Toscana da Cosimo I.
Alla morte di Emanuele Filiberto succedeva al trono di Savoia il figlio Carlo Emanuele I (1580-1630), che invece di continuare la politica di pace del padre incominciò presto a gettare il paese in una serie di avventure politico-militari, dagli scarsi risultati concreti ma utili per riaffermare, per la prima volta in Italia, la sensazione di un qualche peso della dinastia dei Savoia nelle vicende della penisola.
Gli esordi della politica di CE I si svolgono
ancora nell'ambito dell'orbita politica della Spagna: approfittando infatti del caos creato dalle guerre di religione, egli si impadronisce nel 1588 del mascherato di Saluzzo, che il trattato di CC aveva lasciato alla Francia. La guerra ingaggiata con Enrico IV termina nel 1601 con la PACE DI LIONE: l'estensione e il valore economico delle terre cedute (Bresse, Burey e Gex) sono senza dubbio superiori a quelle del piccolo marchesato, il cui possesso però contribuisce a ribadire l'orientamento sempre più deciso verso l'Italia e la pianura padana già iniziato da Emanuele Filiberto. 7. LO STATO PONTIFICIO Dalla seconda metà del XVI secolo, le esigenze della Controriforma ponevano il Papato nella necessità di assecondare quasi senza eccezione l'azione di Filippo II, non permettendo alcuna sostanziale indipendenza nel gioco politico internazionale. Nella politica interna, lo Stato Pontificio si presentava come uno deiPiù estesi e popolosi d'Italia, e l'indirizzo assolutistico del governo papale aveva avuto effetti sensibili già prima della pace di Cateau Cambresis: le signorie erano scomparse, le autonomie comunali ridotte e lo stesso baronato romano cominciava a farsi più remissivo.
L'instaurazione dell'assolutismo nello Stato pontificio sortì tuttavia effetti meno positivi che negli stati di Savoia e dei Medici, non disponendo di una dinastia capace di imprimere una direttiva continua e costante all'azione di governo: ciascun papa giungeva al trono in età avanzata, i pontificati duravano pochi anni e i familiari del papa andavano a gara a ottenere incarichi amministrativi e di governo considerandoli semplicemente come buona occasione per arricchirsi prima della successione.
Malgrado gli sforzi, perciò, lo Stato Pontificio rimase tradizionalmente uno dei peggio amministrati e più disordinati d'Italia al tempo stesso.
Le grandiose costruzioni e la politica fiscale assai oppressiva mal siconciliava alla crescente povertà del paese.
Dai papi della seconda metà del XVI secolo, dopo Pio IV e Pio V (1559-1565 e 1566-1572) successe Gregorio XIII, a cui si deve la riforma del calendario (calendario gregoriano) che poneva termine all'antico calendario giuliano. A Gregorio XIII seguì Sisto V: tra i pochissimi papi del suo tempo che tenessero una certa indipendenza verso la Spagna, Sisto V ebbe anche il merito di promuovere una riorganizzazione dell'amministrazione della Curia Romana e una grande attività edilizia.
Mediocri e sottomessi alla politica spagnola si presentarono invece i pontefici seguenti: degno da ricordare solo Clemente VIII (1593-1605), che cercò di svolgere una politica di equilibrio internazionale assolvendo Enrico IV dalla scomunica, favorendo la pace di Vervins, perseguendo rigidamente l'eresia e lasciando traccia all'interno dello
Stato Pontificio rivendicando il possesso di Ferrara.
8. GENOVA E GLI STATI MINORI DELLA PENISOLA
Porto naturale di Milano, Genova era avvezza da qualche secolo a considerare le proprie sorti comelegate direttamente a quella del ducato milanese: signora della Lombardia, la Spagna si trovava perciò adesercitare senza alcun contrasto una sorta di protettorato sulla repubblica genovese. Alla debole strutturapolitica dello stato faceva riscontro tuttavia la floridezza economica della sua città, favorita dallanecessità della Spagna di importare persisti e prodotti: finanzieri genovesi guadagnarono sommefavolose nei prestiti coi re cattolici, invasero commercialmente i mercati spagnoli, specularono sugliarruolamenti di soldati nelle guerre di Fiandra e sulla necessità per gli spagnoli di tenere squadre navalinel Mediterraneo per la sicurezza delle coste e del traffico dai corsare barbereschi.
Cuore della vita finanziaria della repubblica era il Banco di San Giorgio.
Espressione dell'oligarchia finanziaria della città da cui dipendeva direttamente la Corsica, il maggiore dei possedimenti genovesi: quest'ultima tuttavia mal sopportava il dominio genovese, a cui era stata consegnata dopo la pace di Cateau Cambresis, e nel 1564 scoppiò una rivolta domata solo nel 1569, facendo però passare l'isola dalla gestione del Banco di San Giorgio allo stato.
Se la repubblica di Genova malgrado patrimoni cospicui aveva tanta poca saldezza politica e tanta scarsa autonomia verso la politica spagnola, ancora più fragile si presentava la condizione dei tanti minuscoli staterelli nella penisola: vassalli obbedienti della Spagna si mantenevano dunque i Farnese duchi di Parma, i Gonzaga duchi di Mantova e Monferrato, i Della Rovere, duchi di Urbino e la Repubblica di Lucca. La crisi francese lasciava però pericolosamente isolata la dinastia estense, tradizionalmente alleata dei Valois: estintosi nel 1598 il ramo cadetto.
della dinastia, fu così possibile per Clemente VIII rivendicare alla Chiesa il dominio su Ferrara, mentre gli Este si ridussero al possesso di Reggio e Modena. XIII. L’età della guerra dei Trent’anni Con “età” si connota un cinquantennio -la prima metà del XVIII secolo- di complesse vicende politiche e sociali europee, che la Guerra dei Trent’anni (1618-1648) permette di riannodare nei suoi elementi costitutivi: i conflitti religiosi nati dalla Riforma luterana, lo scontro tra UK, altre potenze europee riformate e Spagna cattolica, la revisione della pace di Augusta stipulata nel 1555 tra cattolici e luterani e, infine, la decadenza della stessa Spagna, dove la corona da Filippo II passò a Filippo III (1598-1621), e da lui a sovrani ancora più inetti. La guerra vide una prima fase favorevole agli Asburgo e al loro progetto di imporre nei domini l’uniformità religiosa, condizione ritenuta essenziale per unControllo efficiente dei territori a loro legati: la battaglia della Montagna Bianca assicurava agli Asburgo il controllo della Boemia, la ricattolicizzazione della popolazione e delle élite locali e l'imposizione del tedesco come lingua ufficiale. Le fasi successive della guerra, che vide il costituirsi di articolati fronti antiasburgici, si intrecciano con le ultime fasi della rivolta olandese contro la dominazione spagnola, l'apogeo della potenza svedese e l'avvio di un lungo periodo di crisi (rivolta della Catalogna, ribellione scozzese, crisi sistema politico inglese innescata dall'indirizzo assolutistico della nuova dinastia Stuart e rivolte a Napoli e in Sicilia).
Non a caso la storiografia internazionale discuteva di una "crisi generale" del Seicento, identificando come sue cause scatenanti i mutamenti del sistema economico (feudalesimo -> capitalismo), i mutamenti del sistema politico (scrollamento tra corona e paese), i...
hanno coinvolto l'Europa nel XVII secolo. Durante questo periodo, l'Europa fu dilaniata da conflitti religiosi tra cattolici e protestanti, che portarono a una serie di guerre e scontri violenti. Questi conflitti religiosi ebbero un impatto significativo sull'ambiente, causando raffreddamento climatico, diminuzione della produzione agricola e calo demografico. Inoltre, l'impatto economico e sociale di questi conflitti fu enorme. Un evento importante che si verificò durante questo periodo fu la guerra dei Trent'anni, che durò dal 1618 al 1648. Questa guerra coinvolse molte nazioni europee e fu principalmente una guerra religiosa tra cattolici e protestanti. La guerra dei Trent'anni ebbe conseguenze disastrose sull'ambiente, con la distruzione di molte terre agricole e la perdita di vite umane. Le vicende che coinvolsero l'Europa nel XVII secolo furono complesse e variegate. Oltre alla guerra dei Trent'anni, ci furono anche altre guerre e conflitti che ebbero un impatto significativo sull'ambiente e sulla società. Questi eventi storici sono importanti per comprendere le sfide che l'Europa affrontò durante questo periodo e per capire come i conflitti religiosi e la crisi ambientale si intrecciarono e si influenzarono reciprocamente.