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L'ESPULSIONE DALLA SPAGNA

Le drammatiche vicende degli ebrei sefarditi in Italia vanno inserite nel contesto generale della storia europea, nella quale il trattamento riservato a questa minoranza attiva e intraprendente da alcuni stati cattolici fu più dura, come Spagna e Portogallo.

1492: re cattolici di Spagna emanano a Granada un editto che imponeva a tutti gli ebrei del Regno Iberico di lasciare il paese -> atto finale di una serie di persecuzioni, stragi e conversioni forzate iniziate nel XIV secolo. Parallelo irrigidimento della legislazione in direzione di una più netta separazione tra ebrei-cristiani e di un severo controllo sui conversos, accusati di giudaizzazione e omicidio rituale. Per azione congiunta della monarchia e dell'inquisizione spagnola fu emanato infine l'editto di espulsione.

Ragione profonda che risaliva lontana nel tempo. Le conversioni di massa del 1391 avevano creato un inedito problema ai "vecchi" cristiani spagnoli.

dal momento che i convertiti avevano iniziato a penetrare massicciamente in alcuni settori della vita economica e pubblica dai quali erano prima stati esclusi, suscitando invidie e risentimenti: a partire dal Quattrocento accusa di marranesimo per fermarne l'ascesa con le leggi di limpieza de sangre, che impedivano l'integrazione dei neocristiani escludendoli da incarichi e professioni in base alla loro anche antica ascendenza ebraica (macchia originaria). Un'apposita istituzione, l'Inquisizione, stabilita dal 1478 iniziò a perseguire l'eresia dei cristiani sospetti di ebraismo, anche se il nodo centrale che portò alle espulsioni ebree era costituito dalla preoccupazione di evitare pericolose "contaminazioni". Di conseguenza, le espulsioni del 1492 trovano chiave di lettura nelle conversioni di massa del 1391: una volta fallita la strategia politica della conversione generale degli ebrei spagnoli e di cacciata dei non convertiti, il

Il problema ebraico si sarebbe risolto con l'integrazione, sia pur in una condizione subordinata, dei convertiti cristianizzati. Diverse motivazioni dell'editto di espulsione, tra cui la necessità politica dell'omogenizzazione nazionale e religiosa. Interessanti però le conseguenze della cacciata, che poneva fine alla presenza, durata 15 secoli, degli ebrei spagnoli nel paese e che costrinse all'emigrazione circa 150.000 individui: dopo il fallimento del progetto di conversione totale, ebrei specializzati in diverse attività si diressero verso Portogallo, Africa settentrionale, Impero ottomano, Balcani, Europa orientale e Polonia. Paradossale la vicenda in Portogallo, dove arrivarono nel 1492 la maggior parte dei profughi spagnoli, ma che già nel 1496 furono espulsi con un decreto reale e sottoposti a un battesimo forzato: nascita della "questione portoghese" con ruolo determinante nelle varie comunità ebraiche in UE.

Le ragioni che spiegano la resistenza in Portogallo del cripto-giudaismo - a differenza della Spagna - si possono trovare nell'assenza dell'Inquisizione fino al 1536; inoltre i convertiti portoghesi erano per la maggior parte ebrei spagnoli che avevano preferito l'esilio alla conversione e dunque molto più motivati e fedeli al loro passato di quelli rimasti in Spagna. Con il passare del tempo, tuttavia, il problema del controllo dei comportamenti religiosi dei nuovi cristiani si fece più impellente anche in Portogallo, portando molti ebrei a lasciare il paese e tornare all'ebraismo, specie dopo la nascita dell'inquisizione. Ma ovunque i marrani andassero, la loro religione si fondava su una trasmissione segreta a livello individuale e parentale, che con il passare del tempo finì per produrre una cultura specifica e una forte identità di gruppo. GLI ARRIVI IN ITALIA Una forte corrente migratoria iberica (sefarditi) approdò in Italia.

Italia a Roma, Venezia, domini estensi e Toscana insieme a ebrei tedeschi - il cui flusso era iniziato già nel XIV secolo in seguito a espulsioni e persecuzioni dopo la grande peste del 1348 - e "italiani", ovvero residenti di lunga data. Le coabitazioni furono frequenti e spesso non facili tra i diversi nuclei "nazionali": usi, cultura e comportamenti potevano essere anche molto diversi tra i tre principali gruppi di ebrei in Italia, ma il vero problema di convivenza fu scatenato dall'arrivo in massa dei sefarditi provenienti dalla penisola iberica.

SCONTRI, CONTESTE E OSTILITÀ

I rapporti tra ebrei italiani e sefarditi provenienti dalla penisola iberica a partire dal 1492 furono improntati a forti rivalità, incomprensioni e ostilità reciproche, frutto sia di marcate differenze culturali, linguistiche e sociali, sia da ragioni economico-sociali (concorrenza finanziaria e commerciale) che di mentalità (senso di).

superiorità sefarditi e diffidenze reciproche) italiani e sefarditi costituivano dunque due realtà diverse, segnate da conflitti di identità, contrasti e differenze culturali e costrette a convivere fianco a fianco nei ghetti da lì a poco. Esempi di tensione non solo ad Ancona dopo il rogo dei marrani ma anche a Genova (angherie), in Piemonte e Venezia, dove gli ebrei italiani cercarono di impedire la stabile residenza degli iberici in città e nel ghetto. Cattiva accoglienza anche a Roma, dove nel 1493 gli ebrei romani chiesero al pontefice di respingere i sefarditi in arrivo.

Il fenomeno era dunque generalizzato ed esteso, così come l'immagine negativa dell'ebreo sefardita: nascita dello stereotipo del marrano quale "traditore e uomo senza religione, né cristiano né ebreo" (contrasti tra ebrei romani, italiani e spagnoli mantenuti per tutto il Cinquecento).

CONFLITTI, ACCORDI E CONVIVENZE: IL CASO EMBLEMATICO

DI ROMA

Al fine di approfondire le tipologie e modalità dei conflitti che opposero i nuovi immigrati agli ebrei già residenti in Italia, e anche le soluzioni che vennero trovate per avviare una convivenza tra le varie componenti etniche, va evidenziato il caso di Roma, il più emblematico.

Fin dal Quattrocento la Universitas iudaerum in Urbe, riconosciuta ufficialmente dai pontefici, era organizzata minutamente con luoghi di culto e un consiglio generale di ebrei adulti, organo ufficiale di collegamento con altre comunità/autorità pontificie e impegnato nella riscossione e gestione dei carichi fiscali sulla comunità e nella garanzia dell'ordine interno. Ma dal 1496 accanto all'organizzazione comunitaria originaria romana sorsero l'organizzazione della comunità spagnola, che cercava così di sottrarsi al governo della componente italiana; esistevano inoltre un'analoga associazione degli ebrei francesi e

tedeschi Acutezza conflitti tra le varie "nazioni" mostrata dal proliferare di questi organi separati; tensioni che si trascinarono per decenni innescando un alto tasso di litigiosità tra forestieri e romani, e tra gli stessi forestieri. Sefarditi inoltre più numerosi e solidi economicamente, occupavano le posizioni sociali più alte e dominavano economicamente il vecchio gruppo autoctono. Le infinite controversie che continuarono a lacerare il complesso degli ebrei di Roma durante i due primi decenni del Cinquecento, soprattutto riguardo agli incarichi comunitari e alla ripartizione delle tasse, indussero papa Clemente VII a cercare una mediazione nel 1524: elementi di dissidio la volontà dei romani di mantenere il controllo sulla gestione amministrativa dell'Università (e dunque sulla ripartizione delle contribuzioni) e divisione dell'intero complesso in gruppi economici con una gerarchia sociale e di potere, al cui vertice si.Collocavano i banchieri Capitoli di Daniel da Pisa, che stabilivamo una più equilibrata presenza negli organi direttivi dellacomunità tra le diverse componenti di romani e forestieri, per correggere la preponderanza dei primi nei poteri gestionali. Trona qui il tema dell'appartenenza etnica come criterio per la ripartizione delle cariche) Capitoli che non posero fine a conflitti su varie materie ma con il bilanciamento degli incarichi tra nazioni e gruppi sociali riuscirono nell'intento di costruire un sistema abbastanza stabile e un'integrazione tra i diversi nuclei di immigrati edi originari (comune residenza e condivisione lingua). Rimasero invariati fino al 1870. Da rilevare però che, nonostante i disagi provocati, l'arrivo dei profughi a Roma non contribuì solo a un forte aumento demografico né causò solo scontri: esso infatti ebbe anche effetti positivi, determinando la ripresa dell'attività.economica ebraica dopo una fase di depressione e stasi, con lo sviluppo del prestito ebraico in città el'aumento del numero di banchi. In risposta a tale fenomeno preoccupante per la società cristiana, anche a Romanacque nel 1539 il Monte di Pietà, che doveva arginare il fenomeno del prestito ebraico, i cui banchi vennero definitivamente chiusi nel 1682. Significativa anche per realtà diverse da quella romana fu pure la questione della presenza nella Roma di fine Quattrocento e inizio Cinquecento dei conversos spagnoli e dei marrani giudaizzanti, con cui i primi spesso erano identificati: fin dal 1498 processo per marranesimo, seguito da autodafé per motivazioni religiose e politiche, oltre che funzionali all'ottenimento di cospicue somme dai ricchi accusati. Resta ancora da approfondire l'interessante questione della presenza di cripto-giudei e giudaizzanti nella città papale, sottolineando sia l'attenzione costante cheRoma rivolgeva ai marrani, sia il tentativo di controllarne attività/movimenti vigilando sulle compiacenti politiche di Venezia, Pisa e Livorno. MARRANI A ROMA: PEDRO FURTADO E JACOME DE FONSECA Benché poco noto rispetto al ruolo assunto da Venezia, Ferrara, Livorno e Pisa negli itinerari marrani in Italia, emerge anche un ruolo inaspettato di Roma: nell'urbe, infatti, dimoravano a metà Cinquecento diversi rappresentanti dei nuovi cristiani portoghesi, che facevano parte di una vasta rete internazionale intenta a ostacolare il funzionamento dell'inquisizione nel loro paese d'origine e difendere i neoconvertiti rimasti in patria. Uomini come PF e JdF, entrambi originari del Portogallo e giunti a Roma nel 1543, tentarono di inserirsi nelle trattative diplomatiche e influire sulla politica papale. - Furtado. Dottore in medicina a Roma operò come procuratore dei nuovi cristiani. Figura chiave nella diffusione dell'invito di Cosimo de Medici.nel 1549 ai nuovi cristiani portoghesi di trasferirsi in Toscana. Fonseca. Guidato dalla volontà di difendere parenti e concittadini ma anche dal desiderio di maggiori guadagni economici, divenne anche lui procuratore e agente dei convertiti portoghesi. Attiv
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A.A. 2021-2022
31 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/02 Storia moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher appunti-liceo-e-criminologia di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia moderna e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Guerrini Maria Teresa.