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TRA CALAMITÀ NATURALI, RIFORME E RIVOLUZIONE (1734-1799)

Dal riformismo borbonico alla rivoluzione giacobina. L'avvento al trono napoletano di Carlo di Borbone, entrato vittorioso a Napoli nel 1734 e incoronato a Palermo nel 1735, destò nuove speranze nel regno, non più dipendente da un centro di potere esterno e in grado, quindi, di utilizzare le risorse locali per il proprio sviluppo. Dopo circa cinque secoli, inoltre, la Sicilia era politicamente unita al Mezzogiorno peninsulare e ciò costituiva un vantaggio per la Calabria che, data la sua posizione geografica, non era più un'appendice periferica ma si collocava ora al centro della nuova entità statale. Con l'ausilio di collaboratori provenienti, in parte, dalla Toscana e guidati dall'abile ministro Bernardo Tanucci, il nuovo re intendeva rimodernare le vecchie strutture dello stato meridionale. Le innovazioni introdotte da Carlo investirono aspetti essenziali.

dalle istituzioni all'economia alla finanza. Quelle di carattere istituzionale mirarono a rendere più accentrata la struttura del governo attraverso la funzione preminente in termini decisionali attribuita al Consiglio di Stato mentre il Consiglio Collaterale (espressione di interessi settoriali) fu sostituito dalla Real Camera di S. Chiara, organo con compiti meramente consultivi. In campo economico, per rendere più snelle le procedure commerciali, fu istituito nel 1739 il Supremo Magistrato del Commercio, composto da magistrati, tecnici, commercianti e banchieri, e si cercò inoltre di ricostituire il patrimonio regio. Riforme incisive furono effettuate soprattutto in ambito fiscale. Fu promossa una nuova numerazione dei fuochi (l'ultima risaliva al 1669) per aggiornare il carico tributario da distribuire tra le università del regno, e nel 1741 fu stipulato un Concordato con la Santa Sede che stabilì di sottoporre per intero al pagamento delle

imposte i beni acquisiti dagli ecclesiastici dopo quella data, e per la metà del loro valore quelli posseduti in precedenza. La completa realizzazione dell'azione riformistica intrapresa da Carlo fu ostacolata dalla resistenza dell'alto clero, della grande nobiltà feudale e della nobiltà cittadina che non volevano rinunciare alle loro tradizionali prerogative e si coalizzarono in occasione della guerra di successione austriaca (170-48) che vide di fronte Spagna e Austria, e a cui il regno di Napoli prese parte per l'alleanza che lo legava alla potenza iberica. Carlo dovette cercare l'appoggio economico e militare di baronaggio, Chiesa, patriziato urbano e fu costretto a cedere alle loro pressioni, modificando o revocando alcuni provvedimenti finalizzati all'accentramento del governo dello stato. I tentativi riformistici ripresero alla fine degli anni '40 del '700 - dopo il successo riportato a Velletri nel 1744 contro.

gliaustriaci che impedì l'invasione del regno. Nel 1759 Carlo fu chiamato a succedere al fratello Ferdinando VI sul trono spagnolo e lasciò la corona napoletana al figlioletto Ferdinando IV, sotto un Consiglio di reggenza in cui grande peso fu riservato a Bernardo Tanucci, che proseguì la sua linea politica. Dopo essere divenuto maggiorenne, il nuovo re continuò ad avvalersi dell'appoggio del ministro toscano, poi sostituito con il Marchese della Sambuca; Ferdinando IV intensificò l'azione riformatrice, cercando di assecondare i progetti della corrente illuministica napoletana composta da intellettuali come Ferdinando Galiani, Antonio Genovesi, Gaetano Filangieri i quali promossero, nel 1779, la fondazione della Reale Accademia di Scienze e Belle Lettere e nel 1782 del Supremo Consiglio delle Finanze, organo coordinatore dell'azione riformatrice borbonica. Nell'ultimo decennio del '700, la diffusione delle idee della

Rivoluzione francese spinse FerdinandoIV ad aderire ad una coalizione antifrancese, nel tentativo di impedire l'affermazione degli ideali giacobini e la penetrazione delle armi rivoluzionarie nel suo regno. Nel 1798 avanzò con le truppe entro i confini della repubblica romana ma fallì e fu costretto a fuggire in Sicilia mentre a Napoli nel 1799 veniva proclamata la Repubblica.

Giuseppe Logoteta. Il "progetto di decretazione" (1799): A Napoli il 21 Gennaio 1799 viene proclamata la Repubblica dando lettura di un testo redatto materialmente, nel castello di Sant'Eramo, dal giacobino reggino Giuseppe Logoteta, poi martire della repressione borbonica. Nel testo, suddiviso in 11 articoli, viene specificato che i patrioti napoletani dichiarano decaduto dal trono Ferdinando, colpevole di aver tiranneggiato il regno per circa 40 anni e aver attentato alla libertà della Repubblica romana, per poi fuggire vergognosamente; viene proclamata la Repubblica.

Basata su libertà ed eguaglianza; viene dichiarata riconoscenza alla Repubblica francese, grazie al cui esercito il tiranno era stato sconfitto; la Repubblica si mostra pronta a trattare con le altre repubbliche italiche, come Genova; si promettono ai militari che stanno servendo la repubblica, meriti e riconoscimenti; la Repubblica si addossa il debito pubblico, dichiarandolo debito nazionale, e si formerà una commissione di cittadini esperti per valutare la situazione; si chiede, infine, alla Repubblica francese di inviare 4 o 5 legislatori per formare la costituzione. Il documento viene sottoscritto dai generali Moliterni e Roccaromana.

Incremento demografico e riforme economiche tra peste, carestia e terremoto. Nel corso del '700 era proseguita e si era intensificata nel Regno la ripresa demografica, come si evince anche dai cosiddetti "calendari di corte", elenchi dei fedeli delle singole parrocchie stilati dai parroci: confrontando le cifre del 1669 con

Quelle del 1796, ne risulta una popolazione complessiva di circa 5 milioni di abitanti rispetto ai 2 di metà '600. Anche la Calabria fu partecipe di questo aumento demografico, che ebbe però ritmi e intensità diverse nelle varie aree: lungo la costa tirrenica reggina vi fu un balzo formidabile, mentre sul versante opposto, il Marchesato di Crotone fu interessato in maniera marginale. A livello cronologico possiamo distinguere tre periodi relativamente al movimento demografico calabrese:

  1. Dal 1669 al 1732 (unica numerazione fiscale effettuata dal governo austriaco) vi fu una sostanziale stagnazione demografica;
  2. Dal 1732 al 1765 (primo calendario di corte) vi fu un forte incremento demografico che portò la popolazione a raddoppiarsi, raggiungendo le 700 mila unità;
  3. Dal 1765 al 1796 la popolazione continuò ad aumentare ma ad un ritmo più lento. Ciò fu dovuto a causa di due gravi calamità che colpirono la regione:
carestia della metà degli anni ’60, aggravata da una serie di perturbazioni meteorologiche2. Il terremoto del 1783 con epicentro vicino ad Oppido, che rase al suolo numerosi centri abitati della Calabria centro-meridionale e provocò oltre 30 mila morti(3. Più circoscritti erano stati 40 anni prima gli effetti della peste che tra il 1734 e il 1744 colpì il reggino. Per impedire la diffusione fu predisposto un cordone sanitario, cioè un blocco che isolò la parte meridionale della Calabria con gravi danni per le attività economiche).

Il riordinamento del sistema fiscale promosso da Carlo si basava esclusivamente sulle imposte dirette, determinate attraverso la redazione da parte delle singole università di un nuovo catasto, detto “onciario” perché i redditi annui venivano capitalizzati in once (moneta nominale pari a 6 ducati o 60 carlini). Oltre alle once dei beni (5% immobili, 10% animali), nel catasto erano

Riportatele once da lavoro, che era tenuto a pagare chi esercitava un lavoro manuale o professionale (12 once braccianti e pastori, 14 massari, artigiani e mercanti, 16 professionisti in genere). Un'altra imposta personale era il "testatico", da cui erano in parte esenti i nobili viventi (cioè chi viveva di rendita: nobili di seggio e benestanti), primo dei tre ceti in cui era suddivisa la popolazione; gli ecclesiastici non pagavano nessun tributo personale, e godevano della franchigia di 600 ducati per i beni immobili, a differenza degli enti ecclesiastici (tassati secondo il Concordato del 1741). Alla compilazione del catasto sovrintendeva una commissione composta da 6 'deputati', due per ogni ceto, eletti dal parlamento dell'università. Il catasto comprendeva:

  • L' "apprezzo", descrizione e valutazione dei beni immobili compilato da 4 esperti agrimensori (2 locali e 2 forestieri) scelti dall'università
  • Gli...

“stati delle anime”, elenchi dei membri delle singole famiglie fornite dai parroci

Gli “atti preliminari”, inerenti alla nomina dei deputati e degli apprezzatori e alla definizione dei criteri da adottare nella valutazione dei beni

Le “rivele”, una sorta di dichiarazione dei redditi dei capifamiglia

L’onciario vero e proprio, dove erano sintetizzati i dati precedenti al fine di fissare il caricotributario dei singoli fuochi.

Anche se segnava un passo in avanti, la riforma fiscale borbonica era ancora lontana da una suddivisione equa delle tasse, e ciò provocò forti critiche da parte degli intellettuali e riformatori illuministi napoletani, che miravano ad un ammodernamento delle strutture economiche, attuabile solo con la soppressione dei privilegi ecclesiastici e feudali (che non fu possibile a causa delle resistenze del potente baronaggio e dei contrasti in seno agli stessi riformatori, divisi tra chi voleva solo eliminarne

Gli abusi e chi auspicava l'abolizione del feudalesimo e dei latifondi. Domenico Grimaldi. Come incoraggiare e migliorare l'agricoltura in Calabria Ultra (1770): gli illuministi napoletani attribuivano il divario tra il Mezzogiorno e le aree europee più sviluppate al degrado in cui versava l'agricoltura. Per questo molti scrissero saggi per dare consigli sulle piante da coltivare e le tecniche da adottare, come Domenico Grimaldi con il suo Saggio di economia campestre per la Calabria Ultra. Egli esorta i nobili a impegnarsi per coltivare al meglio le proprie terre, e renderle molto più produttive di quanto fossero all'epoca grazie alla conoscenza dei vari tipi di terreno (egli ne distingue 4), l'uso di macchine e tecnologie all'avanguardia e, soprattutto, la chiusura dei campi tramite mura o staccionate; in particolare egli consiglia di circondare il terreno di una folta siepe di spine, meglio ancora di ginestra spinosa, che ripara le

colture e protegge il terreno da ogni specie di animale o bestiame che possa provocarvi danno. In questo modo, come avveniva già in Inghilterra e in molte altre nazioni, il valore delle terre sarebbe duplicato e triplicato. La confisca dei beni
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Publisher
A.A. 2019-2020
17 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/02 Storia moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher irenepratico di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia moderna e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Caridi Giuseppe.