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L'ETÀ ARAGONESE. RIVOLTE E DECLINO POLITICO-MILITARE DEL BARONAGGIO, SPERANZE E DELUSIONI DELLE COMUNITÀ CITTADINE (1443-1497)

Rivolte baronali e repressione regia. Nel 1444, pochi mesi dopo che Alfonso era salito al trono scoppiò in Calabria una rivolta antiaragonese capeggiata da Antonio Centelles, viceré di Calabria. Egli, timoroso di un'imminente punizione da parte del sovrano, a causa di una sua precedente insubordinazione, decise di ribellarsi. Tempo prima, infatti, Alfonso aveva incaricato il Centelles di guidare le trattative matrimoniali tra Enrichetta Ruffo, figlia di Niccolò Ruffo, marchese di Crotone e conte di Catanzaro, e Innigo Davalos, viceré di Napoli e marchese di Pescara. Per convincere Niccolò Ruffo a passare dalla sua parte, Alfonso aveva acconsentito alla sua richiesta di poter trasmettere tutti i suoi beni alla figlia Enrichetta (in mancanza di eredi maschi sarebbero rientrati per legge in possesso della corona).

a patto però che ella sposasse un uomo di sua fiducia e il sovrano indicò Innigo Davalos. Centelles tuttavia aveva trattato il matrimonio per se stesso, entrando in possesso di un vasto asse feudale in Calabria dove egli rafforzò ulteriormente la propria posizione attraverso matrimoni incrociati di tre sue sorelle con altrettanti esponenti della stessa casata. Ancora impegnato nella lotta di successione, Alfonso celò la sua collera verso il Centelles del cui aiuto militare aveva bisogno, riproponendosi di saldare i conti al momento opportuno. Dopo che Alfonso salì al trono, Centelles si recò a rendergli omaggio ma fu avvisato dell'intenzione del re di decapitarlo; così invertì la marcia e tornò nelle sue terre che provvide a mobilitare in attesa dello scontro. Alfonso fu costretto ad intraprendere una spedizione militare in Calabria e pose d'assedio tutti i territori del Centelles (come la città di Santa Severina) che,

In cambio della concessione di alcune grazie – sgravi fiscali, possibilità di non essere cedute in feudo – si arresero e si sottomisero al re. Lo stesso Centelles fu costretto ad arrendersi appellandosi alla clemenza del re che confiscò i suoi feudi ma gli risparmiò la vita. Nel 1458 il Magnanimo morì e salì al trono Ferdinando I, detto Ferrante. Anche sotto il suo regno, nel 1459, scoppiò una rivolta antiaragonese, capeggiata ancora dal Centelles e da Marino Marzano, principe di Rossano che, insieme ad altri baroni, si posero al sevizio di Giovanni d’Angiò (figlio di Renato). Anche la seconda rivolta fu repressa nel sangue. Tuttavia i nobili non si rassegnavano al ruolo politico-militare subalterno rispetto alla corona che l’avvento delle armi da fuoco aveva comportato. Nel 1485, scoppiò un’altra rivolta contro Ferrante, nel Regno di Napoli, su iniziativa di Antonello Sanseverino, principe di Salerno.

(appoggiato congiura dei baroni, da Innocenzo VIII): la cosiddetta che ebbe dei seguaci anche in Calabria, in particolare Gerolamo Sanseverino, principe di Bisignano. Nel giro di un triennio Ferrante fu in grado di domare la ribellione. I baroni che riuscirono a scappare si rivolsero al re di Francia Carlo VIII che nel 1494 intraprese una spedizione per la conquista del Regno di Napoli in cui, intanto, a Ferrante era succeduto Alfonso II. Il re francese riuscì ad impadronirsi del regno di Napoli ma la conquista fu breve. Il potere tornò presto agli aragonesi, sotto il potere di Federico d’Aragona, ma passò già alla fine del secolo nelle mani di Ferdinando il Cattolico, re di Spagna.

Grazie e promesse non mantenute dai sovrani alle università calabresi. Di fronte alle persistenti turbolenze feudali, i sovrani aragonesi cercarono l’alleanza delle università meridionali. Queste ultime erano gli organi amministrativi locali e avevano al loro vertice

I sindaci, scelti dal parlamento generale, i quali erano spesso assistiti dagli eletti. Degli eletti facevano parte, ad esempio, i tesorieri, responsabili dell'ordine pubblico, e i giudici a contratto che si occupavano degli atti notarili. Le cariche universitarie avevano durata di un anno e, alla fine del mandato, i sindaci e gli altri ufficiali erano sottoposti a sindacato, cioè alla verifica contabile del loro operato finanziario. La popolazione dei diversi centri abitati era divisa in due ceti: la nobiltà cittadina ed il popolo, diviso a sua volta in: civili e onorati (ossia il ceto medio: professionisti, artigiani, mercanti) e la plebe. Le università avevano il compito di distribuire il carico tributario attraverso la numerazione dei fuochi. Il libro delle tasse suddivisione avveniva attraverso il cosiddetto che, oltre ai tributi personali di testatico e industria, cui era sottoposta la popolazione maschile, indicava l'apprezzo, cioè la stima dei beni.

immobili e degli animali. Ilceto nobiliare, poiché viveva di rendita, era esente dalle tasse d’industria e inparte anche dalle tasse di testatico ma pagava le tasse sui beni mentre il cetoecclesiastico era totalmente esente. Il clero secolare, cioè quello sottopostoall’autorità vescovile, costituiva una componente numerosa nella realtàcalabrese i cui cittadini ambivano ad entrarvi per godere dei privilegi. Peraccedere al clero minore non vi erano discriminazioni di carattere economico,mentre per accedere ai voti sacerdotali era necessario possedere beni immobiliper un valore di 600 ducati: questo andava a costituire il patrimonio sacro chesarebbe servito per il sostentamento della Chiesa e che non era soggetto atassazione.

5. DA FERDINANDO IL CATTOLICO A FILIPPO II. CONSOLIDAMENTOMONARCHICO, CRESCITA DEMOGRAFICA ED ECONOMICA (1498-1598)Geografia feudale e compromesso tra corona e feudalità. Nel corso delle asprelotte per l’egemonia

Nel Mezzogiorno la feudalità calabrese riuscì a riacquistare un ruolo politico importante poiché ancora in grado di fornire importanti aiuti alle potenze belligeranti in cambio di concessioni di feudi e privilegi. Così, tra la fine del '400 e gli inizi del '550, si ridisegnò la mappa feudale della Calabria. In Calabria citra spiccavano:

  • L'asse feudale dei SANSEVERINO, principi di Bisignano;
  • Gli SPINELLI, principi di Cariati;
  • Gli ARAGONA, principi di Rossano;
  • Tra i feudatari ecclesiastici: l'ABBAZIA DI SAN GIOVANNI IN FIORE, l'ABBAZIA DI MONTECASSINO, l'ORDINE DI MALTA;
  • Tra le università demaniali: COSENZA e AMANTEA.

In Calabria ultra spiccavano:

  • I CARAFA, suddivisi nei tre rami dei Santa Severina, Nocera e Roccella;
  • CONSALVO DA CORDOVA, plenipotenziario e gran capitano di Ferdinando il Cattolico, che possedeva lo stato feudale di Terranova e Gerace;
  • I MARULLO, famiglia del patriziato messinese;

CARACCIOLO;- Tra i feudatari ecclesiastici: l'ABBAZIA DI S. STEFANO DLE BOSCO el'ARCIVESCOVO DI MILANO;- Tra le università demaniali: CROTONE, CATANZARO, REGGIO, TROPEA e TAVERNA.

Alla morte di Ferdinando il Cattolico salì al trono di Napoli il nipote Carlo d'Asburgo (figlio di Giovanna la Pazza e Massimiliano d'Asburgo) – a partire dal 1519 anche imperatore col nome di Carlo V. Carlo provvide a rafforzare le strutture politiche del regno di Napoli. Accanto alla figura del viceré, rappresentante politico e militare del sovrano, assunsero più potere le magistrature: il Consiglio Collaterale, dotato di competenze giuridiche, politiche e legislative (introdotto da Ferdinando nel 1507- tra i primi componenti: Andrea Carafa, Giambattista Spinelli, Ettore Pignatelli); il Sacro Regio Consiglio, suprema corte di giustizia; la Camera della Sommaria, che si occupava dell'amministrazione finanziaria del Regno. Conseguenza

dell'accentramento del potere nelle mani del re, processo portato avanti e rafforzato da Filippo II (subentrato nel 1556 al padre) fu la crescente marginalizzazione politica della nobiltà feudale. Espansione economica e crescita demografica. Oltre ai diritti giurisdizionali i signori esercitavano nei feudi anche i diritti proibitivi, cioè il monopolio delle strutture per la trasformazione dei prodotti agricoli. Una preziosa documentazione per conoscere l'andamento della rendita feudale è caratterizzata dai relevi, elenchi di introiti annui che i baroni dovevano presentare alla Camera Sommaria. Dall'esame dei relevi emerge che tra '400 e '500 vi fu un cospicuo aumento delle entrate e, in modo particolare, quelle legate alla produzione agricola. Dopo l'interruzione brusca (anni '80 e '90 del '500) causata dalla carestia, la crescita produttiva riprese per tutto il primo trentennio del '600. Un altro dato che ci conferma.

Questa ripresa economica è la produzione della seta, principale prodotto della Calabria, che veniva esportata grezza per il divieto di lavorazione imposto dal governo della regione (solo Catanzaro fece eccezione dal 1519). Ad un aumento della produzione corrispose ben presto un aumento demografico – come dimostrano le relazioni ad limina, documenti che i vescovi erano tenuti a inviare ogni 3 anni alla Santa Sede, relativi alle condizioni generali delle rispettive diocesi: risulta che tra il 1505 e il 1595 la popolazione aumentò da circa 49mila unità a circa 110mila. L'incremento demografico, però, interessò in particolare la Calabria ultra.

6. VERSO LA GRANDE CRISI. DALLA CONGIURA DI CAMPANELLA ALLA RIVOLTA MASANELLIANA (1599-1647) Ripercussioni dell'imperialismo spagnolo. Sul finire del '500 morì Filippo II e salì "privanza", al trono ispanico il figlio Filippo III, che inaugurò la prassi

dell'al'affidamento del governo effettivo degli stati spagnoli ad un 'privado' o favorito del sovrano. In quel periodo la Calabria fu al centro della scena politica meridionale per un tentativo di rivolta antispagnola promosso da Tommaso Campanella. Lasciata la Calabria, dove aveva subito una serie di processi per eresia, il frate domenicano vi fece ritorno nel 1598 e, usando il diffuso malcontento, acuito dalla crisi economica di quegli anni, elaborò un progetto di rivolta antispagnola, basato sulle sue idee politiche tendenti alla costituzione di una società a struttura comunista (idee espresse compiutamente nell'opera La città del sole). La congiura, che prevedeva l'appoggio da parte delle potenze nemiche della Spagna, fu però scoperta nel 1599 e duramente repressa. Campanella, fingendosi pazzo, riuscì ad evitare la pena capitale e fu condannato a 26 anni di carcere; una volta uscito emigrò in Francia dove svolse un

importante ruolo po

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Publisher
A.A. 2019-2020
18 pagine
3 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/02 Storia moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Pegasus.21 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia moderna e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Caridi Giuseppe.