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3. FONDAZIONE DEI PRIMI ROMITORI
Al periodo di solitudine, iniziato con il ritiro nell’eremo presso Paola, seguì, verso il 1435, l’arrivo
dei primi discepoli che avevano aiutato Francesco ad ampliare la struttura iniziale e costruire una
nuova chiesetta, per la quale era servita la licenza ufficiosa dell’arcivescovo di Cosenza, Bernardo
Caracciolo. Il numero di discepoli continuò ad aumentare; Francesco li educò a vivere in povertà,
castità e ubbidienza, osservando per tutto il tempo una vita quaresimale che prevedeva un regime
alimentare che proibiva carne, latticini e uova. Le abitudini quotidiane erano i digiuni e le afflizioni,
nella convinzione che la macerazione fisica fosse il presupposto necessario per l’elevazione
spirituale. Durante le diverse fasi della fondazione dell’eremo di Paola sono attestati numerosi
interventi miracolosi compiuti da Francesco per rendere più agevole il lavoro degli operai e
accelerare i tempi: tra questi, il trasporto di pietre molto pesanti, il reperimento di sorgenti d’acqua
sgorganti all’improvviso dalle rocce, la moltiplicazione di vivande, nonché le guarigioni dei molti
fedeli accorsi da lui, attratti dalla sua fama di taumaturgo.
4. ALTRE FONDAZIONI IN CALABRIA E IN SICILIA Con
la fondazione del primo romitorio fuori da Paola, a Paterno, si ha una svolta in Francesco che, da
una condotta eremitica sceglie di propagare la sua congregazione. Dopo Paterno, furono fondati
infatti romitori a Spezzano, grazie all’iniziativa di alcuni fedeli che, a nome della propria università,
offrirono a Francesco la disponibilità di un locale; al di fuori della diocesi cosentina, a Corigliano,
grazie all’offerta della potente famiglia dei Sanseverino, signori di un vasto asse feudale, che lo
invitarono a creare una comunità eremitica, oltre che in virtù della loro devozione, soprattutto per
accogliere un personaggio emergente in ambito religioso, molto amato tra i loro vassalli che, perciò,
sarebbero sati grati al signore feudale per aver promosso tale iniziativa. Il quinto romitorio fu
istituito a Crotone e il sesto a Milazzo; la popolarità del frate e dei suoi prodigi aveva raggiunto
anche la Sicilia e da Milazzo partì una delegazione che giunse in Calabria per convincere Francesco
a fondare un nuovo romitorio. L’attraversamento dello stretto è collegato ad un altro evento
miracoloso, di cui ci informano due testimoni: il nobile Pandolfo Barone di Soreto e il sacerdote
Bernardino Lovanaro di Arena; entrambi narrano che Francesco, giunto nei pressi di Catona, chiese
ad un barcaiolo di essere traghettato fino in Sicilia ma, poiché il frate non aveva soldi, egli si rifiutò;
Francesco, allora, avvicinatosi al mare, fece un segno della croce e cominciò a camminare sulle
onde. Bernardino fa una descrizione più dettagliata, indicando il nome del barcaiolo, il tipo di
imbarcazione e, rispetto a Pandolfo, fa riferimento ad un compagno con cui Francesco avrebbe
solcato le onde. Nessuno dei due, in ogni caso, fa riferimento al mantello che, secondo gli agiografi,
Francesco aveva disteso sulle onde camminandovi sora insieme ad uno o due compagni, scena che
sarebbe stata poi raffigurata in tutte le iconografie, con l’aggiunta del bastone del frate che fungeva
da albero maestro. Arrivato a Milazzo, Francesco rifiutò l’ospitalità predisposta nei lussuosi palazzi
nobiliari del luogo e si recò a dimorare in una modesta stanza dell’ospizio pubblico, dove rimase
fino alla costruzione dell’eremo. Anche in quest’occasione si ha notizia di episodi prodigiosi quali
l’alleggerimento dei massi per agevolare il trasporto dell’acqua che da salmastra si sarebbe
trasformata in dolce per dissetare gli operai.
5. RICONOSCIMENTO PAPALE
La fama di Francesco era giunta fino alla Santa Sede; per accertarsi meglio della condotta del frate
calabrese, nel 1467, il pontefice Paolo II prese l’iniziativa di mandare in Calabria il visitatore
apostolico Baldassarre de Gutrossis da Spigno che, giunto a Paola, nel luogo dove si trovava
Francesco, gli si avvicinò con l’intenzione di baciargli la mano; l’eremita, dando prova della sua
profonda umiltà, rifiutò quell’atto di deferenza, generalmente compiuto dai fedeli verso le autorità
ecclesiastiche. Ebbe quindi inizio l’interrogatorio con cui Baldassarre avrebbe dovuto rendersi conto
del tipo di vita praticata dall’eremita e soprattutto della compatibilità della sua condotta e dell’intero
movimento con la dottrina ufficiale della Chiesa. Baldassarre rimase colpito dal rigorismo ascetico
del frate e dalla sua capacità di affrontare, senza conseguenze negative per la salute, le privazioni di
ogni genere a cui quotidianamente si sottoponeva. Tutto ciò, unito al prodigio della brace ardente,
convinsero Baldassarre che Francesco e il suo movimento si muovessero pienamente nel solco della
dottrina cattolica e che on ci fosse alcun pericolo di deriva ereticale. Qualche anno dopo quella
visita, nel 1470, la comunità eremitica di Francesco avrebbe ottenuto il riconoscimento ufficiale da
parte dell’arcivescovo di Cosenza, Pirro Caracciolo che, con il diploma “Decet nos”, nominò
Francesco padre superiore e priore della congregazione. E dopo quattro anni, nel 1474, il nuovo
pontefice, Sisto IV, con la bolla “Sedes Apostolica”, concesse la sua approvazione alla
‘Congregazione dei poveri eremiti di S. Francesco d’Assisi’.
6. CONTROVERSO RAPPORTO CON FERRANTE
Solo nel 1473 si ha una prima attestazione dei rapporti intercorsi tra Francesco e il re di Napoli,
poiché in quell’anno Ferrante emanò in favore del frate calabrese un diploma che, oltre a
rappresentare un attestato di stima nei confronti dell’operato dell’eremita paolano, può considerarsi
un incentivo ulteriore all’intervento ufficiale di papa Sisto IV, in aggiunta alle suppliche rivoltegli,
qualche anno prima, dall’arcivescovo cosentino per velocizzare l’approvazione della Santa Sede. Di
contatti epistolari tra Francesco e Ferrante ci informa il nobile cosentino Francesco de Florio: alcuni
mesi prima della conquista turca di Otranto (1480), pare che Francesco avesse scritto a Ferrante per
consigliargli di ritirarsi dalla Toscana e prepararsi a fronteggiare la minaccia turca che incombeva
sulle coste, attraverso un accordo tra le potenze cristiane, sotto il patrocinio del Papa. Di lì a qualche
anno Ferrante avrebbe lasciato la Toscana e allestito un forte esercito, grazie anche alle risorse
finanziarie fornite dal papa Sisto IV, con cui riuscì a contrastare l’espansionismo islamico. In realtà,
non sembra che Ferrante, già consapevole della situazione, abbia dato particolare peso ai
suggerimenti di Francesco. Da qualche tempo, inoltre, il re aveva cambiato atteggiamento nei
confronti del frate passando dalla benevolenza ad una crescente diffidenza, probabilmente dovuta al
fatto che Francesco aveva proceduto alla diffusione di eremi nel Regno senza richiedere
l’autorizzazione del sovrano che, quindi, decise di punirlo sospendendo la propagazione di altri
eremi (tra cui quello di Castellammare di Stabia) e, addirittura, di arrestare il frate. La notizia
dell’arrivo del contingente armato da Napoli destò forte apprensione, non solo tra i frati ma anche
tra la popolazione, alimentando un clima di forte avversione nei confronti dei soldati; avversione
che fu avvertita dal capitano il quale, temendo una sollevazione popolare, decise di non eseguire
l’ordine ricevuto. Ritornato a Napoli, riferì l’accaduto a Ferrante che, resosi conto del favore
popolare che circondava Francesco, decise di prendere tempo e aspettare un’occasione migliore, che
non sarebbe mai arrivata.
7. APPELLO DI LUIGI XI E PARTENZA PER LA FRANCIA A
distogliere Ferrante da ogni ulteriore azione contro Francesco, intervennero questioni di politica
estera. Nel 1461 sul trono di Francia era subentrato a Carlo VII (vincitore della Guerra dei
Cent’Anni), il figlio Luigi XI che, nell’ambito della sua politica espansionistica, guardava al regno
di Napoli come una probabile conquista. Negli ultimi anni di vita Luigi XI fu colpito da apoplessia e
ciò gli provocò una forte crisi depressiva: iniziò a non credere più alle prescrizioni dei medici e il
pensiero della morte divenne costante tanto che egli non esitava a ricorrere a qualunque mezzo nel
disperato tentativo di sfuggire ad essa. Venuto a sapere dei poteri taumaturgici di Francesco, Luigi
XI inviò nel regno di Napoli degli emissari affinché portassero il frate presso la sua corte. Francesco
rifiutò la richiesta del re, deciso a non abbandonare la terra d’origine sia per l’età avanzata (aveva 67
anni) sia perché riteneva necessaria la sua presenza per guidare le fondazioni da lui promosse; il re
francese si rivolse allora a Ferrante, il quale cercò di sfruttare l’occasione per entrare nelle grazie di
Luigi XI; di fronte all’ostinato rifiuto di Francesco, a Luigi XI non restò che rivolgersi direttamente
al Papa Sisto IV, il quale intimò al frate di recarsi presso la corte francese, pena la scomunica. Si
dice che Francesco intravide nell’ordine del Papa la manifestazione della volontà divina e decise
perciò di obbedire; molto più probabilmente a spingerlo fu la consapevolezza che il ruolo
diplomatico affidatogli da Ferrante e da Sisto IV presso il re di Francia lo metteva nella condizione
di poter ottenere il tanto atteso riconoscimento ufficiale. Francesco
allora si mise in cammino verso Napoli, dove era atteso da Ferrante, che gli assegnò il compito di
costruire un canale diplomatico, al di fuori di quello ufficiale, per agevolare le relazioni tre le corti
di Napoli e di Francia; passò poi da Roma, dove ebbe un colloquio con il Papa e finalmente si
imbarcò per la Francia.
8. ARRIVO IN FRANCIA
Prima di arrivare a corte, Francesco si fermò in alcune città, come Fréjus ed Amboise, dove fu
accolto calorosamente dalla folla e operò diversi miracoli.
Nel 1483 giunse al cospetto del re di Francia che si inginocchiò ai suoi piedi, appena lo vide.
Tuttavia, il sovrano, poiché in precedenza era stato già ingannato da falsi guaritori, volle metterlo
alla prova ricorrendo a diversi stratagemmi per verificare la correttezza della condotta di Francesco,
al quale, subito dopo il suo arrivo, inviò un vassoio e altri oggetti d’oro e d’argento; egli non si fece
tentare e Luigi XI mandò allora un quadro della Madonna in oro puro, ma Francesco non accettò; a
quel punto, il re portò personalmente al frate un vassoio pieno di scudi insistendo affinché li usasse
per costruire un convento a Roma. Spazientito, Francesco apostrofò il sovrano con un lingu