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La battaglia tra Alfonso e Vitelleschi

Vitelleschi ma vennero intercettate e sconfitte nella battaglia che neseguì. Un ulteriore vittoria aragonese venne ottenuta in Abruzzo controJacopo Caldora. Alfonso intanto cercava di accrescere i suoi seguaciconcedendo territori: incaricò Angelo de Monforte di trattare con JacopoCaldora e con il figlio per farli passare al proprio servizio in cambio delpossesso del ducato di Bari. Senza l’aiuto del Caldora il papa decise dinon attaccare Capua ma di rivolgere l’attenzione a Montesarchio. Alfonsochiamo in difesa il principe di Taranto e il marchese di Geraci che perònon riuscirono a congiungere il proprio esercito e permisero al Vitelleschila vittoria. Questa sconfitta frenò l’avanzata degli aragonesi che perserol’appoggio del principe di Taranto. Alfonso cercò di unire a sé altricomponenti della feudalità. Si rivolse al principe di Salernoconfermandogli il possesso del principato di Salerno e dei feudi affini.

E garantendogli i diritti sulle baronie appartenute alla moglie Giovanna Ruffo di Calabria. Egli si impegnò ad aiutarlo qualora avesse voluto intervenire contro il papa. Alfonso tentò di riappacificare i rapporti col papa chiedendogli l'investitura del regno di Napoli in cambio della restituzione dei territori sottrattigli ma la richiesta risultò nuovamente vana. Nel frattempo a Napoli il governo volle ribadire il pieno appoggio a Renato d'Angiò, nonostante Alfonso avesse notevolmente accresciuto il proprio potere.

VII. Vittoria di Alfonso e conquista del Regno di Napoli

Renato d'Angiò, dopo aver pagato 400.000 di fiorini e aver concesso sua figlia in sposa al figlio del conte di Vaudemont, tornò a Napoli accolto con grande fierezza dai cittadini. L'iniziale euforia, però, andò a scemare nel momento in cui essi si resero conto della povertà del sovrano che, a differenza di Alfonso, non poteva contare su risorse finanziarie consistenti.

Renato si preoccupò subito di programmare l'andamento della guerra e incaricò Jacopo Caldora di inviare una parte dell'esercito a Trani e di porre assedio a Scafati. Alfonso, nel frattempo, decise di dirigersi a Genova e di attaccare i territori appartenenti al condottiero in modo da distrarlo: occupò Sulmona e si diresse verso Celano. Il Caldora, una volta assediata Sulmona, chiese a Renato di dirigersi in Abruzzo in modo da contrastare l'espansione di Alfonso ed egli accolse la sua richiesta raggiungendo, col suo esercito, l'accampamento nemico. Alfonso predispose il luogo e il tempo dello scontro che sarebbe dovuto avvenire otto giorni dopo tra Nola e Acerra ma Renato, consapevole della sua inferiorità, non vi si presentò. Francesco Sforza si era reso disponibile al servizio del duca d'Angiò ma questi ne aveva rifiutato l'offerta. Lo Sforza, tuttavia, approfittando della debolezza del regno, decise di avanzare in.Abruzzo per conquistare altriterritori. Su invito del duca d'Andria e di Acquaviva, Alfonso attirò a sé lo Sforza promettendogli che gli avrebbe concesso, in cambio, la carica di connestabile con la condotta di mille lancieri e mille fanti e anche il dominio sul principato di Salerno e alcune provincie abruzzesi. Alfonso cercò di rafforzare ulteriormente il suo esercito utilizzando sempre il metodo della milizia mercenaria. Esemplare è il caso del conte di Caserta che offrì il suo aiuto al re in cambio della baronia di Cocentayna e della città di Maddaloni. Non tutti, però, accettavano di passare dalla parte di Alfonso in cambio di possedimenti.

Visto che la maggior parte dei combattenti napoletani era impegnata in Abruzzo, Alfonso decise di attaccare Napoli. Pose accampamento presso il fiume Sebeto e il 20 settembre 1438 diede inizio all'assedio. L'assenza del re non impedì la resistenza. Sicuro della sua forza, Alfonso

aveva già fatto installare le scale d'accesso alle mura ma i nemici genovesi bombardarono la flotta del re, provocando la morte dell'infante Pietro. Giunta la notizia della morte di Pietro, la duchessa Isabella fece sapere al re che gli avrebbe concesso di celebrare le esequie del fratello e di seppellirlo in una delle chiese della città. Il re decise di seppellirlo a Napoli. La fiducia di Alfonso per un'imminente conquista di Napoli venne spezzata dalle condizioni meteo che resero necessaria la ritirata dell'esercito a Capua. Venuto a conoscenza dell'assedio di Napoli, Renato decise di farvi ritorno e, lungo il tragitto, incontrò Giovanni di Ventimiglia che era stato incaricato da Alfonso di bloccargli il passaggio ma che venne da lui sconfitto. Nel frattempo il re incontrò un abitante di Caivano che gli offrì la cittadina. Entrato a Caivano, Alfonso dovette battere la resistenza angioina che era asserragliata nel castello: fece

Scavare attorno ad esso un fosso in modo che essi non potessero ricevere più soccorsi e li costrinse ad arrendersi. Alfonso proseguì verso Pomigliano d'Arco e la conquistò, poi verso San Germano ma, venuto a conoscenza che i filoangioini avevano riconquistato Caivano, tornò e se la riprese. Dopo la morte del fratello Pietro, Alfonso aveva esortato il primogenito Ferrante a raggiungerlo, deciso a farlo diventare re di Napoli. Precedentemente, Alfonso aveva ricevuto un messo di Carlo VII, re di Francia, che dichiarava la disponibilità del re a mediare un accordo con il pretendente angioino ma Alfonso ne aveva rifiutato l'offerta. Il re aragonese dovette in ogni caso desistere dall'assedio di Napoli per lo scarso impegno dei suoi seguaci. Il 1438 si concludeva con il favore dalla parte del duca di Angiò che in pochi mesi aveva recuperato gran parte dei suoi territori (Ducato di Amalfi, alcune terre di Basilicata, Abruzzo e Calabria).

Lascarsità di fondi, però, mise in difficoltà Renato che chiese aiuto a Jacopo di Caldora il quale volle in cambio il castello di Aversa. Renato d'Angiò pensò di distogliere l'attenzione di Alfonso da Napoli colpendo le frontiere dei regni ispanici e facendo in modo che i rappresentati istituzionali e la regina Maria premessero affinché Alfonso tornasse in patria. Convinto che dietro queste provocazioni armate ci fosse Renato, Alfonso rispose che non gli era possibile tornare in patria perché ancora impegnato in Italia. Filippo Maria Visconti, nel frattempo, chiedeva ad Alfonso di ritirare i rappresentanti dei suoi Stati dal Concilio di Basilea ma il re non volle accettare per paura che i delegati del re di Francia potessero destituire il papa. Intanto Eugenio IV cercava di porre fine ai conflitti di successione ma Alfonso non si dimostrò favorevole alla fine della disputa finché non avesse ricevuto l'investitura per.

Il regno di Napoli. Alfonso, inoltre, cercò di appoggiare sempre il pontefice al Concilio per evitare che egli prendesse le parti di Renato. Mentre si trovava a Gaeta, il re venne a conoscenza di un incidente avvenuto durante lo scarico di vettovaglie provenienti da Genova: da Castel Nuovo vennero bombardate le navi e ciò provocò una controffensiva dei genovesi che attaccarono la torre di San Vincenzo portando alla resa degli aragonesi. Il duca d'Angiò approfittò della difficoltà dei nemici e fece circondare il castello e vi fece scavare attorno una trincea: l'unico rapporto con l'esterno era lo scambio di lettere. Preoccupato della situazione, Alfonso diede ordine al principe di Taranto di dirigersi a Napoli col suo esercito. La battaglia fu dura e Alfonso decise di togliere l'accampamento e recarsi a Castellammare. Carlo VII tentò nuovamente di mediare le ostilità ma neanche questa volta il suo intervento fu

Sufficiente per giungere ad un armistizio. Nell'agosto del 1439 Alfonso cedette Castel Nuovo ai nemici angioini. Perso Castel Nuovo, Alfonso cercò di farsi forza sui territori ancora in suo possesso (Gaeta, Ischia e Castel dell'Ovo) per avanzare alla conquista di ulteriori domini. La sua attenzione fu rivolta dapprima a Salerno che venne conquistata agevolmente. In seguito Alfonso si diresse verso Eboli ma fu costretto ad arrestare la sua avanzata per frenare Jacopo Caldora che si stava dirigendo verso la Terra di Lavoro. In Castiglia, nel frattempo, era in atto lo scontro tra lealisti e ribelli. Dopo lunghi negoziati si pervenne ad un'intesa: il documento pubblico stabiliva l'esilio di Alvaro de Luna e l'annullamento dei processi a carico dei ribelli; il documento privato stabiliva che gli infanti Giovanni ed Enrico ritornassero in possesso dei loro beni. Nel periodo di maggiore tensione Alfonso aveva temuto di dover lasciare da parte il regno di Napoli.

Pertornare in patria e risolvere la situazione complicata tra i fratelli ma, superato questo rischio, si sentì sicuro di proseguire l'azione contro il pretendente angioino. Forte della debolezza dei nemici, dovuta anche alla morte di Jacopo Caldora, Alfonso conquistò Acerra, i cui abitanti si sottomisero al principe di Taranto, e pose accampamento ad Aversa che fu in seguito espugnata. Il duca d'Angiò, sentendosi minacciato, chiamò in aiuto Antonio Caldora, figlio del defunto, ma le ristrettezze finanziarie si rivelarono ancora una volta come un ostacolo tanto è che la richiesta fatta a Renato di dirigersi in Abruzzo venne identificata come un tentativo di lasciare libero il passaggio ad Alfonso. La notizia della partenza di Renato preoccupò i napoletani. Renato avrebbe potuto proseguire la lotta solo se avesse ricevuto aiuti dal papa. Alfonso, avuta notizia della partenza dell'angioino, avvertì la moglie che presto sarebbero riuscito.

A conquistare Napoli. Renato, con un ridotto contingente di cavalieri, partì per raggiungere Antonio Caldora preoccupato di dover attraversare diversi luoghi appartenenti agli aragonesi. Lungo il cammino alcuni seguaci di Alfonso passarono dalla parte del rivale e ciò provocò grande rammarico al sovrano aragonese. I napoletani, nel frattempo, ripresero con entusiasmo le lotte. Diversi furono coloro che resero omaggio al duca d'Angiò che inviò il denaro ad Antonio Caldora per ripagarlo del suo servizio. Il condottiero, però, chiedeva cifre sempre più grandi e Renato, non potendolo pagare, decise di concedergli il possesso di Sulmona. Ciò provocò la rivolta dei sulmonesi che passarono dalla parte di Alfonso. Nel giugno 1440 Renato mandò un araldo a lanciare sfida ad Alfonso ma quest'ultimo rifiutò spingendo Renato ad attaccare. Antonio Caldora invitò le truppe a desistere per evitare di cadere in trappola.

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Publisher
A.A. 2019-2020
55 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/02 Storia moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher irenepratico di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia moderna e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Caridi Giuseppe.