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Consolidamento del nuovo regno

Il Parlamento generale del 1443. Conclusi i festeggiamenti Alfonso doveva conseguire il duplice riconoscimento della Santa Sede che, sul trono di Napoli, vantava il diritto di supremazia feudale, e dei sudditi napoletani, in particolare del baronaggio, che ne costituiva la classe dominante e i cui rappresentanti erano tenuti al giuramento di fedeltà. si preoccupò di prendere i provvedimenti necessari al governo del nuovo regno. A tale scopo decise di convocare il Parlamento generale composto, a Napoli, dai soli rappresentanti del baronaggio e da quelli delle comunità demaniali (la cui partecipazione era però scarsa o nulla) – il clero, in quanto esente dalle imposte, non aveva diritto di rappresentanza. Dopo una prima convocazione a Benevento (in cui vi era stata una scarsa affluenza), nel 1443 il Parlamento fu convocato a Napoli e la seduta inaugurale si tenne in un salone, detto il Capitolo; Alfonso era assiso in trono, con ai

Piedi il figlio Ferrante e i nobili disposti nei banchi in maniera gerarchica: alla sua destra il gran connestabile, il grande ammiraglio, il logoteta e protonotario; alla sua sinistra il gran giustiziere, il gran cancelliere, il gran camerario e, in basso, il gran siniscalco. Alfonso rese chiaro che le sue priorità erano l'amministrazione della giustizia e la difesa del regno, da cui dipendeva il mantenimento della pace e dell'ordine all'interno e all'esterno del nuovo Stato. I baroni si impegnarono a fornire al re un contributo annuo di dieci carlini a fuoco e, in cambio, ogni fuoco avrebbe avuto un tumulo di sale e l'esenzione da altre tasse. I baroni chiesero inoltre ad Alfonso di designare il figlio naturale Ferrante come suo successore: la cerimonia dell'investitura ebbe luogo il giorno dopo, nella chiesa delle monache di Liguoro. Alfonso si dedicò al riassetto istituzionale del regno, che fu suddiviso in 12 circoscrizioni territoriali,

epromosse una centralizzazione burocratica: consolidò il Sacro Regio Consiglio, tribunale supremo che aveva il compito di dare soluzione in appello alle cause dibattute nei tribunali minori, e la Camera Sommaria, presieduta dal Gran Camerario, a cui spettava il compito di controllare i conti.

Accordo con Eugenio IV e concessione dell'investitura. Per assicurare la successione del regno a Ferrante era necessaria l'approvazione del papa che non aveva ancora concesso ad Alfonso l'investitura del regno. Il re cercò di mettere pressione ad Eugenio IV, avviando trattative con l'antipapa Felice V e l'intesa fu finalmente raggiunta a Terracina: fu stabilita l'investitura ufficiale di Alfonso come re di Napoli, la successione del figlio Ferrante, il possesso di Terracina e Benevento; in cambio il sovrano si impegnò ad essere fedele al Papa, sostenerlo militarmente e politicamente e versare alla Santa Sede un censo annuo.

Conflitto con Sforza e

Controversi rapporti con Visconti. Nel 1443 Alfonso dovette affrontare un imprevisto: il rischio di defezione di Niccolò Piccinino il quale aveva mostrato il suo dissenso nei confronti di Alfonso che non aveva rispettato la promessa di concedergli in feudo Aversa e Capua e la mano della figlia Eleonora al figlio Jacopo ma, fortunatamente, la situazione si risolse grazie alla mediazione di Filippo Maria Visconti che convinse il Piccinino a riappacificarsi col re. Intanto si erano guastati i rapporti tra Visconti e il genero Sforza (che aveva sposato Bianca, figlia di Visconti); il duca chiese quindi ad Alfonso di scacciare Sforza dalla Marca d'Ancona, che egli aveva occupato sottraendola alla Chiesa. Mentre si apprestava a partire, il re ricevette da Genova la proposta di una tregua che accettò per evitare che la repubblica si alleasse con Venezia, Firenze e lo Sforza. A quel punto, Alfonso decise di iniziare le ostilità e si diresse verso l'Abruzzo dove, dopo una

breve resistenza, conquistò l'Aquila. Francesco Sforza tentò di riappacificarsi col rivale ma la sua richiesta venne respinta da Alfonso che si disse pronto a muovergli guerra per riconquistare i territori appartenenti alla Santa sede e quelli del regno di Napoli (come Teramo e Civitella). Preoccupato dell'avanzata del re, interpretata come un tentativo di assoggettare tutto il suolo italiano, Sforza si riappacificò con Visconti. Alfonso mostrò grande disappunto ma proseguì con successo l'avanzata verso la Marca conquistando Recanati, Macerata e numerose altre terre. Aumentò in Visconti il sospetto che Alfonso volesse davvero estendere il suo dominio a tutta la penisola e così egli strinse una lega con Venezia, Firenze e Bologna. Malgrado le reiterate sollecitazioni del Visconti, Alfonso non interruppe il conflitto ma continuò l'avanzata vittoriosa nelle Marche dove lasciò come presidio le truppe di

Niccolò Piccinino e della Chiesa, per attraversare il Tronto e recuperare Teramo e Civitella. A quel punto, decise di rientrare a Napoli. Vittoria del re di Castiglia e morte di Enrico d'Aragona. Intanto nel regno di Castiglia Giovanni ed Enrico stavano tentando di prendere in mano le redini del governo e allontanarne il connestabile Alvaro de Luna. Dopo varie peripezie, i due si scontrarono con l'esercito di Giovanni II a Olmedo nel 1445. La battaglia si risolse in una clamorosa sconfitta per i fratelli di Alfonso: Giovanni fu costretto a lasciare la Castiglia, mentre Enrico morì. Matrimonio di Ferrante con la nipote del principe di Taranto. La notizia della morte di Enrico raggiunse Alfonso mentre stava festeggiando le nozze di Ferrante. Per consolidare ulteriormente, a livello internazionale, la conquista del regno di Napoli e la successione del figlio, Alfonso aveva ritenuto opportuno stringere un legame di parentela col re di Francia Carlo VII (anche per prevenire un eventuale intervento del papa).eventuale tentativo di rivincita degli Angiò) attraverso le nozze tra Ferrante e una delle figlie di Carlo VII. Le trattative erano ancora in corso quando Alfonso si ammalò gravemente; nel regno si sparse la notizia della sua morte che gettò sudditi catalani e napoletani nel panico. Superata la malattia, Alfonso ebbe modo di riflettere sull'inconstanza dei baroni napoletani, pronti a voltargli le spalle, e si rese conto che, per la tranquilla successione del figlio, fosse meglio cementare i rapporti con la feudalità. La sua scelta cadde sul maggiore esponente dell'aristocrazia del regno, il principe di Taranto: nel 1444 avvennero le nozze tra Ferrante e Isabella Chiaromonte, una nipote di Giovanni Antonio Orsini. In questa felice circostanza Alfonso restò amareggiato dalla notizia della morte del fratello, seguita poco dopo da quella delle sorelle Maria di Castiglia ed Eleonora del Portogallo, decessi che, per le modalità e le

circostanze pressoché analoghe in cui avvennero fecero pensare ad un avvelenamento, di cui sarebbe stato artefice Alvaro de Luna.

Morte di Niccolò Piccinino e spedizione di Calabria contro Antonio Centelles. Nel frattempo proseguiva L'offensiva contro Francesco Sforza, rifugiatosi a Fano, posta sotto assedio da Niccolò Piccinino. Per favorire lo Sforza, Visconti richiamò a Milano Niccolò Piccinino che lasciò alla guida dell'esercito suo figlio Francesco.

Approfittando della situazione, lo Sforza riuscì a infliggere una sconfitta ai nemici e a catturare lo stesso Francesco Piccinino. Venuto a conoscenza di ciò, Niccolò Piccinino, colpito da grande dolore, morì.

Dopo quest'importante vittoria, Sforza riprese a compiere una serie di scorrerie nella Marca, tanto è che Alfonso decise di affrontarlo personalmente a Teano. Tra i principali capitani delle truppe del re vi era Antonio Centelles.

viceré di Calabria, a cui Alfonso aveva in precedenza affidato il compito di gestire le trattative matrimoniali tra Enrichetta Ruffo, figlia di Niccolò Ruffo, marchese di Crotone e conte di Catanzaro, e Innigo Davalos, viceré di Napoli e marchese di Pescara. Per portare Niccolò Ruffo dalla propria parte, Alfonso aveva accettato la sua richiesta di poter trasmettere tutti i propri beni – che, in mancanza di eredi maschi, sarebbero per legge rientrati alla Corona – alla figlia Enrichetta ma, in cambio, il re aveva preteso che quest'ultima sposasse un uomo di sua fiducia, e aveva scelto Innigo Davalos. Tuttavia, Centelles aveva guidato per se stesso le trattative matrimoniali entrando così in possesso di un vasto asse feudale in Calabria, dove egli rafforzò ulteriormente la propria posizione attraverso i matrimoni incrociati di tre sue sorelle con altrettanti esponenti della stessa casata. Ancora impegnato nella lotta di successione,Alfonso celò la sua collera attraverso il Centelles del cui aiuto militare aveva bisogno, riproponendosi di saldare i conti al momento opportuno. Dopo che Alfonso salì al trono, Centelles si recò a rendergli omaggio ma fu avvisato dell’intenzione del re di decapitarlo; così invertì la marcia e tornò nelle sue terre che provvide a mobilitare in attesa dello scontro. Alfonso fu costretto ad intraprendere una spedizione militare in Calabria e pose d’assedio tutti i territori del Centelles che, in cambio della concessione di alcune grazie – sgravi fiscali, possibilità di non essere più concesse in feudo – si arresero e si sottomisero al re. Lo stesso Centelles fu costretto ad arrendersi appellandosi alla clemenza del re che confiscò i suoi feudi ma gli risparmiò la vita. Accordo con i fuorusciti genovesi, ripresa delle ostilità con Sforza e impegno a rientrare in Spagna. Nel frattempo Alfonso aveva

Sottoscritto un accordo con Raffaele Adorno, doge di Genova, che si impegnò a concedergli la signoria della città e a prestargli omaggio. Nel 1445 il Visconti chiese al re aiuto contro lo Sforza, con cui i rapporti si erano nuovamente deteriorati, e Alfonso gli mandò in soccorso un esercito guidato dal genero Leonello d'Este (che aveva sposato la figlia Maria). L'altra sua figlia naturale, Eleonora, era stata data in sposa a Marino Marzano, ottenendo il principato di Rossano e la Contea di Montalto. Dopo la morte di Enrico, intanto, il re di Navarra era tornato a fare pressione su Alfonso perché facesse ritorno in patria per risollevarne le sorti ma il re rispose che sarebbe tornato in Spagna solo dopo aver risolto la questione della Marca. Nel frattempo il re aveva lasciato nelle mani di Giovanni Ventimiglia il compito di battere lo Sforza ed era ritornato a Napoli. Godendo ormai del pacifico possesso del regno, Alfonso inviò nel 1446

Un'ambasceria al Papa per andare incontro al suo desiderio di giungere finalmente a una pace tra i potentati italiani.

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Publisher
A.A. 2019-2020
47 pagine
18 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/02 Storia moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Pegasus.21 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia moderna e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Caridi Giuseppe.