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DESCRIZIONE DELLA CINA

MATTEO RICCI E LA CINA DEI MING

Matteo Ricci arrivò a Macao nel 1582, durante il nono regno di Wanli, imperatore della dinastia

Ming (1368 – 1644).

A partire dal 1557 i portoghesi aveva ricevuto il permesso si scendere dalle navi e di costruire a

Macao una piccola comunità, che all’arrivo di Ricci ammontava a circa mille persone.

Dieci anni prima, 1572, i gesuiti avevano costruito un collegio; proprio nel 1582, si stavano

completando la prima chiesa di San Paolo.

Nella comunità si era insediato il primo vescovo della Diocesi di Macao, governata inizialmente da

Belchior Carneiro.

Matteo Ricci giungeva a Macao per ordine di Alessandro Valignano. Quest’ultimo, studiò a

Macao il grande e sconosciuto Paese, e comprese che era necessario adottare una nuova via di

comunicazione, fondata sulla conoscenza della lingua del paese e sull’assimilazione più ampia

possibile della sua cultura.

Sarà proprio Ricci a mettere in pratica ed a perfezionare il metodo di Valignano. Egli aveva

ricevuto l’ordine di raggiungere Pechino per tentare di convertire l’imperatore o almeno, di ottenere

un permesso per predicare la religione cristiana.

Ci vorranno 18 anni per fondare quattro residenze, prima di essere chiamato con decreto imperiale

a Pechino.

Qui, nonostante non incontrò mai direttamente l’imperatore, fu sostenuto e protetto da questi.

Ricci pubblicò opere straordinarie in lingua cinese: a partire dalle carte geografiche a traduzioni di

testi.

Decise di scrivere la storia dell’introduzione del cristianesimo e della civiltà europea nel “Paese del

Drago” (Cina): nasce così Della Entrata della compagnia di Giesù e Christianità nella Cina.

Nel primo libro dell’Entrata, l’autore mostra un quadro complessivo della Cina che egli stesso ha

incontrato e conosciuto, sul finire della dinastia Ming.

Spiega che il nome della Cina non è fisso, ma varia nelle diverse dinastie, in relazione al nome che

sceglie il primo re di quelle.

Osserva come da 1800 anni, la Cina era rimasta solo un regno unitario, mai governato da stranieri,

fino all’avvento dei Tartari nel 1206. La loro dominazione durerà 172 anni, fino a quando, i cinesi

non sopportarono più di essere governati da stranieri, si ribellarono in diverse parti del Paese,

guidati da diversi capi. Ricci ricorda il più astuto e forte, Hongwu. Si arriva così all’origine della

dinastia Ming ad opera di Hongwu, il quale non solo coniò il nuovo nome della Cina, ma istituì

nuove legge che i suoi successori erano obbligati a rispettare.

I due fini principali che l’imperatore Hongwu si propose furono la pace del regno e la stabilità della

dinastia.

Non si deve trascurare che la Cina descritta da Ricci sia propriamente quella che

egli ha incontrato e conosciuto negli ultimi decenni della dinastia Ming.

Ricci e i suoi compagni riescono ad attuare la prima vera comunicazione

interculturale tra Europa e Cina, non solo descrivendo quest’ultima, ma anche

trasferendo le conoscenze e documenti essenziali della stessa civiltà europea.

La ricostruzione dell’immagine che Ricci si era formato della Cina dei Ming, è

preliminare per intendere la sua stessa esperienza storica, i suoi giudizi, le sue

decisioni, la sua stessa pratica di vita. 1

La descrizione ricciana della Cina, dedicata al pubblico europeo, aveva il duplice

scopo di presentare la Cina con le sue luci e le sue ombre, come un Paese del tutto

idoneo per impiantarvi il Cristianesimo.

Ricci distingue due differenti corti: quella di Pechino e quella di Nanchino. Hongwu pose la capitale

a Nanchino e vi rimase anche sotto il governo del suo primogenito, che regnò per pochissimo

tempo, lasciando il suo trono al proprio figlio Zhu Yunwen, nipote di Hongwu. In questa situazione

di instabilità, diversi figli di Hongwu e zii dell’imperatore regnante, entrarono in conflitto, per

conquistare il trono. Tra tutti prevalse Yongle.

Nonostante il governo dei Ming appaia monarchico, tiene sempre conto della democrazia.

Sono tre le ragioni per cui la monarchia cinese è molto simile a una repubblica:

1. Forte bilanciamento del potere dell’imperatore ad opera dei magistrati e dei

funzionari dello stato.

2. Sistema di reclutamento e formazione dei magistrati per qualunque cittadino, di

accedere ai gradi più alti della pubblica amministrazione.

3. Trasparenza delle informazioni relative all’attività e alla carriera dei magistrati.

Questa forma di democrazia meravigliava Ricci.

Il governo dello Stato è assicurato anzitutto dalla classe dei magistrati, cioè i letterati; l’imperatore

non può decidere nulla senza il loro concorso o contro il loro parere.

Gli elementi che fanno del governo, un buon governo sono l’assoluta obbedienza ai superiori,

l’esclusione dal governo dei parenti e familiari dell’imperatore, l’assunzione dei funzionari mediante

pubblici esami grazie al merito.

Attraverso il sistema degli esami posso accedere a tre gradi:

- Baccellierato, in ambito distrettuale

- Licenza, in ambito provinciale

- Dottorato, in ambito nazionale

Vi sono due generi di magistrati:

- Magistrati civili

- Magistrati militari, strettamente subordinati ai primi.

L’intera classe dei magistrati è divisa in due sezioni:

- Dei Letterati, che si occupano dell’amministrazione delle materie civili e penali

- Dei Militari, che si occupano dell’organizzazione dell’esercito e della conduzione

delle guerre. Questi sono sottoposti ai magistrati Letterati, sia in tempo di pace che di

guerra.

La prima osservazione sul governo dei Ming, riguarda l’informazione puntuale, disponibile ovunque

sul territorio, sul numero, sull’identità, sulle funzioni svolte da tutti i principali magistrati delle corti e

delle province, aggiornata ogni 15 giorni, con la pubblicazione di imponenti volumi.

Sia nella corte di Pechino che nella corte di Nanchino, vi sono sei ministeri:

1. Del personale, cioè dei magistrati civili e militari

2. Delle finanze

3. Dei riti

4. Della guerra

5. Delle opere pubbliche 2

6. Delle pene

Nella sola corte di Pechino vi è il Consiglio interno, che può essere composta da 3 o 6 alti

funzionari, consiglieri dell’imperatore.

Nella corte di Pechino vi è anche il Censorato, che garantisce la buona amministrazione

complessiva dello Stato e il bilanciamento del potere dell’imperatore che fa somigliare la

monarchia cinese a una repubblica.

Vi è il Collegio dei Letterati, costituito da coloro che ottenevano il massimo dei punteggi negli

esami triennali. Questi si occupavano di scrivere i testi dell’imperatore, la storia del regno, le leggi

e gli statuti. Tra di loro vengono scelti i precettori dell’imperatore e dei suoi figli.

Oltre alle corti di Pechino e Nanchino, vi sono 13 province, ciascuna delle quali è retta da un

magistrato civile e da uno penale, affiancati da magistrati collaboratori.

Ciascuna Provincia è suddivisa in regioni o prefetture aventi un proprio governatore, il prefetto.

Le regioni sono suddivise in città maggiori e città comuni, ognuna delle quali ha un suo presidente,

il quale ha 4 collaboratori.

L’amministrazione delle Province dipende dalla corte di Pechino.

È possibile distinguere i magistrati dall’abito, dal colore dei loro ombrelli e da molti altri simboli. La

precisione con la quale vengono indicate queste distinzioni e il rispetto che esse ottengono è una

dimostrazione dell’importanza annessi ai ruoli e alla gerarchia.

Il sistema degli esami è uno strumento tendenzialmente imparziale e democratico per il

reclutamento dei magistrati.

Ricci informa i lettori che l’imperatore viene chiamato con due nomi: “Figliuolo del Cielo” e “Signore

legittimo di tutto il mondo”.

L’imperatore non è soltanto la suprema autorità politica dello Stato, con le limitazioni, ma anche

l’unica suprema autorità religiosa, rappresentando direttamente il Cielo.

Il potere religioso e quello politico non sono distinti, ma riuniti in una sola mano.

I magistrati hanno il diritto di ricevere, valutare e tramettere all’imperatore tutti gli atti necessari al

governo. Quest’ultimo può approvarli o respingerli, ma non può fare nulla senza l’iniziativa e la

mediazione dei magistrati.

Egli non gestisce direttamente le finanze pubbliche o depositi statali del riso; questi vengono

appunto amministrati dai magistrati.

Ciò che colpisce maggiormente Ricci riguardo l’imperatore, è la progressiva e infine totale

astensione dalla vita pubblica e dal governo del Paese . Dalla fine del 1500, egli non

partecipava più alle udienze generali; non sacrificava direttamente al Cielo e alla Terra nelle

ricorrenze rituali previste e non frequentava le pubbliche udienze.

Nei primi anni del 1600, smetterà completamente di trattare gli affari dello Stato con i ministri e il

Consiglio. Tutta l’amministrazione dello Stato passava attraverso la mediazione degli Eunuchi, i

soli che avevano accesso all’imperatore e alla sua famiglia.

Ricci offre un ritratto di un imperatore vittima della paura e della lussuria, di un’impotente

ignoranza, ostaggio di tutti coloro che lo trattengono nella persuasione di essere il re di tutta la

terra.

Nel 1601, Matteo Ricci viene chiamato a corte per presentare doni come ambasciatore d’Europa.

Entrato nella città proibita, per circa un mese Ricci e il suo compagno Diego de Pantoja sono

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trattenuti nel palazzo, diventando oggetti di curiosità di Wanli. Quest’ultimo non vorrà mai

incontrare personalmente Ricci; apprezza i suoi doni, in particolare gli orologi.

Il gesuita viene spiato per giorni dagli Eunuchi, per conoscerne le abitudini; ne ordina addirittura un

ritratto in piedi a grandezza naturale, chiede informazioni sui costumi e sulla vita dei re occidentali.

In due occasioni specifiche, Ricci apprezza in modo particolare l’intelligenza di Wanli:

- Quando l’imperatore decise di ribadire per i funzionari dello Stato la necessità di

essere confuciani;

- Quando l’imperatore dopo aver osservato la carta geografica universale, invece di

ritenerla falsa e offensiva nei confronti della Cina, ne ordinò diversi esemplari in seta.

Poiché era impossibile un contatto diretto con l’imperatore, sorgevano varie difficoltà nel

fargli pervenire dei memoriali; inoltre per qualsiasi contatto con la corte bisognava passare

attraverso gli Eunuchi.

Man mano che Ricci si avvicina alle corti, conosce la presenza insistente e prepotente degli

Eunuchi.

Il giudizio complessivo su di essi e la loro presenza a corte è negativo e amaro, sotto il

profilo

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A.A. 2016-2017
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/02 Storia moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher sararosalia.cuscione01 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia moderna e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Bianchi Angelo.