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IV. Federico II di Prussia, campione del dispotismo illuminato

Per molto tempo, un violento antagonismo oppose Federico Guglielmo I, detto il re sergente, a suo figlio Federico. Federico era intelligente, amava le lettere e le arti e soprattutto la musica. Stanco dei trattamenti che il padre gli faceva subire, cercò di fuggire quando aveva appena 18 anni.

Fu ripreso e imprigionato e fu obbligato ad assistere al supplizio dell'amico che lo aveva aiutato nella fuga. Pur continuando la sua educazione militare ed amministrativa, si preparava a regnare leggendo e meditando. Scrisse anche un libro nel quale sosteneva che il principe deve comportarsi secondo la ragione e la giustizia.

Diventato re nel 1740 con il nome di Federico II, si considerava come il primo giudice, il primo generale, il primo ministro della società. Si considerava anche il primo servitore dello Stato, con l'obbligo di agire con onestà, con saggezza con un completo disinteresse come se ad ogni

momento in cui avesse dovuto rendere conto della sua amministrazione ai suoi concittadini. In pratica, il suo metodo era quello di applicare al governo le idee filosofiche degli Illuministi. Dopo la guerra dei Sette anni, si sforzò di riparare le rovine che essa aveva causato e di ripopolare ed arricchire i suoi domini tramite l'immigrazione e la valorizzazione delle cattive terre e delle paludi. Il suo regno, in venti anni, aumentò di 200.000 abitanti. Protesse le industrie: tessuti, metallurgia, porcellana. Volendo assicurare anche una giustizia equa, fece intraprendere la redazione di un Codice, che però fu pubblicato solo dopo la sua morte. Rese più solida la moneta, riorganizzò le finanze e il sistema doganale; per facilitare il commercio intervenne anche sul sistema di strade e di canali. Rispettò la libertà di stampa e di culto e riservò molta attenzione all'insegnamento. Infatti, pur essendo indifferente ad ogni tipo di religione, accolse iGesuiti cacciati dagli Stati cattolici perché trovava i loro metodi di insegnamento eccellenti. Inoltre fece dell'Accademia di Berlino un centro intellettuale di primo piano. Alla sua morte la Prussia era considerata uno dei Stati guida dell'Europa anche se la sua opera, a volte, è stata considerata piuttosto fragile. Le riforme di Caterina II di Russia e la rivolta di Pugaciov Caterina II sale al trono di Russia dopo che il marito lo zar Pietro III era stato costretto ad abdicare dagli ufficiali della guardia. Molto intelligente, e colta, aveva un'esperienza politica di primo ordine. Voleva la grandezza della Russia e nel contempo aveva una passione per il potere personale. Seppe circondarsi di collaboratori validi, ma non abbandonò mai l'autorità nelle loro mani. Si preoccupò molto della sua reputazione, strinse rapporti stretti con i filosofi illuministi i quali non esitarono a celebrare i suoi meriti. Per rendersi conto delle riforme.

Il suo popolo avrebbe avuto bisogno, intraprese dei viaggi attraverso la Russia e nel 1766 un'apposita commissione sa cui essa presentodelle istruzioni finalizzate alla redazione di un nuovo codice ispirate alle idee illuministe.

Nel XVIII secolo, la Russia restava, prima di tutto, un grande paese agricolo dai metodi tradizionali. I nobili possedevano enormi proprietà che sfruttavano direttamente o che davano in concessioneereditaria a dei contadini. I contadini pagavano le tasse in denaro o in prestazioni lavorative gratuite e la maggior parte di essi non poteva lasciare la terra senza il permesso del proprietario. Il commercioe l'industria pur non essendo trascurabili, non avevano la stessa importanza dell'agricoltura. Nell'insieme le condizioni di vita dei lavoratori erano i miserevoli, aggravate dall'aumento dei prezzi. Spesso nelle campagne si avevano delle sommosse.

Caterina II, volle dare all'Impero russo una migliore organizzazione.

Fondò anche delle città nuove nelle parti più lontane dell'Impero. Il suo ministro Potemkin valorizzò, per esempio, la Russia del Sud e la Crimea, annessa nel 1784. Egli fondò Sebastopoli e creò una flotta navale stanziata sul mar Nero. L'imperatrice protesse l'istruzione creando un'apposita Accademia a San Pietroburgo, e un istituto educativo per le ragazze nobili. Incoraggiò anche la ricerca scientifica e favorì lo sviluppo della letteratura russa. Con le sue conquiste, Caterina II ingrandì notevolmente il territorio dell'Impero. Tuttavia alla sua morte, avvenuta nel 1796, la Russia comprendeva una minoranza di privilegiati che vivevano in un paese mal sfruttato e in cui i contadini lavoravano in condizioni molto difficili.

Gli antagonismi sociali scoppiarono definitivamente nella ribellione di Pugacëv: Pugacëv fece proprie le lamentale dei cosacchi degli Urali e, approfittando del fatto che

Il Paese era in guerra con la Turchia, ne capeggiò la rivolta, trasformandola in una ribellione di massa grazie all'ingiustizia che caratterizzava il sistema sociale. Pugacëv si autoproclamò imperatore, sostenendo di essere Pietro III e di essere riuscito a sfuggire al complotto della moglie, creò una corte imperiale e annunciò l'esterminio dei funzionari e dei proprietari terrieri, l'affrancamento dalla servitù della gleba e il pagamento delle imposte per il popolo. Ma la rivolta presentava le solite carenze dei movimenti popolari in fatto di preparazione, coordinamento e guida: dopo la sconfitta, Pugacëv venne consegnato alle forze governative e messo a morte.

La rivolta spinse Caterina a introdurre un nuovo sistema di governo locale per rimediare alle carenze nell'amministrazione e nell'organizzazione del Paese: per rafforzare il governo nelle province bisogna decentralizzare il potere, quindi si istituirono 50 gubernij (province),

suddivise in uezdy(distretti). La struttura del governo locale rifletteva un programma di collaborazione con i proprietari terrieri: vennero formate delle società distrettuali della nobiltà e venne emanata una Carta della Nobiltà ('85), che confermò i privilegi della nobiltà e ne innalzò lo status sociale. A questo incremento delle posizioni della nobiltà corrispose un rafforzamento della servitù della gleba che si estese a nuove zone. In campo economico Caterina abbandonò il mercantilismo per introdurre la libera iniziativa e il libero scambio. Le riforme di Maria Teresa d'Austria e di Giuseppe II d'Asburgo Quando Carlo VI, il sovrano austriaco, a causa della sua morte, lasciò in eredità i suoi domini asburgici alla figlia Maria Teresa, vi fu un vero e proprio scandalo, che portò a una serie infinita di conflitti. Carlo VI infatti poté lasciare tutto alla giovane figlia solo dopo averemanato un documento, la "Pragmatica Sanzione", nel 1713, in cui garantiva l'obbligo di discendenza anche per le donne della casa Asburgo. Nonostante ciò, alcuni sovrani provenienti da ogni parte d'Europa, continuarono a contestare la scelta presa dal sovrano. Questa tesa situazione non poté che sfociare in una lunga esanguinosa guerra, ricordata come "Guerra di successione austriaca." La povera regina Maria Teresa passò i primi anni del suo dominio sul regno austriaco letteralmente nel terrore dei continui assalti che si stavano avendo e, a causa di una mancata istruzione adeguata al comando, di una decaduta completa del paese che governava. Nonostante tutto però, la sua era una mente audace e scaltra, che riuscì a risolvere tutti i problemi e i danni che i suoi incapaci generali avevano procurato. In questo modo, risultò essere una governatrice e una comandante molto abile, persino più abile di suo marito.

Francesco Stefano di Lorena, il quale però rispetto e fiducia erano reciproci. Al termine della lunga guerra, conclusasi con la "Pace di Aquisgrana", la novella regina, che aveva portato la tranquillità grazie alle sue capacità militari, si preoccupò immediatamente di instituire diverse riforme in merito dell'amministrazione pubblica. Il territorio austriaco grazie a lei rifiorì, sia economicamente che culturalmente, portando una ventata d'aria nuova nel territorio degli Asburgo. Dal 1765, Maria Teresa governò, insieme a suo figlio, Giuseppe II, che la succedette poi alla sua morte, un popolo che aveva bene imparato ad amare e rispettare in quanto donna pragmatica e giusta. Eletto imperatore a 24 anni, nel 1756, Giuseppe II fu associato al governo, ma, in realtà la madre Maria Teresa non gli lasciò alcun potere. Soltanto alla morte di quest'ultima, avvenuta nel 1780, egli poté agire come voleva.

Intelligente e colto, pieno di intenzioni generose, aveva una salute piuttosto gracile. Ammiratore di Federico II, soppresse i fasti della Corte, adottò la divisa militare ed intraprese lunghi viaggi in incognito con lo scopo di conoscere direttamente gli Stati ed i sudditi del suo Impero.

Essendo un discepolo molto attento dei filosofi illuministi, egli credeva nell'onnipotenza della ragione: la sua logica molto rigorosa gli faceva disprezzare l'attaccamento alle tradizioni ed il rispetto degli interessi privati anche se legittimi. Cercò di continuare e perfezionare l'opera unificatrice intrapresa dalla madre ma la fretta ed il rigore con cui volle attuare le riforme suscitarono delle opposizioni violente. Pretese, per questo, di applicare le stesse leggi in tutti gli Stati dell'Impero, facendo del tedesco l'unica lingua ufficiale.

Solo un anno dopo la morte della madre, promulgò un decreto con cui aboliva la servitù.

personale, permettendo così alla classe contadina di realizzare dei grandi progressi. Sulla scia della madre, incoraggiò l'industria, il commercio e si interessò dell'istruzione pubblica.

In campo religioso il suo intervento si differenziò notevolmente da quello di Maria Teresa. La madre era sempre rimasta fedele alla religione cattolica, mentre Giuseppe II accordò la libertà di culto ai protestanti con un apposito editto, l'Editto di Tolleranza e prese anche delle misure nei confronti della libertà di culto a favore degli Ebrei.

Senza prendere accordi preventivi con il Papato, volle anche riformare la chiesa cattolica, sopprimendo molti conventi e lasciando solo quelli che si dedicavano all'insegnamento e a opere caritatevoli. Convinto della necessità dell'indipendenza del potere temporale e della sua supremazia sul potere spirituale, proibì la pubblicazione delle bolle papali e ogni forma di

corrispondenza dei prelati austriaci con Roma. Preoccupato, il Papa Pio VI si affrettò a recarsi a Vienna, ma tutto fu inutile, perché Giuseppe II rifiutò di discutere con lui e il tentativo di sottoporre la Chiesa cattolica alle dipendenze dello
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A.A. 2020-2021
62 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/02 Storia moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ProfElettr di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia moderna e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof De Rosa Gabriele.