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SNODO IX – LA CIVILTA' URBANA
Capitolo 18 – Il rinnovamento della cultura
18.1 Protagonisti laici
La crescita economica ebbe anche conseguenze culturali: il numero di persone alfabetizzate aumentò, coinvolgendo anche i laici. Questo per via delle esigenze dettate dal commercio: accordi e transazioni messe per iscritto da notai e mercanti.
Le scuole monastiche e vescovili si rivelarono inadeguate, così nelle città sorsero le scuole di base, prima private, poi (XIII secolo) pubbliche. Vi si insegnava a leggere e scrivere e a fare di conto.
Le scuole di apprendistato poi erano organizzate dalle corporazioni.
ABACO: progenitore del pallottoliere, era uno strumento per contare. Quando Leonardo Fibonacci diffuse le cifre arabe in Occidente con il Libro dell'abaco (1202) il termine indicò l'arte del contare.
Parliamo dunque di laicizzazione della cultura per indicare la fine del monopolio ecclesiastico, ma non per un allontanamento dal pensiero.
cristiano.Tra XI e XII furono messi per iscritto i testi in volgare, che acquisto dignità letteraria, ad esempio nella letteratura epica (Chanson de Roland in Francia, Cantar del Cid in Spagna, Nibelunglied in Germania...) e nella poesia d'amore (trobadori e rimatori siciliani). Nelle regioni meno romanizzate abbiamo testi precedenti di letteratura volgare: Beowulf e le saghe irlandesi.
TROBADORE: (o trovatore) dal latino tropare, cioè esprimersi per tropi, quindi inventando. Dall'XI secolo indica i compositori di poesie in lingua d'oc (su amore e solitudine), che si accompagnavano con la musica e che erano solitamente nobili o ecclesiastici. Diversi da menestrelli e giullari.
Il monaco Rodolfo il Glabro scrisse che l'Europa dopo il Mille si rivestì di un candido manto di chiese, prodotto della rinnovata spiritualità monastica, che venivano costruite secondo lo stile poi definito romanico. Nato nell'Italia settentrionale e in Catalogna, si
Estese a tutto il continente tra X e XII secolo. Era il trionfo della pietra, usata anche per volte (crociera o botte) e per tutti gli elementi architettonici. Le iniziali forme spoglie si arricchirono presto di rilievi e furono influenzate anche dagli stili arabo e bizantino. (Duomo di Pisa)
FOCUS: La trasformazione del libro nel XII secolo
Nella seconda metà del XII secolo la concezione del libro mutò: i caratteri si fecero più piccoli, il testo fu diviso in paragrafi e capitoli, dotato di titoli e indici (in ordine alfabetico). I libri non furono più strumenti di meditazione privata, ma materiale per creare il proprio pensiero. Si passò alla carta, più economica della pergamena, e a un inchiostro fatto di sale metallico e tannino. Si trovarono nuovi sistemi per tagliare e rilegare i fogli in modo più pratico e la pagina fu impostata in modo moderno: paragrafi, rientri, titoli, note... La stampa, quindi, non fece altro che meccanizzare.
Questo procedimento.18.2 Università e nuovi campi del sapere
Nel XII secolo con la nascita della nuova cultura laica cambiarono i contenuti del sapere: non più solo la tradizione latina e patristica, ma anche Aristotele e Platone, testi arabi ed ebrei (dalla Spagna soprattutto: Averroè, Maimonide, Ippocrate, Galeno...).
Le nuove conoscenze e la richiesta di un'istruzione più approfondita portarono alla formazione degli studia, in città. Il primo fu quello di Bologna, sorto nel 1088 per mano di studenti che volevano apprendere il diritto da maestri laici qualificati.
UNIVERSITÀ: dal latino universitas, che indicava una comunità in senso giuridico (comunità urbane o rurali, ma anche le corporazioni). Furono indicate così anche le associazioni di maestri e studenti. L'insieme dei corsi era invece chiamato studium.
Poi a Parigi (fine XII secolo), dove i chierici professori di teologia volevano svincolarsi dalla scuola
episcopale. A Oxford, dove si trasferirono studenti e maestri parigini. A Padova accadde lo stesso, da Bologna. A Napoli Federico II fondò l'università (1224) per formare i funzionari e riconobbe come studio la scuola medica di Salerno. A Tolosa fu istituita dal papa per contrastare i catari.
Le università entrarono spesso in contrasto con le autorità cittadine e cercarono molto spesso di ottenere privilegi da sovrani e pontefici.
Ogni università aveva la sua organizzazione, ma c'era un ordine comune: nel primo ciclo, di sei anni (a partire dai 13 anni), le arti del Trivio e del Quadrivio, ottenendo il titolo di baccelliere; poi le facoltà maggiori, cioè diritto civile, canonico, medicina e teologia, ottenendo il titolo di dottore.
ARTI LIBERALI: le branche del sapere non indirizzate al guadagno, contrapposte a quelle meccaniche. Dal IX secolo divennero la base dell'insegnamento e furono distinte tra arti del Trivio (linguaggio: grammatica, retorica,
dialettica) e del Quadrivio (natura: aritmetica, geometria, astronomia, musica). L'insegnamento, in latino, consisteva nella lectio (lettura) e nella quaestio (commento) di un testo da parte del maestro, che ne discuteva poi con gli studenti (disputatio). Questo metodo, detto scolastico, voleva coniugare verità di ragione e verità rivelata.
SCOLASTICA: dal latino schola, non trova riscontro nelle fonti, ma è stato usato a lungo per indicare il pensiero elaborato nelle scuole (ecclesiastiche, monastiche e universitarie) dal IX al XIV secolo, che tendeva a conciliare verità religiosa e scienza. Oggi col termine si definisce il metodo di insegnamento basato su lectio-quaestio-disputatio. Furono raccolte summae (compendi) per ordinare le conoscenze, con glossae (commenti) a lato. Nel XII secolo ripresero vigore gli studi giuridici, portando a un riordinamento dei diritti in tutto l'Occidente: ad esempio il diritto canonico, che raccoglieva una varietà
di canoni conciliari e di decretali, fu razionalizzato nel 1140 dal monaco Graziano. Il Decretum Gratiani riordinò tutto il materiale normativo (che comprendeva persino testi biblici) creando una summa che distingueva il diritto canonico dalla teologia. Pur non riconosciuto dalla Chiesa, rimase la base per lo studio di questo diritto. A Bologna si tornò a studiare approfonditamente il Corpus iuris civilis, proponendolo come diritto comune della cristianità: furono questi giuristi a sostenere le rivendicazioni di Federico I sui comuni, a teorizzare il diritto feudale e a dare le prime legislazioni ai comuni. In particolare, notai e giudici delle città ripresero la tradizione antica e quella ecclesiastica portandole nel nuovo contesto politico (consules, res publica... libertas, iustitia...). Inoltre, stilarono trattati morali per educare i cittadini (Brunetto Latini, Li Livres dou Tresor), cronache cittadine e raccolsero tutta la documentazione scritta. I cambiamenti siManifestarono anche in arte e architettura, dove il romanico lasciò il posto al gotico: sviluppatosi in Francia a metà del XII secolo, era caratterizzato dallo slancio verticale degli edifici, da una maggior eleganza decorativa e dall'uso di vetrate. La prima fu Saint-Denis, costruita secondo le teorie dell'abate Sugero. Poi Chartres, che impose la facciata a tre portali.
Capitolo 19 – Le autonomie politiche
19.1 Città e comuni
Lo sviluppo (demografico, economico e sociale) delle città europee tra XI e XIII secolo portò a forme di governo più autonome, chiamate solitamente comune (venivano messi in comune diritti e privilegi delle città).
Questo fenomeno avvenne prima nell'Italia centro-settentrionale (fine XI secolo), poi in Provenza e nelle Fiandre (consoli, scabini... metà XII secolo), nella Francia del Nord e in Germania (fine XII).
Questa autonomia portò solitamente a un conflitto con il vescovo e, nelle
alle grandi famiglie nobiliari che esercitavano un controllo diretto sul territorio. Le città italiane, grazie alle franchigie concesse dai sovrani, furono in grado di svilupparsi in modo autonomo. Le aree del regno italico e dello stato pontificio furono particolarmente innovative in questo senso, diventando dei veri e propri centri di civiltà comunale. Queste città si caratterizzavano per la loro autonomia politica, la circolazione di esperienze, la struttura sociale articolata e mobile, nonché la creazione di nuove entità territoriali come i contadi (ex diocesi). Inoltre, queste città godevano di una legittimazione culturale. Nel sud Italia, invece, le città non conobbero un'esperienza comunale a causa della forte autorità centrale dei normanni. Le grandi città erano amministrate direttamente dal re e i magistrati venivano nominati da lui, senza forme di autogoverno. Inoltre, queste città non avevano un proprio territorio controllato, poiché le campagne erano in mano alle grandi famiglie nobiliari.All'aristocrazia rurale. L'autonomia delle città italiane fu dovuta a due condizioni: la forza economica e culturale che avevano assunto e la debolezza dei sistemi politici in cui erano inserite (impero e signorie).
Mentre nelle città europee la popolazione era formata pressoché solo da mercanti e borghesi, in quelle italiane si aveva un'aristocrazia militare urbana (milites), con proprietà e poteri signorili, un'élite commerciale (negotiatores), estremamente ricca, un ceto di uomini di cultura (iudices: notai e giudici), che sapevano gestire il governo. Dunque, potere militare, ricchezza, competenza.
Nella maggior parte delle città l'autogoverno nacque in rapporto col potere vescovile: qualche volta in continuità, altre volte con l'indebolimento dell'autorità episcopale, dovuta alle lunghe lotte per l'investitura dei vescovi, durante le quali le città si divisero in fazioni.
Terminato il
Periodo di conflitti si formò un nuovo ordine politico, il comune: solitamente assemblee (conciones, arenghi) di cittadini eminenti che eleggevano dei consoli temporanei per il governo politico, militare e giudiziario. Avvenne così a Pisa, Lucca, Asti e Genova (fine XI secolo). Il governo si fondava sullapartecipazione dei cittadini e sull'alternanza delle cariche. Questa autonomia venne a scontrarsi a metà del XII secolo con l'impero: le città non disconoscevano l'autorità imperiale, ma rivendicavano l'autogoverno, la libertà nelle alleanze e l'espansione nel contado, rifiutando la presenza di funzionari imperiali. Così le città venete e lombarde si unirono (Pontida, 1167) nella lega (v. pag. 306) che sconfisse Barbarossa a Legnano (1176), ottenendo la pace di Costanza (1183) e i diritti di cui sopra. Il conflitto si riaccese con Federico II, dopo che egli convocò i rappresentanti delle città a
Cremona (1226). Sconfitti a Cortenuova (1237), i comuni si sottomisero, ma solo fino al 1250. Nella prima metà del XIII secolo lo sviluppo politico maturò ulteriormente, con un ampliamento.