vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
5. CULTURE, IDENTITÀ RELIGIOSA, AUTOCOSCIENZA
CITTADINA.
5.1 GLI INTELLETTUALI E IL COMUNE
Lo sviluppo della vita urbana, il dinamismo economico, i mutamenti religiosi ed il rafforzamento dell’autonomia
politica fecero emergere un nuovo tipo di uomo di cultura, l’intellettuale laico (laico perché cultore di discipline
secolari, non si esprimevano su argomenti teologici o religiosi). Dal punto di vista ecclesiastico, spiccarono nuove
figure legate agli ordini mendicanti, la cui predicazione influenzò profondamente i nuovi studi di retorica e
teologia. Nei comuni l’insegnamento impartito nelle scuole cittadine o nelle università si aprì rapidamente a
contenuti pratici, oltre che speculativi; così un numero cospicuo di uomini di cultura nel corso del XIII secolo fu
parte integrante del mondo delle professioni. Giuristi, notai, medici e maestri di retorica divennero elemento
indispensabile nello sviluppo della società in cui vivevano e le loro abilità furono spesso richieste ed utilizzate dai
governi urbani.
Per il comune la collaborazione con i giuristi fu fondamentale, poiché essi intervennero per dare legittimità a
processi di fatto, a definire le norme della convivenza civile, a regolamentare e formalizzare il funzionamento dei
meccanismi amministrativi e politici. La magistratura comunale (giudici e avvocati) era divisa in due figure
principali, gli iudices-milites (personaggi che avevano una cultura giuridica poiché appartenenti a famiglie
altolocate, che si trovarono a svolgere la professione “per fama”) e i meno numerosi doctores-laureati (coloro
che avevano portato a termine il percorso universitario e che non necessariamente appartenevano alla classe
dirigente). Dal conflitto tra queste due categorie emersero i notai.
La figura del notaio fu antecedente e diffusa rispetto a quella dei giuristi: nell’Alto Medioevo avevano la
funzione di registrare gli atti pubblici e privati, ma dalla fine del XI secolo il loro compito fu quello di conferire
valore probatorio agli atti e di organizzare e custodire la memoria storica del Comune. Notariato e comune si
svilupparono contestualmente e si accreditarono a vicenda.
La durata limitata del mandato e la circolazione dei notai al seguito dei podestà favorì l’omogeneizzazione della
cultura professionale che da Bologna si diffuse nel resto d’Italia. Tra notai e Popolo vi erano tre livelli di
convergenza ideologica e politica: sul piano funzionale i notai acquistarono un ruolo strutturante nella prassi
politica dei governi popolari, dal punto di vista sociale erano molto più vicini al popolo poiché a differenza dei
giuristi non erano quasi mai appartenenti ai ranghi dell’aristocrazia, a livello culturale vi fu un’affinità tra la
razionalizzazione del quadro mentale notarile e quella cultura delle istituzioni caratteristica dei regimi di Popolo.
5.2 RETORICA E POLITICA.
Diritto e retorica erano fondamentali per la struttura dei governi comunali. Con l’affermazione dei regimi
podestarili, la capacità oratoria acquisì ancor più una funzione politica (pe temperare conflitti); fu così che
vennero rinnovati gli studi sull’eloquenza (inizialmente rimase una disciplina universitaria, ma più tardi si delinea
un progetto didattico volto a diffonderla tra gli illiterati).
La congiunzione tra retorica e politica toccò l’apice con Brunetto Latini (1220-95), notaio, dictator, scrittore della
Rettorica (traduzione e commento del De inventione di Cicerone) e del Tresor (riorganizzazione globale del
sapere in lingua d’oil). Valorizzando il volgare mediò tra la cultura dei doctes e quella pragmatica, creando una
koiné dei diversi linguaggi cittadini.
5.3 ETHOS REPUBBLICANO E RELIGIONE CIVICA
Nelle città era già affermata la coscienza della res pubblica, fondata sui valori della civitas (libertà, bene comune,
concordi), ma dal vescovo, referente Alto Medievale della coscienza cittadina, si passò al consolato, nuovo
referente dell’epoca comunale. Questa laicizzazione non portò ad una desacralizzazione della dimensione
religiosa, piuttosto ad una sacralizzazione della dimensione civica (necessaria per legittimare la sovranità politica
e per aumentare la coesione cittadina) attraverso culti e riti che intrecciavano la sfera religiosa con quella
politica che riuscirono a creare una “religione civica” (interventi comunale nella fabrica della chiesa; patrocinato
delle confraternite mendicanti; culto dei santi patroni e caccia alle reliquie; processioni religiose cui
partecipavano i corpi organizzati della società urbana). 10
Bruschi Pietro
5.4 LA COSTRUZIONE DELLA MEMORIA URBANA.
Le cronache comunali esprimevano il sentimento patriottico con cui si tendeva a glorificare ogni città per la sua
bellezza, la sua ricchezza, per la sua potenza e per l’antichità delle sue origini, superiori a quelle di tutte le altre
(genere letterario delle laudes civitatum). Le cronache comunali apparivano come una sorta di autobiografia
fortemente permeata dallo spirito conflittuale nei confronti delle altre città, con le quali si creava una rivalità
culturale per il predominio sulla memoria edificante. Generalmente i cronisti comunali non rivestirono il ruolo di
storiografi ufficiali: sempre legati con le stanze del potere, ricoprirono cariche pubbliche e scrivevano su di un
modello “propagandistico”.
5.6 I MONUMENTI E IL SENTIMENTO IDENTITARIO
Il patriottismo civico trovò una declinazione tra le più peculiari nell’edilizia pubblica che vide i governi sempre
più impegnati in progetti architettonici dal forte valore civico e simbolico (piazze, mura, cattedrali, palazzi) che
spesso rivoluzionarono l’impianto urbanistico della città.
I primi palatium communis, sede di organi governativi, vennero costruiti per la volontà di una concezione più
professionale del modo di governare e del consolidamento delle istituzioni, ma anche per avvalersi di una
metafora palpabile della sovranità politica del Comune (funzione pubblicitaria e propagandistica tramite la mole,
l’architettura, la posizione e la decorazione), trasformando gli edifici in veri e propri documenti di propaganda.
In nessuna realtà cittadine del mezzogiorno l'elaborazione dell'ideologia pervenne a quella perfetta maturità che
caratterizza le repubbliche comunali italiane, la quale non venne annientata neanche dai regimi signorili. Questi
si affermarono nel rispetto delle istituzioni comunali, semplicemente mutando i linguaggi della cultura politica. I
numerosi interventi architettonici signorili che abbellirono le città non cancellarono i segni indelebili del potere
comunali, ma vi sovrapposero nuovi simboli in un intreccio complesso di stratificazioni e significati. 11
Bruschi Pietro
6. SOLIDARIETÀ, CONFLITTI, PROGETTI DI
DISCIPLINAMENTO.
6.1 IL GRUPPO FAMILIARE
A tutti i livelli sociali la famiglia era il principale spazio di solidarietà, modello per tutte le altre forme di alleanza.
Parlando di “famiglia” nel Medioevo ci possiamo riferire a due realtà: l’insieme di coloro che abitavano nella
stessa casa e costituiva un’unità di consumo/produzione, oppure l’insieme di coloro che erano uniti da vincoli di
parentela (la famiglia allargata è caratteristica delle aristocrazie).
Le famiglie dell’élite cittadina:
Dall’età carolingia, la potenza di un aristocratico era determinata, oltre che dal numero di componenti dell'unità
domestica, anche da quello dei parenti (e del resto del clan). L’élite urbana ereditò dall’aristocrazia rurale l'idea
della centralità della parentela e dell’agnatizio patrilineare (estromissione delle donne dalla successione –
possibilità di revoca della dote) al fine di salvaguardare il patrimonio familiare e la continuità dell’attività
economica. Il matrimonio erano uno strumento per instaurare relazioni e accrescere così l'importanza politica ed
economica della famiglia, per rinsaldare legami tra famiglie già unite da rapporti d'affari o di parentela, o per
pacificare le fazioni.Oltre che nella discendenza e nell’esistenza di interessi e diritti comuni, i lignaggi trovavano
coesione dal fatto che le abitazioni delle diverse famiglie erano adiacenti al palazzo del nucleo centrale
parentale.
In Italia a differenza che in altri paesi, la primogenitura si affermerà soltanto nel XVI secolo: il semplice sistema
agnatizio patrilineare poteva portare alla scomparsa di una famiglia in assenza di eredi maschi o a una totale
frammentazione del patrimonio e seguente rottura della coesione familiare a causa dei litigi se invece gli eredi
erano troppi. Per arginare il declino economico e l’indebolimento politico determinato dalla suddivisione del
patrimonio vennero creati i consorzi: associazioni pattizie ufficializzate dal notaio volte al comune interesse
tramite una regolamentazione della forma collettive nella gestione dei beni (istituiva un fondo comune e
regolava i conflitti interni). I consorzi assunsero un ruolo determinante nei conflitti cittadini e si espansero per
comprendere più gruppi parentali riuniti sotto il lignaggio più prestigioso.
Famiglie dei ceti inferiori:
Le famiglie di artigiani e salariati appaiono strutturate in unità domestiche sensibilmente più piccole. Si basava
sul legame coniugale (il matrimonio era più tardivo rispetto agli aristocratici) e contava su un numero limitato di
figli. L’isolamento dovuto all’assenza di un’ampia rete familiare era tuttavia compensata da una maggiore
valorizzazione del legame coniugale e dall’importanza delle relazioni di lavoro, di vicinato e di amicizia.
6.2 LEGAMI DI VICINATO
Nella vicinia vigeva un’organizzazione della vita quotidiana basata sulla mutua assistenza, la condivisione di
determinate strutture e servizi, il rispetto degli obblighi collettivi (approvvigionamento idrico, smaltimento dei
rifiuti, manutenzione della chiesa parrocchiale, ripartizione del carico fiscale, mantenimento dell'ordine, difesa);
nel XIII secolo la vicinia, fino ad allora un’aggregazione informale, tese ad istituzionalizzarsi e formalizzarsi.
Le famiglie dei potentes si raggruppavano nello stesso quartiere, solitamente in centro. La separazione sociale
non era così rigida: gli edifici signorili erano adiacenti alle abitazioni e alle botteghe del ceto medio-basso; in
questo modo le relazioni tra i vicini superavano le frontiere sociali.
La frequentazione degli stessi luoghi rafforzava la coesione, ma potevano generare anche tensioni: sia le liti
fortuite che i conflitti radicati non coinvolgevano mai un solo individuo ma si estendevano a tutto il clan dei
parenti con la sua rete di relazioni, nell’obiettivo di danneggiare o distruggere le strutt