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In queste occasioni si manifesta lo scontro tra la visione macedone della regalità (il sovrano
era il migliore dei suoi pari), e quella orientalizzante (il sovrano era sovrumano).
Nel 326 Alessandro penetrò in India. La sua intenzione era di proseguire oltre il Gange, ma
l’esercito si rifiutò di seguirlo in ulteriori avventure.
Il ritorno a Babilonia nel 326 seguì due direttrici: per terra l’esercito si divise in due tronconi;
per mare, la flotta seguì il litorale dell’Oceano Indiano, dalla foce dell’Indo a quella del Tigri.
Esercito e flotta si ricongiunsero solo alla fine del 325 e nel 324 Alessandro entrò
trionfalmente a Susa.
Nelle nozze di Susa, 80 compagni e 10.000 soldati presero in moglie donne persiane, con
l’intento di creare un’aristocrazia mista.
Ma questa politica trovò scarso consenso presso i macedoni e nell’estate 324 il problema
del rapporto fra le nazionalità si manifesto con la rivolta di Opis: i soldati, quando
Alessandro annunciò che intendeva congedare veterani e invalidi, si sentirono offesi, ma egli li
blandì con un abile discorso e provvide a punire i responsabili della rivolta.
Da Susa Alessandro aveva inviato in Grecia Nicanore per annunciare, durante i Giochi Olimpici
del 324, due richieste di Alessandro: il richiamo di tutti gli esuli e la concessione di onori
divini.
Il richiamo degli esulti, anche se era un tentativo di pacificazione, era una violazione degli
impegni di non interferenza nelle vicende interne sanciti con la Lega di Corinto; la richiesta di
onori divini era una grande offesa ai Greci, che ritenevano che il rendere culto a una persona
fosse lesivo della dignità.
I Greci reagirono quindi negativamente.
Alessandro trascorse il 324/3 a Ectabana e poi a Babilonia, dove ricevette ambascerie dalla
Grecia, dall’Africa e dall’Italia, mosse dalla diffusione di notizie su presunti progetti
occidentali di Alessandro.
Morì a Babilonia nel 323, probabilmente per cause naturali; tuttavia, le diverse occasioni di
urto fra il re e i suoi compagni fecero diffondere voci su un suo avvelenamento.
In questa situazione, i Macedoni nominarono re Arrideo(il fratellastro di Alessandro) con il
nome di Filippo III, unico superstite della famiglia degli Argeadi, e il figlio postumo del
sovrano defunto, se fosse stato maschio.
2. Il problema della successione e la formazione
degli stati
ellenistici
Il periodo successivo alla morte di Alessandro fu caratterizzato dallo scontro tra forze
unitarie, che volevano mantenere unito l’impero, e forze centrifughe, che provocavano un
frazionamento in regni di minore estensione e maggiore omogeneità interna.
Accordi di Babilonia 323: Perdicca mantenne il titolo di chiliarco, Antipatro ottenne il
governo della Macedonia con il titolo di Stratego d’Europa; Cratero ebbe la tutela del regno;
gli altri compagni si divisero le varie satrapie.
Nella sua veste di stratego d’Europa, Antipatro dovette affrontare la ribellione dei Greci
nella guerra lamiaca.
Alla notizia della morte di Alessandro nel 323 gli Ateniesi si ribellarono e provocarono una
rivolta in nome della libertà comune dei Greci a cui aderirono Argo, Sicione, Elide, Messenia,
Focesi, Locresi, Acarnani ed Etoli; il comando fu affidato all’ateniese Leostene.
Leostene sconfisse Antipatro a Platea e alle Termopili e lo chiuse nella città di Lamia; alla sua
morte, il successore Antifilo vinse e uccise il macedone Leonnato, ma Antipatro spezzò
l’assedio e l’arrivo di Cratero dall’Asia segnò una svolta nella guerra. Gli Ateniesi furono
sconfitti sul mare nel 322 e per terra. Trattarono con Antipatro una pace durissima e la
democrazia venne sostituita con un’oligarchia censitaria.
Perdicca, che intendeva sposare la sorella di Alessandro, apparve subito pericoloso agli altri
diadochi (i generali che si contendevano l’impero). Egli deteneva il comando supremo e si
trovava in una posizione privilegiata.
I diadochi si coalizzarono contro Perdicca (al cui fianco rimase solo Eumene). Nella prima
guerra dei diadochi, Perdicca e Cratero morirono.
La morte di questi due importanti esponenti della linea unitaria e legittimista rese necessario
un secondo accordo tra i diadochi, siglato in Siria nel 320. Da questo accordo uscì rafforzata
la posizione di Antipatro, che esercitava un vero potere personale in Macedonia. Morì però
nell’autunno 319 lasciando al comando il vecchio generale Poliperconte, esponente della
linea legittimista; il figlio Cassandro, privato del potere, provocò contro il rivale una nuova
coalizione scatenando la seconda guerra dei diadochi.
Poliperconte emanò nel 319 un editto con cui venivano restaurate nelle città le costituzioni
stabilite sotto Filippo II all’epoca della Lega di Corinto.
Intanto la potenza di Cassandro in Grecia si stava affermando.
Nel 316 Antigono sconfisse e uccise Eumene assumendo il controllo di buona parte dell’Asia.
La sua eccessiva potenza provocò una nuova coalizione tra Cassandro, Tolemeo, Seleuco e
Lisimaco.
Nella terza guerra dei diadochi nel 312 Tolemeo sconfisse Demetrio, figlio di Antigono; nel
311 ci fu una pace che riconosceva ad Antigono il dominio dell’Asia e a Cassandro quello della
Macedonia, confermando a Tolemeo l’Egitto e a Lisimaco la Tracia; Seleuco restò escluso
dall’accordo.
Nel 310 Cassandro uccise Rossane e il figlio di Alessandro; l’anno dopo Poliperconte, alleato di
Cassandro, fece uccidere Eracle, presunto figlio di Alessandro e Barsine. Con la fine degli
Argeadiveniva meno ogni preoccupazione legittimistica e i diadochi potevano sperare ad
ottenere un regno proprio.
Tra 306 e 305, tutti i diadochi assunsero il titolo di re.
La crescita della potenza di Antigono e Demetrio provocò la coalizione di Cassandro, Lisimaco,
Tolemeo e Seleuco. Nel 301 Antigono fu sconfitto e ucciso.
Con il 301 si giunse a una relativa stabilizzazione, che trovò espressione in una serie di
alleanza matrimoniali che legavano fra loro i diadochi.
3. La Sicilia: Agatocle
In Sicilia, dopo la deposizione del potere da parte di Timoleonte, Siracusa ebbe un periodo di
tensioni che si tradusse in anni di instabilità per l’intera isola.
Analoga instabilità ci fu in Italia e indusse i Greci a rivolgersi nuovamente a strateghi stranieri.
Alessandro il Molosso giunse in Italia nel 334 come alleato di Taranto contro gli indigeni
italici. Egli svolse in Italia una personale politica di conquista, sconfiggendo Messapi, Peucezi,
Lucani e Sanniti, trovandosi padrone dell’Italia meridionale e stringendo alleanza con Roma
in funzione antisannitica.
Era intenzionato a passare in Sicilia e in Africa contro i Cartaginesi ma Taranto ruppe
l’alleanza, forse preoccupata dal legame con Roma. Il Molosso morì nel 330 e Taranto restò
esposta alla pressione indigena.
A Siracusa, governata dagli oligarchici Sosistrato ed Eraclide, maturavano le condizioni per il
colpo di stato di Agatocle, uno dei nuovi cittadini giunti a Siracusa all’epoca di Timoleonte.
Nel 317 rientrò dall’esilio alla testa di un esercito mercenario e prese il controllo di Siracusa,
incitando l’assemblea ad una violenta reazione contro gli oligarchici; l’assemblea lo nominò
stratego autokrator e Agatocle, appoggiandosi al popolo, si rifece ai precedenti di Gelone e
Dionisio I.
Perseguì la centralità di Siracusa, l’unificazione della Sicilia, la contrapposizione con Cartagine
e il dominio in Italia con appoggi in Adriatico.
Riaffermò il ruolo centrale di Siracusa in Sicilia, provocando la reazione di Agrigento,
Gela e Messana, che si coalizzarono contro di lui e ricevettero l’aiuto di Taranto; ma nel 313
Agatocle ottenne il riconoscimento dell’egemonia siracusana sulle città siceliote.
L’obbiettivo dell’unificazione della Sicilia comportava però la ripresa della guerra contro
Cartagine: nel 311 Agatocle intervenne a favore di Agrigento, attaccata dai Cartaginesi.
Siracusa fu assediata e nel 310 Agatocle fu sconfitto. Decise quindi di portare la guerra in
Africa giungendo a minacciare Cartagine, che tolse l’assedio a Siracusa.
Nel 307 tornò in Sicilia dove sconfisse la flotta cartaginese e conquistò l’intera isola. Rientrato
in Sicilia, dove Agrigento tentava di sottrarre a Siracusa l’egemonia dopo essersi messo alla
testa di una lega, Agatocle concluse nel 306 la pace con Cartagine e ristabilì il predominio
di Siracusa in Sicilia.
In seguito a questa pace Agatocle si trovò nel 305 signore assoluto della Sicilia e assunse
il titolo di re.
Siracusa divenne la capitale di un grande regno ellenistico e la sua prosperità economica
crebbe grazie allo sviluppo della produzione agricola e artigianale e del commercio. Sul piano
costituzionale, Agatocle fondò il suo potere su uno stretto rapporto con l’assemblea. A
livello internazionale svolse un’accurata politica matrimoniale che lo inserì nelle relazioni
diplomatiche mediterranee.
Si impegnò nell’espansione della sfera di influenza siracusana in Magna Grecia e
nell’Adriatico e per il controllo delle rotte adriatiche e in particolare del canale d’Otranto.
Morì nel 289; prima di morire, prefigurando lotte familiari per la successione, depose il potere
nelle mani dell’assemblea come aveva fatto Timoleonte.
4. Le monarchie territoriali
Rispetto alla Grecia classica, i cambiamento verificatisi nell’età ellenistica furono enormi, a
cominciare dall’affermazione della monarchia come sistema istituzionale.
L’ideale della monarchia ellenistica ha in sé sia elementi greci sia orientali.
Il sovrano ellenistico è prima di tutto un guerriero vittorioso, re per diritto di vittoria.
Questa caratteristica è presente soprattutto nel contesto macedone. La monarchia si regge
dunque sulle capacità del sovrano di guidare l’esercito e di amministrare nel modo migliore.
Il sovrano fa uso di emblemi della regalità, e si circonda di una guardia reale; vive isolato dal
popolo all’interno di una corte circondato da amici, dignitari che si affiancano al re al vertice di
un complesso apparato burocratico; spesso sono uomini di cultura che svolgono ruoli
nell’ambito della corte.
Il re può divenire oggetto di culto, o di tipo eroico, nel quadro della tradizionale
religione cittadina, o di tipo dinastico, organizzato dagli stessi sovrani e caratteristico delle
monarchie tolemaica e seleucidica.
I regni ellenistici erano caratterizzati dalla grande estensione territoriale, con
conseguente eterogeneità geografica ed economica, e dalla ricchezza demografica, con una
popolazione numerosa ed etnicamente composita.
Al modello della polis, che prevede un centro urbano unico circondato dalla chora,