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Atene e il suo carattere tardivo e incerto della sua correzione di rotta.
12. "Nascondere" un documento: la saga di Melo
Senofonte tacque sul decreto probabilmente perché la delibera fattualmente fu ininfluente → non si tradusse mai in azione. In altri casi il silenzio della tradizione storiografica ci appare intenzionale e inquietante. Lo scopriamo grazie a un documento di Tucidide. Conosciamo la macchia che offuscò l'immagine di Atene: la repressione della città di Melo (416 a.C.); per Tucidide, Melo era neutrale e voleva rimanere tale durante il conflitto tra Atene e Sparta. Tucidide nel suo passo mette in luce l'aggressività di Atene e il suo predominio imperiale. Dice che (nel dialogo parlano i carnefici) tra gli uomini e gli dèi è naturale opprimere colui che puoi sopraffare. Questa legge Atene non l'ha inventata ma l'ha ricevuta e così la consegna agli altri. Dice inoltre: "chiunque altro, anche voi, se..."
vi trovate a disporre di una forza pari allanostra, vi comportereste così?". In questo modo Atene appare spietata; agisce tramite la legge del più forte e senza (apparentemente) un vero motivo. Questo era come Tucidide voleva farla apparire. Quindi bisogna fare attenzione alle intenzioni, in questo caso, di Tucidide, perché non rende un quadro veritiero: il quadro è in parte falso. Infatti a metà del nostro secolo sono stati scoperti sull'acropoli molti pezzi di marmo contenenti le liste dei tributi che gli alleati di Atene pagavano alla città egemone ("Athenian tribute list"); questo tributo era così importante da richiedere la monumentalizzazione. Tucidide la mette come se nel 416 a.C. si perpetrò il crimine disumano del massacro dei neutrali che si ostinavano a restare tali. In un piccolo lembo di quella grande lastra andata in pezzi si dice che Melo già prima del 416 a.C. (dal 420 a.C. ca; ma Tucidide non loIl mito fondatore della città di Atene è strettamente legato alla sua gloriosa storia. Secondo la tradizione, Atene fu fondata da Cecrope, un leggendario re semidivino. Nel corso dei secoli, Atene divenne una delle città più potenti e influenti della Grecia antica.
Tuttavia, la storia di Atene non è priva di episodi controversi. Uno di questi è l'aggressione di Melo, una città dell'isola di Lesbo, da parte di Atene. Secondo Tucidide, storico greco del V secolo a.C., Atene attaccò Melo e sottomise la sua popolazione. Questo episodio è spesso citato come esempio della ferocia degli ateniesi.
Tuttavia, alcuni studiosi sostengono che la versione di Tucidide sia parziale e distorta. Secondo loro, l'aggressione di Melo potrebbe essere stata una questione interna alla Lega Delio-Attica, di cui Atene faceva parte. Inoltre, sembra che tra Atene e Melo ci fosse un trattato internazionale di neutralità, che Atene avrebbe infranto con il suo attacco.
L'episodio di Melo è considerato una macchia indelebile nella storia di Atene, secondo una lunga tradizione storiografica. Tuttavia, alcuni studiosi sostengono che questa visione potrebbe essere il risultato di una propaganda anti-ateniese e che la verità potrebbe essere più complessa di quanto si pensi.
Infine, è importante sottolineare che la storia di Atene è soggetta a continue revisioni e nuove scoperte. L'interpretazione degli eventi passati può cambiare con l'arrivo di nuovi documenti e nuove prospettive.
La democrazia ateniese fu il tirannicidio: l'eliminazione di uno dei figli del tiranno Pisistrato (Pisistrato era al potere dal 534 a.C.; morì nel 527 a.C.; Ippia [il maggiore] e Ipparco erano i suoi figli) → Ipparco nel 514 a.C. Gli attentatori Armodio e Aristogitone furono assunti come i vendicatori della libertà della storia ateniese e più tardi a figure-simbolo della democrazia in Attica (Armodio e Aristogitone erano amanti). Questa è la mitologia politica di due concetti: libertà e democrazia. L'attentato non abbatté la tirannide, fu Sparta a scacciare dal governo di Atene i figli di Pisistrato, in particolare Ippia. Cacciato Ippia e dopo la crisi di assestamento fu instaurato in Atene un regime democratico. Successivamente in onore dei tirannicidi furono erette statue e la loro immagine e il loro gesto divennero il simbolo del nuovo assetto politico, che si mantenne per un secolo fino alla crisi oligarchica del 411 a.C. Però
non tutto quadra ma il mito esemplifica ed esercita una potente suggestione. Sparta, tradizionale capofila delle oligarchie, abbatté la tirannide in Atene; ma tirannide e oligarchia finirono per essere adoperati come sinonimi. In scena, in Atene, poco prima del colpo di mano oligarchico del 411 a.C., personaggi che incarnano la figura del democratico medio che esclamano: "Sento odore di Ippia" (= c'è in giro una minaccia di oligarchia). Nella coscienza diffusa e nel linguaggio corrente si afferma la polarità democrazia/tirannide. Quando Tucidide riscrive la storia del fatto del 514 a.C. lo riduce alla vendetta privata; egli compie revisionismo. Lo compie su documenti, interpretando documenti noti e meno noti. Fulcro: se gli attentatori avessero voluto abbattere la tirannide, non avrebbero colpito Ipparco ma Ippia che era l'erede di Pisistrato (in Tucidide pare che Armodio e Aristogitone fossero andati con l'intenzione di uccidere i due Pisistrati).ma uccisero solo Ipparco). Dimostra la sua tesi invocando un documento noto e di grande rilievo, la "Stele sui torti dei tirami". Tucidide osserva l'ordine in cui sono nominati i figli di Pisistrato: Ippia è il primo. Ippia è l'unico di cui viene detto che aveva una discendenza: deduce che Ippia sia l'erede succeduto a Pisistrato nel governo delle città. Aggiunge altro: la dedica dei pisistratidi incisa sull'altare di Apollo Pizio (nell'agorà). Qui, caduti i tiranni, le lettere erano state scalpellate, perché quella dedica era dovuta ai tiranni; ma le parole erano ancora distinguibili. Tucidide legge il nome del figlio di Ippia: una ulteriore conferma definitiva che Ipparco NON fosse il tiranno. I congiurati quando avevano ammazzato Ipparco, non hanno abbattuto il tiranno (e infatti la morte di Ipparco non determina la caduta della tirannide). Hanno cercato la vendetta per una rivalità privata: Armodio, giovane.Amante di Aristogitone, aveva rifiutato le profferte amorose di Ipparco. Ipparco per ripicca lo aveva fatto oltraggiare (lo aggredì e lo sfigurò). Il popolo democratico crede in un mito fondativo del proprio prediletto regime politico ma ignora quanto quel mito sia falso. L'operazione politica è distruttiva: intacca il pilastro della democrazia. Tucidide è un critico della democrazia (è antidemocratico) vuole sminuire il gesto dei tirannicidi (enfatizzato dalla polis come mito fondativo). Come ogni revisionismo anche il suo è una acquisizione provvisoria. Tucidide ammette che i congiurati puntavano a uccidere il tiranno. Assicura però che non intendevano farlo per motivi politici o ideali ma per una questione amorosa. Qui la forza dimostrativa si attenua. Il lettore è invitato a credere a una congettura: che la rivalità amorosa esaurisse in sé le motivazioni. Questo però non lo si ricava da alcun documento.
Poteva pure essere vista come un mix tra rivalità amorosa e l'arroganza del fratello del tiranno = innesca nell'animo di Aristogitone e dei congiurati la condanna della tirannide come tale. Tucidide ha compiuto un'operazione ideologica: brandisce dei documenti per affermare molto più di quello che dai documenti possa ricavarsi. Questo tipo di procedimento funziona più in tribunale che nella ricostruzione storica. Egli ha voluto colpire un bersaglio, non semplicemente ripristinare una verità. La conferma viene dal racconto, le prime parole affermano: "L'azione di Armadio e Aristogitone fu compiuta a causa di una vicenda amorosa", ma poco dopo l'autore si lascia sfuggire espressioni quali: "Lottare insieme per la libertà" in relazione al proposito dei congiurati. Invece nel proemio del libro il motivo dell'eros è scomparso. Tucidide le motivazioni amorose non le ricava dalle fonti ma da un pettegolezzo:
non solo riporta i fatti, ma anche le parole dei protagonisti. Questo ci permette di comprendere meglio il contesto politico e sociale dell'epoca. Inoltre, la parola stessa può essere considerata un documento. Ad esempio, Liu Xie fa riferimento a un'opera chiamata "Il libro dei documenti" che contiene i discorsi dell'imperatore cinese. Questo dimostra l'importanza attribuita alla parola come mezzo di comunicazione e testimonianza storica. Tuttavia, è fondamentale che lo storico sia in grado di interpretare correttamente le parole dei protagonisti e di mantenerle fedeli al loro significato originale. Tucidide, ad esempio, afferma di aver seguito il senso generale delle cose dette dai politici dell'epoca. Questo ci permette di prendere sul serio le parole riportate da lui e di utilizzarle come fonte affidabile per comprendere la retorica politica del tempo. In conclusione, sia la parola dei protagonisti che la parola stessa possono essere considerate documenti importanti per lo studio storico. Tuttavia, è necessario valutare attentamente la loro affidabilità e interpretarle correttamente per ottenere una visione accurata del passato.Intuì l'importanza del ragionamento politico, della parola pubblica e dei suoi effetti. Un critico tardo, Dionigi di Alicarnasso portava come esempio di parola inventata da Tucidide il dialogo tra Meli e Ateniesi, ma forse si sbagliava. I protagonisti della politica e della guerra erano essi stessi parte dell'élite colta della città: il veicolo dell'informazione era per Tucidide immediato (cioè lui veniva direttamente in contatto con essi). I generali ateniesi parlavano in modo serrato, tagliente e concettoso, proprio il modo in cui li fa parlare Tucidide. La parola ha uno spazio grandissimo nella vita collettiva e quindi anche nel racconto storiografico antico: è un fedele rispecchiamento della realtà parlata della città greca.
15. Atene nelle pagine interne
Consideriamo Atene in piena età romana. Si è schierata con Mitridate (contro i romani, 86 a.C.): ha visto sorgere al proprio interno una figura di capo popolare,
Intraprendente, eloquente: Atenione. Lo storicofilosofo Posidonio gli ha dedicato un ritratto al vetriolo. L'improvvisa apparizione di questo personaggio risulta a prima vista sconcertante. La prima impressione è il ridestarsi di Atene da una lunga eclissi. La storia di Atene dopo il sussulto antimacedone post morte di Magno si perde di vista. In gergo giornalistico si dice che passa "nelle pagine interne". Nel caso di Atenione il coinvolgimento tra Mitridate e Silla riporta Atene sotto i riflettori. Qualche decennio più tardi Atene invierà un contingente a combattere al fianco di Bruto e Cassio, 42 a.C. (guerra civile). Anche allora il coinvolgimento di Atene fa scalpore: come "palestra" intellettuale della gioventù repubblicana, perché direttamente partecipa al conflitto e per il rimbrotto dei vincitori ("anche questa volta vi siete schierati dalla parte sbagliata"). Ma la storia di Atene ellenistica dal III a.C. al 31 a.C.
non è un vuoto. Le parole di Posidonio lo fanno intendere. Il rammarico di Atenione e le sue critiche sono riferite da Posidonio in forma diretta. Al di là dell'intento perfido di Posidonio c'è la consapevolezza del rilievo di quell'episodio. La storia delle città.