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LA MONETA
Con l’attivazione del risparmio, ci fu anche una complessa evoluzione del sistema
monetario, anche se l’Europa medievale e rinascimentale conobbe soltanto la
moneta metallica e non quella cartacea.
La moneta era caratterizzata del peso e della lega. Moltiplicandoli si otteneva il
valore intrinseco della moneta, ovvero il fino, diverso dal valore estrinseco, cioè il
valore nominale. La loro differenza era data dai costi di produzione e dal
“signoraggio”, cioè dall’imposta sulla coniazione.
Tra il 781 e il 795 Carlo Magno mise a punto nel suo vasto impero una riforma
monetaria.
La riforma stabiliva il monometallismo argenteo, istituendo una unica moneta
legale, il denaro d’argento. Questo sistema monetario consisteva in un solo pezzo
monetale senza multipli né sottomultipli. Era evidentemente un sistema primitivo,
a quei tempi però la cosa era tollerata poiché si effettuavano pochi scambi e quasi
sempre si ricorreva al baratto.
Dalla fine del secolo X, lo sviluppo commerciale, demografico e manifatturiero
che si manifestò, alimentò una sempre crescente domanda di moneta. Sorsero così
nuove zecche.
In Inghilterra tutte le zecche batterono moneta sempre secondo i moduli fissati dal
re. In Italia e in Germania invece ciascuna città o ciascun principe che godesse del
diritto di battere moneta, fece le cose per conto proprio.
Le zecche battendo moneta dovevano rispettare i moduli indicati dall’autorità da
cui dipendevano, ma il volume di emissione era determinato dal mercato.
Un qualsiasi privato cittadino che avesse disponibilità di metallo lo portava alla
zecca. Col metallo ricevuto la zecca batteva moneta secondo i moduli vigenti.
Dall’ammontare di moneta la zecca detraeva una quota per ricompensarsi delle
spese di coniazione e un’altra quota come signoraggio; il restante veniva
consegnato a chi aveva portato il metallo alla zecca e finiva per rappresentare il
prezzo di mercato del metallo.
Nel corso del tempo la moneta venne progressivamente svilita, cioè iniziò a
contenere una sempre minor quantità di metallo nobile. Eccezione a questa regola
furono le monete d’oro usate per i pagamenti internazionali.
La moneta veniva svalutata per due motivi:
a) Motivo fiscale, cioè per incrementare le entrate dello stato.
b) Ragioni monetarie, tra cui la principale era il bisogno di incrementare il volume
della circolazione monetaria interna.
L’Europa occidentale soffrì infatti, per quasi tutto il Medioevo, di una
insufficiente disponibilità di metalli preziosi per usi monetari.
Per aumentare il volume di produzione, si doveva cercare di indurre i privati a
portare metallo alla propria zecca aumentando il prezzo pagato e questo oltre a
creare concorrenza tra le zecche, portava ulteriore svalutazione.
Oltre alla svalutazione volontaria c’era poi quella “involontaria”, causata oltre che
dai tosatori di frodo, anche dall’usura dei pezzi metallici.
Se dunque l’autorità continuava a battere moneta di stesso peso e lega, dopo poco
tempo le monete nuovamente emesse sarebbero scomparse, per la cosiddetta
Legge di Gresham, per cui la moneta cattiva scaccia quella buona. La soluzione
fu dunque emettere moneta svalutata, ovvero contenente una quantità minore di
fino.
Tra tutti i paesi, l’Inghilterra, si distinse per l’eccezionale stabilità della sua
moneta, poiché le zecche erano sotto il controllo della Corona, che non aveva
nulla da guadagnare da una eventuale inflazione. Il collasso della moneta inglese
avvenne a metà Cinquecento, a causa della stravagante politica di Enrico VIII.
In Francia, il sistema monetario instituito da re Luigi IX fu una vera e propria
manna dal cielo. Il periodo di instabilità iniziò ai tempi di Filippo il Bello, negli
anni 1290. Da quel momento la moneta francese fu soggetta a tutta una serie di
frenetiche e drastiche svalutazioni e rivalutazioni, a causa principalmente della
Guerra dei Cent’anni. Si susseguirono numerosissime variazioni della valuta
francese, tracciando una zigzagante e febbrile curva della moneta francese.
In Italia, la moneta fu nel lungo periodo svilita come o se non più della moneta
francese, ma la sua curva non mostrò i febbrili convulsi ribassi e rialzi della
moneta francese.
Cause di queste svalutazioni patologiche furono le condizioni istituzionali ed
economiche in cui operavano le zecche, dove il mantenimento della stabilità
monetaria non rappresentava affatto la ricetta migliore per sostenere l’attività delle
zecche stesse, e l’esistenza di una sola denominazione e cioè il denaro, che poteva
andar bene in sistemi primitivi, ma man mano che l’economia europea andò
sviluppandosi, si dimostrò sempre più inadeguata.
Fu a questo punto che avvenne la prima grande riforma del sistema.
I Crociati di ritorno dalla quarta crociata infatti, portarono notevoli quantità di
argento in Europa. Attorno al 1200 dunque, a Venezia, si batterono multipli del
denaro, cioè monete d’argento chiamate grossi. Da lì in poi i multipli si
moltiplicarono.
Il momento magico occorse nel 1252, quando Firenze e Genova emisero una
moneta d’oro puro. Il monometallismo argenteo fu rotto e sostituito con sistemi
bimetallici.
In tutta Europa ci si sforzò di seguire l’esempio. Venezia seguì l’esempio con
notevole ritardo, introducendo il ducato solo nel 1284.
Il sistema bimetallico era già stato introdotto però dagli Arabi in Sicilia e nella
Penisola Iberica, conquistate rispettivamente nell’827 e nell’711.
Improvvisamente però nel 1172, gli Arabi smisero di battere i dinars in Spagna;
ne approfittò il re di Castiglia che fece battere monete analoghe, creando un
guazzabuglio difficile da descrivere. La moneta spagnola però, svilì esattamente
come tutte le altre monete, così come svilì la moneta portoghese.
Durante la seconda metà del secolo XV però, ricchi depositi di argento vennero
scoperti nel Tirolo e nella Sassonia. La produzione di argento tirolese triplicò.
Buona parte di questo argento affluì nei mercati di Venezia e Milano, che dopo
qualche anno emisero monete d’argento che rompevano con la tradizione
medievale su un doppio fronte. Dal punto di vista artistico infatti recavano
rispettivamente il ritratto perfettamente realistico del Doge di Venezia e del Duca
di Milano, ed erano per questo detti testoni. Dal punto di vista sostanziale si
differenziavano nettamente dalle sottili monete medievali per il loro spessore e
quindi per il loro peso e contenuto argenteo.
Queste monete incontrarono il favore del mercato e furono battute anche in
Francia, Inghilterra e Paesi Bassi. La corsa verso le maximonete non si fermò.
Intanto i Portoghesi proseguivano con notevole successo le esplorazioni lungo la
costa occidentale dell’Africa. Essenzialmente essi cercavano la via marittima
diretta ai paesi delle spezie nell’Asia onde strappare ai mercanti musulmani il
controllo di questi commerci estremamente proficui, ma nel corso della loro
spedizione scoprirono terre sulla costa occidentale dell’Africa ricche di oro, dove
il metallo giallo poteva essere barattato con prodotti di scarso valore.
Tutte queste avventure furono il preludio alla grossa avventura ispano-americana.
Dalla metà del Cinquecento infatti, le flotte spagnole riversarono in Europa
enormi tesori di oro e soprattutto argento provenienti dalla Americhe. Comparve
allora la moneta argentea battuta dalla Spagna, il Real de a Ocho, che sarà la
moneta di gran lunga predominante nella circolazione internazionale tra XVI e
XVII secolo.
A partire dal XII secolo però, il sistema di moneta metallica fu integrato in misura
crescente da moneta creata dall’attività bancaria, ovvero dai depositi.
I depositi sono formati da moneta effettiva ma soprattutto da moneta intangibile,
chiamata “moneta scritturale”, creata dai banchieri sulla base della moneta
effettiva depositata presso di loro nella misura in cui essi stessi reputano di poter
rischiare, contando sul fatto che i depositi non vengano ritirati tutti d’un colpo dai
loro legittimi proprietari.
Il termine banca o banchiere, comparvero per la prima volta a Genova nel XII e
XIII secolo e si riferivano ai cambiavalute. Questi banchieri-cambiavalute inoltre
operavano come intermediari tra pubblico e zecche. Con la fine del secolo XIII
però, non si limitarono più alla sola attività del cambio manuale delle specie
metalliche, ma cominciarono a raccogliere depositi e ad effettuare pagamenti per
conto dei depositanti. Questi pagamenti venivano effettuati mediante una semplice
scritturazione sui libri contabili, evitando il trasporto e l’uso della moneta.
L’operazione della girata era condotta non su ordine scritto, ma in presenza delle
parti. Trasferimenti effettuati su ordine scritto (chèque) comparvero nel secolo
XV. Quanto appariva sui libri del banchiere faceva fede di fronte alla legge.
Era inoltre necessario che il banchiere tenesse sempre a disposizione una certa
massa di contante che serviva da riserva. Tuttavia con il tempo i banchieri
sperimentarono che non serviva tenere come riserva tanta moneta metallica,
bastava che ne tenessero una frazione; essi capirono che potevano operare sulla
base del sistema della riserva frazionale.
La creazione di moneta bancaria fu un fatto positivo per l’economia, ma
comportava anche grossi inconvenienti, in quanto l’economia del tempo era
fragile e il panico si diffondeva sovente, portando i depositari a correre alle
banche a ritirare i loro depositi, facendo di conseguenza fallire le banche. La storia
del Medioevo e Rinascimento è una storia di continui fallimenti, anche perché non
esisteva una banca centrale che intervenisse come prestatore di ultima istanza.
5. LA POLITICA ECONOMICA
La politica economica la si potrebbe definire oggi una “politica pubblica relativa
alla vita economica di un paese”. È comunque difficile adattare questa definizione
alla realtà pre-industriale, in quanto era piuttosto vaga la distinzione tra pubblico e
privato nella coscienza delle persone.
Una trattazione schematica della politica economica nell’Europa pre-industriale
può essere articolata così:
1) PROMOZIONE DI UN’ECONOMIA EQUILIBRATA
• Approvvigionamento dei beni di prima necessità
• Stabilizzazione dei prezzi
• Controllo dell’offerta di metalli preziosi
2) INCREMENTO DELLA PRODUZIONE
• Agricoltura
• Manifattura e commercio
3)MIGLIORAMENTO DEI MECCANISMI DI REGOLAZIONE DEL
MERCATO
• Controllo del consumo
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