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L'origine del caffè e del tè
L'origine del caffè deve ricondursi ai territori etiopici. Passò in Europa nella seconda metà del secolo XVII. Successivamente gli olandesi iniziarono la coltivazione del caffè nei territori del loro impero asiatico. I francesi fecero lo stesso nei loro possedimenti americani. Così pure gli inglesi.
Il tè compariva sui mercati di Londra e Amsterdam negli anni 1650, ma non suscitò nessun entusiasmo. Fu nel 1664 che si verificò il fatto decisivo, quando re Carlo II ricevette un pacco di erbe esotiche. L'esempio della corte fu contagioso. Dapprima l'aristocrazia, poi altre classi si diedero al tè, che rimase per tutto il Settecento una bevanda per benestanti.
Tra l'aristocrazia, come tra i borghesi e gli intellettuali, l'uso del tè, del caffè e della cioccolata fu facilitato dal fatto che a questi prodotti furono attribuite notevoli proprietà medicinali.
Lo zucchero era noto agli europei.
Sin dalla remota antichità, ma fu sempre un bene molto raro. Per addolcire cibi e bevande la gente usava di norma il miele. Lo sviluppo delle grandi piantagioni creò una forte domanda di schiavi e gli europei si diedero ad acquistare schiavi sulle coste dell'Africa occidentale in cambio di tessili, armi da fuoco, polvere da sparo, alcolici e perline di vetro. Oltre all'afflusso di metalli preziosi e di prodotti esotici, l'espansione transoceanica dell'Europa ebbe conseguenze ben più numerose e rilevanti. Si possono distinguere tali conseguenze in:
- conseguenze tecnologiche
- conseguenze economiche
- conseguenze demografiche
Riguardo alle conseguenze tecnologiche, la navigazione oceanica era una cosa ben diversa dalla tradizionale navigazione costiera. Il suo sviluppo sollecitò e a sua volta dipese dalla creazione e dall'evoluzione di nuovi strumenti e di nuove tecniche, come il cronometro marittimo, lo sviluppo della cartografia nautica, dell'artiglieria navale,
Delle costruzioni navali e dell'uso della vela. Di conseguenza si svilupparono l'orologeria, l'industria metallurgica, l'occupazione e l'industria dell'armamento. Vi furono anche innovazioni nel settore delle tecniche di affari. Lo sviluppo di grosse compagnie quali la East India Company inglese o la V.O.C. olandese. Riguardo alle conseguenze economiche, il commercio transoceanico comportò grossi rischi e grosse perdite ma soprattutto molto più grossi profitti. A Londra come ad Amsterdam il commercio di importazione e riesportazione permisero una notevole cumulazione di capitale. Riguardo alle conseguenze demografiche, coloro che lasciavano l'Europa erano pochi. Non tutti arrivavano a destinazione. E una buona parte di coloro che sopravvivevano alle fatiche e ai pericoli del viaggio e della vita oltremare ritornavano in Europa non appena potevano. Fino all'Ottocento l'espansione europea fu essenzialmente un'avventura.
commerciale.La cumulazione del capitale è considerata precondizione del decollo industriale. L'espansione commerciale dell'Inghilterra dei secoli XVI e XVII certamente contribuì a una notevole cumulazione di ricchezza.Una delle conseguenze economiche più importanti dello sviluppo commerciale dei secoli XVI e XVII fu l'accumulazione di ricchezza che esso permise in taluni paesi europei, la formazione di un prezioso e robusto "capitale umano", cioè lo sviluppo e la diffusione di una mentalità, di uno spirito e di una capacità imprenditoriali in strati più lunghi della popolazione.La Rivoluzione scientificaFatti quali la scoperta di mondi nuovi e di nuovi prodotti, la prova della sfericità della terra, l'invenzione della stampa, il perfezionamento delle armi da fuoco, lo sviluppo delle costruzioni navali e della navigazione furono all'origine di una rivoluzione culturale.La fede cieca e assoluta neidogmi dell'antichità che aveva prevalso nei secoli del Medioevo entrarono in crisi.
Gli europei cominciarono a guardare ottimisticamente in avanti, proiettati nel futuro e pensando sempre più in termini di progresso e di ricerca del nuovo.
Il secolo XVII vide svolgersi una violenta battaglia intellettuale tra gli "antichi" e i "moderni", tra chi sosteneva il dogma dell'autorità e la onniscienza dei classici e chi opponeva al dogma la ricerca critica e sperimentale.
L'età di Galileo e Newton segnò la vittoria dei "moderni", del metodo sperimentale e dell'applicazione delle matematiche nella spiegazione della realtà.
Un numero crescente di individui cercò di misurare un numero crescente di fenomeni, non solo nel settore della meccanica o dell'astronomia, ma anche in quelli dell'economia, della demografia e dell'amministrazione pubblica.
La statistica e la demografia
moderne nacquero praticamente allora e le informazioni quantitative sulla popolazione, la produzione, il commercio, la moneta si fecero sempre più numerose e più attendibili. Sul piano delle relazioni umane si preparò il terreno alla tolleranza dell'Illuminismo. Sul piano tecnologico ci si basò sempre più sulla sperimentazione per la soluzione dei problemi concreti dell'economia e della società. Nel Medioevo scienza e tecnica erano due cose distinte e separate. Il protestantesimo fu un poderoso fattore di diffusione dell'alfabetismo. La diffusione dell'alfabetismo significò la vittoria del libro sul proverbio a favore di atteggiamenti più razionali e sperimentali. La crisi del legno Nei secoli dei secoli, il legname aveva rappresentato il combustibile per eccellenza e il materiale di base per le costruzioni edili, per costruzioni navali, per la fabbricazione dei mobili e della maggior parte degli attrezzi e.del legname iniziò a manifestarsi già a partire dai secoli XII e XIII, soprattutto nell'area mediterranea. In quest'epoca, il legname cominciò a scarseggiare e venne sempre più sostituito dal mattone, dalla pietra o dal marmo nell'attività edile. Nel corso del XVI secolo, l'aumento della popolazione, l'espansione della navigazione oceanica e delle costruzioni navali, lo sviluppo della metallurgia e il conseguente aumento del consumo di carbone di legna per la fusione dei metalli provocarono in Europa un rapido aumento del consumo di legname. Di conseguenza, boschi e foreste scomparvero e in diverse aree si arrivò a una vera e propria crisi per la mancanza di legname. Nel XVII secolo, l'Italia entrò in un periodo di declino secolare e la domanda di legname si ridusse. Tuttavia, nell'Europa del Nord, dove l'attività economica si sviluppava in maniera sempre più intensa, il prezzo del legname continuò a crescere. La crisi del legname aveva quindi un impatto diverso a seconda delle regioni.legno scoppiò in tutta la sua gravità nel 1630. Questa crisi servì a spingere in avanti l'Europa nord-occidentale sulla via verso la Rivoluzione industriale. Il ribaltamento degli equilibri economici all'interno dell'Europa: 1500-1700
Il XVII secolo viene generalmente definito un secolo di crisi per l'economia europea. In effetti fu nefasto per buona parte della Germania dove la Guerra dei Trent'anni causò danni e rovine su vasti territori. Anche per la Turchia, Spagna e Italia si trattò di un secolo nefasto. Per quanto riguarda la Francia, vi fu una espansione del commercio con la Spagna e con l'Italia. Nell'insieme si può dire che durante il periodo 1500-1700 l'economia francese conobbe prosperità e sviluppo. Inoltre, per Olanda, Inghilterra, Svezia e la città di Amburgo, il Seicento fu, salvo brevi periodi, un secolo di successi e di prosperità.
Nel 1660-90 l'economia francese
conobbe tempi fastidiosi: la prosperità francese fu legata soprattutto al commercio con il Levante e al commercio coloniale con i possedimenti nelle americhe. Alla fine del Quattrocento, l'area decisamente più sviluppata d'Europa era l'area mediterranea e in particolare l'Italia centro-settentrionale. Nel corso del Cinquecento, la Spagna conobbe un periodo di splendore che servì a mantenere all'area mediterranea una posizione di rilievo. Alla fine del Seicento, l'area mediterranea era definitivamente un'area arretrata. Il baricentro dell'economia europea si era spostato sul Mare del Nord. Il declino economico della Spagna Ancora alla metà del Quattrocento la Spagna non esisteva. Esisteva la penisola iberica divisa in quattro reami: la Corona di Castiglia, la Corona di Aragona, il Regno di Portogallo e il Regno di Navarra. L'afflusso massiccio d'oro e d'argento delle americhe e l'espansionedelladomanda effettiva in cui tale afflusso si tradusse avrebbero potuto stimolare un note vole sviluppo economico del pese. Tuttavia la Spagna del XVI secolo può servire come classico esempio per dimostrare che la domanda è un elemento necessario ma non sufficiente per attuare lo sviluppo. La Spagna nel suo insieme si arricchì notevolmente nel corso del Cinquecento e il suo peso nell'economia europea aumentò in maniera drammatica perché l'argento e l'oro erano mezzi liquidi accettati internazionalmente in pagamento di merci e servizi. Il fallimento della Spagna fu dovuto alle strozzature nell'apparato produttivo (soprattutto la deficienza di lavoro specializzato, la scala di valori sfavorevoli all'attività artigianale e mercantile, l'aumento del numero delle corporazioni e la loro politica restrittiva). Di conseguenza i prezzi rialzarono e larga parte della domanda si riversò sui prodotti e servizi stranieri.Spagna fra il 1548 e il 1555 oscillò tra contrastanti politiche economiche di liberismo e di protezionismo. Quando prevalse il protezionismo però il contrabbando prese il sopravvento e vanificò gli sforzi dell'amministrazione: gli esportatori si videro ben presto costretti a ricorrere a produttori stranieri cui prestavano il loro nome per poter eludere la legge che vietava alle colonie ogni traffico con persone che non fossero spagnole. La prevalentemente mentalità nobile considerava le importazioni piuttosto come motivo di orgoglio, anziché come una possibile minaccia per le manifatture del paese. Tramite le importazioni, sia legali che di contrabbando, la domanda effettiva spagnola alimentata dal metallo americano finì col sollecitare lo sviluppo economico dell'Olanda, dell'Inghilterra e di altri paesi europei. Per di più, impantanarsi in guerre senza fine, l'amministrazione spagnola spendeva malamente i proventi.
dell'imposizione fis