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IL CASO DELLE DUE COREE
La Corea è una penisola divisa a metà: ● a Sud c'è la Corea del sud, che è una tra le economie che sono cresciute più velocemente negli ultimi sessant'anni, tanto da aver raggiunto standard di vita paragonabili a quello di molti paesi europei ● a Nord invece si trova la Corea del Nord, dove gli standard di vita sono simili a quelli dell'Africa sub-sahariana. Le grandi disparità di condizioni economiche tra i due Paesi osservabili oggi non esistevano prima della seconda guerra mondiale, quando le due Coree erano ancora unite. Il caso coreano costituisce quello che comunemente è chiamato un "esperimento naturale", o un esperimento storico. I due nuovi paesi hanno la stessa cultura e condividono una posizione geografica molto simile, ma hanno adottato due sistemi istituzionali completamente diversi. Mentre il Sud è rimasta un'economia di mercato, il Nord ha adottato una forma molto rigida di.comunismo con poco spazio al mercato, alla proprietà privata e all'imprenditorialità. Il caso della Corea illustra un principio generale: le istituzioni economiche inclusive favoriscono attività imprenditoriali, la crescita della produttività e la prosperità economica, mentre le istituzioni economiche estrattive non sono capaci di raggiungere questi risultati. Questo esempio non trova un vero e proprio fondamento a livello empirico perché nella Corea del Nord c'è da considerare che vi è una vera e propria dittatura in cui le limitazioni alla libertà non si limitano solo alla sfera di mercato, ma si estendono anche alla vita dei coreani del Nord. Il PIL pro-capite in Corea del Nord e in Corea del Sud A partire da una sostanziale parità degli anni Quaranta, l'andamento del PIL pro capite nelle due Coree mostra una forte divergenza nel periodo successivo. La Corea del Sud, con istituzioni economiche inclusive, ha registrato una crescita significativa del PIL pro capite, mentre la Corea del Nord, con istituzioni economiche estrattive, ha continuato a stagnare.Basate principalmente sul modello dell'economia di mercato, la Corea del Sud ha raggiunto un livello molto alto del PIL pro capite. Al contrario, la dittatura comunista della Corea del Nord ha fallito l'obiettivo della crescita e si trova ad avere un PIL pro capite che è solo un sedicesimo di quello della Corea del Sud.
A partire dal XV secolo gli europei conquistarono molte nazioni trasformando le istituzioni delle terre conquistate, questo processo è noto con il termine di colonialismo. Il colonialismo ha portato a quello che comunemente è conosciuto come "inversione delle sorti", ossia un fenomeno che ha causato sconvolgimenti sociali, politici ed economici. I fatti dimostrano che oggi, all'interno delle aree in cui vi erano alcune delle civiltà più ricche del mondo nel 1500 (Aztechi, Incas), vi sono molti stati poveri. Al contrario, nei territori (Nord America, Nuova Zelanda) che erano disabitati e poveri ci sono oggi
alcuni degli stati più ricchi del mondo. La ragione di tutto questo si rinviene nel cambiamento istituzionale dovuto al colonialismo. Nei luoghi ricchi e popolati, i colonizzatori europei avevano interesse ad "estrarre" risorse (oro, argento e lavoro), sfruttando la popolazione locale e non rispettando i diritti di proprietà (regole di tipo estrattivo). Nei luoghi più poveri e meno abitati, come nel Nord America, dove i coloni europei diventavano la maggioranza degli abitanti, vi era interesse a sviluppare diritti di proprietà efficienti per tutelarsi sulle ricchezze acquisite (istituzioni inclusive). L'attrattività degli insediamenti dipendeva anche dalle condizioni dell'ambiente: il clima temperato prevalente in gran parte del Nordamerica non era malsano per gli europei. Questo si traduce in una maggiore qualità delle istituzioni, perché si moriva meno e ci si poteva stabilire definitivamente, e in una maggiorecrescita economica per via del persistere di istituzioni migliori. Al contrario, nella regione caraibica e amazzonica le malattie tropicali causarono un'elevata mortalità fra la popolazione europea. Questo corrispondeva ad istituzioni estrattive e a bassi redditi. In conclusione, possiamo affermare che le caratteristiche istituzionali sono la ragione principale per cui il Sud America oggi è molto più povero del Nord America. Urbanizzazione e reddito (2010) Nel grafico si può osservare la relazione tra urbanizzazione, misurata dalla quota della popolazione residente in città, e il PIL pro capite, in dollari costanti del 2005 e corretti per la PPA nel 2010. La linea retta disegnata nel grafico è quella che meglio approssima la prossima distribuzione dei punti. Come si può notare, il grado di urbanizzazione rimane anche oggi un buon indicatore del livello di benessere economico. L'urbanizzazione come indicatore del rovesciamento dellesorti PG 15
Il grafico mostra la relazione tra l'urbanizzazione nel 1500 e il PIL pro capite nel 2010. Come si può vedere dall'inclinazione della linea, le ex colonie europee che erano relativamente più ricche nel 1500, cioè prima della colonizzazione, sono oggi relativamente più povere. Questo rovesciamento delle sorti economiche costituisce un evidente smentita dell'ipotesi geografica, perché la prosperità relativa di questi paesi è cambiata mentre i fattori geografici sono rimasti gli stessi.
La densità di popolazione come indicatore delle sorti economiche
La densità di popolazione nel 1500 mostra una forte correlazione negativa con il PIL pro capite del 2010. Aree che nel 1500, cioè prima della colonizzazione, erano in grado di dare sostentamento a popolazioni più vaste sono oggi meno ricche. Questa è una prova contraria all'ipotesi geografica, mentre lo stesso dato è coerente.
con l'ipotesi istituzionale. PG 16LA CONVERGENZA: I FATTI
I Paesi più poveri crescono ad un ritmo più veloce di quelli più ricchi: i paesi con un PIL pro capite più basso avranno un tasso di crescita superiore rispetto ai paesi ricchi, diminuendo le differenze di reddito nel lungo periodo.
Osservando l'andamento della crescita dei Paesi dell'OCSE (un'organizzazione che promuove la cooperazione e lo sviluppo di un gruppo di paesi in gran parte occidentali) negli ultimi decenni (1950-2016) si nota una convergenza nel PIL pro capite.
La convergenza però non è una regola poiché dipende dai periodi che si che si studiano, dalle aree e dai paesi che si osservano. Scegliendo i Paesi europei si nota che il fenomeno di convergenza si è verificato, ma se si analizza un gruppo di Paesi più ampio si nota che la convergenza non è la regola: in particolare i paesi asiatici convergono a livello dei paesi OCSE, quelli africani,
elevano verso l'alto a destra del grafico. Al contrario, i Paesi che nel 1950 avevano un reddito alto (in basso a destra) hanno mostrato un tasso di crescita più basso o addirittura negativo nel corso degli anni, rimanendo quindi nella parte inferiore del grafico. Questo grafico evidenzia la tendenza alla convergenza economica tra i Paesi nel corso del tempo. Mostra come i Paesi più poveri abbiano la possibilità di recuperare il divario di reddito rispetto ai Paesi più ricchi, se riescono a implementare politiche economiche efficaci e a creare le condizioni per una crescita sostenibile. La convergenza economica è un obiettivo importante per promuovere lo sviluppo globale e ridurre le disuguaglianze tra i Paesi.avvicinano a quelli più ricchi. Ma se guardiamo all'interno del gruppo africano, notiamo la presenza di alcuni che nel 1950 avevano un reddito molto basso ma che non hanno sperimentato convergenza. Da questo grafico quindi possiamo dedurre che la convergenza non è la regola poiché se lo fosse stata mi sarei aspettato, tra le due variabili, una relazione lineare decrescente: poiché secondo la convergenza, se mi sposto a sinistra dell'asse orizzontale (Paesi poveri) dovrei avere una crescita del reddito elevata, mentre a destra (Paesi ricchi) il tasso medio dovrebbe abbassarsi. Tutto ciò lo noto nel gruppo dei Paesi americani o maggiormente per i Paesi europei (quelli più poveri nel 1950 crescono di più oggi), ma non lo noto per molti Paesi africani. PG 17 IL CASO ITALIANO: PIL p.c. Italia come % del PIL p.c. USA, dal 1861 fino ad oggi La curva il PIL pro capite italiano come % del PIL pro capite americano: 100 rappresenta la perfetta uguaglianza.Un avvicinamento della curva a 100 indica convergenza, mentre un allontanamento indica divergenza. Gli istogrammi, invece, rappresentano il tasso medio di crescita dell'Italia nel periodo considerato.
Questo grafico esprime come i periodi di convergenza e divergenza si relazionano alle due rivoluzioni industriali e alle diverse tecnologie introdotte.
L'Italia ha avuto una fase di divergenza durante le due Rivoluzioni industriali, ma durante l'epoca di produzione di massa ha sviluppato una convergenza grazie ai bassi salari, che caratterizzavano l'Italia in questo periodo, e una tecnologia che non aveva bisogno di un grande capitale umano.
La successiva divergenza dell'Italia avviene durante la trasformazione verso il paradigma della III Rivoluzione industriale (Computer, alta tecnologia), in questo senso l'Italia sviluppa un forte declino a causa della mancanza di capitale umano, di investimenti in istruzione e R&S.
LA CONVERGENZA: LE TEORIE
Il concetto di convergenza viene dal modello neoclassico di crescita economica: l'abbondanza di capitale ad un certo punto porta i Paesi ricchi a rendimenti decrescenti e ad un ristagno della crescita. Al contrario, i Paesi che non hanno una dotazione ampia di capitali, hanno un tasso di crescita sostenuto e costante.
Secondo questo modello la tecnologia è esogena, ciò vuol dire che i paesi più poveri possono facilmente appropriarsi della tecnologia esistente e spingere la crescita verso i paesi più ricchi.
La new growth theory internalizza e spiega il problema del residuo, ossia quella parte di crescita che non si spiega con aumenti di capitale e lavoro. La tecnologia diventa endogena e dipende dalle condizioni interne dell'economia che si osserva.
Il tutto ci porta al concetto di technology gap e alla congruenza tecnologica: i Paesi più poveri che hanno un gap tecnologico rispetto ai paesi più avanzati potranno sperimentare convergenza solo se le
termine tendono a raggiungere lo stesso livello di sviluppo economico. Tuttavia, questa teoria non tiene conto delle differenze strutturali e delle condizioni specifiche di ciascun paese. Inoltre, la convergenza incondizionata può essere influenzata da fattori esterni come la globalizzazione e le politiche economiche adottate dai singoli paesi. D'altra parte, la convergenza condizionata sostiene che i paesi con simili caratteristiche strutturali e condizioni iniziali tendono a convergere più rapidamente rispetto a quelli con differenze significative. Questa teoria tiene conto delle specificità di ciascun paese e delle sue potenzialità di sviluppo. In conclusione, sebbene le condizioni dei paesi più ricchi siano relativamente congruenti, la convergenza economica non può essere considerata un processo automatico e uniforme per tutti i paesi. È necessario considerare le specificità di ciascun contesto e adottare politiche economiche adeguate per favorire la convergenza condizionata.