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L’ACCENTO

Le parole possono essere ossitone, parossitone (come la maggior parte del lessico italiano) o

proparossitone, rare sono le bisdrucciole e trisdrucciole.

Generalmente all’interno di parola l’accento no è segnato, ma può venire indicato per evitare

ambiguità quando una parola possieda un omografo.

Per un gruppo di parole greco-latine è accettata una doppia accentazione ( per utensile la doppia

accentazione è motivata da una diversa etimologia utensìle è il sostantivo, utènsile è l’aggettivo).

Possiamo definire GRUPPO TONALE un segmento di conversazione rivolto ad un interlocutore

che sia caratterizzato da un particolare andamento melodico:

-la tonia conclusiva è discendente

-la tonia interrogativa è ascendente

-la tonia sospensiva è piana e poi discendente

Morfologia e morfosintassi

La morfosintassi indaga il rapporto fra la forma delle parole e il loro uso in relazione ad altre parole.

La morfologia si divide in:

MORFOLOGIA FLESSIONALE, si occupa di studiare e descrivere la flessione delle parole, la loro

modificazione formale in relazione alle diverse funzioni grammaticali

MORFOLOGIA DERIVATIVA, studia i meccanismi che stanno alla base della derivazione.

Si può dunque distinguere fra morfemi flessionali e derivativi.

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A partire da Platone e Aristotele fino ai grammatici alessandrini hanno individuato otto parti del

discorso: nome, verbo, participio, articolo, pronome, avverbio, preposizione, congiunzione.

I latini sostituirono all’articolo l’interiezione. La grammaticografia italiana ha reintrodotto l’articolo

ed eliminato il participio.

Tale distinzione si basa su criteri disomogenei:

-logico-contenutistico ex.nome, verbo

-funzionale ex. congiunzione

-posizione ex. avverbio (ad verbum “vicimo al verbo”)

Si distinguono PAROLE PIENE, che portano un significato lessicale specifico e PAROLE VUOTE

o GRAMMATICALI che hanno debole contenuto semantico.

L’ARTICOLO:

-determinativo: il, lo, la, i, gli, le

indica un elemento già presente nel contesto precedente o specificato subito dopo

deriva dal dimostrativo latino ille,illa,illud con aferesi (caduta della sillaba iniziale)

-inderterminativo: un, uno, una (forme solo singolari)

deriva dal latino unus/una

In regioni settentrionali si usa davanti al nome prorpio.

Davanti al cognome si usa per personaggi famosi.

I nomi geografici di città e piccola isola on vogliono l’articolo, lo vogliono quello di nazioni,

continenti, isola grande ed elementi geografici del territorio.

Tipico del parlato neostandard è l’uso dell’articolo partitivo plurale dopo preposizione.

Il NOME:

-varia per genere e numero, il caso è indicato dalle preposizioni e dall’articolo

-si distingue in NOMI NUMERABILI e di MASSA

-i nomi terminanti al singolare in co/go possono fare al plurale sia ci/gi, sia chi/ghi senza che si

possa indicare una regola (agisce la palatizzazione iniziata in epoca latina, la tendenza a mentenere

stesso tema in singolare e plurale).

-i nomi femminili che escono in cia e gia normalmente mantengono la i se essa è preceduta da

consonante palatale, la perdono se la consonante palatale è preceduta da un’altra consonante

L’AGGETTIVO:

L’aggettivo non si trova mai prima del nome se accompagnato da altre parole.

-qualificativo: funzione attributiva

funzione predicativa

funzione avverbiale

-di relazione: è una sottocategoria dell’aggettivo qualificativo

esprimono una relazione stabile con il nome da cui derivano

non possono avere il compartivo e il superlativo

non possono essere usati in funzione predicativa

-dimostrativi: questo, indica oggetto o persona vicino a chi parla

codesto, indica oggetto o persona lontano dall’emittente e vicino al ricevente

quello, indica oggetto o persona lontano da entrambi

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Il PRONOME:

-personale: si può omettere

in alcuni casi si devono utilizzare me e te: dopo come e quanto

nelle esclamazioni

dopo la congiunzione

il pronome di terza persona non ha solo valore deittico, ma anche anaforico(si riferisce

ad un soggetto precedentemente espresso)

quando il pronome di terza persona ha valore riflessivo si usa sé

lui, lei, loro si usano sempre dopo: come e quanto

nelle esclamazioni

quando si vuole mettere in rilievo il soggetto

nelle contrapposizioni

quando il pronome è da solo

dopo la congiunzione

-allocutivi, usati nel rivolgersi alle persone: tu, lei (voi è ormai desueto)

-interrogativi: che cosa, cosa, che

-relativi: il quale, la quale - sogg./obliqui

cui - solo casi obliqui preceduto da preposizione

che - sogg.

che indeclinato (rientra nel che polivalente)

-dimostrativi

Il VERBO:

Il verbo si studia secondo le categorie di:

-tempo, indica il rapporto fra il momento in cui è avvenuta l’azione e il momento in cui viene

proferito l’enunciato

-modo, indica l’atteggiamento del parlante nei confronti dell’enunciato; è condizionato dalla sintassi

-diatesi o voce, indica il rapporto logico fra verbo, soggetto e oggetto

-aspetto, esprime la dimensione temporale interna al verbo stesso

perfettivo: quando l’evento è concluso (passato remoto e passato prossimo)

imperfettivo: quando l’evento è descritto nel suo svolgersi (imperfetto)

perfetto aoristico o puntuale: quando l’evento non ha riflessi sul presente (passato remoto

e perfetto semplice)

perfetto compiuto: gli effetti dell’azione perdurano sul presente (passato prossimo)

-persona, determina la flessione morfemica delle forme

-azione verbale, categoria legata al significato lessicale del verbo: durativo o non durativo

I verbi nei modi finiti hanno funzione: predicativa, indicano un’azione svolta dal soggetto

copulativa, se collegano il soggetto con un aggettivo o un

nome

I verbi nei modi non finiti hanno funzione: attributiva

avverbiale

referenziale (come un nome)

I verbi sovrabbondanti appartengono a due coniugazioni.

I verbi riflessivi fanno coincidere soggetto e oggetto.

I verbi riflessivi reciproci esprimono un rapporto scambievole (ex. si odiano).

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Il passato prossimo o perfetto composto si estende nell’uso a scapito del passato remoto o perfetto

semplice.

L’imperfetto presenta una serie di usi non temporali ma modali.

L’indicativo è il modo della certezza, il congiuntivo del dubbio, il condizionale dell’eventualità,

l’imperativo del comando.

La sostituzione del congiuntivo con l’indicativo avviene nel periodo ipotetico, in oggettive e

soggettive, più raramente nelle relative limitative con valore finale o consecutivo.

Le parti invariabili del discorso sono:

-congiunzioni: coordinative

subordinative

-preposizioni

-avverbi

-interiezioni

Si aggiungano i segnali discorsivi.

Sintassi della frase e del periodo

Il nucleo della frase è il verbo, il verbo si combina con gli altri elementi della frase (argomenti),

secondo il principio della valenza: se il verbo si combina con un solo elemento è monovalente, se

con due è bivalente e così via.

Si definisce SINTAGMA un gruppo di parole che costituisce un’unità nella frase; i sintagmi

vengono pronunciati con un’unica emissione di voce e vengono tenuti uniti in eventuali spostamenti

all’interno della frase.

Si possono individuare diversi tipi di frase:

-frase verbale, se contiene un verbo in funzione di predicato

-frase nominale, priva di verbo

-frase ellittica, il verbo è sottinteso

-frasi enunciative o dichiarative

-frasi volitive, esprimono comando o esortazione

-frasi interrogative

-frasi esclamative

Il periodo relativamente al numero di proposizioni che lo compongono può essere detto

monoproposizionale o biproposizionale e così via.

La FALSA COORDINAZIONE o COORDINAZIONE TESTUALE consiste nel separare la

coordinata dalla principale con il punto fermo.

Le proposizioni implicite sono di norma utilizzate quando il soggetto di principale e subordinata

coincidono; al contrario nelle implicite assolute il soggetto differisce da quello della principale ma

viene espresso (ex. essendo finito il film).

Classificazione sul criterio della funzione logica:

-soggettive

-oggettive: dirette se corrispondono al complemento oggetto

oblique se corrispondo a un complemento preposizionale

(mi accorgo che sei cresciuto, mi accorgo della tua crescita)

-interrogative indirette: totali, se la richiesta riguarda tutta la frase

parziali, se la richiesta riguarda un elemento della frase

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-relative: determinative, la reggente senza di esse è incompleta

appositive, sono un aggiunta che si potrebbe omettere

-causali: sono più comuni in forma implicita

-finali

-consecutive

-concessive: indicano una condizione che sarebbe naturalmente in contrasto con la frase espressa

dalla principale

-ipotetiche o condizionali: nella forma implicita sono costruite con:

a + infinito

gerundio

participio

-comparative: nella forma implicita sono costruite con:

più che, piuttosto di/che

-temporali

Classificazione sul criterio della corrispondenza delle preposizioni alle parti del discorso:

completive, interrogative indirette, relative, avverbiali

Classificazione sul principio della valenza del verbo:

argomentali: costituiscono espansione di un argomento del verbo della principale

avverbiali: specificano quanto espresso nella principale con determinazioni di causa, fine…

Criteri di ordine formale le classificano a seconda del pronome che le introduce (relative,

interrogative…) o a seconda del modo del verbo (participiali, gerundive, infinitive).

Punteggiatura

La punteggiatura ha principalmente quattro funzioni:

-SEGMENTATRICE-SINTATTICA, segnala i rapporti sintattici fra i vari componenti

dell’enunciato

-ENUNCIATIVA, riproduce le pause del parlato

-EMOTIVO-INTONATIVA, indica la giusta intonazione

-METALINGUISTICA, ad esempio le parentesi racchiudono spiegazioni sull’enunciato stesso.

Due autori che hanno fatto uso di una interpunzione espressiva ed enunciativa sono Calvino e

Manzoni.

La virgola è obbligatoria:

-fra elementi di una lista

-fra preposizioni coordinate in asindeto

-a separare una subordinata posposta con forte autonomia

La virgola è vietata:

-tra soggetto e verbo

-tra predicato e complemento oggetto

-dopo il che introduttore di preposizione

In caso di relative di solito si pone con le appositive, non con le restrittive.

Il punto e virgola si usa:

-per separare termini di un elenco se lunghi o composti

-per separare proposizioni

I due punti si usano:

-per introdurre il discorso diretto

-per introdurre elementi informativi ed esplicativi in aggiunta

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
17 pagine
5 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/12 Linguistica italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Karenina3 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Linguistica italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Franceschini Fabrizio.