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La propaganda durante il regime fascista

Nel 1933 Mussolini nomina capo dell'Ufficio Stampa Galeazzo Ciano che si fa notare per la cura delle direttive e dei controlli sui giornali e per l'attenzione rivolta al cinema e alla radio. Per la nuova impalcatura che deve dare alla fabbrica del consenso prende a modello il ministero dell'Educazione e della Propaganda creato da Goebbels per il Terzo Reich. Poi Mussolini istituisce il sottosegretariato per la stampa e la propaganda per controllare più direttamente i giornali istituisce uffici distaccati presso le prefetture dei più importanti capoluoghi. Ciano grazie alla costituzione del Sottosegretariato riesce ad estendere il suo controllo sulla radio e decide di mandare in onda un commento ai fatti del giorno e di estendere ad avvenimenti politici l'uso delle radiocronache in diretta: si intitola Cronache del Regime. La preparazione e la condotta della guerra di Etiopia sono il primo banco di prova della complessa macchina costruita per mobilitare gli.italiani e propagandare il consenso. Tutti gli strumenti furono utilizzati al massimo e contribuirono a far sorgere il mal d'Africa. La partecipazione dei giornalisti alla guerra è notevole, molti sono gli inviati speciali. La censura e la sorveglianza del ministero della Stampa e Propaganda nascondono le incertezze e i contrattempi che si registrano nella prima fase del conflitto e successivamente nascondo l'impiego dei ras. Le cronache della guerra sono dominate dalla retorica e, quando le occasioni lo consentono, dal trionfalismo. 4. Il Minculpop dappertutto Con la vittoria della guerra d'Etiopia, Mussolini affida a Ciano il ministero degli Esteri e il sottosegretario Alfieri diventa ministro per la Stampa e la Propaganda. Tuttavia il sovraintendente della stampa resta Mussolini. Dal 1° giugno 1937 il ministero cambia insegna e diventa Ministero della Cultura popolare (MINICULP), si vuole affermare che il fascismo ha una propria cultura che si indirizza al popolo ene è ispirata.Intanto il processo di modernizzazione tecnica e giornalistica dei quotidiani è ormai esteso anche tra le testate di provincia, mentre il settore dei periodici si irrobustisce e si articola maggiormente. Le pagine dei quotidiani sono più vistose per la presenza delle fotografie e per i titoli più alti e più neri. Le redazioni sono diventate più numerose. Il primato del "Corriere" appare di nuovo inattaccabile. E nel complesso le testate quotidiane più importanti appartengono ormai ai rappresentanti della grande industria e finanza. Queste testate chiudono i bilanci in attivo. Sono in deficit invece i quotidiani che dipendono dal partito fascista. Nel campo dei settimanali di attualità compaiono due novità diverse, ma entrambe destinate a fare scuola nell'editoria del giornalismo: "Omnibus" creato e diretto da Longanesi esce il 3 aprile 1937 edito da Rizzoli. Un misto di modernità enostalgie ottocentesche, condito con ironia, non corrisponde alla marzialità del regime. Nel 1939 viene soppresso. Longanesi nelle 16 pagine di formato grande pubblica grandi fotografie, articoli e racconti mai banali e vivaci note critiche sulle arti e costume. È un impasto di modernità e di nostalgie ottocentesche. Rizzoli ottiene però l'autorizzazione a pubblicare un altro rotocalco di attualità, "Oggi". Il "Tempo" esce a Milano nel 1939, edito da Arnoldo Mondadori e diretto dal figlio Alberto. È l'altro archetipo del settimanale d'attualità perché, sul modello americano Life, assegna alle immagini una funzione informatrice diretta. Nascono così anche in Italia il foto-testo e la figura del fotoreporter. Intanto la radio ha fatto passi giganteschi. Il giornale radio conta sei edizioni quotidiane trasmesse a reti unificate, rappresenta quindi il mezzo di informazione più seguito e tempestivo.Però i notiziari dell'Eiar restano condizioni da quell'ufficiosità e da quei toni solenni ed enfatici che il regime vi aveva impresso all'inizio. La vera novità è rappresentata dall'impiego della radio nel conflitto ideologico e propagandistico, con l'attivazione di alcune emittenti antifasciste, che si contrappongono all'Eiar: comincia la guerra delle onde. La stampa è invece chiamata a svolgere un ruolo peculiare e gravissimo nella campagna antisemita, che sfocia nella persecuzione degli ebrei decisa dal Gran Consiglio il 6 ottobre 1938. Non partecipano a tale campagna razziale i fogli cattolici. Fra l'estate del 1938 (Patto di Monaco) e la prima fase della "non belligeranza", l'aspetto saliente nelle vicende del giornalismo del regime è l'incalzare degli ordini, talvolta contraddittori, che Mussolini impartisce ai giornali con un'intensità mai vista prima. Nellaprimaveradel 1940 la "non belligeranza" ha le settimane contate. Il segnale della mobilitazionelo ricevono i giornalisti da Mussolini il 10 aprile attraverso un discorso rivolto ai direttori dei quotidiani.

La guerra e il crollo del regime

Nel 1940, dopo l'annuncio dell'entrata in guerra, Pavolini (ministro del MINICULP) tiene rapporto ai direttori e i corrispondenti romani dei principali quotidiani, raccomandandoli di intensificare la campagna sulle ragioni dell'intervento. Comunque scarse sono le veline sull'andamento dei combattimenti perché sulle notizie militari e sulle corrispondenze di guerra esistono una doppia censura: quella dei dicasteri militari e quella del Minculpop. In generale i corrispondenti di guerra devono descrivere più le impressioni, esaltanti e positive, che i fatti. Questo porta ad un abbassamento delle vendite, il popolo non si accontenta degli inconcludenti bollettini di guerra. La guerra delle onde, iniziata con il

conflitto spagnolo, si sviluppa enormemente. Gli strumenti più efficaci di informazione e propaganda quotidiana del regime sono i due giornali radio più seguiti, alle 13 per il bollettino e alle 20 per il commento serale. Ma con Radio Londra non c'è molto da fare: i commentatori e speaker inglesi e antifascisti italiani sono abili e spigliati. Mussolini nel '42 convoca nuovamente i direttori dei quotidiani di provincia raggruppati nell'Ente stampa: c'è profonda sfiducia. L'annuncio delle dimissioni di Mussolini e dell'incarico dato dal re a Badoglio di formare il nuovo governo (25 luglio 1943) viene diramato dalla radio e provoca sgomento tra i giornali devoti a Mussolini e ansia in molti altri. I nomi dei direttori responsabili scompaiono dalle "gerenze" sostituiti provvisoriamente da quelli di redattori meno compromessi. Si chiudono le vicende della stampa del regime. Nell'atmosfera di esultanza e di attesa,

quotidiani il 26 luglio, usciti in genere a due pagine, vanno a ruba.

6. L'ambiguo interludio

Le prime misure di Badoglio per la stampa e la radio sono estremamente severe. Sono improntate da un lato a una rigida politica dell'ordine pubblico e dall'altro dal disegno di impedire che i giornali si facciano paladini delle richieste di pace e strumenti di promozione e di coagulo di forze antifasciste. La prima decisione del nuovo ministro delle Cultura Popolare Rocco, è di far presidiare militarmente le sedi di giornali. Alcuni quotidiani sono colpiti da sequestro. Il governo istituisce la censura preventiva estesa anche ai periodici politici e culturali. L'intento è chiaro: Badoglio non vuole fogli di chiaro orientamento antifascista. La volontà del re e di Badoglio di non recriminare sul passato, si traduce nell'obbligo del silenzio sul regime fascista. Con la nomina di Galli al posto di Rocco, viene concessa ai giornali qualche possibilità.

Di parlare del fascismo, ma soprattutto sugli aspetti scandalistici e grotteschi del regime e non sulla sua essenza. Nello stesso periodo vengono ricostruite la Federazione della stampa e alcune associazioni regionali che il fascismo aveva sciolto, ma l'annuncio dell'armistizio, l'8 settembre, travolge tutto. Da questo momento le vicende del giornalismo italiano prendono due campi contrapposti: quello dell'occupazione nazista e dell'ultimo fascismo e quello dell'Italia del Sud e poi del Centro dove ritorna la libertà.

7. La stampa e la radio di Salò

Dopo la fuga del re e di Badoglio anche i giornali e la radio sono allo sbando. Per qualche giorno alcuni giornali non escono e il giornale radio tace. I primi ordini vengono dai tedeschi e obbligano i giornali romani a pubblicare il testo integrale di Hitler sul tradimento dell'Italia. Nelle prime settimane i canali di informazione sono solo le agenzie tedesche e gli appelli e i notiziari del

Nuovo regime fascista, che si sta costituendo sotto l'insegna della Repubblica sociale italiana. Il primo atto di Mussolini per cercare di riprendere in mano la situazione è la riunione del Consiglio dei ministri del 27 settembre 1943. La sede del Minculpop è a Salò dove vengono trasferiti anche l'Ispettorato della radio e l'Agenzia Stefani. La riorganizzazione del ministero come centro di controllo e di orientamento e il ripristino della rete radiofonica e di quella della Stefani incontrano molti ostacoli di ordine materiale e politico. Le difficoltà politiche vengono dai tedeschi che procedono per conto loro al controllo stretto della radio e dei giornali. Salò mantiene in vita i giornali tradizionali e non ostacola i superstiti fogli cattolici. Comunque ai fogli tradizionali se ne aggiungono molti altri di intonazione battagliera o d'assalto e lungo i seicento giorni di Salò tutti i volti dell'estrema incarnazione del fascismo.

Da quello bieco a quello feroce, si riflettono nel panorama della stampa. Il nuovo direttore del Miniculpop, Mezzasoma, conta molto sui direttori ai quali attribuisce poteri più ampi di quelli riconosciuti agli editori e conta anche sugli addetti stampa provinciali. Gli ordini del ministero sono tutti improntati alla linea più intransigente del fascismo repubblicano: fedeltà assoluta alla Germania, punizione dei traditori, guerra implacabile ai partiti antifascisti e ai partigiani. Il successo giornalistico più notevole del tempo di Salò tocca a Mussolini. Tra il 24 giugno e il 18 luglio 1944 il Duce pubblica sul "Corriere della sera" una lunga serie di articoli nei quali ripercorre le vicende intercorse tra l'ottobre 1942 e il settembre 1943, difendendo naturalmente il suo operato. Nel 1945, mentre si avvicina la fine, si registrano gli ultimi sussulti politico-giornalistici. Nei giorni dell'insurrezione otto giornalisti fascisti vengono

cia, la Resistenza organizzò una propria stampa clandestina. I partigiani, infatti, avevano bisogno di diffondere le loro idee, informazioni e propaganda per sostenere la lotta contro il regime fascista e l'occupazione nazista. La stampa della Resistenza era caratterizzata da una grande varietà di pubblicazioni, che andavano dai giornali alle riviste, dai volantini alle brochure. Questi mezzi di comunicazione venivano prodotti in modo clandestino, spesso in piccole tipografie nascoste o addirittura in case private. I giornali della Resistenza avevano il compito di informare la popolazione sulle azioni dei partigiani, sulle atrocità commesse dai nazifascisti e sulle notizie provenienti dal fronte di guerra. Inoltre, attraverso articoli e editoriali, cercavano di diffondere idee di libertà, democrazia e giustizia sociale. Le riviste della Resistenza, invece, approfondivano tematiche specifiche legate alla lotta partigiana, come la strategia militare, l'organizzazione dei gruppi partigiani e la storia della Resistenza. Queste pubblicazioni erano spesso indirizzate ai partigiani stessi, per fornire loro informazioni utili e motivazione. I volantini e le brochure, invece, erano utilizzati per diffondere messaggi brevi e immediati. Venivano distribuiti in modo clandestino nelle città e nei villaggi, spesso di notte, per evitare di essere scoperti dalle autorità fasciste. Questi materiali contenevano slogan, appelli alla lotta e informazioni sulle azioni dei partigiani. La stampa della Resistenza svolse un ruolo fondamentale nella diffusione delle idee antifasciste e nella mobilitazione della popolazione italiana. Nonostante le difficoltà e i rischi, i partigiani riuscirono a mantenere viva la fiamma della resistenza attraverso la stampa clandestina, contribuendo così alla caduta del regime fascista e alla liberazione dell'Italia.
Dettagli
A.A. 2019-2020
48 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher cecconimarta96 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di storia e modelli del giornalismo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Bruno Marco.