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ARABIA PREISLAMICA
[800-200 aC] ETÀ ASSIALE (termine di Karl Jaspers) è un’epoca di convivenza di diverse culture
su base regionale collegate tra loro dal commercio, di leader religiosi e di produzione di testi
religiosi in tutto il mondo greco, romano, mediterraneo, indiano e cinese.
[200 aC-600 dC] ETÀ ELLENISTICA, nell’ultimo periodo [300-600 dC] chiamata TARDO
ANTICO. In questa fase si assiste non solo alla nascita del cristianesimo ma alla diffusione nel
mondo orientale dei meccanismi religiosi e culturali di stampo ellenistico, con grande impatto
soprattutto nella zona mesopotamica della Mezzaluna Fertile e in seguito anche in Anatolia, Arabia
e Iran. Si diffondono quindi diverse comunità su base etnico-religiosa e si consolida la forza dei
monoteismi universalisti identificati con stati e imperi: se il cristianesimo è la religione ufficiale
dell’Impero romano, lo zoroastrismo è la religione ufficiale dell’Impero sassanide iraniano. È un
periodo di disordini religiosi soprattutto tra cristiani ed ebrei e di millenarismo ebraico.
In un contesto di instabilità politica, economica e demografica in cui la religione rappresenta la
principale fonte di identificazione sociale, politica e culturale, l’invasione araba si inserisce nel
conflitto tra impero romano e sassanide (500-600) e non è un evento improvviso e straordinario
come evidenziato dalle aspettative successive della tradizione islamica, bensì in continuità con il
processo a lungo termine di reciproca influenza tra popolazioni arabe beduine e modelli sociali
e religiosi del Vicino Oriente, con le cui popolazioni gli arabi erano già in contatto per ragioni
commerciali.
L’impero romano aveva già tentato di controllare l’Arabia cristianizzandola grazie all’aiuto del
regno ghassanide (tra Siria e Iran). Inoltre è presente una comunità ebraica integrata e
arabizzata, favorita dalle ondate migratorie successive alle persecuzioni nell’impero romano e
aumentata da proseliti e conversioni individuali e tribali. Ci sono anche presenze zoroastriane
(firdaus è una parola presa in prestito dal persiano) e manichee.
PERIODO FORMATIVO (622-750)
La storia dell’islam inizia alla Mecca nel 622 con Muhammad, appartenente ad un ramo minore
della tribù dei Quraysh (economicamente e politicamente influente), ma quando la sua predicazione
con implicazioni non solo religiose ma anche politiche e sociali non viene accettata dalla comunità
tribale della Mecca, il profeta dà inizio alla HIJRA verso Yathrib/Medina (Madinat al-Nabi, città
del profeta), dove fonda la prima umma islamica. La sua predicazione rappresenta una rottura con
le politiche dell’Arabia preislamica in quanto fonda l’identità della umma non più sui legami
tribali bensì sulla fede, avvicinandosi all’ebraismo e al cristianesimo del Vicino Oriente. L’ordine
tribale viene destabilizzato ma non del tutto: vengono ripresi il ghazw (attacchi a carovane e a
comunità stabili, economia del bottino basata sul saccheggio), il pellegrinaggio e il sacrificio.
Sviluppo dell’identità islamica: fusione con i modelli del Vicino Oriente
L’invasione araba iniziata dalla prima umma è stata interpretata a lungo come una rottura netta con
la JAHILIYYA (età dell’ignoranza) da parte della tradizione islamica successiva. In realtà si pone
in continuità con gli sviluppi sociali, politici e religiosi del Tardo Antico, in un contesto di
conflitto tra l’impero romano e sassanide (instabilità politica, declino economico, spopolamento)
e di disordini religiosi tra cristiani ed ebrei.
Gli arabi si pongono in continuità con l’universalismo e la fusione tra religione e stato propri dei
due imperi in declino. Viene ripresa l’organizzazione sociale in comunità semi autonome
costruite intorno ad identità settarie etnico-religiose.
Le tradizioni religiose dei popoli conquistati non scompaiono bruscamente e passivamente come
lascia intendere la tradizione islamica: si verifica invece un processo di trasformazione e
influenza reciproca che contribuisce al consolidamento identitario. Dai monoteismi tardo
antichi viene ripreso il topos del profeta che incontra Dio in cielo, la struttura sistematica,
escatologia, giustizia, salvezza. Dal messianismo ebraico viene ripresa la connotazione politica
della figura del Messia (in alcune fonti Maometto viene definito “re degli arabi”) ma non solo: tra
ebraismo e islam la connessione è talmente pregnante (discendenza degli arabi da Ismaele
attraverso Hagar, la concubina di Abramo) che durante il periodo omayyade subentra da entrambe le
parti una concreta paura di fusione troppo stretta che porta all’irrigidimento e al
consolidamento delle reciproche identità. Già con Maometto c’erano state tensioni con gli ebrei
di Medina, le quali causano lo spostamento della QIBLA da Gerusalemme alla Ka’ba di Mecca
e la volontà di sviluppare una specifica identità islamica per spirito di distinzione: un esempio
perfetto è la conversione della Cupola della Roccia in luogo di culto islamico. Uno dei timori più
grandi è quello della fusione tra millenarismo ebraico e sciismo in evoluzione.
Ci sono dei punti in comune anche con il cristianesimo, che nella sua forma siriana e irachena si
avvicina molto di più ai modelli religiosi arabi piuttosto che a quelli occidentali: ruolo importante di
Maria e Gesù, simile descrizione del Paradiso e concezione del giorno del giudizio. Già in periodo
tardo antico l’impero romano si era servito del regno Ghassanide così come quello sassanide si era
servito dei Lakhmidi (principati arabi cristiani tardo antichi) ma la conquista araba rappresenta per
i cristiani un evento di rottura rispetto alla percezione della comunità ebraica: dal punto di vista
del millenarismo gli arabi vengono visti come una punizione divina per le divergenze
cristologiche tra monofisiti e duofisiti. L’indebolimento progressivo del cristianesimo (ad
eccezione di alcune comunità nestoriane favorite dagli arabi) viene causato soprattutto dalla
sostituzione delle lingue copta e siriaca con l’arabo.
Una delle continuità più pregnanti con la tarda antichità si vede nella concezione della umma come
restaurazione di un culto monoteistico abramitico primitivo (HANIFIYYA: in alcune fonti si
parla degli Hunafa, né ebrei né cristiani) da parte di Muhammad, in contrapposizione al
politeismo idolatra diffuso tra le tribù arabe. La religione tribale, da cui l’Islam riprende pratiche
come il sacrificio e il pellegrinaggio, infatti si basa non su teologie o dottrine astratte bensì sui
bisogni reali di una società strutturata in un ambiente ostile: è tuttavia conosciuto Allah come
Dio creatore e ozioso e ci sono anche riferimenti alle sue tre figlie.
I primi quattro califfi (632-661)
KHALIFA significa vicario: Khalifat Rasul Allah significa vicario del messaggero di Dio.
Alla morte di Muhammad nel 632 seguono i quattro califfi “ben guidati” (al-Rashidun), ABU
BAKR (migliore amico del profeta e uno dei primi musulmani, governa la umma per soli due anni
conducendo con successo le guerre della ridda contro le tribù arabe non islamiche), UMAR
(conquista Egitto, Siria, Palestina e parte della Persia occidentale), UTHMAN (di famiglia
Omayyade, sposta la capitale a Damasco, il suo assassinio provoca lo scisma dei kharijiti) e ALI
(cugino e genero del profeta, considerato il primo imam dagli sciiti, stabilisce la capitale a Kufa e
sconfigge la ribellione dei due sahaba Ubayd Allah e al-Zubayr, sostenuti da Aisha che perde la
battaglia del cammello).
Sono considerati dalla tradizione sunnita i rappresentanti di un’età dell’oro in cui si definisce
chiaramente l’identità islamica a scapito della cultura tribale, che in realtà non viene eliminata
bensì incorporata nel modello socio-culturale dominante nel Vicino Oriente, soprattutto dopo la
conquista di Egitto, Siria (con Umar) e Iraq (con Ali).
È un periodo di definizione dell’identità islamica che avviene soprattutto attraverso il rapporto tra
cristiani ed ebrei. PERIODO OMAYYADE (661-750)
Il califfato omayyade, con capitale Damasco, è il primo stato islamico esplicitamente costruito sul
diritto di una famiglia a regnare (Banu Umayya, frazione dei Quraysh). La tradizione definisce
negativamente i califfi omayyadi come corruttori del giusto cammino prescritto dal profeta e
seguito dai primi quattro califfi, proiettando sul passato una visione successiva dell’autorità e
dell’ordinamento politico e religioso. In realtà danno un grande contributo alla formazione
dell’identità e della tradizione islamica (particolare enfasi sulla figura del profeta, assente invece
nei primi califfi), soprattutto con Abd al-Malik (646-705), noto per l’arabizzazione
dell’amministrazione (impone l’arabo per i documenti scritti), la riforma monetaria in senso
aniconico, la costruzione di molti spazi sacri islamici, spesso rivendicandoli da ebrei e cristiani,
come nel caso della trasformazione del Monte del Tempio ebraico in Cupola della Roccia (692).
Con gli Omayyadi cresce la consapevolezza dell’Islam come monoteismo per arabi: non c’è
alcuna volontà di imporre la fede islamica e le conversioni sono scoraggiate. Il carattere arabo è
evidente soprattutto nel trattamento socialmente discriminante dei MAWALI (non arabi
convertiti divenuti clienti) ma è errato sostenere che l’identità araba sia il tratto dominante del
califfato omayyade. I palazzi dei califfi riflettono molto bene sia l’identità araba (stile di vita
desertico, posizione periferica e provinciale nelle aree di confine) sia la transizione verso i modelli
del Vicino Oriente (iconografia romana e bizantina, raffigurazione di principi romani e sassanidi
riflette il carattere imperiale proprio del Tardo Antico).
Costruzione delle prime identità settarie
Nel primo Settecento si sviluppa il settarismo in opposizione agli Omayyadi per ragioni religiose,
politiche e ideologiche: nascono diversi gruppi pietisti molto diversi tra loro ma uniti
dall’espressione in termini islamici delle loro ideologie.
1) Il precursore del sunnismo è Hasan al-Basri, influenzato da elementi sufi, il quale predica
l’aderenza assoluta ai principi coranici pur non fomentando aperte ribellioni (diritto di
critica attraverso la predicazione). È noto per la sua posizione sul peccatore come ipocrita
ed ingrato, da escludere dalla umma, in contrapposizione ai Mu’taziliti che invece vedono
possibilità di redenzione.
2) I Kharijiti (“coloro che escono” da KHA-RA-JA uscire) sono definiti dagli eresiografi
come il primo gruppo settario ben de