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Il ruolo di predicatrice è caratterizzato da un’autorità religiosa il cui elemento fondante è la pietà, un

sentimento spirituale che si manifesta in una condotta pubblica ispirata ad un modello di integrità

conforme alla morale islamica. L’abbigliamento con abiti larghi, colori tenui e col foulard che copre il

capo e il collo, rende pubblicamente evidente il rispetto della modestia dei costumi, ergendo le

predicatrici dell’islam a esempio per le altre musulmane. Le predicatrici descrivono il proprio ruolo e

percorso di studi a seconda dell’interlocutore: se questi è conservatore, pongono l’accento sugli aspetti

più tradizionali della loro formazione, citando riferimenti coranici; nel caso di un interlocutore più

liberale, vantano aspetti moderni, come lo studio di lingue straniere, diritto, informatica e

comunicazione.

La capacità di fare proselitismo è incoraggiato dal premio ministeriale di “migliore predicatrice

dell’anno”. Le predicatrici stesse percepiscono il proprio ruolo come importante per le società (una di

loro dichiara << predicare l’Islam è importante per la società e, poiché il nostro è un regime sociale

islamico, è normale che vi sia rispetto nei nostri confronti>>). Nel caso di predicatrici attive in contesti

rurali, le predicatrici devono spostarsi dal proprio luogo di origine e vivere da sole. In casi simili, costi e

tempi di trasporto estenuanti, il trasferimento verso una destinazione lontana, il rientro a tarda ora o gli

spostamenti in quartieri malfamati, sono considerati aspetti negativi del lavoro. Le predicatrici vengono

considerate figure di riferimenti in particolar modo nei contesti più popolari, dove l’analfabetismo + più

diffuso.

6.

Intervistate su alcune questioni specifiche delle relazioni di genere nell’Islam, le predicatrici hanno

offerto risposte secondo tre dimensioni: hanno riportato l’opinione prevalente nella giurisprudenza

malikita, cui devono conformarsi; le più abili hanno motivato con argomenti storico-culturali la ratio di

alcune sure coraniche e di alcuni comportamenti tradizionali; poi, dopo avere acquisito fiducia durante

l’intervista, hanno espresso la propria opinione, esprimendosi sui contenuti coranici a partire dalle

proprie esperienze. Per tutte, l’Islam ha migliorato la condizione delle donne riconoscendo loro diritti

non previsti nel periodo pre-islamico; le predicatrici hanno tenuto a ricordarmi che l’Islam ha limitato a

quattro mogli il matrimonio poligamico, prima non regolamentato, vietato gli infanticidi femminili e

riconosciuto alla donna il diritto all’eredità. Rispetto alla condizione femminile in Marocco, in un primo

momento tutte hanno presentato il Paese come democratico ed evoluto. Tuttavia, la maggior parte delle

intervistate ha denunciato gli alti livelli di analfabetismo e povertà femminile e tutte hanno indicato che

la causa del mancato rispetto dei loro diritti nella società marocchina non dipende dall’Islam, ma dalla

disapplicazione dei suoi principi.

6.1.

La poligamia, scoraggiata dal Codice della Famiglia del 2004, è generalmente considerata come una

possibilità vagliata dal dettato coranico e, quindi, non passibile di abolizione. Considerato che in

Marocco per l’autorizzazione di un matrimonio poligamico è necessario il consenso della prima moglie,

in caso di mancato rispetto di questo eventuale rifiuto, le predicatrici trovano giusto che una donna

chieda il divorzio. La contrarietà alla poliandria è stata argomentata secondo l’inferiore capacità sessuale

femminile e sulle norme giuridiche riguardanti la filiazione; la seconda ragione è collegata

all’impossibilità di avere confusione circa la paternità della prole, essendo fondamentale l’unità e la

continuità del patrimonio.

6.2.

Quanto all’eredità femminile, metà di quella di un maschio di pari grado di parentela, le predicatrici si

sono riferite all’incontestabilità della regola coranica espressa nel libro sacro. Una predicatrice ha

affermato che <<se l’uomo ottiene una parte maggiore di eredità è perché lui ha la responsabilità del

mantenimento familiare, mentre la donna è responsabile della casa, della famiglia. È così disposto da

Dio>>. La questione dell’eredità viene direttamente collegata al concetto di responsabilità. È possibile

osservare l’adesione al principio della complementarietà di genere e dunque alla divisione di genere dei

ruoli sociali che attribuisce la riproduzione al genere femminile e la produzione al maschile; la scarsa

considerazione di qualsiasi desiderio delle donne di impegnarsi in un tipo di percorso di vita diverso

dalla cura domestica (il lavoro extra-domestico femminile deve rispondere ad una necessità economica

familiare e non ad una scelta individuale). Il dovere d’obbedienza sembra coincidere con l’obbligo per il

fedele di conformarsi ai comportamenti indicati dal Corano e del cittadino rispetto al proprio sovrano.

Tuttavia, in ultima istanza la decisione da seguire è quella maschile, a prescindere dalla ragionevolezza

dell’opinione e dal principio del mutuo accordo.

6.3.

Idea condivisa è che la donna debba sessualmente assecondare sempre il marito. L’argomento

dell’obbedienza al marito in ambito sessuale ha permesso di trattare il tema del potere di correzione

maritale sulle “disubbidienti”. Un docente di Fiqh ha spiegato che l’uomo ha il potere in famiglia; quello

di correzione però deve essere inteso in senso simbolico, usando un fazzoletto o un bastoncino.

L’interpretazione prevalente, comunque, riconosce agli uomini il potere di correzione sulle donne perché

i primi sono considerati psicologicamente più stabili rispetto alle donne. Secondo la maggior parte degli

attori religiosi incontrati, però, il potere di correzione è lecito previo esaurimento degli altri

comportamenti previsti dal versetto coranico apposito. La maggior parte delle predicatrici si è schierata a

favore del significato simbolico del “battere” e, quanto all’oggetto usato, una ha precisato che deve

trattarsi di un oggetto capace di far capire alle donne il messaggio senza però lasciarle segni sul corpo.

L’obbligo di ‘idda è ritenuto giuridicamente valido ancora oggi per fugare i dubbi su una gravidanza in

atto e qualsiasi eventuale confusione di lignaggio, nonostante la tecnologia di oggi. L’interruzione

volontaria di gravidanza è considerata proibita nell’Islam e soltanto pochissime si sono dichiarate

favorevoli, sempre che la salute fisica o psicologica della madre sia seriamente compromessa nel portare

avanti la gravidanza (aborto terapeutico). La verginità prematrimoniale è, poi, considerata fondamentale

per entrambi i sessi, ma specialmente per le donne. Il matrimonio eterosessuale è l’unica forma legittima

di relazione amorosa.

6.4.

Il modello femminile proposto dalle predicatrici e dalle attrici religiose in generale è legato al valore

della pazienza, nel senso della devozione alla volontà divina. Quanto è stata chiesta la ragione del loro

abbigliamento, una predicatrice ha risposto che coprirsi è “innanzitutto un obbligo coranico”. Il foulard

islamico viene inteso come uno strumento di protezione, perché << il corpo delle donne ha diversi punti

da coprire; non si tratta di nascondersi ma di proteggersi dalle aggressioni degli uomini e a preservare la

propria dignità>>. Nel Corano è richiesta la modestia alle donne, considerate allo stesso tempo

vulnerabili e minacciose; da un lato devono proteggere il loro corpo dagli attacchi esterni maschili,

dall’altro devono proteggere gli uomini dalla propria stessa minaccia sessuale. L’higab è utile anche a

<<mostrare che per la donna la cosa più importante è l’umiltà>>. Ciò corrisponde all’idea secondo cui

sia la donna a doversi proteggere da sguardi indiscreti e non invece l’uomo a dover contenere i propri

istinti. La maggior parte delle predicatrici incontrate, considera il velo come il tipo di abbigliamento

femminile più consono per avere accesso allo spazio pubblico e per resistere alla dissolutezza del

modello femminile occidentale. Il velo assume una funzione identitaria.

7.

Nei requisiti di partecipazione al concorso per la predicazione ufficiale dell’Islam, gli uomini devono

conoscere a memoria tutto il Corano, le donne soltanto la metà. Ciò è collegato al fatto che soltanto gli

uomini possono diventare imam, mentre alle donne è proibito. Il ruolo femminile di predicatrice coincide

con quello di assistente sociale, pedagoga, orientatrice ma non con quello di leader che guida i fedeli in

preghiera e pronuncia il sermone del venerdì. Tutte considerano il ruolo di imam come ad esclusivo

appannaggio maschile. A giustificare questa motivazione vi sono due argomenti: la presunta debolezza

delle donne, considerate incapaci di una responsabilità così significativa, e la questione dell’impurità del

corpo femminile nel periodo mestruale, in cui non possono accedere ai luoghi di preghiera. Tra le altre

fonti di tale esclusione si annovera un passo della Sunna, in cui si afferma che <<la preghiera del venerdì

è un dovere per tutti i musulmani, ad eccezione di: lo schiavo, la donna, il bambino, il malato>>. Il

parere giuridico vede la donna accostata al minore per supportarne l’incapacità a condurre la preghiera.

Per la tradizione malikita, tuttavia, una donna può condurre una preghiera a condizione che avvenga in

un luogo privato, che il gruppo sia composto da sole donne e senza che la guida si trovi in posizione

avanzata rispetto alle consorelle.

<<Gli uomini e le donne sono uguali davanti a Dio, ma complementari in società>>. Questa visione si

fonda su una concezione delle donne come soggetti fragili.

8.

Intervistando le alimat è emerso che la conoscenza delle fonti dell’Islam e l’esperienza acquisita nella

loro carriera conferiscono a queste esperte in legge religiosa una posizione sociale di prestigio. Su

questioni centrali nelle relazioni tra uomini e donne, le opinioni delle dottoresse non distano troppo da

quelle delle mursidat.

Raga Nagi Makkawi, docente di diritto alla facoltà di scienze giuridiche di Rabat, e autrice di un

manuale sul nuovo codice della famiglia, in cui il nucleo famigliare è inteso come unità sociale

indivisibile e garante della stabilità dell’impianto politico nazionale. La Makkawi ha descritto il proprio

approccio come rappresentativo della corrente del “Femmi

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
23 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-OR/10 Storia dei paesi islamici

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Morgana393 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Gender politics in contesto islamico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi L'Orientale di Napoli o del prof Francesca Ersilia.